Dalle periferie della Cristianità l’Etiopia innalzerà a Dio le sue mani

Press Meeting

Una presentazione che invoglia a visitare la mostra, perché aiuta a comprendere la ricchezza e la bellezza di una civiltà pochissimo conosciuta nel nostro Paese. Ha aperto l’incontro in Sala Neri alle 11.15 Roberto Fontolan, direttore del centro internazionale di Comunione e liberazione; a seguire hanno preso la parola Giuseppe Barbieri, docente di Storia dell’arte moderna all’università Ca’ Foscari di Venezia e curatore della mostra stessa, monsignor Silvano Maria Tomasi, osservatore permanente della Santa Sede per le Nazioni Unite, padre Tekle Mekonnen, presidente dell’Università Cattolica San Tommaso d’Aquino di Addis Abeba. Importante anche il contributo di Giuseppe Magri, del comitato per gli interventi caritativi a favore del Terzo mondo della Cei, e di Alberto Bertoldi, ambasciatore ad Addis Abeba del Sovrano militare ordine ospedaliero di San Giovanni di Gerusalemme e di Rodi e di Malta.
Barbieri si è occupato personalmente dell’allestimento della mostra, vista la sua esperienza nel settore: ha già curato altre tre mostre sull’Etiopia. Quale il modo migliore per avvicinare il pubblico a una tradizione culturale millenaria? “L’Etiopia non è sempre stata una periferia del mondo. Gli imperatori d’Etiopia hanno mandato ambasciatori al papa e agli stati europei per richiedere architetti, pittori, ingegneri già nel quindicesimo secolo”. I soggetti dell’arte etiopica sono pochi (la Madonna, San Giorgio e le crocifissioni), ma la pittura è coloratissima e con un registro espressivo assai ampio. Per rendere fruibile la mostra, Barbieri ha introdotto sussidi multimediali che la accompagnano e la completano.
Un grande sostegno è venuto da monsignor Tomasi che, come dice Fontolan, ha lasciato il cuore ad Addis Abeba. Il vescovo racconta la storia dell’Etiopia partendo dall’impero di Axum che comprendeva anche parte del Sudan e dello Yemen. In seguito la popolazione etiopica è rimasta isolata sugli altipiani, perché circondata da nazioni musulmane contro cui spesso doveva anche combattere. Pur nell’isolamento, nella sua posizione periferica rispetto al mondo occidentale, è stata fedele a uno stile di vita e a un’identità ispirati al cristianesimo. “Per molti secoli questa identità è rimasta statica – continua monsignor Tomasi – anche perché la chiesa etiopica non ha mai saputo rinnovare se stessa e la società che la circondava”. Continuando il suo racconto sulla storia dello stato africano, il presule ricorda che negli anni recenti c’è stato un risveglio della vita sociale, pur nel rispetto dell’identità tradizionale.
In Etiopia esiste una costituzione repubblicana e democratica, entrata in vigore nel 1994. “La Chiesa cattolica, pur essendo la più piccola comunità religiosa (circa l’1 per cento della popolazione), gestisce più di trecentocinquanta scuole superiori in cui studia il 90 per cento di ragazzi ortodossi e musulmani. Questa è una possibilità di convivenza tra fedi diverse”, ricorda Tomasi. Per completare il ciclo scolastico manca un’università, che sta per essere costruita.
La mostra sull’arte etiopica diventa così l’occasione per parlare di un grande progetto della Conferenza episcopale di quel paese. Ne illustra il progetto padre Teklé Mekonnen, presidente della erigenda Università Cattolica. “Le scuole cattoliche sono un modello di eccellenza, per questo nel 1997 il primo ministro ha chiesto esplicitamente a Giovanni Paolo II di istituire un’università cattolica. La risposta del papa è stata positiva e sei anni dopo ci fu un primo accordo tra la conferenza episcopale e il governo, che ha dato dei contributi: sessanta ettari di terreno, esenzione dalle imposte e permessi di lavoro”. A questo punto giunge l’opera di monsignor Tomasi che riesce a coinvolgere la conferenza episcopale italiana, la quale si impegna e offre contributi.
Padre Mekonnen parla delle tre fasi di sviluppo dell’università: nel 2013 è stato costruito il nuovo campus, da settembre 2015 apriranno i corsi delle facoltà di ingegneria e medicina e in seguito inizieranno gli altri. “Abbiamo scelto le facoltà di Ingegneria e Medicina – spiega Mekonnen – perché sono le materie che contribuiscono maggiormente allo sviluppo del nostro paese”. Il presidente accenna anche al sostegno a questo progetto ricevuto da papa Francesco nel maggio 2014 quando i vescovi etiopici sono venuti in visita in Vaticano.
A rappresentare la Cei è presente Giuseppe Magri che illustra in modo essenziale da dove vengono i finanziamenti con cui si sostiene la costruzione dell’Università di Addis Abeba: sono parte dei fondi dell’8 per mille, versati dai contribuenti italiani per scopi sociali, ma non religiosi. Un secondo aspetto che Magri espone riguarda la lungimiranza di monsignor Tomasi, che aveva pensato a un progetto da sviluppare nel corso di anni. Richiama infine il dovere di rendere conto della trasparenza degli impegni finanziari, assicurando che il sostegno della Cei continua.
“I fini del Sovrano Militare Ordine di Malta sono essenzialmente due: la diffusione della fede e l’assistenza ai poveri”, così spiega Alberto Bertoldi. Nei paesi presso cui è accreditato interviene tempestivamente in caso di calamità naturali o per qualsiasi altro tipo di necessità. Ad esempio in Africa molti volontari sono impegnati in attività umanitarie, in particolare in interventi sanitari. Bertoldi ritiene importante il sostegno alla realizzazione dell’Università Cattolica di Addis Abeba, perché è un progetto di educazione dei giovani che costituiscono il 50 per cento della popolazione e saranno la classe dirigente dei prossimi anni. L’università è un progetto efficace per ricostruire il paese con intelligenza.
(A.B., C.S.)

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