Il profondo intreccio tra giustizia e mass media

Redazione Web

Rimini, 22 agosto – «Con l’arresto di Enzo Tortora per la prima volta un errore grave della magistratura ha coinciso con il cattivo uso del mezzo giornalistico». Michele Brambilla, giornalista e direttore de Il Quotidiano Nazionale, ha aperto così l’incontro “Persona, processo e mass media”, in Sala Neri UnipolSai, aggiungendo: «Abbiamo tutti la coscienza sporca» riferendosi sia ai giornalisti sia alla magistratura. In un incontro condotto a mo’ di intervista, Brambilla ha dialogato con il vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura, David Ermini, e il presidente emerito della Corte di cassazione Giovanni Canzio. Brambilla ha dovuto riflettere anche sul fatto che «già dal momento in cui il nome è sul giornale scatta la sentenza di condanna». È quindi tutta qui la colpa? È colpa dei giornali e dei giornalisti? Domande riecheggiate durante tutto l’incontro.

Il processo Tortora è da sempre indicato come un caso di malagiustizia proprio perché la magistratura, a partire da prove scarsamente affidabili, arrivò a condannare Tortora in primo grado e a proclamarlo innocente solo in corte d’appello. Eppure, se da un lato verrebbe da pensare che in questo caso giornali e giustizia, entrambi colpevoli, abbiano operato su due linee parallele, dall’altro bisogna ricordare che già il giorno dopo l’arresto di Tortora fu realizzata la messinscena di un “secondo arresto” per poterlo fotografare con le manette ai polsi, ad uso e consumo della stampa. Fu un caso in cui due forze al servizio dei cittadini contribuirono a distruggere la vita di un uomo. Il seguito immediato fu la stagione “mani pulite” e “l’uso politico delle inchieste”, fondati sulla cooperazione non sempre cosciente di giornali e giustizia a scopo politico, che ha spinto semplici indagati anche a rassegnare le dimissioni.

Ermini ha aperto la sua riflessione con il problema della lunghezza dei processi, legato anche alla riforma Vassalli del 1988 che sostituì con un sistema processuale accusatorio quello inquisitorio. Con la televisione in particolare e i mass-media in generale si è però venuta a creare una sorta di simultaneo processo inquisitorio che, al contrario degli svariati anni di cui hanno bisogno i tribunali, può durare al massimo pochi mesi.

È stato poi Giovanni Canzio a interrogarsi sulle radici di tale fenomeno. Il problema è senz’altro la discrasia tra i tempi ma la radice principale è la rivoluzione tecnologica che allargato la forbice tra i tempi dei processi e quelli della stampa. Inoltre, Canzio ha portato un nuovo spunto di riflessione: «Io credo che in questi anni abbiamo assistito a una decaduta della democrazia poiché la presunzione è pur sempre presunzione d’innocenza e non di colpevolezza. Questo perché il fulcro della nostra costituzione è la dignità umana».

Le “gogne mediatiche” sono però un dramma reale, dovuto al clima di rancore e sfiducia delle persone verso le istituzioni di cui fa, però, parte anche una giustizia che funziona ed eccelle e un sistema d’informazione valido e non governato dalle false notizie. «C’è inoltre da dire che questa cultura di odio e sospetto è arrivata anche al governo, esso stesso l’ha accolta come propria. Come siamo arrivati a questo clima di odio di piazza?» ha domandato Brambilla. Tra i due giuristi, la professionalità si è vista nel non esporsi in materie che non erano loro. È Canzio quello che si è esposto di più ricordando che chi fa le leggi può decidere se promuovere o meno un più alto livello di cultura e che gli schemi che si stanno utilizzando fanno avanzare un clima d’inciviltà. Durante l’incontro nessuno dei presenti ha cercato di difendere la propria professione e ognuno ha ammesso chi le proprie colpe giornalistiche e chi i propri sbagli da umano. Canzio ha finito citando il codice dei magistrati in cui sono presenti due tasselli che, con molta probabilità, se applicati in tutto il sistema lavorativo e scolastico, migliorerebbero il mondo: l’etica del limite e l’etica del dubbio.

 

(A.F.)

 

Responsabile Comunicazione Eugenio Andreatta tel. 329 9540695 eugenio.andreatta@meetingrimini.org

 

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