Il mare che aiuta

Redazione Web

Il mare che aiuta

 

Rimini, 23 agosto 2023 – A Zarzis, in Tunisia, un pescatore e volontario, Chamseddine Marzoug, da anni recupera i cadaveri dei naufraghi perlopiù partiti dalla Libia e dà loro una sepoltura. Ha creato il “cimitero degli sconosciuti”, dove sono stati sepolti più di quattrocento corpi, corpi che nessuno reclama.

Modera l’incontro “Il mare che aiuta” Stefano Carbonara, coordinatore internazionale del progetto Nemo Kantara, CIHEAM Bari, che introduce l’incontro e ricorda «le sfide del Mediterraneo: la migrazione, il cambiamento climatico».

Nel suo videomessaggio, la regista Giulia Bertoluzzi, autrice di “Strange Fish”, ambientato in Tunisia, fotografa l’azione civile ed umanitaria delle persone in prima linea nella migrazione nel Mediterraneo. Nello spezzone di film mostrato, Marzoug perlustra una spiaggia desolata e ricoperta di oggetti provenienti dai naufragi. Il pescatore indica il luogo in cui ha ritrovato il corpo esanime di un bambino.

Interviene poi lo stesso Chamseddine Marzoug: «Ho creato un cimitero mulireligioso perchè l’essere umano deve essere rispettato sempre. Dopo la rivoluzione in Tunisia ho acquisito un terreno per dare sepoltura ai corpi abbandonati». Oltre a questa attività, Marzoug si è impegnato con gli altri pescatori per formare i giovani ed evitare che lascino il loro paese. Inoltre accoglie con l’associazione che ha creato dei migranti subsahariani: «Lo Stato non aiuta in alcun modo queste attività, malgrado ci sia una penuria di manodopera specializzata. Bisogna fare tutto il possibile per evitare questa emigrazione e la perdita di queste vite».

Moufida Zoulali racconta la sua esperienza di madre. Tunisina dell’isola di Gerba, ha visto partire suo figlio nel 2017: «È stata una cosa dolorosa a cui non ci siamo mai abituati. La Tunisia potrebbe offrire molte opportunità ai giovani, invece prosegue questo flusso migratorio continuo che spopola il paese. Il mare è l’unica risorsa di Gerba e spesso i giovani fanno altre scelte».

Moufida è beneficiaria di un’attività nell’ambito del progetto Nemo Kantara per lo sviluppo delle comunità costiere nel sud della Tunisia, sovvenzionato dalla cooperazione italiana. Si tratta di un progetto di panificio in cui lavora con il figlio minore che è rimasto a Gerba. Viene mostrato un video testimonianza. Moufida ammette: «Resta il timore che anche gli altri figli lascino il paese».

Carbonara sottolinea che «è la comunità che facilita il successo dei progetti: sono nate più di di 500 microimprese». Moufida è «venuta a conoscenza dell’opportunità durante una riunione di pescatori, ha proposto l’idea ai familiari ottenendo l’approvazione dei figli. Una volta accolta la domanda, sono arrivati i materiali che ha imparato a conoscere ed è stato affittato un locale. Un progetto speciale che è stato un successo. Un fattore importante è stato l’incoraggiamento della famiglia e di tutti i clienti». «Un desiderio e un’opportunità che diviene un progetto», commenta il moderatore.

«Sono i tunisini stessi che, al di là della cooperazione, cercano di migliorare: quali sono le prospettive dell’associazionismo in Tunisia?», chiede Carbonara a Chamseddine Marzoug, che dichiara: «Le associazioni potrebbero ridurre l’immigrazione, mentre senza associazioni le persone sono lasciate da sole. Abbiamo un ufficio dell’associazione, gestito dagli associati, che è stato aperto nel 2014. Per esempio abbiamo aiutato i giovani ad acquistare delle nasse. Secondo me se troviamo i mezzi grazie alla cooperazione internazionale riusciremo a ridurre la migrazione. I giovani debbono partire con un visto: oggi solo il 30% riesce ad attraversare il Mediterraneo e una volta arrivati incontrano molti problemi per inviare dei soldi a casa. Non possiamo pescare da soli, dobbiamo unirci per pescare insieme».

Il vicedirettore di CIHEAM Bari, Biagio Di Terlizzi, interviene raccontando dei giovani pescatori di spugne: «La scuola di palombari vuole evitare lo sfruttamento di questi ragazzi. I tunisini della zona di Zarzis sono stati i primi ad affrontare la minaccia dei granchi blu e hanno creato una filiera di valorizzazione.  In Tunisia non ci sono più vongole a causa dei granchi blu. Le vongole sono raccolte dalle donne che le vendono a tre euro al chilo sul mercato locale quando da noi arrivano sul mercato italiano a 15 euro al chilo: un progetto di sussidio é stato lanciato per aiutare queste donne. Un altro problema è la bassa marea, che può avere una escursione di 150 m».

L’incontro, che ha interessato e commosso i partecipanti, descrive un esempio emblematico di amicizia sociale.

(G.P.)

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