Sussidiarietà: pmi in prima linea per uno sviluppo sostenibile

Redazione Web

PRESENTATO AL MEETING IL NUOVO RAPPORTO DELLA FONDAZIONE: FORMAZIONE CENTRALE PER AGGANCIARE IL FUTURO

 

Rimini, 21 agosto – «Il cuore della sostenibilità è la formazione». È il messaggio lanciato dall’incontro di presentazione del Rapporto 2018-19 “Sussidiarietà e… Pmi per lo sviluppo sostenibile”, realizzato come sempre dalla Fondazione per la Sussidiarietà. L’incontro si è tenuto nell’Arena Sussidiarietà & Lavoro, ed è stato presentato da Alberto Sportoletti, ceo e partner Semet Group, docente di Management e scelte strategiche all’Università di Milano-Bicocca. Sono intervenuti Alberto Brugnoli, professore di Economia applicata all’Università degli Studi di Bergamo, direttore scientifico Fondazione per la Sussidiarietà, Massimo Carboniero, presidente Ucimu, Nicola Semeraro, presidente Rilegno, e Giuseppe Tripoli, segretario generale Unioncamere.

Brugnoli ha illustrato per sommi capi il rapporto sulla sussidiarietà. «Ci sono due fatti di attualità che avvalorano gli sforzi fatti per realizzare questo rapporto. Il primo è la sottoscrizione da parte dei leader di duecento imprese multinazionali della dichiarazione che supera la tradizionale visione utilitaristica dell’impresa: il fine dell’azienda è quello di creare valore, profitto per l’azionista, ma da oggi la visione dei grandi manager comprende quali elementi di valore tutti gli stakeholder, i collaboratori che in diversa misura e responsabilità collaborano alla riuscita del profitto aziendale». Per Brugnoli «un secondo fatto è contenuto nell’enciclica di Papa Francesco “Laudato si’” nel quale apre ad una nuova visione di economia circolare, con al centro l’uomo, la persona, quale valore della società», tema al centro delle giornate dell’Economia di Francesco a marzo 2020.

Il Rapporto individua quattro sfide: i giovani e le trasformazioni strutturali in atto, lo sviluppo di un concetto di sostenibilità ambientale e di green economy, la sfida imposta dalle nuove tecnologie e dalla digitalizzazione, ict, big data, in particolare nell’organizzazione territoriale, e infine la sfida demografica con l’invecchiamento della popolazione. «Il percorso possibile – ha detto – è di ordine economico, ambientale, sociale e tocca i bisogni di persone e generazioni. Gli attori chiave di questo processo virtuoso sono le piccole e medie imprese che in Europa sono oltre 23 milioni, in Italia 4 milioni e mezzo».

Tripoli da parte sua ha spiegato che «Unioncamere da anni svolge monitoraggi in due direzioni: per erogare finanziamenti ad imprese che fanno innovazione, sostenibilità ambientale e green economy, e per favorire imprese coesive che si relazionano con il territorio, come soggetti del terzo settore, associazioni, università e centri di ricerca. Dai dati in nostro possesso – ha proseguito – risulta che le imprese più performanti sono quelle che investono nella green economy e fanno rete, in termini di fatturato, occupazione ed export».

Carboniero di Ucimu, l’associazione delle aziende produttrici di macchine utensili e robotica, ha aggiunto che «i punti di forza delle piccole medie imprese sono la gestione familiare, il radicamento sul territorio, le politiche per l’ambiente e le comunità locali. Siamo orientati a rispondere agli obiettivi dell’Agenda 2030: interventi nella formazione per i giovani, efficienza energetica, ricerca e sostenibilità sociale, digitalizzazione e automazione. Il piano Industria 4.0 approvato dall’associazione con il governo e le parti sociali consente la crescita delle aziende, di aumentare i volumi produttivi e l’esportazione».

Un passaggio interessante dell’intervento di Carboniero ha riguardato la formazione dei giovani: «La disoccupazione giovanile, al 30 per cento, può esser contenuta solo attraverso politiche scolastiche che prevedano il potenziamento degli istituti tecnici superiori». È una svolta culturale necessaria. «L’80 per cento di questi diplomati trova lavoro al conseguimento del diploma. In Italia la formazione è poco radicata a differenza di altre nazioni: «In Germania gli its sono partiti negli anni Sessanta ed ogni anno contano 800 mila diplomati, in Italia solo 10 mila. La Cina ha trasformato ben 600 università in istituti superiori».

Semenzaro ha concluso il giro di interventi: «Il consorzio Rilegno è un settore in crescita ed è il serbatoio dell’industria del riciclo nel nostro paese: il 90 le cento degli imballaggi viene trasformato e realizzato in Italia. Il problema è l’indisponibilità della materia prima che viene esportata dall’estero. La filiera del riciclo è solida da tutti i punti di vista, crea nuova occupazione e alimenta l’80 per cento della produzione di oggetti d’arredo. Per realizzare quella economia circolare e sostenibile – ha concluso – è necessario fare rete perché solo così si avrebbe materia prima a basso costo»

 

(G.G.)

 

Responsabile Comunicazione Eugenio Andreatta tel. 329 9540695 eugenio.andreatta@meetingrimini.org

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