MADRE TERESA: UNA SANTA PER IL NOSTRO TEMPO

MADRE TERESA

Partecipano: Marcilio Haddad Andrino, Ingegnere miracolato del Brasile; Brian Kolodiejchuk, Postulatore della causa di canonizzazione di Madre Teresa; Suor Serena, Missionaria della Carità. Introduce Marina Ricci, Giornalista.

 

MARINA RICCI:
Buonasera e grazie della vostra accoglienza. Sono con me padre Brian Kolodiejchuk, postulatore della causa di canonizzazione di Madre Teresa, sister Serena, che è la suora missionaria della Carità che accompagnò nel 1987 Madre Teresa proprio qui al Meeting, e infine Marcilio Haddad Andrino, l’ingegnere brasiliano che è stato miracolato da Madre Teresa. Avete davanti persone la cui vita in un modo o nell’altro è stata attraversata dall’incontro con la Madre. Di questo parleremo perché sapete che tra dieci giorni Madre Teresa verrà proclamata santa da Papa Francesco nell’Anno Giubilare della Misericordia, diventerà la santa di quest’Anno Giubilare, la santa per tutti, non solo per i poveri ma anche per i ricchi, per tutti quanti noi. E quindi, prima di andare a raccontarvi perché e i motivi di questo gesto di Papa Francesco, vorrei chiamare qui sul palco la Presidente Emilia Guarnieri della Fondazione Meeting che vuole farci un saluto.

EMILIA GUARNIERI:
Sapete che questo è un saluto che fondamentalmente vuole essere un ringraziamento a ognuno di noi che è stato qui in questi giorni: se abbiamo vissuto una esperienza grande, è stato perché ognuno di noi ci ha messo del suo, perché ci siamo lasciati prendere da questa avventura che è accaduta qui. E quindi il ringraziamento va a ognuno, anche se in maniera particolare ai volontari che ci hanno permesso che tutto potesse svolgersi con un ordine adeguato al vivere qui questi giorni. Adesso vi leggo rapidamente alcuni passaggi del comunicato finale che abbiamo dato anche oggi in conferenza stampa ai giornalisti, che ripercorre tratti di queste giornate, di questa settimana e che, come sapete, si conclude con il titolo del 2017.
“C’è una parola che non dobbiamo mai stancarci di ripetere e di testimoniare: dialogo”, queste le parole di Papa Francesco che ci hanno accompagnato per tutta la settimana. Abbiamo cercato di offrire quella testimonianza creativa che il Santo Padre ci chiedeva, come modalità per rispondere alle sfide della realtà presente di fronte a una svolta epocale che esige risposte nuove. Il presidente Mattarella il primo giorno, nell’intervento inaugurale, ci diceva: “L’altro ci conduce meglio al domani”. “Per spezzare la catena dell’autoreferenzialità, è necessario dare il giusto valore all’altro, valore al dialogo, mettere insieme le speranze e l’amicizia”. Desiderosi di corrispondere a quello che ci ha detto, ci siamo messi in gioco per offrire a tutti il contributo di un’esperienza, esaltando il bene che c’è in chiunque abbiamo incontrato per costruire insieme un futuro migliore per tutti. E questa settimana in molti ci hanno testimoniato la verità di questa coraggiosa affermazione, cioè che il dialogo è possibile, in molti ci hanno mostrato che aprirsi all’altro non impoverisce lo sguardo, non impoverisce l’identità ma ci rende ancora più ricchi. Sarebbe lunghissimo l’elenco degli incontri, delle persone, delle cose, delle esperienze che abbiamo visto e condiviso in questi giorni. A mo’ di esempio, alcune: l’abbraccio tra Maria Grazia Grena e Agnese Moro con Augusto Ceretti, la testimonianza di Camillo Ballin sulla vita dei cristiani in Medio Oriente, il dialogo con il presidente Prodi e Sua Eccellenza Silvano Tomasi sui migranti, il racconto del direttore del Museo del Bardo in Tunisia, il premio Nobel per la pace 2015, l’Arcivescovo di Bologna Zuppi, padre Firas, parroco di Aleppo in Siria, il dialogo con il rabbino Korsia, con l’ortodosso Legoyda, l’analisi sul futuro dell’Europa di Jan Figel, il dialogo sull’Europa con il professor Weiler, l’Islam europeo con il Gran Muftì di Croazia Hasanovic e Wael Farouq.
Questi e tanti altri appuntamenti hanno costituito il tessuto della vita di questi giorni. Il tessuto vuol dire proprio che noi abbiamo vissuto dentro questo contesto, dentro questa trama di rapporti, di storie che, oltre tutto, e questa è una grande caratteristica del Meeting di quest’anno, non si fermano a questi giorni perché con tantissimi, quasi con tutti, ci si è dati appuntamento al prossimo anno, non nel senso che ripetiamo gli stessi convegni ma nel senso che da adesso al prossimo anno tutte queste persone sono persone con le quali costruiamo nuovi progetti. Come è accaduto in questi mesi, tante delle cose che abbiamo visto in questo Meeting sono state costruite con persone incontrate in questi anni di Meeting: penso alla mostra sui 70 anni della Repubblica costruita con Luciano Violante e tutti gli altri ospiti che sono intervenuti nel ciclo di incontri, penso alla mostra sul perdono e la misericordia con l’ambasciatore dell’Honduras presso la Santa Sede, penso alla mostra sulla Georgia, con Giorgio e Marilyn Buccellati, penso alla grande e stupenda mostra su Madre Teresa che gli amici della postulazione per la causa di beatificazione, di canonizzazione della Madre ci hanno consentito di portare qui al Meeting e che io ringrazio, oggi che finalmente li abbiamo qui presenti, con grande emozione. Perché vi assicuro che rivedere loro, avere visto la mostra, fa sembrare che da quel 1987 a oggi non ci sia nulla, solo lo spazio di una grande gratitudine. Era il 1987 quando venne Madre Teresa, l’ultimo giorno del Meeting: e quindi il ringraziamento è veramente carico di commozione e di storia. Io credo che la Madre abbia accompagnato anche noi in tutti questi anni, perché ce lo aveva detto che sarebbe stato così, quel giorno.
Potremmo raccontare tante altre storie, i focus sui temi internazionali con la presidente della Rai Monica Maggioni, i tanti spettacoli di questi giorni, fino all’ultimo spettacolo di ieri sera con Gioele Dix. Una settimana che ci ha testimoniato una speranza capace di vincere anche la paura della morte. E la paura della morte e il dolore del terremoto, del terremoto che ha colpito l’Italia centrale, hanno attraversato questi ultimi due giorni di Meeting. Proprio per questo, per questa possibilità di stare con una speranza anche di fronte alla morte, la vita di questi due ultimi giorni ha potuto ospitare nel cuore di ognuno, insieme alla speranza, insieme alla gioia, insieme alla letizia per quello che stiamo vivendo, anche il dolore e la memoria di quanto è successo. Ricordavo questa mattina e amo ricordarlo anche qui che “La pace, chi la conosce, sa che gioia e dolore in parti uguali la compongono”: lo abbiamo imparato quando eravamo più giovani ma io credo che continui a essere vero anche oggi.
Dopo questa settimana, in questi giorni così tragici, torniamo a casa, al lavoro, a studiare, ognuno alle sue occupazioni desiderosi di scoprire sempre di più che, come diceva don Giussani, l’esperienza cristiana diviene evidente nella testimonianza di una passione per l’uomo carica di accettazione della situazione concreta in cui si trova, e quindi pronta a ogni rischio e a ogni fatica. Desiderosi di andare sempre più a fondo di quello che siamo, di quello che ci costituisce – ci costituisce significa che costituisce ognuno di noi per la storia che ha, per la tradizione da cui proviene, per gli incontri che ha fatto nella vita, ognuno di noi nella sua diversità -, proprio per il desiderio che questa consapevolezza possa in ognuno approfondirsi e possa costruirsi qualcosa di buono per tutti andando avanti insieme in un dialogo, in un’amicizia. Il titolo della prossima edizione del Meeting che si terrà a Rimini da venerdì 18 a giovedì 24 Agosto è una frase tratta dal Faust di Goethe: “Quello che tu erediti dai tuoi padri, riguadagnatelo per possederlo”. Vi saluto, ringraziando ancora gli amici che sono qui: ascoltiamo loro, proprio grati che questo Meeting possa avere come suo ultimo convegno, questo, dedicato a Madre Teresa. Grazie.

MARINA RICCI:
Allora, dovete soltanto avere pazienza un minuto perché i ringraziamenti non finiscono con le parole di Emilia Guarnieri. Dobbiamo, e devo io in particolare, a nome della Postulazione della Causa di Madre Teresa e anche delle Suore Missionarie della Carità, ringraziare la generosa ospitalità del Meeting di Rimini per Madre Teresa. Voglio ringraziare in modo particolare Marco Aluigi, responsabile degli incontri, Alessandra Vitez, responsabile della mostra, i ragazzi delle scuole di arte di Milano e gli studenti o giovani medici e ingegneri di Bologna, che assieme all’allestitrice Martina Valcamonica hanno dato il cuore nel ricostruire stilizzata la città di Calcutta. E soprattutto devo ringraziare Simone, che in tre giorni ha dipinto il Crocefisso che avete visto o potrete vedere dopo nella Cappella, grazie Simone!
E spetta a me anche riassumere brevemente i dati principali della vita di Madre Teresa. Alcuni di voi sapranno, ma altri non sanno, per ragioni probabilmente anagrafiche, che questa Santa dell’Anno della Misericordia era nel 1910 una neonata, nata nella città di Skopje -in quella che era allora la città capitale di una provincia dell’Impero Ottomano-, che a diciotto anni ha poi deciso di entrare nell’Ordine delle Suore di Loreto per dare spazio e vita alla sua vocazione. Qual era la sua vocazione? Era molto semplice: amava profondamente Gesù Cristo, e lo amava così tanto che, nel suo impeto giovanile, voleva portarlo a tutte le genti, soprattutto nei Paesi di missione. Per questo nel 1928, a diciotto anni, ha lasciato l’Europa ed è andata prima pochi mesi in Irlanda, come Postulante delle Suore dell’Ordine di Loreto, e poi è partita per Calcutta, perché questo ordine di Suore possedeva delle missioni in Bengala. Qui ha vissuto diciassette anni – prima era novizia, poi ha pronunciato i voti perpetui -, per diciassette anni ha insegnato a una scuola delle suore a delle ragazze, e ha imparato l’indi, l’inglese, il bengali.
Che cosa è successo? L’elemento determinante nella vita di Madre Teresa è quella che lei stessa definiva la “chiamata nella chiamata”, che è stata anche un’esperienza mistica di cui si è venuti a conoscenza dopo la sua morte, ma era un’esperienza mistica fortemente radicata nella realtà. Perché capita che laddove il male dell’uomo determina condizioni – è capitato ieri e capita ancora oggi – di sofferenza e di violenza, la voce di Dio non manca, non manca mai. E questo è accaduto letteralmente a Madre Teresa che, andando in treno verso Darjeeling – una località montana dove doveva andare a fare un ritiro spirituale -, dopo aver visto nel 1943 a Calcutta lo strazio della carestia che aveva ucciso migliaia di persone, lo strazio delle madri che vedevano i figli morire tra le loro braccia, e dopo aver visto nel 1946, qualche settimana prima di questo suo viaggio verso Darjeeling, i morti per le strade, a causa dei tumulti tra indù e mussulmani che hanno preceduto la spartizione dell’India, ebbene, in questo viaggio lei ha sentito la voce di Gesù. Una voce che le chiedeva di fondare un nuovo ordine dedicato al servizio dei più poveri fra i poveri, una voce che le chiedeva suore vittime del Suo amore, una voce che le chiedeva non di portare cibo o di portare acqua, o di portare beni a i poveri, ma di portare Gesù ai poveri. Una voce che le ripeteva: “Portami nelle tane, nei buchi dei poveri”. Un’esperienza straordinaria, che ha evidentemente condizionato tutta la sua vita, e che è stata la premessa a una seconda esperienza molto importante, che ce l’ha resa profondamente vicina, e che in qualche modo rappresenta l’attualità della sua esperienza e della sua figura oggi.
Dopo due anni ha ricevuto il permesso di poter lasciare l’Ordine di Loreto, vestita di un sari, che vedete qui, che porta Sister Serena – era il nuovo abito del nuovo Ordine, come le aveva chiesto Gesù, perché era Gesù che aveva chiesto il sari per le Missionarie della Carità. Dopo aver abbandonato l’Ordine di Loreto e aver cominciato la sua opera nei bassifondi di Calcutta, Madre Teresa ha cominciato ad avvertire nella sua anima due sentimenti contrastanti: da una parte avvertiva un desiderio profondo di Dio, dall’altra si sentiva rifiutata, abbandonata, non amata da Dio, e non riusciva a capire il perché di questa sua condizione. Questa è una sofferenza che l’accompagnerà per tutta la vita fino alla morte, e che più tardi Padre Brian ci spiegherà nel suo significato profondo, che la rende appunto così vicina a noi. È qui, è in questa oscurità, e nel ricordo anche di questa luce profonda dell’incontro con Gesù, che Madre Teresa ha attraversato cinquant’anni della sua vita, e anche della nostra vita. L’Ordine si è espanso: hanno cominciato lei e due giovani allieve che sono accorse ad aiutare la loro maestra, e poi è cresciuto, cresciuto in India e nel resto del mondo. Sappiamo che è stata una grande amica di Giovanni Paolo II, che già aveva riconosciuto in lei i tratti della santità, e che proprio per questo ha abbreviato i tempi necessari all’apertura della Causa di Beatificazione. E sappiamo che Papa Francesco, che il 4 settembre la proclamerà santa, anche lui ne ha riconosciuto i tratti della santità confermati oggi dalla Chiesa, ma l’ha voluta come immagine di questo Anno della Misericordia, perché lei è stata Madre della Misericordia per tutti noi. E allora adesso sentiamo Padre Brian.

BRIAN KOLODIEJCHUK:
La misericordia di Dio! Sappiamo davvero che cosa vogliamo dire quando ne parliamo? E possiamo raccontare Madre Teresa senza parlare della misericordia? Abbiamo mai sperimentato su di noi la misericordia di Dio? Nella mia vita ho potuto sperimentare direttamente la misericordia del Signore in due momenti particolari, ed è a causa di queste due esperienze che oggi sono qui. La prima risale all’incirca a 14 mesi dopo la mia nascita, quando mia madre e mio padre mi hanno adottato. È accaduto dopo un weekend di sogni. I miei genitori avevano già adottato mia sorella e adesso volevano un maschietto, ma avevano deciso di aspettare. Un venerdì sera d’estate, però, mia madre sognò di adottare un bambino. Lì per lì non fece molto caso al sogno. Ma poi, la notte successiva, ne fece un altro molto simile, in cui di nuovo adottava un bambino! Qualcosa doveva significare! Ai miei genitori sembrò che Dio stesse dicendo loro di muoversi, perciò la domenica mattina parlarono tra di loro e decisero di contattare subito l’agenzia che si occupava delle adozioni per chiedere di avere un bambino. Ma non c’era nessun neonato disponibile. C’ero solo io, che avevo già 14 mesi. Ma poi la signora dell’agenzia che li stava aiutando disse: «Che sarà mai un anno, quando avete tutta la vita davanti a voi?». Questa fu perciò la mia prima esperienza di come la misericordia di Dio può cambiarti la vita. E questa prima esperienza preparò il terreno per il secondo momento in cui sperimentai la Sua misericordia e la mia vita cambiò di nuovo.
Questa seconda esperienza della misericordia fu l’incontro con Madre Teresa nel maggio del 1977. Mia sorella – non ne ho altre, e nemmeno fratelli – si unì alle Missionarie della Carità nel 1976. L’anno successivo era a Roma e stava per cominciare il noviziato. I miei genitori e io venimmo a trovarla da Winnipeg, in Canada, per la prima volta da quando era entrata nell’ordine. Nello stesso periodo anche Madre Teresa era a Roma, per assistere ai voti delle sue sister e per avviare il primo gruppo di fratelli contemplativi. Io e i miei genitori partecipammo insieme alle sister alla messa e all’adorazione del pomeriggio, perciò Madre Teresa sapeva che io ero il fratello di una delle sue sister. All’inizio del giugno di quell’anno, nel giorno della Solennità del Sacro Cuore, ci fu una messa nel ricovero notturno per i senzatetto che le suore avevano in via Carlo Cattaneo. La celebrò il cardinale vicario di Roma e Madre Teresa appuntò una croce sul cuore di un prete e di cinque laici. Dopo la messa, quando fu il momento di andarcene, i miei genitori andarono a salutare Madre Teresa, e poi arrivò anche il mio turno. Ma mentre la salutavo, madre Teresa mi disse: «Voglio appuntare una croce anche a te!». Rimasi sbalordito! Avevo solo ventun anni e madre Teresa in persona mi diceva una cosa del genere. Non riuscii a dire nulla. La mattina dopo però ebbi la possibilità di parlare con lei dopo la messa, e lei mi invitò a unirmi al nuovo gruppo di fratelli contemplativi. Tornai a Roma a settembre e il 9 aprile dell’anno seguente Madre Teresa appuntò davvero la croce anche sul mio cuore.

Ovviamente all’epoca non avrei mai potuto immaginare che più di vent’anni dopo avrei avuto l’enorme onore e la responsabilità di essere il postulatore della sua causa di Canonizzazione.
A partire da quel maggio del 1977, ebbi la benedizione di conoscere Madre Teresa per i successivi vent’anni. Qualche anno più tardi, nel 1983, poiché avevo scoperto la mia vocazione al sacerdozio, presi parte alla fondazione dei Padri Missionari della Carità a New York, l’ultimo ramo dell’Ordine fondato dalla Madre. Più di qualsiasi altra cosa, da Madre Teresa feci esperienza di un amore tenero e materno. Diverse volte negli anni successivi, nei momenti in cui dovevo prendere delle decisioni importanti, lasciai che fosse lei a decidere del mio futuro. Con una sola eccezione, seguii sempre le sue istruzioni e i suoi consigli. Mi fidavo semplicemente del fatto che ciò che lei decideva per me fosse il modo in cui Dio, tramite lei, agiva nella mia vita. Quanto vorrei aver annotato tutte le mie esperienze con lei e le cose che mi ha detto! Ah, quanto si è sciocchi quando si è giovani!
Uno dei doni più grandi derivati dall’essere il suo postulatore, è stata la possibilità di conoscere Madre Teresa molto meglio di quando era viva. Ricordo che quando terminai di scrivere la Positio pensai che ero arrivato a conoscerla in maniera molto più completa e profonda rispetto a quando era viva.
Gli aspetti della vita di Madre Teresa che mi colpiscono di più, specialmente nel contesto della sua canonizzazione in questo Giubileo della Misericordia, sono due. Il primo è che lei era assolutamente consapevole del suo bisogno di misericordia davanti a Dio. Era davvero molto a suo agio nella sua povertà. Una volta sister Nirmala, che è stata il primo successore di Madre Teresa alla guida dell’Ordine, ci ha detto: «La Madre era convinta di essere una povera peccatrice, ma confidava nell’amore, nella tenerezza e nella misericordia di Gesù (…) La Madre ha sempre sentito il bisogno della misericordia di Dio e anche che Dio era stato davvero misericordioso a darci tutto ciò che ci aveva dato. Perciò lei Gli era grata». E la Madre stessa ha detto: «Gesù, che ama teneramente ciascuno di noi con misericordia e compassione, opera miracoli con il Suo perdono».
L’Anno della Misericordia serve infatti soprattutto a ricordare a tutti noi che di fronte a Dio abbiamo tutti bisogno di misericordia, in questo siamo tutti uguali. Visti da fuori i nostri “bisogni” possono sembrare diversi, ma davanti a Dio non abbiamo più il nostro “guscio” esterno, per così dire. Siamo mendicanti che chiedono il suo amore, il suo perdono – la sua misericordia. Adattando tutto questo al vocabolario di Madre Teresa, potremmo chiamare questa nostra povertà interiore la “Calcutta del cuore”, o, ancora meglio, “la Calcutta del mio cuore”. Madre Teresa diceva sempre: «Calcutta è ovunque». È vero che forse non commetteremo mai nessun atto grave o malvagio, ma è vero anche che ne siamo capaci, che siamo capaci di fare cose terribili e perverse. Ed è per questo che tutti quanti noi siamo poveri!
Madre Teresa era davvero molto cosciente della sua povertà e della sua miseria, ma era ancora più cosciente della realtà della misericordia e del perdono del Signore. E per questo era sempre pronta a concedere misericordia e perdono agli altri. Lei lo spiegava così: «Ci serve tantissimo amore per perdonare e tantissima umiltà per dimenticare, perché il perdono non è completo se non si dimentica. E quando non dimentichiamo, capita spesso di dire che abbiamo perdonato, ma che non riusciamo a dimenticare. Ma finché non dimentichiamo non abbiamo perdonato del tutto. Ed è questa la cosa più bella della misericordia di Dio. Lui non solo perdona, ma dimentica, e non parla mai più di quello che è successo, come il padre della parabola con il suo figliol prodigo. Lui non dice nemmeno “dimentico i tuoi peccati” o “dimentico il male che hai fatto”…Corre solo incontro al figlio con gioia. Questi sono meravigliosi esempi che dobbiamo condividere, usando il Vangelo per farli diventare una realtà nella nostra esistenza».
Ciò non vuol dire che possiamo sempre letteralmente dimenticare il male che ci è stato fatto, o che non dobbiamo agire con prudenza rispetto a ciò che gli altri dicono o fanno, ma nel nostro atteggiamento generale e nei nostri rapporti personali con gli altri abbiamo bisogno di perdonare e dimenticare. O quantomeno dobbiamo comportarci (con sincerità!), come se non ricordassimo l’offesa subita ieri.
Madre Teresa metteva in pratica quello che insegnava. Non si scandalizzava per i peccati degli altri, sapeva che anche lei poteva cadere. Una delle persone che collaboravano con lei fece esperienza diretta del suo perdono incondizionato. Questa persona aveva fatto una cosa molto grave e aveva grosse difficoltà a gestire il senso di colpa e la vergogna. Perciò raccontò a Madre Teresa tutta la storia. Ecco come ha ricordato quell’esperienza: «Dopo aver sentito tutta la storia, la Madre prima mi chiese se qualcun altro ne era a conoscenza, e io le risposi che lo sapevano soltanto i sacerdoti con cui mi ero confessata. La Madre allora mi guardò con tanto amore e tenerezza negli occhi. E disse: “Gesù ti perdona e la Madre ti perdona. Gesù ti ama e la Madre ti ama. Gesù voleva solo mostrarti la tua povertà. Adesso, se qualcun altro verrà da te a dirti la stessa cosa, tu avrai compassione di quella persona”. Chiesi a Madre Teresa di non dirlo a nessuno e lei mi promise con grande tenerezza che non l’avrebbe fatto. Non mi chiese mai: “Perché l’hai fatto? Come hai potuto?”. Non mi disse mai: “Ma non ti vergogni? Hai causato un grave scandalo. Non mi disse nemmeno: non farlo mai più”.
Come sappiamo, nel sacramento della confessione riceviamo direttamente e personalmente la misericordia di Dio. L’atteggiamento di Madre Teresa nei confronti di questa persona che aveva sbagliato è qualcosa di molto vicino al comportamento che Dio ha nei nostri confronti: la Sua misericordia amorevole si fa incontro alla nostra miseria non con superiorità, come un capo, un giudice o un maestro, ma con l’atteggiamento di un padre amorevole che accoglie il figliol prodigo che tanto gli è mancato.
Una sister ha raccontato questa storia: «Una volta andai a Calcutta per un ritiro. Ero molto agitata e preoccupata per un peccato che avevo commesso. Perciò andai a incontrare la Madre. Misi per iscritto tutte le mie colpe, le mie debolezze, e soprattutto quel peccato che mi tormentava, e diedi tutto da leggere alla Madre. Lei lesse tutto quanto… Poi fece a pezzi il foglio e mi disse: “Metto tutto questo nel Cuore di Gesù, ma tu non devi mai, mai dubitare della misericordia di Dio. Quando avrai confessato i tuoi peccati, ricorda che Dio ti ha perdonato e che ha dimenticato tutto”. Poi la Madre mi parlò del grande amore di Dio, del Suo perdono e della Sua misericordia… E mi disse che quel mio peccato, invece di allontanarmi da Dio, era stato uno strumento per rendermi più umile, per farmi più vicina a Lui, e per accrescere la mia devozione al Cuore Misericordioso di Gesù. Tutto questo grazie alla Madre».
Madre Teresa stessa si accostava al sacramento della riconciliazione con fiducia e regolarità, persino durante i suoi frequenti viaggi. Ha raccontato ancora sister Nirmala che «persino quando viaggiava da una casa all’altra, la Madre restava fedele alla sua confessione settimanale». Per Madre Teresa non era una questione di abitudine o di routine, ma di incontrare ogni volta di nuovo la misericordia e l’amore di Dio.
La Madre era ben consapevole che – queste sono le sue parole -, «Il diavolo odia Dio. E quell’odio in atto ci distrugge. Ci fa commettere peccati, ci fa condividere quel male… così anche noi diventiamo parte di quell’odio e [questo] ci separa da Dio. Ma è qui che entra in gioco la meravigliosa misericordia di Dio. Devi soltanto voltare le spalle al male e dire che ti dispiace. Questo è il bellissimo dono della confessione. Andiamo a confessarci da peccatori carichi di peccato e usciamo da peccatori senza più peccati. Questa è l’enorme, gigantesca misericordia di Dio. Perdonare sempre. E non solo perdonare, ma amare. Dolcemente, amorevolmente, pazientemente. È questo che il diavolo odia di Dio, la tenerezza e l’amore di Dio per i peccatori».
Il secondo aspetto eccezionale della vita di Madre Teresa è ciò che lei ha definito “l’oscurità”. Questo secondo aspetto è direttamente collegato al primo ed è quello che ci spiega perché Madre Teresa fu così capace di misericordia. L’esperienza dell’oscurità l’ha costretta a dipendere continuamente dalla misericordia del Signore, e di conseguenza ad essere sempre pronta ad usare misericordia agli altri. La sua è stata una oscurità “apostolica” e “missionaria”!
Quando per la prima volta rendemmo pubblico il fatto che, dopo l’esperienza mistica dei suoi dialoghi con Gesù, Madre Teresa aveva vissuto il resto della sua vita nell’oscurità, sentendosi rifiutata da Dio e arrivando a sperimentare perfino la tentazione del dubbio sull’esistenza stessa di Dio, qualche giornale scrisse che Madre Teresa era atea. Quanto si sbagliavano, quanto non avevano capito! Del resto anche Madre Teresa per molti anni non riuscì a capire perché provava sentimenti così dolorosi, fino a quando non si accorse che questa oscurità era invece un dono. Dio l’aveva chiamata ad essere non solo povera materialmente, ma povera anche nella sua anima, così come Gesù si è fatto povero per noi, per amore nostro. Questa sofferenza, questo dolore dell’anima, aveva solo l’apparenza di una lontananza da Dio, mentre in realtà è stato il modo misterioso di condividere la povertà dell’anima di Gesù sulla Croce, rifiutato e deriso dagli uomini e, anche Lui, apparentemente abbandonato da Dio.
Quando arrivò a capirlo Madre Teresa scrisse al suo confessore queste parole: «Per la prima volta in questi undici anni sono giunta ad amare l’oscurità perché credo, ora, che essa sia una parte, una piccolissima parte dell’oscurità e del dolore di Gesù sulla terra. Lei mi ha insegnato ad accettarla come “il lato spirituale della Sua opera,” come lei ha scritto. Oggi ho provato davvero una gioia profonda: Gesù che non può più attraversare la Sua agonia, lo vuole fare in me. Più che mai abbandono me stessa a Lui. Sì, più che mai sarò a Sua disposizione». In quel sì di Madre Teresa c’è tutta la sua santità e tutta la nostra fede cristiana: tutto ciò che ci è chiesto di fare e tutto ciò che noi possiamo fare. Il resto lo fa Gesù e tutta l’opera di Madre Teresa testimonia che cosa Dio può compiere quando si fa spazio a Lui nell’anima.
L’esperienza dell’oscurità ha permesso a Madre Teresa di non giudicare, ma di capire, (perché la condivideva) la povertà di chi aveva di fronte. E di amare con tenerezza e misericordia, perché proprio grazie al dono di poter condividere la sofferenza di Gesù aveva capito di essere amata in modo speciale da Dio. Per questo Madre Teresa è una santa per tutti, per i poveri e per i ricchi, e per il nostro tempo, devastato da tanta violenza e aridità del cuore, perché ci ha mostrato che il male che ognuno si porta dentro, può essere perdonato e che, afferrando la mano misericordiosa e sicura che Gesù ci tende, anche le nostre oscurità possono essere attraversate. Grazie.

MARINA RICCI:
Ringrazio padre Brian perché non solo ci ha portato più vicini a Madre Teresa, all’esperienza che Madre Teresa ha vissuto, ma perché spiegando questo ci spiega anche e ci porta più vicini al pontificato di Papa Francesco, a quello che Papa Francesco sta cercando, da quando è stato eletto, di spiegare a tutti noi. E adesso passiamo a un’altra testimonianza. Quello che noi oggi facciamo non sono discorsi, sono parole che nascono da una esperienza e da una vita. E sicuramente quello che è accaduto all’ingegner Andrino in Brasile è qualcosa che non passa inosservato per gli altri, che lascia una traccia profonda in chi lo ha vissuto. Il suo miracolo rappresenta oggi per la chiesa il suggello di Dio al processo d canonizzazione che ha portato Madre Teresa a essere santa, è come il timbro: anche Dio è d’accordo, anche Madre Teresa è santa. E la sua storia che adesso ci racconterà, ce la racconterà per indurci a capire meglio che cos’è un miracolo: non qualcosa di magico, ma un evento che attraversa la nostra vita e si impone con una evidenza tale che non puoi non restare stupito, non puoi che restare stupefatto, non puoi che pensare che Dio si è fatto così vicino che quasi lo tocchi. E allora do la parola all’ingegner Andrino.

MARCILIO HADDAD ANDRINO:
Buon pomeriggio a tutti. Mi chiamo Marcilio. Vorrei raccontarvi qualcosa riguardo alla mia esperienza di fede. Sono nato a Santos, una città che si trova sulla parte costiera dello stato di San Paolo. Quando avevo soltanto 6 anni, mi è stata diagnosticata una malattia ai reni: i miei reni non funzionavano bene e a partire da quella età ho dovuto affrontare molte limitazioni a causa della mia salute. Ad esempio, non potevo mangiare cibi salati né bere troppa acqua. Malgrado tutte queste limitazioni, ho comunque avuto un’infanzia felice. Ho vissuto benissimo fino ai miei 18 anni, quando le mie condizioni di salute si sono aggravate e mi sono dovuto sottoporre ad emodialisi. Circa un anno dopo, quando avevo 19 anni, tentai la strada del trapianto, mio fratello sarebbe stato il donatore.
In seguito ho proseguito gli studi universitari e mi sono laureato in Ingegneria meccanica nel 1998. Successivamente, ho iniziato un percorso di specializzazione nell’ambito dell’insegnamento che mi ha portato a conseguire un Dottorato di Ricerca. Nel 2000, vale a dire all’inizio dei miei studi post-universitari, a Santos ho conosciuto Fernanda. Dopo il dottorato ho vinto un concorso a Rio de Janeiro e così, dopo alcuni anni di fidanzamento, Fernanda ed io abbiamo deciso che ci saremmo sposati nel mese di settembre del 2008.
Nel 2007 ho iniziato a lavorare a Rio e in quel periodo mi sentivo molto bene. È stato nel 2008 che ho cominciato ad avvertire alcuni strani sintomi, ho cominciato a soffrire di visione doppia e ad avere problemi di equilibrio. All’inizio non vi ho dato molta importanza e appena ho avuto l’occasione di godermi le mie prime vacanze dal lavoro, sono rientrato a Santos per passare alcuni giorni con la mia famiglia. Dopo due giorni che ero tornato a casa dai miei, ho avuto una crisi di convulsioni in cui però non ho perso completamente conoscenza e da cui mi sono ripreso. Da quel momento però è iniziata una serie di visite presso specialisti molto competenti per capire di che cosa si trattasse. In mancanza di una diagnosi chiara, l’unica ipotesi formulata riguardava una possibile infermità al cervello.
Fui sottoposto ad una pesante terapia che prevedeva forti dosi di cortisone somministrate per via intravenosa. Allora decisi di rivolgermi ad un noto medico di San Paolo il quale, dopo aver valutato le diverse risonanze, mi disse di non riuscire a capire di quale malattia soffrissi.
Durante i primi sei mesi del 2008 il mio stato di salute si era aggravato moltissimo, i problemi di equilibrio erano aumentati e non riuscivo più a camminare. Durante quel periodo, Fernanda era profondamente angosciata per me. Una sua amica molto colpita dalla nostra situazione le regalò un libro contenente le preghiere di Madre Teresa e le consigliò di pregare Madre Teresa con tutta la sua fede poiché lei stessa era stata graziata in precedenza. Da quel momento cominciammo a pregare Madre Teresa. Intanto la data prevista per il nostro matrimonio si avvicinava. Fernanda cercò don Elmiran, un prete nostro amico, il quale ci diede una reliquia di Madre Teresa che a sua volta gli era stata donata dalle Sorelle della Carità durante una messa che aveva celebrato presso di loro.
La certezza che al momento giusto Madre Teresa avrebbe interceduto per noi ci ha sostenuto e il nostro matrimonio fu celebrato alcuni giorni dopo, anche se io non stavo bene, anzi, mi sentivo molto debole. Ma la speranza non ci abbandonava. Qualche giorno dopo, più precisamente il 20 ottobre, ho avuto delle convulsioni molto forti e sono stato ricoverato in un ospedale a Santos. Un giovane medico, dopo aver valutato tutta una serie di esami, mi diagnosticò un’infezione multipla al cervello provocata da tre ascessi molto grandi. Vista la gravità della situazione, il medico mi prescrisse degli antibiotici: fu la prima diagnosi corretta dopo tante visite di altri specialisti. Nonostante le cure, le mie condizioni non miglioravano, al contrario, peggioravano a prescindere dalla terapia antibiotica. Il lato sinistro del mio corpo si era paralizzato e avevo perso completamente l’equilibrio. Le mie condizioni erano molto serie e i medici erano preoccupatissimi. La fede, nonostante la situazione, non ci ha mai abbandonati e le nostre preghiere a Madre Teresa non sono mai cessate poiché eravamo certi che alla fine sarei guarito.
Il mattino del 9 dicembre mi sono svegliato con fortissimi dolori alla testa, dolori insopportabili. Lo staff medico aveva accertato che le mie condizioni erano gravissime, ero ormai vicino alla morte senza possibilità di essere salvato. Il mio cervello era compresso da una idrocefalia, un eccesso di liquido causato dall’infiammazione degli ascessi. L’unica possibilità per mantenermi in vita consisteva nel creare un drenaggio nel cervello che potesse alleviare l’idrocefalia. In ogni modo, non avevo alcuna speranza di guarigione.
Dopo i forti dolori e i potenti sedativi, mi svegliai al centro chirurgico senza capire nulla, i forti dolori però erano scomparsi e provavo un grande senso di pace. Guardando il dottore gli chiesi perché ero lì e lui mi rispose che era necessario operarmi il giorno dopo.
Fui portato in terapia intensiva dove riuscii a dormire tranquillamente. Il mattino dopo, mi fu detto che l’intervento non era più necessario. Ero infinitamente felice anche se non capivo nulla. Successivamente seppi che, a partire da quei momenti di sofferenza, gli ascessi si erano ridotti drasticamente e l’idrocefalia era scomparsa. I medici non erano in grado di spiegarsi cosa fosse accaduto.
Era stato però in quei momenti di sofferenza che l’opera di Dio si era manifestata tramite l’intercessione di Madre Teresa. Fernanda aveva pregato incessantemente affinché Madre Teresa compisse un miracolo nelle nostre vite. Tornando in camera, mi spiegarono che dagli esami si vedeva che gli ascessi si erano ridotti del 70% e che l’idrocefalia era completamente scomparsa. Fernanda mi raccontò che dal momento che ero stato destinato al centro chirurgico aveva pregato instancabilmente, chiedendo a Madre Teresa un miracolo. Don Elmiran era venuto a trovarmi e mi aveva impartito l’estrema unzione. Fernanda, non potendo restare in ospedale, si era recata a casa di sua madre e in solitudine aveva pregato per l’intercessione di Madre Teresa. E tutto era accaduto proprio in quel momento: gli ascessi si erano ridotti e la mia vita era stata salvata dall’opera di Dio per mezzo dell’intercessione di Madre Teresa.
I medici non sono mai riusciti a comprendere l’accaduto, come fosse stato possibile che gli ascessi fossero diminuiti da un momento all’altro. Tre giorni dopo fu effettuata una tomografia che dimostrò che gli ascessi erano guariti e al loro posto restavano solo delle cicatrici. Tredici giorni dopo trascorrevo il Natale a casa.
Al termine di sei mesi di fisioterapia ho ripreso a lavorare a Rio de Janeiro. Gli specialisti ci avevano inoltre detto che a causa delle terapie antibiotiche e anche di tutte le altre cure intraprese durante tutto il corso della mia vita, non avrei potuto avere figli. Per accertarlo feci degli esami che confermarono una probabilità inferiore all’1%. Tanto io quanto Fernanda eravamo certi che la nostra possibilità di avere figli dipendesse dalla volontà di Dio. Con nostra grande sorpresa, nel giugno del 2009 nelle nostre vite si è compiuto un altro miracolo: Fernanda è rimasta incinta. La nostra felicità è stata immensa di fronte a questo miracolo che continuava. Siamo molto grati a Dio e a Madre Teresa. Il nostro secondo figlio è nato nel 2012. Madre Teresa non ci ha donato una sola vita bensì tre.

MARINA RICCI:
Ringrazio tanto l’ingegnere Andrino e lo ringrazio per la sobrietà con cui è stato cronista dei fatti che gli sono accaduti, mentre parlava pensavo si è vero come dice padre Brian che Dio è misericordioso ma è anche ironico perché in fondo si diverte a confondere le nostre presunzioni di sapienza, le nostre convinzioni di poter controllare scientificamente tutto, e l’altra cosa che pensavo è che Madre Teresa mantiene le sue promesse perché lei una volta ha detto: “Se mai sarò una Santa del… Se mai diventerò una Santa, sarò sicuramente una Santa dell’oscurità lascerò sempre il paradiso per venire sulla terra a portare la luce a chi è nell’oscurità.” e come abbiamo appena sentito ha mantenuto la sua promessa. E allora adesso vorrei anche dare la parola invece a una persona che l’ha conosciuta bene Madre Teresa e che Suor Serena e come dicono alla postulazione, come diciamo tutti noi che la conosciamo, Serena di nome e Serena di fatto, perché ci racconti il suo ricordo che ci trasmette, il suo ricordo di Madre Teresa.

SUOR SERENA:
Nelle scritture leggiamo che il Signore ci chiama dal grembo materno, questo significa che ci prepara alla vocazione a cui siamo chiamati, attraverso eventi, persone e soprattutto facendo nascere in noi, desiderio, inclinazioni persino sogni che sembrano irrealizzabili. Sembra quasi che il Signore ci impegni in una caccia al tesoro ad ogni angolo, ad ogni incrocio della nostra vita ci lascia un segno per indicarci qual è il percorso che ci porta al tesoro. Il primo segno che ho trovato lungo la mia strada è stata una particolare sensibilità verso la povertà dei meno fortunati, un desiderio di aiutarli materialmente nella loro difficoltà, questa mia ansia è cresciuta fino a realizzare che i poveri avevano il diretto di avere un posto privilegiato nella mia vita, non era sufficiente che dedicassi loro un mezzo servizio, ma richiedevano da me un servizio a tempo pieno, fu così che decisi di fare un’esperienza come missionaria laica in Africa, un’esperienza breve ma che servì a rafforzare il mio desiderio di un dono totale di me stessa. Sarei probabilmente ritornata con l’ammissione se non avessi incontrato, non ancora di persona, ma attraverso articoli e scritti vari Madre Teresa, erano gli anni ’70 e cominciava ad essere conosciuta a livello mondiale, ciò che subito mi colpì di lei, non fu soltanto il suo servizio ai più poveri ma la sua consapevolezza che per servirli bisogna amarli, e per amarli bisogna essere disposti a condividere la loro povertà materiale e spirituale. Fu così che presi non senza difficoltà la decisione di entrare nella congregazione nonostante mai in precedenza avessi preso in considerazione la possibilità di una consacrazione religiosa. In questo processo di discernimento la Madonna ha avuto un ruolo essenziale facendomi capire che se questa era la mia chiamata il Signore non mi avrebbe mai abbandonata lungo la strada. La fede è comunque sempre un salto nel buio, ma uscendo di nuovo alla luce ho scoperto il mi tesoro, quello che vorrei fare questa sera qui insieme a voi è solamente ricordare in un modo molto semplice una persona indimenticabile a cui ho voluto e voglio bene e da cui anche ho ricevuto tanto, in amore, in insegnamenti e nell’esempio di vita. Mi tornano spesso alla memoria, parole, gesti, episodi che potranno sembrare insignificanti per chi non li ha vissuti personalmente, ma che ancora oggi mi rievocano emozioni e sentimenti profondi, vivere vicino alla madre era vivere nella gioia, non una gioia esuberante e rumorosa ma la gioia che nasce da una pace interiore, ogni volta che arrivavi in una delle nostre case si creava sempre intorno a lei un’atmosfera di festa, alcuni potrebbero pensare che il comportamento e il modo di vivere dei Santi siano diversi da quello delle persone per così dire normali e che per tanto sia facile riconoscerli, non è sempre così perché ciò che è veramente unico e speciale in loro è molto spesso tenuto nascosto. La santità brucia nell’intimo, in profondità e ciò che affiora in superficie, è spesso solo una pallida irradiazione di quel fuoco interiore, un’immagine concreta di questa realtà spirituale potrebbe essere un iceberg la cui parte galleggiante sulla superficie dell’acqua è visibile, e irrilevante rispetto all’enorme parte nascosta nella profondità dell’oceano, questo può essere uno stimolo per noi per cercare di scoprire i santi che possono essere nascosti in mezzo a noi, forse nella nostra stessa famiglia, la prima volta che ho incontrato personalmente Madre Teresa fu negli anni 70 a Londra, ero appena entrata nella congregazione come aspirante e stavo imparando l’inglese, la madre era di passaggio a Londra in viaggio verso Liverpool dove avrebbe aperto una nuova casa, quel giorno espresse un desiderio insolito, quello di incontrare personalmente tutte le suore della comunità, le aspiranti incluse, ero felice ma allo stesso tempo ero preoccupata perché non sapevo ancora parlare fluentemente in inglese e solitamente mi era difficile seguire una conversazione, la madre cominciò con alcune domande semplici, il mio nome, da dove venissi, poi continuò spiegandomi che il motivo principale per entrare nella congregazione non era il servizio ai poveri ma l’appartenere completamente a Gesù. All’improvviso la interruppi perché con mia grande meraviglia mi accorsi che stavo comprendendo le sue parole senza alcun problema, madre le dissi: generalmente non riesco a seguire le conversazioni in comunità ma ora con lei sto comprendendo tutto perfettamente, e lei mi rispose sorridendo: perché la madre parla con la semplicità del Vangelo. Questa potrebbe sembrare un’asserzione presuntuosa, ma non è così al contrario questo riflette la sua grande umiltà e lei era perfettamente convinta che fosse Dio ad attuare in tutto il suo lavoro, spesso ripeteva questa opera è tutta sua non c’è niente di mio, era anche perfettamente convinta che le parole che usava fossero sue, ciò spiega anche il fatto che nonostante ripetesse spesso le stesse parole nei suoi vari discorsi in pubblico, queste avevano sempre una forza e un’efficacia straordinarie e sempre sapevano raggiungere e commuovere i cuori degli ascoltatori, questa perfetta unione oserei quasi dire questa sovrapposizione di persone, è frutto della sua radicale ed eroica obbedienza per mezzo della quale fu capace di svuotarsi, di sparire completamente per dar posto a Gesù, questa è per me una delle più grandi caratteristiche della madre, l’aver saputo vivere in modo totale e perfetto, quello che anche San Paolo sperimentò quando scrisse: Sono stato crocifisso con Cristo, non sono più io che vivo ma Cristo vive in me. La madre parlava come Gesù ma anche perdonava come Gesù, mi ricordo di un episodio in particolare, mi era stato chiesto di procurare il visto e il biglietto aereo per un suo viaggio, diversi contrattempi la costrinsero a cambiare più volte i suoi piani e di conseguenza anche i miei, ad un certo punto io persi la pazienza e lo mostrai palesemente senza accorgermi della presenza della madre accanto a me, troppo tardi me ne resi conto. Solo alla sera prima di coricarmi, decisi di bussare alla porta della sua stanza per scusarmi della mia reazione, si mostrò sorpresa chiedendomi che cosa fosse accaduto, mi fece ripetere tutta la storia e alla fine concluse con un sorriso, non mi sono accorta di nulla, non ti preoccupare vai a dormire tranquilla e mi diede la sua benedizione. La gioia che ho provato che ho provato in quel momento è difficile da descrivere, ho pensato la mia felix culpa che mi aveva procurato la possibilità non soltanto di ricevere il perdono ma anche di ricevere tanto amore, come per Gesù anche per la madre perdonare non significava solamente dimenticare l’accaduto ma amare con un amore più grande la persona caduta nell’errore. Vivere con la madre significava le 24 ore del giorno senza sciupare un minuto, una delle sue ultime espressioni il giorno stesso che ci lasciò per il cielo fu c’è ancora tanto da fare, trovavi il tempo per tutto, per la preghiera , il lavoro, la corrispondenza, gli incontri, il riposo, la ricreazione ma non per l’ozio e il tutto non si svolgeva in modo frenetico ma con una calma e una serenità assolute, non rimandava mai al domani quello che poteva fare oggi e quando vedevo una necessità il suo ringraziamento a Dio spesso anticipava la richiesta, accadde così per esempio durante una sua breve visita alla nostra casa di Madrid, dove aveva fatto scalo durante un suo viaggio dall’America del Sud a Roma, in quel tempo la comunità di Madrid era di quattro suore, ci chiese del nostro apostolato e quando venne a sapere che da tempo e senza successo stavamo cercando un luogo dove ricoverare i nostri poveri che vivevano per le strade, si diede subito da fare senza perdere tempo andammo alla ricerca, molte porte si aprirono davanti a noi quasi miracolosamente e al termine della giornata eravamo proprietarie di un terreno nel centro della città. Un cuore puro vede Dio, ripeteva sovente, nella sua straordinaria purezza le era estremamente facile scoprire il volto di Dio nascosto nei più poveri, nel mezzo di una folla sapevi immediatamente riconoscere la persona più bisognosa è capitato ad esempio ad una cerimonia di professione, dopo la cerimonia si avvicinò ad una donna che aveva notato tra la folla, aveva intuito dal suo sguardo che aveva bisogno di aiuto, in effetti era particolarmente confusa e turbata da un aborto che aveva commesso recentemente, ne parlò per qualche minuto poi cercò un sacerdote che potesse ascoltare la sua confessione, la stessa cosa capitava quando per la prima volta entrava in una delle nostre mense per i poveri, immediatamente i suoi occhi cadevano sul più povero dei poveri, la correzione fraterna o forse meglio dire materna occupava anche una parte importante, nella sua relazione con le suore. Sapeva essere rigida e ferma nel reprimere attitudini negative e contrarie allo spirito della congregazione ma correggeva con amorosa sollecitudine quando intendeva guidare qualcuno sul cammino della perfezione verso quella santità che richiedeva ciascuna di noi un giorno stavo lavorando in ufficio, preparando alcune ricevute di donazioni, su ognuna di esse poneva un timbro e una firma malamente scarabocchiata, la madre si avvicinò, osservò quello che stavo facendo senza fare alcun commento, solo più tardi quando mi rivolse a lei per chiedere un’informazione rispose alla mia richiesta e poi aggiunse, cerca di fare di ogni tua firma un atto d’amore, quel giorno ho imparato come ogni azione anche la più insignificante può essere trasformata in un’offerta preziosa, non dobbiamo buttare via nulla, come Gesù stesso ci ha insegnato quando chiese agli apostoli di raccogliere nella cesta tutti i pezzi di pane avanzati, dopo la cena miracolosa. Durante gli anni che ho trascorso in Italia a Roma dal 1986 al 90 ho avuto fra tante altre esperienze anche l’occasione di essere testimone della particolare e unica relazione che esisteva tra la madre e Giovanni Paolo II, una relazione basata sul rispetto reciproco , un’affinità ideologica e un’amicizia spirituale. Ogni volta che la madre arrivava a Roma desiderava che il Papa fosse informato del suo arrivo, andava spesso da lui per tenerlo al corrente su ciò che stava realizzando, per esporgli i suoi piani per il futuro, per chiedere la sua benedizione sui suoi nuovi progetti e per conoscere e soddisfare gli inviti e i desideri del Papa. Un incontro importante fu quello in cui il Papa le chiese di aiutarlo ad entrare nei paesi d’oltre cortina, lo fece con queste parole secondo quanto la madre stessa ci riferì, vai dove io non posso andare, quello che conosciamo dagli scritti di Madre Teresa, la storia della sua vocazione nella vocazione, non possiamo non vederlo in parallelo e certamente non può essere sfuggito alla madre da queste parole e le parole che Gesù stesso le proferì: Loro non mi conoscono per questo non mi vogliono, va sì la mia luce. Fu proprio anche in questo periodo che ebbi l’occasione di accompagnare la madre al meeting di Rimini, ho dei ricordi molto vaghi sulla vista di Madre Teresa al meeting del 1987, e non ricordo quasi nulla del discorso della madre, ero più preoccupata dagli eventi esterni che dal messaggio di Madre Teresa, mi ricordo che siamo arrivati in elicottero, la madre, Suor Stella ed io, per tutto il tempo del volo avevamo pregato il rosario, dal momento che era impossibile udire una sola parola cercavamo di prestare attenzione al movimento delle labbra, la madre era intenzionata a distribuire delle immagini e dei rosari, che avevamo portato con noi in gran quantità in sacchi di plastica, all’arrivo dallo stadio qualcuno le offri un gran mazzo di fiori, lo ricevette con un sorriso poi si voltò, lo diede a noi due che la seguivamo a pochi passi e che avevamo già parecchie cose da reggere nelle nostre mani, alla fine della cerimonia, mi sono accorta di aver perso il mio rosario personale, ma la madre lo mise sullo scherzo e mi regalò un rosario di plastica, l’ultima volta che ebbi l’occasione di stare con la madre fu in Russia agli inizi degli anni ’90 , fu un occasione di un ritiro spirituale per tutte le superiori della regione russa tenuto a Mosca, e al quale anche la madre partecipò. Questa fu la sua ultima visita in Russia, ogni qual volta negli anni successivi, cercavamo di invitarla a ritornare, la sua risposta era sempre in Russia non avete bisogno di me, avete la Madonna con voi. Al termine del ritiro come nostra usanza, ogni qual volta qualcuno parte, nella cappella veniva intonata una canzone di buon viaggio “God will take care of you” , Dio abbia cura di te, per le suore che ripartivano alle loro rispettive case, la superiora di San Pietroburgo e io che ritornavo in Siberia avevamo più o meno lo stesso orario di partenza, già nella cappella tutte le suore insieme alla madre avevano cantato per noi due, un collaboratore venne a prendere la suora che ritornava in treno a San Pietroburgo e io stavo aspettando vicino alla porta di ingresso, il collaboratore che mi avrebbe portato all’aeroporto. La madre passò di lì mi vide e mi disse, non sei ancora partita? Io le risposi: no sto aspettando la mia macchina. Allora con quel sorriso scherzoso e con quello sguardo furbo con cui a volte le piaceva sorprendere le persone mi disse: vieni, vieni che cantiamo un’altra volta. Mi prese per mano, mi portò in cappella e cominciò da sola ad intonare God will take care of you, tutte le altre suore all’udirla si affrettarono di nuovo nella cappella e si unirono alla madre, finita la canzone mi diede ancora una volta la sua benedizione e subito la mia macchina arrivò. Non potevo immaginare che quello sarebbe stato il mio ultimo incontro con lei, ciò che ho provato in quel momento è di essere la sua figlia prediletta, speciale e unica, ma so per certo che questa è la stessa esperienza di tutti coloro religiosi o laici, che hanno avuto l’occasione di incontrarla personalmente anche per soli pochi minuti. Tutti erano speciali, unici e prediletti ai suoi occhi, come tutti siamo speciali, unici e prediletti, agli occhi di Dio. Ho detto che quello fu il mio ultimo incontro ma forse non è del tutto vero, Madre Teresa vive ancora in mezzo a noi, e a volte la sua presenza è così forte ed evidente da sembrare reale. Ancora una volta mi viene spontaneo un parallelo con Gesù, c’è un passaggio famoso nel libro della vita del parroco Dars 1.37.23 quando dopo aver chiesto ad un suo parrocchiano che trascorreva ore davanti al tabernacolo: che cosa gli racconti, egli gli rispose: niente, io lo guardo e lui mi guarda, questo è certamente il modo più profondo di amarsi. La mia esperienza con Madre Teresa, oggi giorno è molto simile a questa, spessa trascorriamo giornate insieme, senza parlare, la sua consapevolezza, la sola consapevolezza della sua presenza vicina a me, mi da coraggio, serenità e pace. Grazie.

MARINA RICCI:
Allora, ringrazio sister Serena perché, descrivendo la sua vita, la vita delle Missionarie della Carità, insieme a Madre Teresa ci fa desiderare un mondo diverso e un modo anche diverso di guardarci gli uni gli altri, un mondo non perfetto ma perdonato. Però devo dare anche una notizia a sister Serena: Madre Teresa nel 1987 è venuta al Meeting, si tratta di 29 anni fa, se non sbaglio, tanti. Però casualmente, nell’ufficio oggetti smarriti del Meeting, è stato ritrovato un rosario. Allora, sappiamo che forse non è quello ma possiamo assicurare che è di plastica.

SUOR SERENA:
È bellissimo, grazie, lo conserverò come un ricordo molto particolare.

MARINA RICCI:
Era quello che volevamo dirvi attraverso parole che riflettevano delle esperienze vissute, però è anche vero che non possiamo concludere questo incontro, a dieci giorni dalla canonizzazione di Madre Teresa, senza riascoltare lei. E allora abbiamo preparato un contributo video che racconta, che fa vedere l’arrivo di Madre Teresa al Meeting di Rimini del 1987, che ci fa sentire alcune cose che lei ha detto e che si conclude con l’Ave Maria. Perché abbiamo scelto questa conclusione? Perché vorremmo insieme a lei di nuovo chiudere questo incontro pregando, pregando per tutti noi e pregando per le vittime del terremoto che l’altra notte ha devastato una delle zone più bella della nostra terra, uccidendo centinaia e centinaia di persone. Allora, se è possibile vedere questo contributo, poi insieme a Madre Teresa pregheremo. Allora prendo a prestito delle suore Missionarie della Carità il loro saluto, “God bless you”. Che Dio vi benedica. Arrivederci.

Data

25 Agosto 2016

Ora

17:00

Edizione

2016

Luogo

Auditorium Intesa Sanpaolo B3
Categoria
Incontri