Caffè con…

Organizzato da docenti e studenti di Gioventù Studentesca
Caffè con… Emmanuele Silanos, sacerdote della Fraternità San Carlo Borromeo

Caffè con… Emmanuele Silanos, sacerdote della Fraternità San Carlo Borromeo

Martedì 20 Agosto 2024 ore 18:00
Arena Tracce A3

Speaker. Bene, possiamo iniziare, sono le sei. Allora, benvenuti a tutti e grazie di essere qui. Grazie. È il primo incontro di tre di questo ciclo, un caffè con, preparati dai ragazzi di Gioventù Studentesca, ma che, come vedete, possono essere aperti a tutti. Il primo incontro è con Emanuele Silanos, missionario della Fraternità Sacerdotale di San Carlo Borromeo. È stato a Taiwan, ci sono alcuni amici di Taiwan qui ad ascoltarlo, e in questo incontro presenteremo la mostra dedicata a Franz e Franziska Jägerstetter. Il sottotitolo della mostra è “Non c’è amore più grande”, e già questo ci introduce al tema della mostra. Io, come prima cosa, ti chiederei di raccontarci in breve la vicenda che viene narrata nella mostra e magari di aiutarci a capire perché avete ritenuto importante raccontare questa storia degli anni ’40 del secolo scorso, oggi qui al Meeting.

Silanos. Buonasera a tutti. Io faccio parte di un gruppo di amici che, insieme, abbiamo curato la mostra “Franz e Franziska. Non c’è amore più grande”, la trovate al padiglione A5. Ora, perché secondo me vale la pena visitare questa mostra e conoscere questa storia? La loro storia è innanzitutto una storia d’amore di due ragazzi che si incontrano in una festa di paese, in un paesino minuscolo, 12.000 abitanti al confine tra l’Austria e la Baviera. Il paese dove è nato Franz Jägerstetter si trova a una trentina di chilometri dal paese in cui è nato, in Baviera, quindi in Germania, Josef Ratzinger. I due hanno condiviso per tanto tempo gli stessi ambienti, erano devoti dello stesso santuario di Altötting, frequentavano appunto le stesse città un po’ più grandi, proprio perché da Sankt Radegund, in Austria, i centri più interessanti si trovavano appena al di là del confine, quindi i due potrebbero anche essersi conosciuti. Ecco perché è interessante la storia di questi due ragazzi, Franz e Franziska Jägerstetter, perché pongono innanzitutto la domanda più importante. Siamo al Meeting in cui si parla dell’essenziale, ecco, ci portano all’essenziale, cioè per cosa vale la pena vivere e per cosa vale la pena morire. Franz era un ragazzo, un contadino, cresciuto in un ambiente cattolico, però in un ambiente povero; i padri e la madre non avevano potuto sposarsi, lei era rimasta incinta ma non avevano abbastanza soldi per sposarsi, il padre poi muore in guerra e quindi finalmente la madre si può sposare con un contadino un po’ più facoltoso che adotta e dà il nome Jägerstetter al piccolo Franz. In questo contesto cresce Franz, cresce in una giovinezza un po’ irrequieta. Gli piacciono le donne, gli piace ballare, gli piace bere. È l’unico che nel suo paesino ha una moto, se andate allo stand vedete una moto d’epoca di quel periodo, molto simile a quella che aveva usato Franz, con cui fa un po’ il galletto con le donne. E per un periodo si distanzia anche dalla religione, fino al punto in cui, in una relazione con una donna, questa ragazza rimane incinta. Franz non può sposarla perché le due famiglie non si mettono d’accordo; contestualmente, il padre, affetto da alcoolismo, muore. E questo è il momento più triste, più difficile della vita di Franz, al punto che lui vorrebbe nascondersi. Vorrebbe fare come il suo santo preferito, che era un tale Conrad, un santo frate che ha vissuto tutta la vita a fare il portinaio di un monastero. Dice, ecco, io voglio vivere così, nel nascondimento. Fino al giorno in cui invece, in questa festa, incontra Franziska. Lì gira, cambia completamente la sua vita. L’incontro con Franziska è l’incontro decisivo per lui, perché rappresenta per lui la misericordia. Franziska è una donna di buona famiglia, una ragazza in gamba che lavora, vispa. Anche lei aveva avuto dei sogni, voleva entrare in monastero, si era presentata dalla madre superiora insieme a una sua amica, ma lei dice in una sua lettera: “Ridevamo troppo e la madre superiora ci ha detto, tornate più tardi”. Più tardi non sono mai tornate perché lei, a questa famosa festa, incontra Franz. Lì inizia il rapporto tra di loro, si sposano e iniziano quei sette anni di matrimonio che per loro sono la pienezza della vita. Lui scrive a Franziska: “Non avevo mai pensato che essere sposati fosse così bello”. Allora, io penso che questo è innanzitutto uno dei temi fondamentali della mostra, uno dei due cuori, uno dei due fuochi della mostra: il matrimonio. Che cos’è il matrimonio? Che cos’è l’amore? Cos’è l’amore tra un uomo e una donna? È impressionante leggere le lettere che i due si scrivevano, la loro concretezza, la loro semplicità e l’affetto che trabocca dalle loro parole. Poi cosa succede? Succede che siamo in Austria, loro si incontrano nel 1934, si sposano nel 1936, ma è proprio il periodo in cui in Europa si addensano cupe nubi dovute all’insorgere del nazismo. Il nazismo cresce in Germania ma la sua influenza in Austria è sempre più forte fino al punto che l’Austria è chiamata a decidere se annettersi al Terzo Reich, quindi al nazismo, oppure no. C’è un referendum e il 99% degli austriaci dice di sì. Dice di sì al nazismo. Non solo, ma persino la conferenza episcopale austriaca appoggia l’annessione, al punto tale che il Cardinale di Vienna, il Vescovo di Vienna, accoglie Hitler a Vienna e i Vescovi scrivono e firmano un documento in cui appoggiano l’annessione. Ecco, in questo contesto, in cui per paura, per pavidità, la maggior parte della gente, anche del suo piccolo paese, un paese profondamente cattolico, non osa ribellarsi, non osa contraddire quello che è il potere che si fa sempre più pressante nel paese, ecco, Franz è una mosca bianca. Perché attraverso l’uso retto della sua intelligenza e della sua coscienza, ma soprattutto attraverso la fedeltà a quelli che sono gli insegnamenti veri, profondi della Chiesa e del Magistero, riferimento ultimo al suo Papa, al Santo Padre Pio XI, la sua posizione è di netto contrasto. Lui va a votare il giorno del referendum, sarà l’unica scheda negativa del suo paese. Purtroppo quella scheda viene stracciata, per paura che si venga a sapere che in quel paese c’è uno che è contrario al nazismo. Di conseguenza, a Sankt Radegund risulta che il 100% delle persone ha votato sì. Ora, questa sua fermezza lo porta fino alla decisione finale, che è quella di non andare in guerra per Hitler, sapendo che questo gli costerà la morte. Franz si presenta il giorno in cui viene chiamato per andare al fronte e si rifiuta di prestare giuramento a Hitler; probabilmente lui aveva giurato nei due precedenti addestramenti, nel periodo di addestramento, ma qui si tratta di andare in guerra in nome del nazismo, lui si rifiuta. Inizia il periodo di detenzione che comincia nel febbraio del 1943 e finirà il 9 agosto del 1943, giorno in cui verrà ghigliottinato. 9 agosto, un giorno ricorrente tra l’altro in quel periodo che mette insieme alcuni santi, perché il 9 agosto del ’42 muore ad Auschwitz Edith Stein, il 9 agosto del ’45 la bomba a Nagasaki, che come qualcuno di voi saprà, Takashi Nagai indica come il momento in cui alcuni cristiani vengono scelti come vittime per fermare la guerra, tra questi la moglie di Takashi Nagai, Midori. Quindi tutti legati a questa curiosa coincidenza del 9 agosto. Quindi, perché la sua scelta è particolare? Perché tutti gli altri, anche tutti i cattolici, anche le brave persone che non erano in cuor loro naziste, non hanno fatto questa scelta. E perché questa scelta ha voluto dire per lui abbandonare quella moglie e quelle figlie? E la mostra presenta la difficoltà della decisione, il dramma di questa decisione che lo porta ad un’adesione al martirio che lui non si è cercato. Ecco, non si può dire che Franz Jägerstetter fosse assetato di martirio. Lui è un uomo che amava la vita, è un uomo che amava sua moglie, è un uomo che amava le sue figlie. Ma è proprio per amore che ha accettato il sacrificio più grande. Perché se ci pensiamo, ogni sacrificio ha senso soltanto per amore. È perché ami la tua fidanzata, perché ami i tuoi figli, perché ami tua moglie o tuo marito, che sei disposto a fare un sacrificio per loro. Non fai un sacrificio per una persona che non ti interessa. Ecco, il sacrificio più grande è segno dell’amore più grande. Allora “non c’è amore più grande” ha dentro questo significato più profondo.

Speaker. Io ti chiederei se ci aiuti ad andare più a fondo di quest’ultima cosa che dicevi, perché nel corso della mostra ci sono quattro video tratti dal film del 2019 di Terrence Malick, *A Hidden Life*. Da noi in Italia è girato molto poco, non solo per il Covid, ma anche perché non è proprio stato fatto girare nelle sale. Ma nel secondo dei filmati che nella mostra viene riproposto, alla fine c’è un altro filmato che sono le testimonianze dei compaesani di Franz e Franziska. Loro vivevano in un villaggio di contadini, di poche persone. Questo video viene ripreso nel 1967, quindi più di vent’anni dopo il suo martirio, e viene chiesto ai compaesani cosa ne pensassero della sua vicenda. E loro pongono tutte le obiezioni, diciamo così, tra virgolette, ragionevoli, che verrebbero in mente a molti, e cioè: posso capire la coerenza ideale, ma secondo me ha sbagliato perché ha abbandonato la moglie, ha abbandonato le tre bambine che avevano bisogno di lui, come a voler mettere in contrapposizione questi due amori. E tra l’altro nella mostra viene fuori bene che anche il parroco e il vescovo dell’epoca non sostennero questa sua scelta, ma magari su questo ci torniamo dopo. Vorrei chiederti di aiutarci a capire meglio questo punto che dicevi prima, cioè del martirio come un atto d’amore. Anche perché dalla mostra si capisce bene che il martirio sia una testimonianza di amore. Quando si ascolta poi la biografa di Franz e Franziska, voi nella libreria trovate anche il libro di Erna Putz, c’è la sua intervista nell’ultimo video, perché lei dice: “Scoprendo questa storia, leggendo le loro lettere e incontrando sua moglie, io mi sono innamorata di Cristo”.

Silanos. Sì, allora hai citato Francesco il film *A Hidden Life*. Premessa autobiografica: tra le tante ragioni per cui mi prendono in giro i miei supposti amici è il fatto che io avrei una lista dei miei 300 film preferiti. Bene, è tutto vero, ho una lista dei 300 film preferiti e per trent’anni al numero uno c’è sempre stato lo stesso titolo. Per ragioni di affezione il titolo in questione è *Qualcuno volò sul nido del cuculo*, film del ’76 di Miloš Forman. Bene, quando nel 2020, gennaio 2020, a ridosso della pandemia, vedemmo in seminario a Roma *A Hidden Life*, ecco, purtroppo *Qualcuno volò sul nido del cuculo* ha dovuto cedere il primato, adesso è il numero 2, perché non ho mai visto un film così bello come *A Hidden Life* di Terrence Malick. Ora, è la storia di questi due, è la storia di Franz e Franziska; noi non sapevamo niente di questa storia, per cui si può dire che questa mostra lontanamente prende piede lì, dalla visione di questo film. Qual è la grandezza, l’intelligenza, la sapienza artistica di Malick, che è un genio? Chi non avesse visto *The Tree of Life* o *La sottile linea rossa*, *To the Wonder*, vi invito a vederli. Ma questo è comunque il migliore. Dove sta la grandezza di Malick? Andando alla mostra vedete quattro video, i primi tre sono estratti dal film di Malick. Dov’è la sua grandezza? Che lui non rappresenta, non descrive la storia di Franz e Franziska come se fosse un documentario, ma te la restituisce nel suo nucleo più profondo. Che qual è? È riproporti il martire come l’alter Christus, come un altro Cristo, e te lo propone facendoti capire che in fondo ogni cristiano, lo dice bene il vescovo nell’ultimo video che vedrete alla mostra, è chiamato, ogni cristiano battezzato è chiamato a vivere la vita di Cristo. E lì Malick è bravissimo, perché soprattutto tutta la seconda parte del film è come una lunga Via Crucis, in cui lui incontra le stesse persone, gli stessi volti e gli stessi fatti che sono successi a Gesù. Cominciando dalle tentazioni, per proseguire con le percosse, e poi c’è l’incontro con Pilato, il giudice, l’incontro con la Madonna, che è lei, la moglie, Franziska, fino a… non si vede nell’esposizione ma si vede nel film… la scena finale con quel dialogo, con quel giovane con cui lui parla prima di essere ghigliottinato, che è evidentemente il buon ladrone. Lui ti ripropone questa cosa. Ecco, secondo me lui ha colto il nucleo, la vicenda fondamentale di Franz. E questo ci aiuta anche un po’, penso, a rispondere alla domanda che mi hai fatto tu. Cioè, di fronte alle obiezioni che gli vengono fatte, no? Ma non è più importante la famiglia? Perché lui abbandona la famiglia, no? E le figlie? Allora, rispondo in vari modi. Il primo è questo. Il punto è chiederci se esiste o no una differenza tra ciò che è bene e ciò che è male. Se esiste o no una differenza tra ciò che è vero e ciò che è falso. E il punto è quello lì. Perché tu puoi anche decidere: va bene, io per quieto vivere accetto un compromesso col male, però lo sai che stai accettando un compromesso col male. Mentre per lui era chiaro, per lui era lampante, che il nazismo era una contraddizione non soltanto con la fede, non soltanto era un’ideologia pagana e atea, era qualcosa contro l’uomo, era qualcosa di profondamente malvagio e qualsiasi tipo di collaborazione col nazismo era collaborare col male. Quindi questa è la domanda: si può amare un altro collaborando col male? Si può amare veramente? Oppure è amore fino in fondo se è anche amore alla verità? Se amore è ciò che quella verità ce la trasmette, che è Cristo stesso? Ecco, allora, qual era il modo migliore per amare sua moglie e per amare le sue figlie? A me ha impressionato perché dopo aver visto questo film, io l’ho mandato a un po’ di gente. Era il periodo di pandemia e anche un film di tre ore si aveva il tempo per guardarlo, e quindi l’ho mandato a tanti amici. E ho fatto il grave errore di mandarlo a alcuni amici di Padova. State lontani dalla gente di Padova, perché non sapete poi quali conseguenze possa avere questo. Perché cosa è successo? Poi una di loro, Rachele, mamma di quattro figli, il giorno in cui muore Josef Ratzinger, a cui lei era particolarmente legata, le viene in mente: andiamo a fare un pellegrinaggio. Andiamo a fare un pellegrinaggio sui luoghi di Ratzinger. E per attirarmi mi dice: visto che sono lì vicino, Ratzinger e Franz, andiamo anche a trovare Franz. E io ho provato in tutti i modi di svicolare, ma alla fine ho ceduto. E quindi siamo partiti, queste mamme e bambini, in 30 da Padova, questa carovana, e siamo arrivati a casa di Franz e Franziska. Ed è stato l’incontro più bello di quei due giorni e mezzo molto molto belli, che ho appena rifatto, sono appena tornato, ci sono tornato con il mio superiore Paolo Sottopietra e la sua famiglia. E qual è la cosa più bella? È stato l’incontro con la figlia di Franz. Una delle tre. Sono tutte e tre ancora vive. La seconda, Maria, che parla anche nel video. E le ho chiesto cosa si ricorda di suo papà. E lei mi ha detto: “Niente, perché avevo tre anni quando è morto”. E io le ho detto, mi è venuto spontaneo: “Non avete mai avuto dubbi che vostro padre avesse sbagliato?” Lei mi ha detto: “Nessun dubbio, perché nostra madre ci ha sempre detto che ha fatto bene”. Ecco, al martirio di Franz succede il martirio di Franziska e la sua testimonianza di fede con le figlie. Ecco, io sono certo, vedendo il volto di quella figlia, leggendo le lettere di Franziska, e dalla mostra si vedrà molto chiaramente che quell’amore tra Franz e Franziska non è finito quel giorno, 9 agosto 1943, ma l’ha accompagnato fino alla fine, ha accompagnato quella moglie e quelle figlie fino alla fine. Per cui lui lo dice nella mostra, a un certo punto lo dice: “Io avrei voluto una vita lunga e felice con le persone che amavo, ma il Signore ha preferito un altro modo ed è bello poter dare la vita per Cristo e dare la vita per la Chiesa”. Ecco, veniamo allora alla domanda iniziale: per cosa vale la pena vivere, per cosa vale la pena morire? Il martire è colui che rivive la vita di Cristo e intuisce quello che a noi è stato insegnato da Don Giussani, che ci leggeva Claudel, quella frase bellissima di Anne Vercors: “A cosa vale la vita se non per essere data?”. Ecco, tu puoi dare la vita soltanto se la tua vita è piena, se la tua vita è piena di senso, soltanto se la tua vita è realizzata, allora sei disposto a donarla. Ecco, Franz ha potuto donare la sua vita per la gratitudine immensa che traboccava dalla sua esperienza. Ripeto, lui amava la vita. Amava sua moglie, amava le sue figlie. E proprio per questo l’atto di amore più grande è donarsi. E a questo atto di Franz corrisponde un uguale atto di amore di Franziska.

Speaker. Ti ringrazio. Proprio su Franziska vorrei soffermarmi perché una delle cose che impressiona di più se si va a vedere la mostra, io invito tutti veramente ad andare, è che non è una mostra in cui viene raccontata la vicenda di un uomo che davanti alla scelta tra morire e dare una testimonianza o meno prende questa decisione. Cioè non è la mostra di un eroe stoico e basta, ma si viene colpiti osservando i pannelli e leggendo le lettere, tra l’altro ce n’è una originale che è lì esposta, si viene colpiti dalla figura di lei, della moglie, perché questa donna, che poi è vissuta 70 anni dopo di lui, perché lei è morta a 103 anni, quando lui è stato proclamato, 100 anni chiedo scusa, quando lui è stato proclamato beato nel 2007 lei ha partecipato alla cerimonia da anziana insomma e si vede, come dire, il volto di lei che negli anni diventa più radioso, non si intristisce. Potrebbe essere un impatto sentimentale di te che sei lì a guardare le foto e invece leggendo quello che lei racconta, a un certo punto, negli anni ’90 mi pare, le fanno un’intervista e lei dice: “Io non avevo capito le ragioni di mio marito, ma le ho condivise e adesso sto cominciando a capire”. Negli anni ’90, quindi questo accade tra gli 80 e 90 anni. Questa è obiettivamente una cosa impressionante, di un amore che è condivisione anche al di là della comprensione. Per me, e penso non solo per me, questa è una cosa che sembrerebbe quasi irragionevole e invece irragionevole non è. Allora vorrei chiederti di aiutarci a capire meglio questo, a guardare meglio questo.

Silanos.
Penso che Malick abbia espresso molto bene quello che stai dicendo tu adesso, proprio aiutandoci a capire che la figura di lei è molto simile a quella della Madonna sotto la croce, davvero una sorta di Stabat Mater. La Madonna non capiva tutto, non comprendeva tutto, ma c’è stata fino alla fine. E lo stesso è stato per Franziska. La scena del film in cui lei gli dice: “Io sono con te, fai ciò che è giusto”, è assolutamente fedele a ciò che è accaduto nella realtà. Cioè, poco prima dell’esecuzione, il parroco di Sankt Radegund la porta a incontrare Franz sperando che loro due insieme lo aiutino a cambiare idea, ma mentre il parroco fa di tutto per farlo cambiare idea, invece lei è lì soltanto per dirgli: “Io sono con te”. La cosa che impressiona cos’è? Che lei rimane vedova, lei ha trent’anni appunto quando muore il marito e farà altri settant’anni da sola con le figlie, e questi settant’anni saranno anni che noi possiamo definire di martirio. Il martirio di Franziska inizia lì. Perché sono anni in cui, innanzitutto, cala il silenzio sulla figura di Franz Jägerstetter. Anche nella sua diocesi, sia il suo vescovo che il vescovo successivo, per anni tendono a tacere su quello che è accaduto. Perché? Perché si rischierebbe in questo modo di mostrare tutta l’incapacità di leggere la realtà e anche la mancanza di coraggio di tutti gli altri, a partire dai pastori della Chiesa. Quindi per anni si tace di questa vicenda, non solo, ma i compaesani di Franz e Franziska tendono a isolarla, accusandola di essere lei la ragione della follia del marito: “Fino a quando non ti ha incontrato, era un’altra persona, era un mezzo ribelle, era un guascone, era uno simpaticone, poi è diventato un bigotto, addirittura si è messo a fare il sacrestano della Chiesa di Sankt Radegund. Ecco, è cambiato per colpa tua”. E addirittura lo Stato non le ha riconosciuto la pensione da vedova di guerra, perché gli altri sì, sono andati in guerra e sono morti sul fronte e meritano allora che le loro vedove siano considerate vedove di guerra, ma tuo marito è stato un traditore, uno che si è rifiutato di difendere la patria, e quindi non ha avuto neppure questo riconoscimento. La figura di Franz viene riabilitata piano piano negli anni, attraverso un giornalista, attraverso un intervento di un vescovo al Concilio Vaticano II, attraverso una cerimonia in cui si ricorda il nome di Franz tra quelli che hanno perso la vita perché si erano opposti al nazismo, fino al 1997, è morto nel 1943, 1997, quando lo Stato rivede la sentenza di condanna e contestualmente la Chiesa Cattolica, la Chiesa di Linz, incomincia il processo di beatificazione, portato avanti da un giovane sacerdote che oggi è il Vescovo di Linz. Nel 2007, dieci anni dopo, Benedetto XVI dichiara Franz Jägerstetter martire e quindi beato. E in tutti questi anni, chi è che ha custodito la memoria di Franz? Lei, Franziska. E c’è questa scena straordinaria, come diceva Francesco prima, lei… non so quante altre mogli sono state presenti alla cerimonia di beatificazione del marito, ma c’è questa scena bellissima che si vede nel video finale, in cui lei, in mezzo alla cattedrale di Linz, viene invitata a uscire, prende in mano un’urna, che è quella in cui sono custodite le ceneri del marito, bacia quest’urna e poi la riconsegna al vescovo di Linz, come se riconsegnasse alla Chiesa austriaca quel figlio che per tutti quegli anni non aveva riconosciuto. Ecco, questa è stata la grandezza di Franziska. Ecco, io penso questo, che attraverso questa storia si capisca non soltanto che cos’è il martirio, ma anche che cos’è il matrimonio. Il matrimonio significa innanzitutto imparare a donarsi totalmente l’uno all’altro. “Non c’è amore più grande”. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i tuoi amici, la vita per le persone che ami. Questo è il matrimonio come luogo in cui, come dice San Paolo, c’è questa frase bellissima: “Offrite i vostri corpi come sacrificio gradito a Dio”. Ecco, gli sposi fanno esattamente questo, si spogliano di tutto, donano tutto se stessi l’uno all’altra. Anche ciò che è più tuo, che è il corpo, non è più tuo. Ecco perché non ce ne può essere che uno di matrimonio, perché ne hai una sola di vita, una sola di corpo da donare all’altro. E poi è soprattutto amare ciò per cui l’altro è fatto, amare il suo destino. All’apice di questa storia è proprio lasciare andare Franz da parte di Franziska, lasciare che compia il suo destino, lasciare che compia ciò per cui lui è stato chiamato, a cui lui è stato chiamato. E in questo sta l’amore: l’amore di Franziska per lui, l’amore di lui per lei e il loro amore per le figlie.

Speaker. Ti rivolgo una ultima domanda che riguarda l’amore per la Chiesa di Franz, perché nella sua vicenda c’è una conversione che accade a un certo punto per l’incontro con il primo parroco del suo paese, al punto tale da convincerlo a cambiare vita, a diventare sacrestano, e poi ad assumere le decisioni che avrebbe assunto fino al martirio. C’è un Papa che in quel momento, quando la Chiesa ha sempre pubblicato delle encicliche in lingua latina, pubblica un’enciclica in tedesco, *Mit brennender Sorge*, per riferirsi a ciò che stava accadendo sotto il regime nazista. E d’altra parte, e questo nel film lo si vede, negli ultimi anni della sua vita, negli anni ’40, c’è un parroco e anche un vescovo che sono di tutt’altro avviso, che sembrano tentare di tutto per convincerlo a non fare quello che poi avrebbe fatto. Ecco, come si gioca in queste vicende drammatiche questo suo amore?

Silanos. Allora, una cosa che impressiona leggendo le lettere di Franz e Franziska è l’amore che hanno per la Chiesa. L’amore che hanno per la Chiesa, l’amore che hanno per la liturgia, l’amore che hanno e la devozione che hanno per tutto ciò che è l’insegnamento della Chiesa Cattolica. Quello che sorprende nella figura di Franz Jägerstetter è la compresenza di due elementi che apparentemente potrebbero sembrare contrastanti ma che in realtà sono complementari. Da una parte c’è una profonda modernità: è un uomo moderno perché è profondamente consapevole dell’importanza della propria coscienza, della propria capacità di giudizio, della propria libertà. In questo senso è moderno, perché fa sue forse senza neanche conoscere quelle che sono le intuizioni di un “Umanesimo integrale” e precorre quelle che saranno le affermazioni del Concilio Vaticano II. Ma al tempo stesso è un uomo profondamente radicato in una fede tradizionale. Se voi andate a guardare i suoi scritti, i suoi riferimenti, i suoi punti di riferimento spirituali sono i santi semplici che Pio XI, suo Papa, canonizza in quegli anni. Anche per noi è un po’ così. Quali sono i nostri santi che conosciamo di più? Carlo Acutis, piuttosto che Gianna Beretta Molla, piuttosto che Maximilian Kolbe, Edith Stein o Chiara Corbella, Andrea Aziani, Enzo Piccinini, Don Giussani, perché sono vicini a noi, li abbiamo conosciuti, li abbiamo visti, sappiamo che c’è il processo di beatificazione. Per lui era la stessa cosa. Quali sono i suoi santi? Quelli che Pio XI aveva elevato alla gloria, all’onore degli altari. Santa Teresina di Lisieux è stata fatta santa da lui. Questo famoso, di cui ho citato prima, frate Conrad, che era questo portinaio del convento dei francescani vicino al santuario di Altötting. È uno dei santi preferiti anche da Ratzinger, perché era lo stesso periodo. Uno dei suoi punti di riferimento è San Tommaso Moro, che viene canonizzato cinquecento anni dopo la sua morte da Pio XI, e se andiamo a guardare, tante sono le analogie tra Tommaso Moro e Franz Jägerstetter. Così come Pio XI è il Papa che decide di istituire la solennità di Cristo Re. Che cosa dice la solennità di Cristo Re? Che Cristo è Re non solo del cielo, non solo del paradiso, ma anche della terra, e che non c’è nessuno sulla terra che può arrogarsi il diritto di chiedere a me un’obbedienza pari o superiore a quella di Cristo. Ecco, è lì che si radica la decisione profonda di Franz di opporsi a un regime come quello totalitario nazista che ti chiede un’obbedienza a cui soltanto Dio ti può richiamare. Allora, in questo sta la grandezza di Franz, che è vero che attraverso la sua coscienza, la sua intelligenza, la sua libertà, arriva a una decisione che è in contrasto, oggettivamente in contrasto, con quello che i pastori della sua chiesa austriaca dicevano in quegli anni, come ben rappresentato dal film di Malick, che in questo è assolutamente fedele. Ma al tempo stesso, ciò a cui arriva come conseguenza ultima Franz è esattamente ciò che insegna la Chiesa. Ciò a cui arrivi con la tua coscienza è ciò a cui arrivi anche rimanendo fedele a ciò che la Chiesa ti insegna. Quindi amore alla propria libertà, alla propria umanità, coincide in lui anche con l’amore alla Chiesa e a ciò che essa insegna.

Speaker. Spero che sia venuto fuori il motivo per il quale vale la pena andare a vedere questa mostra e approfondire questa figura, queste due figure di Franz e Franziska. Chiudiamo qui l’incontro, vi do appuntamento a domani alle ore sei, sempre qui con il professor Mercurio, in cui si riprenderà il suo incontro sull’intelligenza artificiale, e poi sabato alle ore sei ci sarà qui Rose Busingye dall’Uganda. Arrivederci e buon Meeting a tutti.

Data

20 Agosto 2024

Ora

18:00

Edizione

2024

Luogo

Arena Tracce A3
Categoria
Arene