Una passione per l’uomo

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S. Em. Card. Matteo Maria Zuppi, Presidente CEI, Arcivescovo di Bologna. Introduce Bernhard Scholz, Presidente Fondazione Meeting per l’amicizia fra i popoli ETS.

Il titolo e il tema della 43a edizione del Meeting per l’amicizia fra i popoli, vedrà come protagonista il Cardinale Matteo Maria Zuppi, Presidente della CEI, introdotto da Bernhard Scholz, Presidente del Meeting.

Con il sostegno di Intesa Sanpaolo, Enel, Ars Aedificandi, Gros Rimini, Tracce.

UNA PASSIONE PER L’UOMO

Bernhard Scholz
«Buonasera e benvenuti a questo incontro sulla riconciliazione. [Applauso] Un saluto speciale e caloroso al Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, Cardinale Matteo Maria Zuppi. [Applauso] Questa sera doveva essere con noi il Segretario Generale della Lega Musulmana Mondiale, Muhammad Bin Abdul Karim Al-Issa, ma è stato trattenuto in Africa, dove si trova per incontri di conciliazione tra musulmani e cristiani. I problemi emersi erano così imprevisti che ha dovuto prolungare la sua permanenza. Era previsto che si collegasse in diretta dalla capitale del Malawi, ma un guasto all’aereo lo ha bloccato in una zona dell’entroterra senza connessione internet. Ci ha comunque inviato un messaggio, che vedremo a breve. Per trasmetterlo, ci sono volute sette ore a causa di una linea molto debole. Ringraziamo Muhammad Al-Issa per il suo straordinario lavoro per la conciliazione. [Applauso] 

Forse qualcuno ricorderà il suo intervento al Meeting del 2022 sul senso religioso di don Luigi Giussani, che considero una pietra miliare non solo per la storia del Meeting, ma per il dialogo interreligioso. È stato un momento davvero straordinario. Nello stesso anno, il Cardinale Zuppi ha partecipato a un incontro sulla passione educativa di don Luigi Giussani, introducendo il tema di questa sera. Ci ha mostrato quanto sia fondamentale un’educazione del cuore per diventare protagonisti del bene comune e della pace. Come sentiremo stasera, la riconciliazione non si impone dall’alto, ma richiede una conversione testimoniata e coltivata. 

L’impegno del Cardinale Zuppi per la pace è noto a tutti, e siamo molto curiosi di ascoltare le sue parole. Il tema del Meeting, ‘Se non cerchiamo l’essenziale, cosa cerchiamo?’, si lega perfettamente a quello di oggi, perché serve un’essenzialità umana per costruire la pace, superare l’odio e il rancore. Lo abbiamo sentito all’inizio del Meeting, nelle parole e nella testimonianza del Patriarca di Gerusalemme, Cardinale Pierbattista Pizzaballa. 

Colgo l’occasione – di solito lo dico alla fine, ma lo anticipo – per invitarvi a sostenere il Meeting con le vostre donazioni tramite ‘Dona ora’. Vi esorto a farlo, perché così sosterrete incontri come questo. Parte di quanto donerete sarà devoluto al Cardinale Pizzaballa per aiutare chi ha bisogno in Terra Santa. [Applauso] 

Ringrazio il professor Wael Farouq dell’Università Cattolica per aver preparato questo incontro, che modererà, e per la passione con cui accompagna il Meeting nel dialogo con il mondo musulmano da molti anni. Non si tratta solo di dialogare con l’Islam, ma con persone concrete, perché sono le relazioni personali a costruire ponti, non le astrazioni. Grazie a tutti voi per essere qui, grazie a Wael Farouq e, soprattutto, a Sua Eminenza. Anch’io sono molto curioso di ascoltare le sue parole. Grazie.» 

Wael Farouq
«Buonasera a tutti e benvenuti a un incontro che credo sarà davvero straordinario. Abbiamo due grandi uomini, costruttori di ponti non solo con le loro azioni, che tutti conosciamo, ma anche con le loro parole. Entrambi hanno scritto libri e articoli molto interessanti sulla conciliazione e la riconciliazione. 

Prima di trasmettere il video di Sua Eccellenza Muhammad Bin Abdul Karim Al-Issa, vorrei sottolineare il suo impegno, non solo nel dialogo con il mondo non islamico, ma anche all’interno del mondo islamico. Voglio ricordare due momenti significativi. Il primo è la Carta di Mecca del 2019, un documento straordinario che ha realizzato qualcosa di quasi impossibile per secoli: un consenso tra studiosi musulmani di 139 paesi, riuniti a Mecca durante il mese di Ramadan, per riconoscere i principali diritti umani, tra cui il rapporto fraterno con altre religioni e popoli non islamici. Il secondo è l’incontro del marzo scorso, in cui ha riunito rappresentanti di diverse dottrine islamiche, pubblicando un documento per riconoscere tutte le correnti dell’Islam e promuovere la convivenza oltre le differenze. 

Ricordiamo anche il suo impegno al Meeting del 2022, come ha detto il presidente Scholz. Nonostante un incidente, arrivò su una sedia a rotelle, deciso a non perdere l’opportunità di essere presente. Oggi non è con noi solo per circostanze eccezionali. Ascoltiamo ora il nincontro che credo sarà davvero straordinario. Abbiamo due grandi uomini, costruttori di ponti non solo con le loro azioni, che tutti conosciamo, ma anche con le loro parole. Entrambi hanno scritto libri e articoli molto interessanti sulla conciliazione e la riconciliazione. 

Prima di trasmettere il video di Sua Eccellenza Muhammad Bin Abdul Karim Al-Issa, vorrei sottolineare il suo impegno, non solo nel dialogo con il mondo non islamico, ma anche all’interno del mondo islamico. Voglio ricordare due momenti significativi. Il primo è la Carta di Mecca del 2019, un documento straordinario che ha realizzato qualcosa di quasi impossibile per secoli: un consenso tra studiosi musulmani di 139 paesi, riuniti a Mecca durante il mese di Ramadan, per riconoscere i principali diritti umani, tra cui il rapporto fraterno con altre religioni e popoli non islamici. Il secondo è l’incontro del marzo scorso, in cui ha riunito rappresentanti di diverse dottrine islamiche, pubblicando un documento per riconoscere tutte le correnti dell’Islam e promuovere la convivenza oltre le differenze. 

Ricordiamo anche il suo impegno al Meeting del 2022, come ha detto il presidente Scholz. Nonostante un incidente, arrivò su una sedia a rotelle, deciso a non perdere l’opportunità di essere presente. Oggi non è con noi solo per circostanze eccezionali. Ascoltiamo ora il suo intervento.» 

Muhammad Bin Abdul Karim Al-Issa
«Nel nome di Dio, Clemente e Misericordioso. Sono felice di partecipare questa sera a questo incontro straordinario al Meeting di Rimini. Ringrazio gli organizzatori per avermi invitato, soprattutto per l’opportunità di condividere questo momento con personalità religiose impegnate per la pace e la riconciliazione, come il Cardinale Matteo Maria Zuppi. Ringrazio il professor Wael Farouq per moderare l’incontro e mi scuso per non essere presente di persona. In questi giorni, siamo in diversi paesi africani per missioni di riconciliazione. Avrei voluto collegarmi in diretta, ma le connessioni internet sono molto deboli, quindi ho registrato questo messaggio. Pace sia con voi. 

Parlare di riconciliazione significa parlare di una delle componenti più importanti per la stabilità dell’umanità, a livello sociale, familiare, nazionale e globale. Abbiamo un grande bisogno di riconciliazione a tutti i livelli, perché rappresenta un valore morale fondamentale. Dobbiamo capire cosa significa riconciliazione, riconoscere il nostro bisogno di praticarla e imparare a farlo con uno spirito umano, che elevi il nostro animo attraverso la tolleranza e la generosità. 

Perché la riconciliazione è necessaria? La nostra vita è piena di differenze, conflitti e sensi di mancanza che ci affliggono. Ogni parte ha convinzioni diverse, e anche quando i conflitti sembrano risolversi con soluzioni giuridiche o legali, spesso rimangono tensioni nel cuore, odi che persistono oltre le soluzioni materiali. Non c’è nulla di peggio di questi conflitti interiori, di questo odio che si radica nell’anima. 

Per superare tali conflitti, dobbiamo ascoltare la ragione e la coscienza, comprendere il nostro mondo e i suoi bisogni spirituali, per abbracciare valori umani elevati come la compassione e la fraternità. Solo così possiamo tornare alla nostra unica origine: siamo una famiglia umana, unita. Se non ci riconosciamo come tale, ci perdiamo. Se continuiamo a ‘bruciarci’ a vicenda, alla fine bruceremo tutti. Il nostro pianeta è uno solo, siamo una sola specie e abbiamo bisogno gli uni degli altri. 

Dio ci ha creati diversi dalle altre creature, donandoci la ragione, i sentimenti e le idee. Dobbiamo richiamare questa disposizione naturale al pensiero per curare ogni aspetto della nostra umanità, i nostri cuori e le nostre menti. Ma ci chiediamo: le istituzioni religiose svolgono davvero il loro ruolo nella riconciliazione? Esse sono istituzioni spirituali, chiamate a parlare alla mente e allo spirito, superando ogni limite. Hanno un’influenza unica sui fedeli di diverse fedi e persino su chi non ha fede. I leader religiosi possono toccare le menti di tutti, credenti e non. 

La riconciliazione parla solo due lingue: quella del dialogo e quella della ragione. Queste devono essere le uniche lingue comprensibili. Le istituzioni religiose condividono gli stessi scopi, ma quando le visioni religiose vengono distorte e cadono nell’estremismo, non hanno nulla a che fare con la vera religione. Le visioni estremiste sono estranee alle istituzioni religiose. 

Ci chiediamo, dunque: le istituzioni religiose riescono a difendere e a mettere in pratica i valori morali? Il vero successo non sta nella propaganda, ma nel vivere la verità. Alcune istituzioni, però, rimangono silenziose, non agiscono, non riescono a fermare i conflitti e, talvolta, scadono nell’estremismo. La storia ce lo insegna: la religione deve invitare alla pace, altrimenti diventa un’ideologia negativa ed estremista. 

Quali sono i valori che possiamo instillare nei cuori dei credenti per rendere possibile la riconciliazione? Il valore più importante è la fede nel Creatore e la conoscenza autentica del Suo nome: Colui che tutto sa, il Saggio, il Misericordioso, il Clemente, il Generoso, l’Indulgente. Comprendendo queste caratteristiche, la nostra fede si rafforza e ci spinge a fare il bene. La riconciliazione significa compassione, clemenza, perdono, rispetto e generosità. In definitiva, significa pace, armonia ed elevazione dello spirito al di sopra del materialismo e del guadagno personale, verso il bene comune. Questa è la via per la vera felicità. 

Il guadagno personale offre solo piaceri fugaci, perché l’anima umana desidera sempre di più e sente una mancanza costante. Ma quando superiamo il bisogno di guadagno personale e pensiamo al bene comune, diventiamo persone migliori. Chi promuove le guerre pensa al proprio interesse e, come la storia dimostra, finisce per perdere. 

I precetti che ci uniscono e ci tengono lontani dall’estremismo religioso, culturale ed egoistico si fondano sullo sviluppo di un sentimento umano autentico, possibile solo attraverso la fede nella nostra origine comune, nella nostra unità come famiglia. Siamo tutti parte di una grande famiglia, uniti come lo sono un padre e una madre, un marito e una moglie, che rappresentano un esempio ridotto della nostra unità globale. Anche se siamo diversi, nulla può davvero separarci. 

La religione e la fede portano l’uomo a credere liberamente, senza costrizioni. Nell’Islam, possiamo costruire una famiglia anche con persone di altre fedi, sposarci con loro e praticare la conciliazione. I conflitti di oggi sono spesso causati da una mancanza di educazione all’unità fin dall’infanzia. Dobbiamo educare i giovani alla conoscenza reciproca e alla conciliazione, perché educarli al bisogno personale coltiva l’egoismo, che genera conflitti. Senza questa educazione, l’umanità rischia di trasformarsi in una giungla, dove solo il più forte sopravvive, senza pietà né umanità. 

I conflitti odierni sembrano senza fine, ma quando le organizzazioni internazionali, come le Nazioni Unite, si sono unite nella diversità per superare i conflitti, abbiamo trovato una via. La pietà di Dio è sempre con noi, ma dobbiamo ricordare che Egli ci mette alla prova per distinguere il bene dal male, i buoni dai cattivi. La vita terrena è piena di sfide, che ci preparano a vincere il male e a raggiungere la promessa di una vita eterna in pace. 

Nessuno può combattere la fede nell’unico Creatore, né sopprimere il desiderio di bene che ci avvicina a Dio. Possiamo distinguere il bene dal male attraverso la fede, e dobbiamo dare a tutti l’opportunità di essere educati a questo. Il male non dura mai. 

Non voglio dilungarmi. Ringrazio ancora gli organizzatori e i responsabili del Meeting, saluto il Cardinale Zuppi e auguro al nostro mondo di vivere in conciliazione e pace. Pace sia con voi.» 

Wael Farouq
«Sua Eminenza, il suo impegno per la riconciliazione risale a molti anni fa, ben oltre i conflitti attuali. Prima di passare alle domande, vorrei chiederle: come percepisce il messaggio di Sua Eccellenza Al-Issa?» 

Matteo Maria Zuppi
«Innanzitutto, grazie per essere qui, grazie al Meeting e grazie per questo bellissimo tema. Devo dire che, scherzando con Bernhard Scholz, gli ho fatto i complimenti perché ogni anno il Meeting trova temi straordinari. Ho provato a stuzzicarlo per scoprire il tema dell’anno prossimo, ma è stato irremovibile, temendo che lo rivelassi! [Risate] Questo tema, ‘Se non cerchiamo l’essenziale, cosa cerchiamo?’, ci spinge a ritrovare ciò che conta davvero. Altrimenti, rischiamo di inseguire ciò che non è importante, trasformandolo in essenziale, come chi cerca pagliuzze ovunque e, trovandole, perde di vista la bellezza e la trave. 

Il tema della riconciliazione è essenziale, perché senza di essa c’è solo il male, non esiste una via di mezzo. L’odio non è mai inerte, è come un rifiuto tossico che richiede grande attenzione per essere smaltito. Se lo lasciamo lì, inquina. 

Dal messaggio di Al-Issa ho colto la bellezza di poter guardare nella stessa direzione, condividendo la preoccupazione per un mondo con troppa poca riconciliazione. I conflitti durano anni proprio perché cerchiamo troppo poco l’essenziale. Mi ha colpito il suo riferimento alla famiglia e la frase: ‘Se continuiamo a bruciarci a vicenda, bruceremo tutti’. È una consapevolezza che dimentichiamo facilmente. Di fronte a pandemie o crisi evidenti, capiamo che il problema ci riguarda tutti, ma spesso pensiamo che sia sempre il problema degli altri, che possiamo farne a meno. Non si può fare a meno della riconciliazione. Ignorarla significa lasciare rifiuti tossici alle generazioni future, più di quanti ne abbiamo ereditati. 

Wael Fqrouq

Le sue parole si inseriscono nella prospettiva di Papa Francesco con Fratelli tutti, che rilancia lo spirito di Assisi, iniziato quasi quarant’anni fa. È un dialogo che ha portato a questa visione di fraternità universale. Mi ha colpito anche la frase: ‘Sopravvive il più forte, come gli animali’. È una logica terribile, perché anche il più forte è debole, e senza riconciliazione prevale il male. 

Cito Nelson Mandela, dal suo Lungo cammino verso la libertà: ‘Nessuno nasce odiando un’altra persona a causa del colore della sua pelle, della sua religione o delle sue origini. Le persone devono imparare a odiare, ma, se possono imparare a odiare, possono anche imparare ad amare, perché l’amore è più naturale per il cuore umano del suo contrario’. 

Lei, Eminenza, nel suo libro Odia il prossimo tuo come te stesso, scrive: ‘Chi odia si crede intelligente, ma solo l’amore è intelligente’. Questo incontro si concentra sull’educazione: come possiamo educarci all’amore e a questa intelligenza?» 

Matteo Maria Zuppi
«Dobbiamo riconoscere che esiste anche un’educazione all’odio, molto forte, che nasce dal pregiudizio. Concordo che due bambini, se lasciati liberi, trovano subito un motivo per giocare insieme. Ma c’è un’educazione all’odio potente. Penso a ciò che accadde dopo la Seconda Guerra Mondiale, come alcuni ricorderanno direttamente o per tradizione. Ci furono molti regolamenti di conti, la guerra non finì davvero il 25 aprile. Ci furono vendette, spesso senza motivo, basate solo su pregiudizi. Non c’è stata vera riconciliazione, salvo rare eccezioni, come a Reggio Emilia, dove i familiari di un seminarista ucciso dopo la guerra, grazie a figure come Monsignor Camisasca, si incontrarono per riconciliarsi. 

Senza riconciliazione, l’odio persiste o rimane qualcosa di sospeso, e il male continua a lavorare. In alcuni paesi, ci sono famiglie che non si parlano da generazioni per eventi del passato. L’odio non è mai inerte, può riaccendersi in qualsiasi momento. La riconciliazione non è facoltativa, è l’unico modo per smaltire i rifiuti tossici del male. 

Oggi prestiamo meno attenzione a questi rischi, accumuliamo rancore e pregiudizi, li coltiviamo. Gesù ci ha detto che chi insulta il fratello è un omicida, e non era un’esagerazione: il male che seminiamo è sempre fertile. L’educazione all’odio è più facile e veloce, specialmente se si è subito un torto. Liberarsi dalla vendetta richiede tempo. 

La riconciliazione non è un extra, è un dovere. Altrimenti, lasciamo veleni a chi verrà dopo di noi. Dobbiamo praticarla, stabilendo relazioni opposte a quelle che ci hanno diviso, per evitare che il male continui a rodere.» 

Wael Farouq
«Interessante il suo riferimento alla vendetta. Lei ha detto che la riconciliazione non è abbandonare la giustizia, ma è una forza ulteriore della giustizia. Come si può spiegare questa forza? A volte si pensa che questi temi siano un po’ astratti, tipici dei cattolici che si riempiono la bocca di belle parole. Io credo il contrario: la riconciliazione è una cosa seria, non da animali, per usare le parole di Al-Issa, non una logica del più forte.» 

Matteo Maria Zuppi
«Esatto. Nel 2002, il messaggio per la Giornata Mondiale della Pace aveva un titolo perfetto: ‘Non c’è pace senza giustizia, non c’è giustizia senza perdono’. Questo spiega tutto. La pace senza giustizia è fragile, perché giustizia e pace sono sorelle: se muore l’una, muore anche l’altra. Ma non c’è giustizia senza perdono. Vogliamo la giustizia, certo, ma proprio perché perdoniamo possiamo chiederla con più forza, liberi dalla vendetta e dal veleno del giustizialismo. La giustizia come vendetta genera nuova inimicizia, mentre il perdono libera, permettendo di chiedere giustizia perché non accada più, non per fargliela pagare. 

Penso al funerale di Vittorio Bachelet, sant’uomo ed ex presidente dell’Azione Cattolica. Quando fu ucciso, suo figlio Giovanni, aiutato dal fratello gesuita di Vittorio, pronunciò una preghiera commovente: ‘Perdono chi ha ucciso mio padre, ma voglio giustizia’. Essere intransigenti nel perdono ci rende liberi di chiedere giustizia in modo autentico.» 

Wael Farouq
«Mi colpisce la parola araba per riconciliazione, sulh, che deriva dalla radice aslah, legata al concetto di riparare, opposto alla corruzione. La riconciliazione è un riparare sé stessi e gli altri. Come vede il termine italiano ‘riconciliazione’? Cosa evoca?» 

Matteo Maria Zuppi
«Il concetto di riparazione è fondamentale. Oggi tendiamo a buttare via ciò che è rotto, pensando che sia irrecuperabile. Abbiamo un’idea di perfezione quasi pornografica, non solo in ambito tecnico, ma in molti modelli di vita. La riparazione sembra un compromesso, mentre è l’arte della vita. Riparare non significa accettare qualcosa di inferiore, ma rendere più prezioso ciò che è stato rotto. Penso all’arte giapponese del kintsugi, dove i vasi rotti vengono riparati con oro, diventando più belli di prima. 

Ripariamo poco, ci arrendiamo facilmente nei rapporti e nei legami. La riparazione richiede pazienza, perdono e la volontà di andare d’accordo con l’altro, mentre spesso scegliamo soluzioni digitali: ‘Cancello, tolgo l’amicizia, distruggo’. La riconciliazione è vicina alla riparazione, è l’arte di Dio, che non smette mai di ripararci, anche quando siamo strappati o sconnessi. I Farisei giudicavano, Gesù riparava: un’adultera, una peccatrice, tutti. Grazie alla Sua misericordia, siamo più belli, non meno.» 

Wael Farouq
«Lei ha scritto che immagina l’aldilà come una piena riconciliazione con Dio, con gli altri e con noi stessi. È un’utopia la riconciliazione?» 

Matteo Maria Zuppi
«Assolutamente no. Non dobbiamo aspettare l’aldilà per praticarla, anche se iniziare qui ci prepara a vivere meglio l’eternità. La riconciliazione con Dio, con il prossimo e con noi stessi sono intrecciate: l’una porta all’altra. A volte comprendiamo Dio riconciliandoci con gli altri, altre volte riconciliandoci con Dio troviamo la pace con il prossimo. 

Penso a Delitto e castigo, dove si dice: ‘Prendi pure quei porci, certo, nel giudizio, perché sanno che non se lo meritano. Piangeremo insieme e capiremo tutto’. La riconciliazione è possibile, anche se non è facile. Ricordo la pace in Mozambico, firmata il 4 ottobre 1992. Doveva essere il 1°, ma credo che San Francesco abbia voluto portarla al 4! [Risate] Il giorno dopo, durante una preghiera, i capi delle delegazioni si abbracciarono, e un vescovo mozambicano, che aveva mediato, iniziò a danzare da solo, con gli occhi chiusi, pieno di gioia. Quella era la riconciliazione, una gioia fisica, tangibile. 

L’odio, invece, è una vitaccia. Penso a una coppia della mia seconda parrocchia: dopo la separazione, il marito si era trasferito nell’appartamento sopra quello della moglie. Lei lo aspettava sempre per litigare, e lui usciva solo a tarda sera per evitarla. L’odio ti avvelena, ti fa vivere male. Il male inganna, ci intossica senza che ce ne accorgiamo. 

La minaccia più grande alla riconciliazione è l’indifferenza, come ha detto Papa Francesco. L’indifferenza ci fa credere di aver risolto, ma è passiva. La riconciliazione è attiva. Dire: ‘Non ce l’ho più con lui, ma non voglio vederlo’ non basta. L’odio non è mai inerte, e l’indifferenza può preparare nuove divisioni e pregiudizi.» 

Wael Farouq
«Sono testimone di come il dialogo tra il Vaticano e Al-Azhar sia ripreso con Papa Francesco. Quando visitò l’Egitto, le strade del Cairo erano piene di simboli: il Papa in bianco, la colomba della pace, le piramidi. Ma quando abbracciò il Grande Imam, in un gesto fraterno e profondo, la narrazione cambiò. Quell’abbraccio ha risvegliato una memoria di unità, come l’incontro tra San Francesco e il Sultano. La riconciliazione nasce dalla fede, dal dialogo autentico, non dal sincretismo. La fede unisce, non divide. Ci sono realtà che ci danno speranza?» 

Matteo Maria Zuppi
«Essere uomini di fede significa credere senza dover prima possedere. In arabo, la parola raj per speranza indica un’aspettativa fiduciosa di un bene. Per noi, è simile alla provvidenza, un concetto che abbiamo dimenticato. I nostri nonni si fidavano della provvidenza, la riconoscevano. Noi, pieni di noi stessi, non ci fidiamo e non sappiamo vederla. 

Senza speranza, non si fanno figli, si consuma tutto, si vive solo per l’oggi. Papa Francesco ha detto ai giovani: ‘Non fatevi rubare la speranza’. Ma forse siamo stati noi a bruciarla, trasformandola in disillusione, cinismo o senso di onnipotenza. Il Giubileo del 2025, dedicato alla speranza, ci ricorda che dobbiamo credere alla luce nel buio, sapere che una piccola pianta diventerà un albero. Senza speranza, cerchiamo solo ciò che possiamo prendere, non l’essenziale.» 

Wael Farouq
«Ieri ho sentito Sua Eccellenza Anba Ermia, vescovo e direttore del centro culturale ortodosso del Cairo, parlare di provvidenza. È venuto al Meeting per la mostra sulla fuga in Egitto e ha trovato volontari cattolici che presentano il patrimonio copto con passione. Ha detto: ‘Questa è la provvidenza di un’unità possibile tra i popoli’. Il Meeting semina speranza. Nella sua esperienza, dove vede questa provvidenza nell’educazione del Meeting?» 

Matteo Maria Zuppi
«Il Meeting stesso è una miniera di provvidenza. Non voglio fare complimenti, ma scavare nel senso profondo. Uscendo, ho salutato due padri, uno palestinese e uno ebreo, che si vogliono bene, si aiutano, si consolano, coltivando la riconciliazione, non il rancore. Questa è provvidenza. Dobbiamo riconoscerla nei piccoli gesti, senza aspettarci una perfezione irrealistica. 

La provvidenza è nei dettagli, nei doni che non sappiamo cogliere. Il male ci sarà sempre, ma non dobbiamo pensare che la riconciliazione risolva tutto una volta per tutte. È un lavoro continuo, che richiede attenzione. Il Meeting è pieno di segni di speranza, di incontri, di bellezza. Avete una storia ricca di esempi straordinari.» [Applauso] 

Wael Farouq
«Ringraziamo Sua Eminenza per questa serata, non solo per l’apertura del cuore, ma anche per averci aperto gli occhi alla bellezza. Serve vedere, accogliere e abbracciare la bellezza. Ringrazio Sua Eccellenza Muhammad Bin Abdul Karim Al-Issa, che non ha potuto essere con noi, e Sua Eccellenza Anba Ermia, presente oggi. [Applauso] 

Accogliere il bello nell’esperienza dell’altro è il primo passo verso una vera riconciliazione. [Applauso] Vorrei lanciare l’appello per ‘Dona ora’ per sostenere il Meeting. Ma come posso chiedervi di donare, quando voi stessi siete il dono più grande di questo Meeting? Ogni sguardo verso la bellezza, ogni abbraccio fraterno è un dono immenso. Però, un contributo di 100 euro non guasta! [Applauso] Grazie per essere qui stasera e alla prossima!» 

Data

21 Agosto 2022

Ora

15:00

Edizione

2022

Luogo

Auditorium Intesa Sanpaolo D3
Categoria
Incontri