La sesta giornata del Meeting si apre con l’incontro: “L’esempio della società civile: testimonianze dal Venezuela”, alle ore 11:15, nel Salone Intesa SanPaolo B3. Moderati da Monica Poletto, presidente di CdO-Opere Sociali, offrono le loro testimonianze Sumito Estévez, chef, scrittore, imprenditore ed educatore; Alejandro Marius, fondatore dell’associazione “Trabajo y Persona”, e Ana Cristina Vargas, professor and researcher for the Urbanism Institute all’Architecture Faculty dell’Universidad Central de Venezuela, e founder and director of tracing public space.
«In ognuno di noi c’è una profondissima irriducibilità, che può essere destata da degli incontri»: Monica Poletto introduce così Estévez. Lo chef desidera offrire una testimonianza di civiltà di un paese che si trova sul margine di un abisso. Essa si intreccia profondamente con la storia della sua vita e della sua conversione adulta: «Circa 10 anni fa io e mia moglie ci siamo trasferiti sull’isola di Margarita con l’idea di passare la nostra vecchiaia in riva al mare e di sfuggire alla notorietà che avevo intorno. A dicembre 2010 abbiamo costruito una scuola di cucina, ma, a un mese dall’inaugurazione, ci fu un’inondazione e la scuola fu ricoperta dal fango. Mentre eravamo ancora attoniti e impotenti, i nostri vicini ci sono venuti ad aiutare, sono stati tutto il giorno con noi fino a liberarla del tutto dal fango. Perché ci stavano aiutando?». Quel giorno, quel gesto di semplice gratuità, fa emergere una domanda nel cuore di Sumito, un’impressione che lo cambia per sempre. Infatti, prosegue: «Il 22 ottobre dell’anno successivo sono stato battezzato nella fede cattolica; tutto è nato lì, in quel giorno in cui io sono rinato dal fango».
Quel momento diventa per Estévez l’inizio di una concezione nuova della realtà, in cui ogni incontro diventa prezioso e fonte di conoscenza. Come quella volta con i Plameros con cui si è coinvolto nel preparare una zuppa tipica per coloro che il Venerdì Santo hanno il compito di portare in processione il Cristo morto. «Da un aglio sbucciato insieme», racconta, «ora sono un palmero anche io e quest’anno avrà l’onore di portare in processione Cristo morto». Da ultimo il relatore non può non ricordare un altro volto significativo per il suo cammino: don Irineo. Quando sua suocera stava per morire, in casa, in seguito ad una malattia che le aveva causato molta sofferenza, avevano deciso di cercare un sacerdote che potesse darle l’estrema unzione. Sumito non sapeva nulla di sacramenti e in particolare di questo, estremo. Così racconta: «Entrò don Irineo e fui testimone dell’unzione. Vidi quel prete piangere e la pace nel viso di mia suocera. Il suo volto, da quel momento, ritrovò la compostezza della pace fino alla morte». Estévez non si è convertito per un ragionamento, ma perché ha visto in altri un certo modo di vivere la vita: «Non mi sono convertito per paura della vecchiaia, è che da anni vedo gente cristiana essere cristiana e questo è conveniente. Oggi ho una certezza, per la storia a cui appartengo. Per questo continuerò a lavorare per il mio paese».
Ana Vargas prende poi la parola: «La mia storia parte dal desiderio che ho, potente, di capire a cosa apparteniamo, da dove veniamo, nel cercare di trasformare ciò che non ci piace». Il giovane architetto vive a Caracas, un paese in cui un terzo degli abitanti abita in insediamenti non formali, dove non ci sono spazi pubblici né pensati né gestiti. Studiando urbanistica, la Vargas ritiene che si debba conciliare lo spazio urbano con le nuove possibilità di incontro del nostro tempo. Per fare ciò occorre guardare agli spazi pubblici dal punto di vista dei cittadini, per comprendere la città e i suoi abitanti. Così nasce Tracking Public Spaces, una ONG che sfrutta una nuova metodologia per studiare e creare consapevolezza nei bambini, per trasformare gli spazi pubblici in insediamenti informali ad alta densità. Si propone un’analisi dal basso, con strumenti innovativi di rappresentazione e design per affrontare le sfide degli spazi pubblici della comunità. «Si osserva, si disegna, si fa un’unica cartina e si offre alla comunità il progetto», prosegue l’architetto e, «se realizzabile, si fa un concorso per poterlo rendere spendibile nella realtà». Tale metodo ha il valore aggiunto di insegnare ai bambini i primi rudimenti del mestiere e la possibilità di utilizzare materiali di riciclo. Ana Vergas ama molto il proprio paese e conclude: «Questo senso di appartenenza ti dà la possibilità piano piano di cambiare le cose».
Alejandro Marius è fondatore e presidente di “Trabajo y Persona”, un’associazione con la missione di promuovere tutte le attività volte ad arricchire la persona, in particolare nel campo del lavoro a tutto campo in vari settori dell’economia, di sviluppare programmi per migliorare la formazione professionale della popolazione, in particolare per i giovani e più vulnerabili. Racconta anch’egli di numerosi incontri in cui è stato evidente che «l’intelligenza della fede diventa intelligenza della realtà», secondo l’affermazione del papa emerito Benedetto XVI. Come la collaborazione con il responsabile de “L’Oreal” del Venezuela e il direttore di un albergo a cinque stelle di Caracas: è nato così un corso professionalizzante rivolto alle donne delle pulizie dell’hotel. «Vogliamo creare opportunità lavorative non solo usando i soldi della cooperazione, ma attraverso rapporti di amicizia e collaborazione» spiega Marius. «Il Venezuela potrebbe essere un inferno: se guardi bene, però, non è tutto inferno». E sullo schermo scorrono foto di volti, storie di persone la cui vita si è intrecciata con l’esperienza di “Trabajo y Persona”. A guardarle, si pensa che effettivamente in questo momento in Venezuela non ci sia solo l’inferno.