STORIE DAL MONDO. LAS PATRONAS

Rassegna di Reportages internazionali a cura di Roberto Fontolan e Gian Micalessin. Presentazione del documentario di Javier García, Regista. Produzione: Javier García/SacBé Producciones.

 

Vedeva passare quei treni carichi di gente sofferente, gente che aveva viaggiato per settimane tra mille insidie e senza cibo: uomini soprattutto e ogni tanto qualche famigliola. Venivano da sud agognando il nord, sperando in un nord di lavoro e benessere. Dall’Honduras e dal Guatemala, dalla Bolivia e dal Perù ogni giorno sono migliaia coloro che cercano di arrivare negli Stati Uniti. Molti transitano da un misero paesino messicano abitato da una ragazza curiosa e sensibile che si è fatta delle domande, ha lasciato prorompere il grido che le saliva dal cuore e ha cominciato ad aiutare quei disperati, poi si sono coinvolte le sorelle, la madre, i vicini di casa, ora c’e una "organizzazione umanitaria" che con pochissime risorse riesce ad essere incredibilmente efficace. Il documentario racconta una storia drammatica e avvincente, capace di far vibrare l’anima come raramente accade.

ROBERTO FONTOLAN:
Buonasera, allora per cominciare cedo subito la parola a Gian per un minuto di pubblicità.

GIAN MICALESSIN:
Sì, grazie a voi innanzitutto. Prima di incominciare, un ricordo dei cristiani perseguitati che vediamo in Iraq, che vediamo in Siria, ma quelle sono solamente una goccia nel torrente di oltre 100 mila cristiani che ogni anno vengono uccisi, torturati, imprigionati. La più grande comunità religiosa perseguitata nel mondo. Per questo io e altri colleghi, assieme al sito “Gli occhi della guerra” abbiamo lanciato una sottoscrizione di crowfounding per lanciare nuovi reportage, nuovi documentari, nuovi articoli che ci portino a raccontare non solo le vicende dei cristiani perseguitati in Iraq e in Siria ma anche in Nigeria, in Africa, in Pakistan, in India, ovvero ovunque questa comunità viene perseguitata. Guardate questo filmato e poi se la cosa vi interessa potete contribuire attraverso il sito “Gli occhi della guerra”. Grazie, a dopo!

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Solo 200 milioni credono nel nostro stesso Dio e per questo rischiano la vita ogni giorno. In Medio Oriente sono le nostre radici, la nostra tradizione. In Africa e in Asia sono i nostri fratelli nella fede eppure spesso preferiamo dimenticarli, chiudere gli occhi, accettare che vengano cacciati, uccisi, imprigionati. L’anno scorso abbiamo lanciato il crowfounding “Gli occhi della guerra” per raccontarvi i conflitti e le sofferenze del mondo. Grazie a voi siamo andati in Libia e in Ucraina, abbiamo seguito la crescita del Fondamentalismo in Europa e la crisi del vecchio continente. Quest’anno abbiamo bisogno di voi per raccontare la tragedia degli altari insanguinati, delle croci distrutte, dei cristiani assassinati e torturati. Siamo una squadra di professionisti, senza padroni e con una sola pretesa: fare quello in cui crediamo. Per questo vogliamo raccontarvi il dramma dei cristiani perseguitati, il dramma di chi rischia la vita per quello in cui crede. Sono Fausto Biloslavo, giornalista e andrò in Africa. Mi chiamo Marco Guarezzini sono un fotografo e sto andando in Pakistan. Sono Andrea Milluzzi, giornalista, andrò in Iraq. Sono Linda Dorigo, fotografa, e andrò in Iraq. Sono Barbara Schiavini, una giornalista e andrò in Pakistan. Sono Gian Micalessin e andrò in Siria.

ROBERTO FONTOLAN:
Bene, chi desidera sostenere questo progetto di Gian e dei suoi colleghi, nel sito www.occhidellaguerra.it può trovare tutte le informazioni. Il documentario che presentiamo questa sera ci porta un po’ in un altro continente, che è il continente americano. È una storia veramente particolare, realizzata con mezzi, diciamo, un po’ rudimentali, ma è una storia così affascinante, così toccante che io quando l’ho vista, quando me ne hanno parlato, ho desiderato portarla qui e presentarvela. Voglio proprio vedere se vi tocca il cuore così come ha toccato me, al punto che in certi momenti era veramente commovente. Allora non voglio anticipare nulla e ci vedremo come il solito subito dopo la proiezione, come sempre noi privilegiamo questo momento di visione insieme di questa storia e poi potremo fare qualche osservazione. Allora ci vediamo più tardi.

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ROBERTO FONTOLAN:
Penso che sia veramente una storia meravigliosa e toccante. Ci sono dei punti veramente commoventi ed è anche un po’ visivamente una specie di commento, di approfondimento al titolo di questo Meeting, la periferia, il destino. Quando Norma diceva “se non ci fossimo noi, potrebbero pensare che non c’è più speranza nel mondo”, mi piaceva proporlo al Meeting come un’occasione di approfondimento del nostro titolo, ma anche di incontro con una storia così strana, così piccola, così particolare che ho trovato veramente interessante.

GIAN MICALESSIN:
Sì, ma una storia molto attuale da due punti di vista: innanzitutto con il tema Meeting dove il destino non lascia solo l’uomo, quindi nelle peggiori situazioni, il destino ti fa incontrare qualcuno disposto ad aiutarti. Molto attuale perché mostra anche l’altra faccia del dramma dell’immigrazione che noi vediamo qui in Italia. Un dramma che anch’io ho conosciuto da due parti. Vediamo da una parte i 100 mila profughi sbarcati sulle nostre coste e diciamo “è impossibile aiutarli, non ce la faremo mai ad aiutarli tutti”. Poi vai dall’altra parte del Mediterraneo, come ho fatto io a febbraio, e arrivi a Tripoli e trovi un’anziana suora spagnola, la vai a incontrare nella sacrestia della chiesa di Tripoli e la trovi che riempie affannosamente, proprio come queste patronas, una borsa di medicine e dice “oggi devo portare le medicine perché adesso c’è la scabbia, è arrivata la scabbia, devo assolutamente riuscire a curarli”. La segui e arrivi con lei a quei depositi di esseri umani dove vengono accalcati i profughi che poi si compreranno un posto su quelle barche che a volte arrivano e a volte no e vengono sbarcati e questi profughi, questi migranti, questi clandestini come vogliamo chiamarli, vivono ammassati in case di fortuna, dove non c’è nessuno che li assista, perché non ci sono le Nazioni Unite, non c’è l’Alto Commissariato per i Profughi, non c’è organizzazione umanitaria che li assista. C’è solo questa unica suora, unica suora spagnola, che dalla sacrestia, ogni giorno, tre volte alla settimana, parte e va in queste depositi di essere umani dove incontri eritrei, somali che sono arrivati attraversando il deserto. Molti di loro non ce l’hanno fatta, non sono neanche riusciti ad arrivare fino a quell’ultima tappa e questa suora spagnola, come le patronas di questo filmato, di questo documentario, distribuisce da sola a uno a uno le medicine, il cibo. Si occupa di far recuperare chi non può curare. Ecco, è l’altra faccia dell’immigrazione. Io spesso sono molto critico nei confronti dell’immigrazione, però quando vai dall’altra parte, quando vai dall’altra parte del Mediterraneo, vai dentro i depositi degli esseri umani dove vengono sfruttati, dove la sera vengono a rapinarli, vengono a derubarli, vengono a violentare le donne, scopri quest’unica suora che è l’uomo che ti viene incontro quando il destino ti ha abbandonato. È il destino che va incontro, è l’uomo che va incontro al destino, agli uomini che il destino ha abbandonato, ma è anche l’unico che si dà da fare, si offre per aiutare chi non ha più niente.

ROBERTO FONTOLAN:
Allora come sempre abbiamo qualche minuto, non troppi perché la vita del Meeting sapete bene quanto è intensa e quindi se c’è qualche osservazione… Non abbiamo ospiti questa sera, perché il regista messicano di questo documentario non poteva raggiungerci, si chiama Javier Garcia. Ieri c’è stato un incontro molto interessante sul tema dell’immigrazione. Io non sono un esperto di questa vicenda, dell’immigrazione dall’America centrale, dall’America latina verso gli Stati Uniti, ma insomma i dati ci sono, sono importanti, è un problema enorme, negli Stati Uniti è anche oggetto di una grande guerra e conflitto politico all’interno della politica americana. Pensate solo che, negli ultimi anni, si è sviluppato un problema enorme rispetto a questo tipo di immigrazione, che riguarda i minori non accompagnati, cioè su quei treni, su quei pullman entrano negli Stati Uniti in modo clandestino diversi minori, per i quali si creano dei problemi. Quando vengono presi, vengono portati in centri di detenzione, ma lì la macchina legale si ferma. Solo negli ultimi mesi ne sono stati calcolati 45 mila, ho letto l’ultimo dato qualche giorno fa, tra ottobre e giugno, 45 mila minori non accompagnati che cercano di entrare negli Stati Uniti, magari spinti dalle famiglie, problema che abbiamo anche in Italia adesso, di cui tra l’altro si è parlato ieri mattina in seguito all’esperienza di un avvocato che è intervenuto a un nostro incontro che sta affrontando questo problema dei minori, ragazzini, poco più che bambini, dai 10 ai 16 anni, che sono migranti in condizioni, come avete visto, tremende. Quindi se c’è qualche osservazione la cogliamo, qualche commento, qualche domanda nei limiti del possibile potremo rispondere.

DOMANDA:
Intanto grazie. Io sono diventato un fedelissimo di questi appuntamenti. Me ne vado sempre dal Meeting con qualche cosa in più che porto sempre ai miei amici del paese dove abito, in Sicilia. Cerco di condividere per quanto possibile, per cui il mio è soltanto un quesito tecnico, vorrei sapere come si può fare ad avere il documentario per condividerlo.

ROBERTO FONTOLAN:
È un po’ complicato, perché io stesso ho avuto difficoltà perché era stato presentato a Roma in un’Università Pontificia, se non sbaglio, probabilmente da qualche messicano, seminarista, giovane messicano e quindi avevo saputo di questa cosa, mi aveva incuriosito il titolo e avevo visto due righe di tema e così ho mandato una persona a vederlo, che poi l’ha recuperato faticosamente. Poi abbiamo contattato il regista, è stata una cosa molto complessa. Non esiste una distribuzione di questo documentario e credo che stiano preparando una versione più montata anche, con i sottotitoli. Avete visto ogni tanto c’è qualche sbavatura nel sistema dei sottotitoli, nelle traduzioni in italiano, per poterla forse distribuire in maniera forse più efficace. Non ho elementi su questo perché io l’ho recuperata attraverso una persona di questa Università Pontificia che ci ha messo in contatto con questo regista che sta in Messico, ma non esiste una distribuzione di questo materiale, né credo che esistano su youtube cose di questo tipo, questo tipo di storie.

GIAN MICALESSIN:
È una domanda ricorrente questa che ci viene fatta su questi documentari che presentiamo al Meeting. Spiegazione anche più tecnica: noi acquisiamo i diritti anche per mostrare il documentario al Meeting, al pubblico del Meeting. Non abbiamo i diritti però di darvelo, regalarvelo o darlo in visione privata, quindi questa è una difficoltà che in effetti abbiamo ma che ancora non siamo riusciti a risolvere nel corso degli anni, perché ci sono delle questioni legali che impediscono poi di distribuire o di mettere su youtube le cose che mostriamo qui. Purtroppo poi le occasioni per vederlo è questa, o bisogna aspettare che qualcuno lo metta su youtube o che qualcuno lo distribuisca in negozio, nelle rivendite di video. Questo è il problema.

DOMANDA:
Vorrei solo confermare con una piccola esperienza quello che ha detto Roberto sul fatto che è importante sostenere la speranza degli uomini. Io partecipo a un’opera che aiuta i disoccupati. Non vediamo cose così estreme, povertà così estrema, però incontriamo cinquantenni disoccupati da più di un anno che sicuramente hanno molte difficoltà personali, si arriva anche a problemi economici ecc. Noi li aiutiamo con invio di email di offerte di lavoro, di corsi di formazione, di conversazioni imprenditoriali, di eventi che organizziamo noi, ma la cosa più importante che ci accorgiamo sempre da tutte le email che ci inviano è l’amicizia che noi offriamo loro e la speranza che aiutiamo a mantenere. Cerchiamo di dire loro che hanno un valore infinito che è molto più grande della loro professionalità, del loro lavoro, della qualifica professionale che avevano, dello stipendio che avevano ecc. e insieme li accompagniamo e sosteniamo in questa speranza e questa è la cosa che ognuno di noi può fare, in qualsiasi ambiente. Non possiamo risolvere i problemi del mondo, ma in qualsiasi ambiente possiamo sostenere la speranza nostra e degli altri.

ROBERTO FONTOLAN:
Bene, grazie! Vabbè, c’era un punto che mi ha colpito molto e penso che sia un po’ il centro narrativo di questo documentario. Avete presente la zia che se ne stava sull’amaca e diceva, guardava sorelle e nipoti che si davano da fare, e diceva per anni “ma che cosa stanno facendo questi?” e poi “però le vedevo così contente, c’era qualcosa nel loro cuore e volevo vedere anch’io, volevo scoprire anch’io questo qualcosa nel loro cuore”. Ecco per me lì c’è uno snodo, questo regista, questo autore è riuscito a coglierlo bene, secondo me, perché lì scatta qualcosa. C’è come un’invidia della felicità di queste donne così semplici, che raccolgono il cibo e poi si sono ingegnate a creare una piccola organizzazione. Mi fa impressione vedere queste ragazze con le carriole che portano le bottiglie d’acqua o la madre così anziana che si prepara al lancio, che sembra il lancio delle bolas, attendendo il treno con quest’ansia, perché è solo un punto è solo un istante, ma in pochi secondi si decide qualcosa. Mi fa impressione perché è riuscito a raccontarlo così bene questo momento.

GIAN MICALESSIN:
Infatti noi abbiamo definito spesso rudimentale, approssimativo, ma molto spesso quello che fa la differenza in un film, in un documentario, è lo spirito di chi lo racconta. E qui malgrado la storia sia complessa da raccontare, noi la capiamo tutta, non c’è una spiegazione, non c’è un commento, la capiamo tutta dalle discussioni, dai racconti dei protagonisti. È un film che non segue un filo logico, segue la sensazione, l’impressione, lo spirito di chi ha voluto raccontarla, per questo è così particolarmente significativo dal mio punto di vista.

DOMANDA:
Innanzitutto ringrazio i relatori per averci fatto vedere questa cosa, saluto in particolare Gian perché quando lo vedo dico meno male che sta bene, perché quando va in quei posti per me il terrore è grande. Ecco, volevo dire che veramente mi sono commosso vedendo queste immagini, come ci diceva Roberto. Come è vero che quando uno si mette in gioco, la vita rifiorisce, forse sarebbe stata apparentemente banale la vita di queste donne se non avessero giocato se stesse in questo fatto. E come sono diventate addirittura belle in questa cosa. L’altra cosa che mi aveva tanto commosso era pensare a questi uomini, a questi ragazzi sul treno che ricevono gratuitamente, quasi una cosa inaspettata, e a come questa cosa avrà generato dei germi di verità e bontà nella loro vita. Grazie

ROBERTO FONTOLAN:
Bene allora vi ringraziamo, speriamo di aver passato insieme un’ora interessante, emozionante come l’abbiamo vissuta noi. Ricordo che giovedì avremo il documentario sui cristiani in Egitto, torniamo su questioni vicino a noi, abbastanza incandescenti, sui cristiani coopti e sulla loro vicenda. Venerdì avremo finalmente Gian che ci porta qui il suo reportage sul Maalula, un piccolo villaggio siriano del quale sta seguendo da molti anni tutte le vicende drammatiche.

GIAN MICALESSIN:
E’ il racconto di Maalula nell’ultimo anno, dal rapimento delle suore fino al ritorno di Maalula non alla normalità, ma allo stato di città di rovine, liberata dai guerriglieri jihadisti che la controllavano. Ci vediamo giovedì comunque. Grazie.

Data

26 Agosto 2014

Ora

19:00

Edizione

2014

Luogo

Sala D3
Categoria
Testi & Contesti