STORIE DAL MONDO. MAALOULA, ULTIMA TRINCEA. La lotta per la sopravvivenza dei Cristiani di Siria

Storie dal mondo. Maaloula, ultima trincea. La lotta per la sopravvivenza dei cristiani di Siria

Rassegna di Reportages internazionali a cura di Roberto Fontolan e Gian Micalessin. Presentazione del documentario di Gian Micalessin, Giornalista. Produzione: GM News & C. Milano. Partecipano: l’Autore; Samaan Daoud, Interprete e Collaboratore dei Gesuiti in Medio Oriente; Giampaolo Silvestri, Segretario Generale di AVSI.

 

Un viaggio nella Maaloula assediata dai ribelli jihadisti, ma anche un viaggio nella sofferenza della comunità cristiana minacciata da guerra e persecuzione religiosa. In questo reportage documentario realizzato nel corso di un anno di lavoro in Siria l’autore ci porta nel cuore della guerra combattuta a Maalula, ci fa incontrare le suore rapite dai ribelli fondamentalisti, racconta il dramma delle comunità cristiane.
L’assedio a questa antico villaggio dove si parlava l’Aramaico, l’antica lingua di Cristo, la distruzione dei suoi luoghi sacri, le sue macerie liberate dagli occupanti, ma ormai deserte diventano il simbolo della minaccia a cui sono sottoposte le comunità Cristiane.

ROBERTO FONTOLAN:
Scusate, una nota tecnica, un avviso: mi pregano di chiarire che c’è una piccola incongruenza nel programma. Qui avviene la presentazione del reportage di Gian Micalessin Maaloula, ultima trincea. Invece, l’Invito alla lettura, cioè la presentazione dei libri, che sul programma è in questa sala, avviene come di consueto al Caffè letterario A3. Quindi, chi è qui per un piccolo sbaglio, si precipiti in A3 per la presentazione dei libri. Questa sera concludiamo la nostra rassegna con il lavoro di Gian, che tutti voi ben conoscete, quindi non sto a ripresentarvelo per l’ennesima volta. Maaloula, ultima trincea. La lotta per la sopravvivenza dei cristiani in Siria. Come al solito, l’andamento delle nostre serate lo conoscete, dopo la visione del reportage avremo con noi due persone: Giampaolo Silvestri dell’AVSI, che illustrerà anche le attività dell’AVSI per i profughi siriani, e Samaan Daoud, che è la spalla siriana di Gian, che ci spiegherà il lavoro che fanno e le avventure che hanno condiviso insieme. Allora, se vuoi darci in 30 secondi un’introduzione…

GIAN MICALESSIN:
Grazie, Roberto, velocissimo. E’ per me un grande onore questa sera avere qui anche Samaan, la persona che ha permesso di realizzare tutti i reportage che avete visto sulla Siria. Con Samaan abbiamo rischiato la pelle tante volte. E’ la persona che sta dietro ai reportage, ma sta davanti a me quando si tratta di realizzarli, anche quando si tratta di portare via la pellaccia, a volte. Quindi, per me è particolarmente importante averlo questa sera e presentarvelo. Ma Samaan è soprattutto un cristiano di Siria, uno di quei cristiani che sono oggi perseguitati, in Siria, in Iraq, in Africa. Cristiani di cui spesso rischiamo di dimenticarci, che sono le nostre radici religiose ma anche culturali. Cristiani su cui io ed altri professionisti cerchiamo di tener desta l’attenzione. Cerchiamo di farlo con una raccolta di fondi che lanciamo dal sito “Gli occhi della guerra”, che è collegato al sito de Il Giornale: e attraverso questa raccolta di fondi cerchiamo di lanciare dei reportage che ci aiutino a ricordare le vicende dei cristiani perseguitati. La raccolta dei fondi è iniziata da poco e se guardate questo filmato capirete di cosa si tratta. Se poi volete ulteriori delucidazioni, mi potete contattare e vi darò tutte le informazioni, il sito www.gliocchidellaguerra.it. Grazie mille.

ROBERTO FONTOLAN:
Bene, allora adesso come di consueto vediamo il reportage di Gian: Maaloula, ultima trincea. Non so se vuoi dire mezza parola per introdurre o facciamo tutto dopo.

GIAN MICALESSIN:
Facciamo tutto dopo.

ROBERTO FONTOLAN:
Allora raccogliete nel corso della visione osservazioni e domande perché abbiamo la fortuna di avere qui l’autore e Samaan Daoud, che vive lì, e Giampaolo Silvestri, perciò avremo come sempre qualche minuto per poter scambiare osservazioni e domande. Buona visione.

ROBERTO FONTOLAN:
Avete proprio ragione, penso che per un lavoro come questo occorra veramente ringraziare, oltre che essere rasserenati perché Samaan e Gian sono ancora qui con noi, dopo aver visto dove sono stati, che cosa hanno fatto in quelle situazioni. Sempre ricordando che Samaan in questo momento ha la moglie e i due figli che sono ancora lì. E adesso volevo aggiungere un elemento in questo panorama: abbiamo chiesto a Giampaolo Silvestri di dirci brevemente qualcosa sulla attività che AVSI fa per aiutare, assistere alcuni gruppi di profughi siriani nel Libano. Pensate – volevo darvi solo questo dato – che ormai ci sono nel Libano 178 rifugiati per ogni 1000 abitanti. È un numero spaventoso, siamo quasi al 20% della popolazione. Chi è bravo a fare i calcoli può parametrare questo sull’Italia e vedere e capire cosa sarebbe l’Italia in una situazione di questo genere. Prego, Giampaolo, qualche minuto per raccontare.

GIANPAOLO SILVESTRI:
Innanzitutto grazie per la possibilità, devo ringraziare tutti voi perché proprio l’anno scorso, su questo stesso palco, lanciammo questa campagna di raccolta fondi per i profughi siriani, “Tend for Siria”, una campagna che per noi è stata molto importante: abbiamo raccolto più di 300000 € e li abbiamo utilizzati per quello che facciamo per i profughi siriani in Libano e in Giordania. Da questo punto di vista invece non ci sono buone notizie, proprio oggi l’Alto Commissariato per i Rifugiati ha detto che il numero di rifugiati siriani ha raggiunto i 3 milioni, sparsi soprattutto tra Libano e Giordania. In Libano sono circa un milione su una popolazione di 4 milioni, circa un altro milione in Giordania e il resto nei Paesi vicini.
Quello che abbiamo fatto: noi sosteniamo circa 35000 profughi tra Libano e Giordania, alcuni in un campo in Libano, il resto in famiglia. Con i fondi raccolti, sia attraverso la campagna che da altri donatori, abbiamo aiutato questi profughi a passare l’inverno con aiuti materiali e poi l’estate, che in Libano è stata particolarmente difficile per una forte siccità. Ma soprattutto abbiamo cercato di fare andare a scuola i ragazzi. In questi giorni si stanno aprendo le scuole in Libano, questo è il quarto anno che i nostri ragazzi non possono andare a scuola nel loro Paese. Il nostro intervento si concentra soprattutto sui bambini e sui ragazzi, cercando di farli andare nelle scuole libanesi o nelle scuole giordane, facendo attività ricreative e cercando di creare un minimo di condizioni normali che comunque non possono esserci perché vivere fuori dalle proprie case -abbiamo visto alcuni esempi nel filmato – non è una normalità. La situazione è molto difficile, i problemi con la popolazione libanese stanno aumentando, perché mi ha detto Roberto che sono uno su quattro, e vivere nei campi o nelle case ospiti è una situazione difficile, vivere da rifugiato dà un senso di inutilità alla vita. Abbiamo fatto qualche progetto per cercare di far lavorare questa gente, per cominciare a impiegarli, per dare loro un minimo di aiuto, non rendendoli soggetti di un aiuto passivo, facendoli lavorare in lavori di pubblica utilità, nei campi, pulizie delle strade, perché questo restituisce loro un senso di dignità che è fondamentale per fargli sentire che la loro condizione è dignitosa anche se difficile: ci stiamo provando. Purtroppo però la situazione non volge al bello, tutte le previsioni sono che forse il flusso potrebbe aumentare e non c’è al momento una possibilità di ritorno. Questo è ciò che stiamo provando a fare, soprattutto grazie al vostro aiuto e al vostro supporto.
Aggiungo una piccola cosa, anzi due: per noi, come sapete, è stato molto importante quello che è successo l’anno scorso a settembre con l’appello del Papa, la preghiera per la pace, perché in quella occasione abbiamo fatto un momento di preghiera in un campo profughi nel sud del Libano, dove abbiamo coinvolto sia i cristiani di diversi riti libanesi che sono moltissimi, sia i musulmani di diverse appartenenze, sciiti, sunniti e drusi. E’ stato veramente un momento di condivisione del bisogno, tutti si sono sentiti uniti in questa preghiera che ha cambiato anche il tipo di relazione che abbiamo con questi profughi, in molti casi, evidentemente, musulmani: è stato sicuramente uno dei momenti più significativi della nostra esperienza in Libano. L’altra cosa che volevo dire è che proprio in questi giorni stiamo verificando la possibilità di un intervento anche per i profughi iracheni, che a piccoli gruppi stanno cominciando ad arrivare in Libano e in Giordania. Sono ancora numeri piccoli però, a seguito di quello che sta succedendo, anche attraverso il Patriarcato caldeo – in questi giorni è presente al Meeting Monsignor Warduni che è l’ausiliare di Baghdad – stiamo verificando questa possibilità di intervento. Se riusciamo a trovare le condizioni per fare qualcosa di veramente di significativo e utile, credo che ci faremo sentire. Grazie ancora.

ROBERTO FONTOLAN:
Gian, a te e a Samaan: avrei un piccolo particolare umoristico in questa situazione difficile, ho notato che quando dovevano fare la lista della spesa, era Samaan che diceva quello che dovevano comprare e non la moglie.

GIAN MICALESSIN:
Perché è l’uomo che va a fare la spesa, ma ve lo racconterà Samaan meglio di me! Volevo dire che è un grande piacere avere Samaan qui questa sera, vorrei parlare poco io e lasciar parlare lui, che è il vero protagonista di questa serata. Mi aiuta sempre a realizzare questi reportage, è quello che mi ha aiutato a scoprire il senso del cristianesimo in Siria. Ricordiamoci che la Siria è il posto dove nasce il cristianesimo, perché san Paolo inizia lì la sua predicazione. Io me ne sono ricordato quando Samaan tre anni fa mi portò al santuario di san Paolo a Damasco: lì mi venne in mente che tutti noi europei ce lo siamo dimenticati, ci siamo dimenticati che le nostre radici sono lì e che lì è iniziato tutto. E mentre noi ci arrabattavamo a discutere di sciiti e sunniti, del regime di Assad, nessuno parlava di cristiani! Per questo io con Samaan, da tre anni, cerco di parlare soprattutto dei cristiani e dei siriani, perché quella è la nostra storia. Ma adesso vorrei lasciare la parola a Samaan, vorrei che ci raccontasse cosa significa essere cristiani oggi in Siria.

SAMAAN DAOUD:
Buonasera, mi sento terrorizzato da questa assemblea di fronte a me, è la prima volta, per cui prima di tutto ringrazio l’organizzazione, soprattutto Gian, mio caro amico, di aver lasciato a me questa occasione di parlare un po’, di testimoniare la mia esperienza in questo complotto, diciamo guerra, che sta vivendo la nostra amata Siria, come ha detto il papa Francesco. Vorrei partire da un detto del profeta Mohammed che dice “il fuoco della fitna – la fitna è la provocazione – è spento, maledetto l’uomo che lo riaccende”. Sempre qualcuno ha l’interesse a fare accendere questa provocazione e purtroppo, essendo la Siria un mosaico di varie etnie e religioni, il male è arrivato, arriva la provocazione, come nel reportage. Gian ha detto che il vaso più fragile in questo conflitto e in questa battaglia è il cristiano, e così siamo finiti veramente male e non siamo riusciti a capire che strada dovevamo prendere, però abbiamo scelto la strada del Cristo, abbiamo scelto il nostro grande esempio, il nostro maestro, quello che si è messo sulla croce, dicendo: “Perdonali, Padre, perché non sanno quello che stanno facendo o quello che stanno per fare”.
Anche noi cristiani della Siria portiamo il perdono e non solamente noi, ma anche il grande mufti della Siria, in un’intervista che ha fatto Gian: “Io perdono tutti quelli che hanno ucciso mio figlio”, ha detto. Il figlio di questo grande mufti è stato ucciso da questi fanatici, perché loro non fanno nessuna distinzione tra un cristiano e un musulmano. Mi fermo così, davanti alla frase detta da questo grande mufti della Siria, cioè il capo dell’autorità religiosa in Siria che ha aggiunto: “Abbiamo costruito enormi palazzi chiamati moschee e chiese, ma ci siamo dimenticato del popolo”. Mi fa riflettere pure papa Francesco, quando dice: “Dobbiamo tornare alle nostre radici e avere una Chiesa povera”. Purtroppo la sensibilità dell’uomo soprattutto in Europa è molto diminuita. Lui semplicemente vuole dire che voi europei dovete svegliarvi, dovete pensare veramente che quelli che all’inizio avete aiutato sono state le persone sbagliate. Non esiste secondo me un musulmano moderato o un musulmano estremista. Esiste un vero musulmano. Come se dicessi: “Io sono un cristiano moderato”. Che cosa vuole dire? O ci credi, in Gesù Cristo, o non ci credi, o ci credi in un vero Islam che riconosce l’altro, o sei un estremista. E quelli che stiamo vedendo, quelli che adesso vivono di fronte a casa mia, non riconoscono nessuno. Riconoscono solo la loro fede, addirittura vogliono cambiare il Corano, vogliono cambiare dei versetti. Dicono che non sono giusti, vogliono buttare addirittura la Kaaba che si trova alla Mecca. Perciò noi siamo davanti al terrorismo. Per cui, svegliatevi. Dovete capire chi state aiutando, questa gente vi sfrutta e non ce ne accorgiamo perché non conosciamo bene chi è l’altro. Quando facevo il vecchio mestiere di guida turistica e portavo tanti pellegrini italiani in Siria, dicevo loro: “Ci fa paura quello che non conosciamo. Però, quando conosciamo il soggetto davanti a noi, non ci fa più paura”. Dobbiamo capire chi è il vero musulmano e distinguerlo da quello che indossa l’abito e fa finta di esserlo.

ROBERTO FONTOLAN:
Samaan, quando io sono andato ad Aleppo la prima volta, per incontrare i cristiani, loro mi dicevano: noi l’abbiamo capito subito come sarebbe andata a finire, lo abbiamo capito già nel 2011, perché andammo nelle manifestazioni e vedevamo le armi, vedevamo l’odio. Ma voi, perché non lo avete capito? Perché siete stati con quelli che avevano le armi? Questo mi hanno chiesto. Cosa significa?

SAMAAN DAOUD:
Significa che purtroppo i politici erano insensibili, forse perché c’è qualcuno che ha un certo interesse a rovinare il nostro Medio Oriente. Questo significa che i due Vescovi di Homs, quello siro-ortodosso e quello greco-ortodosso, mi hanno detto nel 2012 che già nel maggio 2011 c’erano tra i manifestanti dei gruppi armati che sparavano. Già allora nessuno ci credeva. Io ho fatto un viaggio, qualche giorno fa, sono andato fino ad Aleppo, ho parlato con un Vescovo e pure con un prete. Mi piacerebbe farvi vedere un piccolo film, dura tre minuti e mezzo, è interessante e ci sono le ultime immagini fatte dalla città di Aleppo.

Video

GIAN MICALESSIN:
Testimonianza preziosa, questa di Samaan, che questa volta senza di me è andato fino ad Aleppo, ha rischiato personalmente per portarci queste immagini da un luogo che da mesi non si riusciva a raggiungere.

SAMAAN DAOUD:
Io avrei solo due parole da aggiungere e poi concludo.

ROBERTO FONTOLAN:
Poi sarebbe bello se vi preparaste qualche domanda, perché è un’occasione abbastanza unica quella di avere un cristiano di Siria che ci racconta come si vive lì.

SAMAAN DAOUD:
La paura è sempre alta, la tensione, attualmente in Siria, se vogliamo metterla su un grado da 1 a 10, diciamo che è 9. Perché? Perché il male, il diavolo, quasi è arrivato alle case di questi cristiani. Il grande esempio di Mosul, Iraq! Quasi sparita la chiesa, sparita la chiesa di Maalula, sparita la chiesa di Sadad, sparite 10 chiese ad Aleppo, a Raqqa non esiste più un cristiano: 4 chiese distrutte. Alla fine, ieri ho sentito, chiamando a casa, che 15.000 cristiani ortodossi sono stati circondati da questi fanatici nella zona della valle dell’Oronte. Ora non hanno né corrente elettrica né acqua e sono circondati da questi fanatici. Cosa fare? La preghiera è utile. Pensateci voi. Grazie.

ROBERTO FONTOLAN:
Allora, se c’è qualche osservazione o domanda, la raccogliamo velocemente perché il Meeting continua. Abbiamo avuto l’occasione di vedere i filmati di Samaan e di Gian, abbiamo sentito del tentativo di Giampaolo. Prego.

DOMANDA:
Grazie Samaan. So che andrà in alcuni posti d’Italia, mi piacerebbe che dicesse dove, così se qualcuno vuole ascoltarla nuovamente, può venire. E poi, non so, gli italiani sentono sempre le televisioni italiane, contro il regime, naturalmente favorevoli ai ribelli. Questo filmato potrebbe anche girare in Italia?

GIAN MICALESSIN:
Innanzitutto rispondo io a nome di Samaan, che inizia da oggi un lunghissimo tour italiano, praticamente diventa una star: andrà a Piacenza, Milano, Reggio, Lecco, Reggio Emilia e Cecina. Quindi, chi è da quelle parti potrà riascoltarlo e fargli ancora delle domande. Per quanto ci riguarda, noi abbiamo incominciato a raccontare questa realtà già nel 2012. A quel tempo, all’inizio siamo stati anche insultati. Oggi penso che la verità sia evidente, sia un po’ davanti agli occhi di tutti, quello che succede in Iraq, quello che sta succedendo in Siria, le esecuzioni che abbiamo visto oggi: duecento soldati uccisi con un colpo alla nuca, la decapitazione di Foley. È la follia sconvolgente di un fanatismo che è sempre più vicino a noi e di cui fino a un anno fa sembravamo non accorgerci.

DOMANDA:
Per motivi di lavoro ho avuto la possibilità di incontrare una persona importante della comunità ebraica di Roma e so per certo che, come spesso succede quando scoppiano dei conflitti che vedono convolti Israele, loro cominciano a raccogliere fondi all’interno della comunità ebraica. La domanda che faccio è molto semplice: ritieni opportuno e corretto che noi si raccolga fondi per aiutare anche militarmente chi comunque fino allo stremo cerca di difendersi da questa situazione? Quindi armi, non solo cibo e ogni altra cosa che ovviamente serve in questi casi? Grazie.

GIAN MICALESSIN:
Mah, la mia risposta in questi casi è che le armi sono uno strumento. Ma prima di mettere uno strumento sul tavolo, bisogna avere un piano e avere soprattutto idea di cosa fare. Il grande problema dell’Occidente è di non sapere cosa fare, di non avere neppure la minima idea di come usare eventualmente delle armi, o che armi dare ai siriani, o a quali siriani. Non sappiamo neanche dove stiamo al mondo, fino ad un anno fa, quando abbiamo girato questo filmato, Gran Bretagna e Francia ci chiedevano di levare l’embargo in Europa per dare armi ai ribelli. Oggi vogliamo dare le armi ai curdi per combattere quegli stessi ribelli dell’Isis che già un anno fa combattevano contro i cristiani e massacravano i cristiani. Ricordiamoci che padre Dall’Oglio è stato catturato dall’Isis nel luglio dell’anno scorso a Raqqa. Padre Dall’Oglio, che Samaan conosceva molto bene, con cui aveva lavorato per tanti anni e che era un convinto sostenitore della causa dei ribelli. Quindi io penso che prima di pensare di dare le armi, ok, potremmo anche farlo ma dobbiamo avere le idee chiare su chi siamo, cosa vogliamo fare, dove vogliamo andare. Perché fino a quando non avremo queste certezze, è meglio che ce ne stiamo a casa nostra.

DOMANDA:
Buonasera a tutti, io sono Aiman Ahdad, sono ingegnere italo-siriano. Sono concittadino di Samaan, sono nato nello stesso quartiere dove può darsi ci conoscessimo pure ma ho lasciato Damasco quando avevo 18 anni. Oramai sono da 30 anni fuori Damasco ma sono in contatto continuo con la mia famiglia che vive proprio nello stesso quartiere di Damasco dove vive Samaan. La mia famiglia, i miei parenti, i miei amici hanno subito la stessa sorte di questo filmato. Attualmente, due miei nipoti, figli della mia sorella, sono ostaggio di questi terroristi. Da un anno non sappiamo che fine hanno fatto. Scusate se mentre parlo mi commuovo, abbiate pazienza, non vorrei rubare tanto tempo. Prima di tutto volevo con tutto il mio cuore ringraziare Gian Micalessin a nome di tutti i siriani che posso rappresentare nel mio piccolo. Perché è un vero giornalista, che è partito dall’Italia con il foglio bianco, come pochissimi giornalisti, con rispetto di tutto il giornalismo in Italia, in Europa, in Occidente. Un giornalista che è partito alla ricerca della verità. Io sono cristiano e sono orgoglioso di questo, ma soprattutto sono un siriano, come diceva Samaan. E questa cosa l’Occidente non riesce a capirla, la politica non riesce a capirla. O chi la capisce fa finta di non capirla per interessi economici. E mi fermo qui, non voglio trasformare il fatto in politica, perché non è di mia competenza. Ma come diceva il signore, “armiamo i cristiani”, no! I cristiani non portano le armi, l’arma dei cristiani è la croce di Cristo.
Però la soluzione è molto più semplice: smettere di finanziare i cosiddetti ribelli che non sono ribelli, come diceva Samaan. Scusate il mio intervento, più che una domanda è una testimonianza, scusate se mi sono permesso. Il male che è stato fatto alla Siria non è venuto solo dai terroristi, dai Jihadisti, sotto il baluardo della democrazia dell’Islam, questo Islam innocente e libero, chiamiamoli Jihadisti se non assassini. Allora io mi chiedo: il giornalismo, che è la missione più nobile che ci deve essere al mondo, alla ricerca della verità, ha fatto più male di questi jihadisti perché facendo le notizie copia e incolla, non come ha fatto Micalessin, non ha fatto come pochi altri giornali in lingua italiana. Sono fiero e felice che esistano questi pochi giornali come Tempi.it. Gli articoli che ho letto su questo giornale corrispondevano alla verità che io sentivo dalla diretta testimonianza dei miei famigliari, dei miei amici e parenti con i quali sono in contatto tutti i giorni. Al contrario del male che hanno fatto tanti giornalisti in Italia, copia-incolla con un imperativo: dovevano dire questa notizia e basta. Qui stringo e non denuncio altro, però finisco con il mio ringraziamento per voi, Gian, Samaan, e vi ringrazio e continuate così perché abbiamo bisogno di verità. Grazie.

DOMANDA:
Buonasera, volevo chiedere una cosa molto veloce. Avete fatto riferimento al fatto che c’è qualcuno che vuole distruggere il Medio Oriente. Una cosa è l’incompetenza occidentale di cui si parlava adesso, un’altra cosa è invece una volontà di rimanere in una situazione di conflitto. Per cui, se è possibile capire questo accenno a cosa si riferiva.

DOMANDA:
Due domande. La prima è, giusto per non rimanere nel vago e nel retorico: chi sono questi che finanziano gli jihadisti, nomi e cognomi? In Europa, chi è? Io sicuramente non li finanzio.

SAMAAN DAOUD:
Sono tanti che li finanziano, anche se in modo non diretto.

DOMANDA:
Sì ma è sempre la solita cosa: c’è qualcuno dietro alle quinte però non si sa chi è. Poi la seconda cosa: ho visto prima dal filmato che vi mancano i medici, circa 7.000, 8.000 medici. Penso che sia un disastro sanitario, epidemiologico, abbastanza importante. Io adesso lo dico per me che faccio il medico e domando: se uno volesse dare una mano a chi deve rivolgersi?

GIAN MICALESSIN:
Avsi, se non vuole andare direttamente a Damasco.

DOMANDA:
Era più che altro per rispondere alla domanda: come vi possiamo aiutare?

GIAN MICALESSIN:
Cerco di rispondere in sintesi perché sono domande che richiederebbero un’altra ora di conferenza. Sostanzialmente parte tutto dal grande abbaglio del 2011 quando ci viene raccontato che le primavere arabe siano primavere di libertà e di democrazia. Dietro le primavere arabe c’è innanzitutto un ragionamento dei think tank americani che hanno pensato che Israele non può essere l’unico alleato in Medio Oriente perché ha solo sette milioni di abitanti e quindi bisogna espandere questa base. Espanderla come? Coinvolgendo i Fratelli Musulmani e trasformando i Fratelli Musulmani che sono la fonte di tutto il fondamentalismo in Medio Oriente, in un Islam democratico. E chi sono gli alleati dell’amministrazione Obama in questo? Sono il Qatar e l’Arabia Saudita, ma soprattutto il Qatar. Il Qatar che finanzia i Fratelli Musulmani e ospita i Fratelli Musulmani. E’ Al Jazeera, non Internet, quella che dà fiato alle primavere arabe, e Al Jazeera risiede in Qatar. La cosa che non funziona in questo meccanismo è il fatto che il Qatar non finanzia i Fratelli Musulmani per trasformarli nell’Islam democratico, li finanzia per trasformarli in un Islam radicale e finanzia soprattutto i gruppi più estremisti. Mentre l’Occidente insegue questa chimera, succede che dal Qatar arrivano i soldi per Jabhat al-Nusra, arrivano i soldi per tutte le formazioni Alqaediste, perché queste organizzazioni hanno i migliori combattenti, più temprati nelle battaglie, da trent’anni di battaglie Jihadiste. Succede in Libia, succede in Siria ma succede anche in Egitto, questo è quello che è successo. Quindi, se vuole delle risposte ben precise su chi li finanzia, quei soldi arrivano dal Qatar innanzitutto, arrivano dal Kuwait, arrivano dall’Arabia Saudita. I migliori alleati dell’Occidente in Medio Oriente, apparentemente. Per quanto riguarda l’Isis, arrivano poi dalla conquista dei pozzi di petrolio in Siria, petrolio che viene contrabbandato in Turchia dove l’Isis ha le proprie basi, concesse dai servizi segreti turchi. E queste sono le vie attraverso cui si finanziano. Si finanziano con i rapimenti, si finanziano con la vendita dello stesso grano che controllano nei territori siriani, che viene rivenduto agli stessi siriani delle aree governative che devono acquistarlo per mangiare. Questa è la storia dei finanziamenti e questa è la storia del grande abbaglio occidentale.

SAMAAN DAOUD:
Confermo pure che sono stato 10 giorni fa ad Aleppo, e ho visto con i miei occhi 2000 fabbriche, ditte, il 70% delle quali è stato costruito degli italiani. Il primo partner economico della Siria era l’Italia, sono quasi tutte rubate e mandate in Turchia. Alcuni sono riusciti a ricomprare la loro fabbrica e a portarla fino alla città di Damasco. Mio fratello è ingegnere agrario, vive al nord della Siria e mi ha raccontato che il governo siriano, nel 2011/2012, ha ricomprato da questi fanatici Jihadisti il suo grano. Per cui questi usano di tutto per autofinanziarsi. E bisogna fare un appello. Uno dice: la preghiera basta? Ovviamente non basta la preghiera, però almeno si può fare in modo che i vostri politici italiani, come ha detto il Vescovo siro-ortodosso che abbiamo visto nel reportage, dicano qualcosa: a cosa servono queste sanzioni? Abbiamo visto con l’Iraq, con Saddam Hussein. È morto di fame, Saddam? I siriani stanno morendo di fame e per la mancanza di medici, la mancanza di attrezzature sanitarie. L’ospedale italiano a Damasco non riesce ad andare avanti perché i macchinari non funzionano. E perché? Perché l’Italia fa questa sanzione contro la Siria. Grazie.

GIAN MICALESSIN:
Prima di concludere, un grazie al signore siriano, a cui voglio dire: “Io ho fatto solamente il mio lavoro”. Un grazie a chi non c’è più, al capitano Alì che quella sera ci ha portato dalle monache del monastero di Santa Tecla. Ci siamo detti: “Piuttosto che farci tagliare la gola, facciamoci uccidere andando giù per le stradine di Maalula e rischiando di incontrare i ribelli”. E quel capitano che aveva pregato con noi quella sera, lui alawita, aveva tenuto come noi al petto il santino delle suore di Maalula mentre scappavamo nelle viuzze. È morto qualche mese dopo, non c’è più un ricordo di lui. E invece, volevo dirvi, è finita bene la vicenda del figlio dell’orafo che è stato liberato qualche mese dopo.

SAMAAN DAOUD:
50.000 dollari, però, eh? Non sono scesi a meno.

GIAN MICALESSIN:
Vi ricordo ancora la raccolta di fondi per ricordare quello che succede ai cristiani che abbiamo lanciato sul giornale e sul sito www.gliocchidellaguerra.it. Se volete contribuire, noi abbiamo cercato di fare nel nostro piccolo quello che potevamo, se ci aiuterete potremo fare ancora di più, grazie.

ROBERTO FONTOLAN:
Allora si chiude qui la nostra rassegna, speriamo di vederci l’anno prossimo. Volevo anche ringraziare i nostri amici della Siria, gli archeologi siriani che sono qui con noi da qualche giorno, che abbiamo sentito nell’incontro in salone. Per chi sarà qui domani, ricordo l’incontro Testimoni di libertà alle 15. Grazie e buona serata

Data

29 Agosto 2014

Ora

19:00

Edizione

2014

Luogo

Sala D3
Categoria
Testi & Contesti