Presentazione del libro “Accanto a Giovanni Paolo II. Gli amici e i collaboratori raccontano”

Press Meeting

“Ho imparato di più da Giovanni Paolo II vedendo come assisteva alla messa e come pregava, che da tutti i discorsi e le omelie”. Ad esprimersi così, Wlodzimierz Redzioch, giornalista delle Edizioni Ares, alla presentazione delle 20 del libro “Accanto a Giovanni Paolo II. Gli amici e i collaboratori raccontano” (ed. Ares) nell’eni Caffè Letterario, sala A3, del Meeting.
Secondo me – ha continuato Redzioch – è la preghiera la chiave per capire il pontificato di Giovanni Paolo II. Pregando si metteva in Dio e questo lo sollevava da tutto. Era una cosa molto intensa. Vedendo le espressioni del suo viso, avevo la netta sensazione che parlasse con Dio. Era una cosa scioccante, era il segreto della sua forza e della sua allegria”. Insieme al giornalista, erano presenti all’incontro anche don Walter Insero, Responsabile delle comunicazioni sociali del Vicariatus Urbis di Roma, e Camillo Fornasieri, direttore del Centro Culturale di Milano, che ha introdotto i relatori: “Si tratta delle testimonianze di persone che hanno visto agire Giovanni Paolo II e hanno voluto mettere in luce l’unità che c’era in lui tra vita e giudizio”.
Redzioch ha avuto la possibilità di conoscere il pontefice polacco da una posizione privilegiata. “Nel 1978 – racconta il giornalista – durante il secondo conclave, avevo sentito parlare poco di Wojtyla. In seguito, lavorando nel Centro dei Pellegrini polacchi, a Roma, imparai a conoscerlo attraverso le testimonianze e i racconti dei suoi più stretti amici e collaboratori”. Portava i pellegrini polacchi dal Papa per le udienze, racconta: ”È lì che ho potuto scoprire la persona di Wojtyla. Uno di loro, un giorno mi disse che la storia della Polonia, da quel momento in poi, si sarebbe fatta in Vaticano”.
Don Insero aggiunge: ”Io non ho avuto l’onore di far parte degli amici di Giovanni Paolo II, però posso dire di averlo conosciuto. La nostra è stata un’amicizia spirituale. Già nel 1981, quando avevo 6 anni, in seguito all’attentato che mi scioccò, mi chiesero di pregare per lui e per la sua salute. L’ho fatto molto intensamente, come solo i bambini sanno fare. È nato così un rapporto semplice. Quello di un ragazzino di provincia, che individua in questa figura una guida e un sacerdote esemplare che voleva emulare. È stato dalle sue mani che ho ricevuto, in seguito, l’ordinazione sacerdotale”.
“La prima cosa che si percepiva – riprende Redzioch – era il calore umano che emanava. Aveva un bellissimo viso con un sorriso ed occhi caldi che accorciavano le distanze. E aveva sempre qualche minuto per ogni persona”. Ci sono milioni di fotografie che provano questo rapporto personale che il Giovanni Paolo II aveva con tutti. “Aveva una grande capacità di imparare le lingue. Anche le più strane. Proprio per far cadere le barriere”. Era un’esigenza dei suoi viaggi, per i quali non gli sono state risparmiate critiche. In quelle occasioni faceva molto affidamento sul prefetto della Congregazione della Fede. “Quando era criticato per i suoi numerosi viaggi – continua Redzioch specificando che sono stati 822 giorni di trasferta in totale, pari a circa il 9% del suo pontificato – rispondeva che poteva viaggiare tranquillo perché in Vaticano c’era il cardinale Ratzinger”.
Per questo il libro, per non rischiare di essere un lavoro incompleto, raccoglie anche la testimonianza del Papa emerito: ”Mano a mano che lo conoscevo – afferma Benedetto XVI nel testo – mi sono reso conto che avevo di fronte un santo”.
(D.S.)

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