Dalla formazione universitaria all’inserimento in azienda: come trattenere i talenti nel nostro Paese

Redazione Web

Dalla formazione universitaria all’inserimento in azienda: come trattenere i talenti nel nostro Paese

 

Rimini, 22 agosto 2023 – Un parterre di rango, per la presentazione della ricerca “Università e Imprese per lo sviluppo dei talenti”, realizzata da Randstad e Fondazione per la Sussidiarietà. In sala, Anna Castelli, direttore Risorse Umane di Beta 80 Group; Marco Ceresa, group chief executive officer Randstad Italia; Giorgio De Rita, segretario generale Censis; Mario Mezzanzanica, professore di Computer Science and Engineering, Università Milano Bicocca, Dipartimento Lavoro Fondazione per la Sussidiarietà; Federico Visconti, rettore LIUC – Università Cattaneo. Modera Massimo Ferlini, presidente Fondazione Welfare Ambrosiano, Dipartimento Lavoro Fondazione per la Sussidiarietà.

Nell’”Anno europeo delle competenze”, indetto dalla Commissione europea per il 2023, lo studio presentato al Meeting per l’amicizia fra i popoli analizza il bagaglio formativo dei laureati in uscita dal sistema universitario nazionale, in termini di conoscenze professionali, digitali e soft skills. L’obiettivo è comprendere la potenzialità di capitale umano presente nel Paese ma poco conosciuta dalle imprese, perché queste sappiano meglio ingaggiare e trattenere i talenti.

Dai risultati della ricerca emerge che più di tre quarti dei laureati in Italia trova lavoro entro un anno, ma le aziende oltre al diploma richiedono sempre più competenze digitali e “soft skills” (almeno una su cinque). Il 70% delle offerte di lavoro per laureati sono concentrate al Nord. Le imprese puntano, in particolare, su 116 profili ad elevata richiesta, che fanno capo a cinque macro aree. Molto ricercati account manager, responsabili logistica e distribuzione ed esperti contabili.

«La quota dei laureati tra i 25 e i 34 anni in Italia è tra le più basse nei paesi OCSE», commenta Ceresa, per il quale «l’indagine ribadisce che una laurea in Italia oggi è ancora un importante fattore di protezione dall’inoccupazione. È fondamentale, quindi, mettere in campo azioni concrete per contrastare la dispersione scolastica e incentivare i giovani a proseguire gli studi», conclude.

La ricerca evidenzia l’esistenza di molte professioni “in comune” in uscita da percorsi di laurea molto diversi, per una similarità di competenze. È importante, di fronte alla scarsità di talenti del mercato unita ai trend demografici allarmanti, che le aziende valutino i profili da inserire a partire dalle reali competenze possedute dai candidati, oltre che dal titolo di studio.

«Gli studi universitari sono un volano per l’accesso al mondo del lavoro», afferma Giorgio Vittadini, Presidente della Fondazione per la Sussidiarietà, che aggiunge: «Nelle selezioni le aziende guardano ai voti, al percorso accademico, ma sempre di più allo sviluppo di capacità comportamentali e soft skills: studiare è fondamentale, ma occorre anche imparare a lavorare».

Le competenze digitali, rivela la ricerca Randstad–FPS, sono ormai pervasive in tutti gli annunci online, con picchi del 61% nell’ICT e del 53% nella statistica. Ma l’incidenza del digitale è significativa anche negli annunci relativi a marketing (19%) e area giuridica (15%). Le soft skills si rivelano importanti per tutte le aree: almeno una competenza su cinque per svolgere la professione è trasversale. Le soft skills più richieste sono: saper lavorare in gruppo, sviluppare idee creative, adattarsi al cambiamento, comunicare con i clienti, autonomia, identificarsi con gli obiettivi aziendali.

Le posizioni di lavoro offerte nel 2022 ai laureati per i 116 profili sono concentrate al Nord (70%). In testa tra le regioni c’è la Lombardia, con il 30% degli annunci, seguita dall’Emilia Romagna (13%), dal Veneto (13%) e dal Lazio (11%). La Campania, dove c’è uno dei più elevati tassi di disoccupazione giovanile, raccoglie solo il 5% degli annunci.

Le aziende sono alla ricerca principalmente di laureati in discipline tecniche e scientifiche, ma prendono in considerazione anche le lauree umanistiche valorizzando gli aspetti motivazionali e il potenziale, e integrando le competenze tecniche con la formazione interna. Nel primo esame dei cv le imprese valutano soprattutto la carriera universitaria, ma poi si concentrano su soft skills e attitudini personali dei candidati.

I laureati in Italia. Una laurea in Italia è un importante fattore di protezione dall’inoccupazione, correlato a una maggiore permanenza in stato di occupazione, maggiore livello salariale e un più rapido rientro al lavoro in caso di uscita. A un anno dal conseguimento del titolo, il tasso di occupazione dei laureati è il 75% per il primo livello e il 77% per i magistrali biennali, per arrivare al 90% per entrambi dopo cinque anni (fonte Almalaurea). Tuttavia, la quota di laureati tra i 25 e i 34 anni in Italia nel 2021 è il 21%, un livello tra i più bassi dei paesi Ocse.

(G.D.G.)

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