Azer, dove sembrava impossibile

Redazione Web

Azer, dove sembrava impossibile

La speranza in mezzo alla devastazione

 

Rimini, 22 agosto 2023 – In una zona periferica della Siria vicino al confine con il Libano vivono cinque monache provenienti dal Monastero Cistercense di Valserena; sono qui dal 2005 e hanno conosciuto la devastazione della guerra che da oltre dieci logora il Paese e che ha generato una delle crisi più profonde che l’intero Medio Oriente abbia mai conosciuto.

In occasione della XLIV edizione del Meeting per l’amicizia fra i popoli è stata allestita una mostra dal titolo “Azer, l’impronta di Dio. Un monastero nel cuore della Siria”: attraverso video, interviste, testi e foto si racconta l’esperienza di chi vive nel monastero di Azer e dei rapporti nati tra le trappiste e coloro che vivono e operano in un luogo abitato unicamente da sunniti e sciiti, con l’eccezione di due piccoli villaggi cristiani.

L’incontro “Azer, dove sembrava impossibile”, moderato dal giornalista Davide Giuliani, nasce attorno alla mostra e vede come ospiti: Alberto Mazzucchelli, ingegnere progettista del rinnovo del Monastero di Azer; Andrea Benzo, inviato speciale MAECI per la tutela della libertà religiosa e per il dialogo interreligioso; Silvio Pasero, presidente di Banco Building – Il banco delle cose; Hady Kobeissi, project coordinator di AVSI in Siria.

È Giuliani a cogliere fin da subito ciò che colpisce del monastero di Azer: «Un luogo apparentemente statico come un monastero è in grado di rappresentare un messaggio di speranza per un popolo intero». Mazzuchelli ha dichiarato che «quando siamo giunti nel luogo in cui sarebbe dovuto sorgere il Monastero ci siamo trovati in una zona povera da cui i siriani se ne stavano andando. Per questa ragione, intraprendere un progetto di questo tipo ha permesso fin da subito di porre un seme di speranza in questo luogo. Tutti coloro che ci lavorano, sunniti o sciiti, sentono questa opera come propria; questo monastero mostra che Dio non si è dimenticato della Siria».

Pasero ha, innanzitutto, raccontato che Banco Building svolge attività sussidiarie a progetti portati avanti da altre realtà: «Ricordo il momento in cui ho ricevuto dal nulla una telefonata da parte di alcune suore che vivevano ieri in Siria, che mi chiedevano un aiuto per far arrivare energia elettrica al luogo dove vivevano. Proprio il giorno prima avevo ricevuto in regalo 4mila pannelli solari che ho potuto donare al Monastero e al villaggio attorno».

La Siria continua ad essere un luogo oggettivamente complesso: «Io sono di base ad Aleppo e lì continuo a vedere macerie; faccio fatica a capire quali di queste sono causate dalle conseguenze della guerra e quali sono state provocate dal recente sisma», ha raccontato Kobeissi. «Il nostro ruolo è quello di cercare di stare vicini a quella popolazione: il progetto Ospedali Aperti è stato il primo progetto di AVSI in Siria. Da quel momento ci siamo preoccupati di supportare gli sfollati, fino ad arrivare a sostenere chi ha perso tutto a seguito del terremoto di qualche mese fa; la situazione continua a rimanere drammatica, circa il 90% della popolazione vive sotto la soglia di povertà. Noi rimarremo con loro verso un futuro che spero sarà migliore».

Benzo ha evidenziato che il 22 agosto è il giorno in cui si ricordano le vittime del terrorismo di matrice religiosa: «La discriminazione religiosa rischia di contaminare ogni tipologia di diritto: il diritto al lavoro, all’educazione, al matrimonio. Si capisce allora che questa piaga non riguarda unicamente una nicchia di persone, ma ogni individuo, ed è essenziale tutelarla per permettere che esistano realtà come il monastero di Azer».

Mazzuchelli ha, infine, evidenziato che «il Monastero è il luogo che permette all’uomo di conoscere di più la propria natura: un’origine che accumuna tutti, cristiani e musulmani. Esattamente quello che accade al Meeting, l’opera di un popolo che riconosce un unico fattore che lo costituisce».

 

Le conclusioni sono lasciate a Suor Marta Fagnani del Monastero di Azer, seduta fino a quel momento tra il pubblico: «È il contesto di amicizia che è stato raccontato a permetterci di vivere in Siria. Gli aiuti che riceviamo servono, innanzitutto, per creare un pensiero diverso in questa terra martoriata: una coscienza nuova necessaria per sostenere un futuro diverso per questo Paese».

(A.P.)

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