“Che fai tu luna in ciel?”. Il mistero sconfinato dell’amicizia

Redazione Web

“Che fai tu luna in ciel?”. Il mistero sconfinato dell’amicizia

 

Rimini, 24 agosto 2023 – Un serrato dialogo sull’amicizia con lo sfondo della letteratura si è svolto alla presenza di un Auditorium isybank D3 affollato ed ha visto protagonisti S.Em. Card. José Tolentino de Mendonça, prefetto del Dicastero per la cultura e l’educazione, poeta, e Daniele Mencarelli, scrittore e poeta, con la sapiente regia di Alessandro Banfi, giornalista. Mendonça ha appena pubblicato un libro dal titolo “L’amicizia”, dunque perfettamente pertinente al tema del Meeting per l’amicizia fra i popoli 2023. Mencarelli è uscito di recente con il suo primo romanzo fiction, non tratto da esperienze autobiografiche, dal titolo “Fame d’aria”. Il contrappunto al dialogo è stato dato dalla lettura da parte degli attori Matteo Bonanni e Laura Palmeri di alcuni brani dei libri del cardinale Mendonça, di Mencarelli nonché di Primo Levi e Etty Hillesum suggeriti dagli ospiti stessi.

Le prime mosse del dialogo hanno subito messo a fuoco la natura dell’amicizia per Mendonça e Mencarelli. «L’amico non è medicina per guarire dalla solitudine. Non si è amici per facilitare la vita, ma per farla diventare più autentica. Simone Weil disse che “gli amici sono due strade in linea retta che si trovano nell’infinito”. Il motore dell’amicizia non è dato dagli amici stessi, ma proviene da Dio», ha esordito il cardinale. Mencarelli ha citato Pär Lagerkvist, «che ha scritto: “Uno sconosciuto è mio amico, uno che io non conosco”. Questa è l’evidenza e l’emergenza del nostro tempo: concepire l’umano sconosciuto e lontano come forma di amicizia da intrecciare e sviluppare. Bisogna tornare a guardare l’umanità sconosciuta come amico conosciuto: la sfida è incontrare l’amico sconosciuto».

Ha poi ripreso Mendonça: «Quando pensiamo all’amicizia pensiamo alla reciprocità, l’amico ci risponde e ci accompagna con la presenza, ci nutre in tanti modi; ma l’amico è prezioso non solo perchè introduce dinamiche di risposta, ma anche perché ci permette l’esperienza di pura grazia che è la gratuità». E poi: «L’amicizia è senza perché, non possiamo dire quando si diventa amici e per quale motivo, ce ne accorgiamo e basta. Ma bisogna imparare l’amicizia; tutti abbiamo questa capacità, ma dobbiamo impararla e farla maturare; così l’amicizia non è mai lineare ed a volte è difficile; allora imparare il perdono è fondamentale. Questa società è sempre più dipendente dalla tecnologia e manca della tensione verso la persona: rischiamo di diventare analfabeti degli affetti e dell’amicizia». Per poi affermare con forza: «L’amicizia ha anche una dimensione politico e sociale. Le società devono promuovere una riflessione sull’amicizia, è una vera priorità perchè nel mondo polarizzato di oggi l’amicizia è la chiave della speranza».

Mencarelli si è qui sentito «stordito dalle parole del cardinale. È vero: la vera misura dell’amicizia è che si tratta di un fatto politico, proprio come la poesia e la letteratua. Cosa rende il lecito lecito e l’illecito illecito? L’amico». E poi: «Oggi abbiamo un concetto di politica d’accatto, è l’amicizia che rende lecito l’umano: il vero amico dice “comprendo la tua domanda perchè l’hai fatta scoprire anche a me” e ciò ha una dimensione profondamente politica perche rende lecita la domanda».

Dopo la lettura da “Se questo è un uomo” di Primo Levi, Banfi ha sottolineato un passaggio del testo: solo tramite un amico è possibile scorgere “una remota possibilità di bene” anche fuori dal lager. Mendonça ha ripreso: «L’esperienza del male in noi è prigione se vogliamo noi stessi ripeterla per vendetta e così non vediamo nessun orizzonte di liberazione. Il tema di Levi è come sopravvivere al male per non farne parte: è possibile se ci apriamo a un’esperienza anche remota di bene. Diceva Eli Wiesel che “noi conosciamo il male assoluto, ma dimentichiamo che c’è anche il bene assoluto” vero orizzonte dell’uomo. L’amico è chi ha costruito nel cuore di quelle ore buie un ponte che collegava quel male assoluto alla possibilità di bene: è quello che ci salva».

Dopo la lettura di un brano dei diari di Etty Hillesum, Banfi ha sottolineato la drammaticità e grandezza della scrittrice ebrea che, «arrivata al dunque della vita, comprende che il punto è il semplice “esserci”». Mencarelli ha subito reagito: «Per questo Testori ha detto che gli ospedali sono gli ultimi centri culturali rimasti nell’Occidente. Dove c’è il male assoluto sopravvive il bene assoluto, come Etty Hillesum che trae il bene assoluto dal massimo del male». E ancora: «Ognuno di noi deve trovare testimoni credibili di bene. Trovarli è molto più semplice di quello che sembra, come nei luoghi di volontariato o qui al Meeting: siamo testimoni di un bene credibile dentro di noi, non dobbiamo mai dimenticarlo». Per concludere: La grande rivoluzione è narrare meglio e di più il bene». In chiusura Banfi ha ricordato l’esperienza di Goethe che, arrivato in carrozza in Italia, di fronte alla meravigliosa bellezza del lago di Garda che osserva solitario esplode dicendo “Come vorrei che i miei amici fossero qua”: «Quando trovi il bene hai bisogno di comunicarlo».

(G.F.)

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