INVITO ALLA LETTURA

Che tempo farà. Falsi allarmismi e menzogne sul clima.
Presentazione del libro di Antonio Gaspari, Giornalista e Riccardo Cascioli, Giornalista (Ed. Piemme). Partecipano: gli Autori; Elio Sindoni, Direttore del Dipartimento di Scienze, dell’Ambiente e del Territorio all’Università degli Studi di Milano Bicocca.

 

MODERATORE:
Buonasera. Grazie di essere intervenuti. Quest’anno la parte scientifica del Meeting è dedicata al problema dell’ambiente. Il problema dell’ambiente è diventato un problema, per usare una parafrasi, caldo. Infatti appaiono sempre più spesso sui giornali previsioni catastrofiche, cioè ghiacciai che si sciolgono, si fondono, poveri orsi disperati, i deserti che avanzano, uragani che imperversano, c’è una convinzione quasi unanime che il clima stia cambiando rapidamente e che il motivo principale, la causa principale di questo cambiamento sia l’attività dell’uomo, cioè l’attività antropica. Ora, su questo argomento noi abbiamo fatto una mostra, che vi invito ad andare a vedere, la mostra “Atmosphera”, in cui abbiamo cercato di affrontare, da un punto di vista scientifico, questi argomenti: cosa c’è di vero, quali sono le misure affidabili, quanto invece è solamente politica, e soprattutto politica con interessi economici. Domani faremo anche una tavola rotonda su questo argomento, invitando tre dei maggiori esperti che lavorano su questo argomento. Il problema che è affrontato nel libro Che tempo farà di Cascioli e Gaspari, è un argomento che è focalizzato soprattutto sul problema politico, su come, in maniera mediatica, si è cercato di gonfiare questo problema, praticamente di terrorizzare la gente. Questo libro è un ottima raccolta di documenti, fatti, anche aneddoti riguardanti questo problema. Mi ha colpito il fatto che richiamano, per esempio, mi pare negli anni ’70, quando un povero pinguino disperso è arrivato sulle coste della Francia: i giornali dicevano che era in arrivo una nuova glaciazione. Il problema è che noi sappiamo esattamente quando arrivano le glaciazioni, perché il meccanismo che innesca le glaciazioni è un meccanismo puramente astronomico, cioè ogni 100.000 anni l’orbita della Terra diventa un po’ più ellittica, o un po’ meno ellittica, e in corrispondenza di queste variazioni, che hanno un periodo fisso di 100.000 anni, si hanno le glaciazioni. Noi attualmente siamo su massimo caldo, quindi è naturale che ci sia questo riscaldamento. Chiaramente anche se è naturale, non possiamo ignorarlo, perché l’ultima volta che la Terra è stata così calda è stato 100.000 anni fa, ma 100.000 anni fa l’uomo sapiens sapiens era arrivato da poco, non c’erano tante città, ecc ecc. Però non dobbiamo aver paura, perché abbiamo anche i mezzi tecnici per affrontare questo problema, quindi niente terrore, consapevolezza del problema, e soprattutto cercare rimedi senza inutili terrorismi. Un’altra cosa di cui si parla in questo libro è il problema dei modelli, per esempio si vedono sulle riviste “specializzate” che fra 30 anni i mari aumenteranno di 1 metro, 2 metri, c’è qualcuno che addirittura vendeva delle villette in montagna dicendo che tanto fra un po’ ci sarà il mare. Noi abbiamo guardato un po’dentro questi modelli e abbiamo visto che il clima è un meccanismo, un motore talmente complicato, legato all’attività solare, ai raggi cosmici, all’orbita della Terra, all’inclinazione dell’asse terrestre, alle nuvole, agli aerosol, alle correnti marine, e ognuno di questi fattori interagisce, per cui quello che viene fuori sono quelli che noi chiamiamo modelli non lineari. Il modello ci permette con una certa approssimazione di dire che domani non piove, con una certa approssimazione di dire che forse pioverà un pochino lunedì, ma sono un po’meno sicuro, la probabilità scende, figurarsi dirlo fra 20 anni. Infatti c’è un pezzo del libro dei due amici che vi leggo: “Stanno lavorando da vent’anni e più ed è ormai evidente che tali modelli non possono condurci a concordare su qualcosa di più che sul possibile legame tra gas serra e lieve aumento delle temperature medie globali osservate”. Per arrivare ad un risultato così povero, sono stati spesi oltre 20 miliardi di dollari. Adesso ripeto una cosa, la sentirete anche se venite giovedì alla tavola rotonda: io mi sono occupato un po’ di un problema che riguarda il Millennium Gold, cioè un gruppo di 190 nazioni dell’Onu ha cercato d’indagare su quali sono le principali emergenze che dovremo affrontare nei prossimi 20 anni. Il cambiamento climatico è al settimo posto. Al primo posto c’è la fame nel mondo, cioè mentre noi spendiamo questi miliardi in modelli che non servono a niente, ogni cinque secondi c’è un bambino che muore di fame, cioè da quando noi siamo entrati a quando uscirete di qui, spero non più di mezz’ora tra l’altro, morirà quasi un migliaio di bambini. Quindi questo spreco di soldi per cose che assolutamente non porteranno a grandi risultati è un po’una cosa vergognosa, ed è quello che i nostri amici hanno cercato di dire nel loro volume. Ricordiamoci però una cosa: io sto parlando di cambiamenti globali, non confondiamoli con quelli che sono gli inquinamenti. Gli inquinamenti urbani li vediamo tutti, anche quelli vanno affrontati con saggezza, cioè non va terrorizzata la gente. Ho trovato scritto sui giornali che ogni anno per le polveri sottili muoiono 647 persone. Come facciano a dire una cosa del genere non lo so. Addirittura, siccome io tra le tante cose che purtroppo faccio, faccio anche ricerca in campo acustico, poco tempo fa ho visto che per il rumore muoiono non so quante persone all’anno. Quindi sono anche delle grosse sciocchezze che dicono! Quindi stiamo attenti: l’inquinamento c’è, va combattuto, ma la causa di questo inquinamento è l’altissimo livello tecnologico che abbiamo raggiunto, quindi questo stesso livello tecnologico può portare ai rimedi, è solo una questione di volontà, ai rimedi per vincere questo inquinamento. Quindi va bene, l’inquinamento va combattuto, senza terrorismo, perché, nonostante tutto questo, la vita umana sta aumentando. Quindi mentre una volta si diceva a uno “ti auguro di campare 100 anni”, adesso se lo diciamo quello fa gli scongiuri! Perché l’età media continua ad aumentare. Stiamo attenti, ma ricordiamoci soprattutto di una cosa: che la natura ci è stata data, non siamo noi i padroni della natura, è stata data all’uomo perché la tratti bene, la conservi bene, non la sprechi, ricordando che, come ha detto più volte Benedetto XVI, “Questo è il giardino di Dio e quindi il giardino dell’uomo”. Adesso cedo la parola ai miei amici.

RICCARDO CASCIOLI:
Bene. Io ringrazio intanto il professor Sindoni. Lo ringrazio sia per la presentazione stasera, ma soprattutto per il lavoro, il grande lavoro che insieme ai suoi amici di Euresis ha fatto per mettere in piedi la mostra sui cambiamenti climatici, che immagino qualcuno di voi o molti di voi hanno già visto oppure vedranno nei prossimi giorni. Perché davvero fa piazza pulita di tante stupidaggini che si dicono e ci mostra quello che è il dato scientifico. Ed è anche il punto di partenza del lavoro che abbiamo fatto io e Antonio. E devo dire che si arriva alla fine di quella mostra e uno, dopo aver visto tutto, dice – almeno a me è nata questa domanda e ho sentito altri ai quali è nata la stessa domanda -, ma allora, tutta questa isteria sul cambiamento climatico (ci sono organizzazioni che organizzano annualmente delle manifestazioni o marce contro il cambiamento climatico per esempio, come se uno organizzasse delle marce contro la primavera che viene prima dell’estate), da dove nasce questa isteria? Un’isteria tale che uno psicologo mi raccontava che ormai comincia ad avere tutta una serie di casi di persone che soffrono di patologie legate proprio alla paura da cambiamento climatico, essendo questo un bombardamento continuo. C’è gente che non va più in montagna per paura dello scioglimento dei ghiacciai, o delle persone che non vanno al mare per paura dell’innalzamento del livello delle acque. Questi soggetti più deboli di fronte a questo bombardamento cominciano a soffrire di queste patologie, stiamo vivendo in questo clima d’isteria. E in realtà io e Antonio siamo partiti proprio da questa domanda: da dove nasce? Noi non siamo scienziati, siamo giornalisti, ci facciamo delle domande e cerchiamo di andare a capire cosa c’è dietro e siamo grati della presenza di questi scienziati che invece fanno il loro lavoro seriamente. Adesso do soltanto qualche flash, degli spunti, anche perché se dico troppo poi non comprate il libro e non lo leggete! La prima cosa che mi ha colpito è il cambiamento culturale, come lo ha raccontato uno storico della teoria del riscaldamento globale, e quando dico teoria del riscaldamento globale intendo quello che diceva lui, non il fatto che ci sia il riscaldamento globale, ma che sia causato dall’uomo, in gergo si dice “riscaldamento globale antropogenico”, cioè causato dall’uomo. Ebbene lo stesso IPCC, questo organismo internazionale legato all’Onu di cui tanto si parla, nell’ultimo rapporto del 2007 portava proprio questo dato che, considerando gli ultimi 200 anni, il 95% di tutti i lavori scientifici sui cambiamenti climatici si hanno dal 1951 in poi. Allora uno si dice: ma cosa è successo nel ’50/’51 per provocare questo cambiamento anche nella direzione della ricerca scientifica? Questo storico, Spencer, che peraltro è un sostenitore della teoria del riscaldamento globale, dice una cosa molto interessante. Dice che, dal punto di vista scientifico, non è che abbiamo avuto grosse novità, c’è stato qualche aumento dei lavori sull’anidride carbonica, l’incidenza con la temperatura, ma insomma cose davvero da ricerca scientifica, seria, ma niente di particolare. Lui dice: c’è soprattutto un cambiamento culturale, e il cambiamento culturale qual è? Il cambiamento importante è stato sicuramente la fine della Seconda Guerra Mondiale e le esplosioni nucleari. E’ la consapevolezza che in qualche modo l’uomo aveva ormai in mano il potere di distruggere completamente la Terra. Alcuni scienziati che lavoravano sul nucleare evidentemente hanno colto questo aspetto, nucleare-militare intendiamo, per cui già negli anni 50 c’era nel mondo una capacità militare, dal punto di vista nucleare, capace di distruggere il pianeta sette volte. Per questo c’è tutta questa paura della guerra nucleare. Allora per la prima volta c’è la coscienza che l’uomo può davvero distruggere tutto. Questo si lega però ad un fenomeno di secolarizzazione del mondo occidentale, che poi è anche il mondo che fa la ricerca e che guida la politica globale. Ovvero si perde con la secolarizzazione, e quindi con società che perdono le loro radici cristiane, quell’approccio positivo alla realtà e all’uomo, quella visione positiva per cui, certo, l’uomo è capace anche di male, ma soprattutto è creato per il bene e quindi l’uomo e la realtà intorno all’uomo è comunque positiva. Dal punto di vista scientifico, poi mi può correggere il professor Sindoni, questo significa anche che uno si avvicina alla natura e cerca di capire l’ambiente che ha intorno, ma con lo stupore di uno che si avvicina ad un mistero più grande delle nostre persone. Con la secolarizzazione invece, con la perdita di questa visione, lo scienziato non cerca più di conoscere semplicemente il meccanismo della natura, farsi affascinare da questa cosa che ci è data. Comincia a ricercare invece tutti i modi in cui l’uomo può danneggiare la natura. Quindi ci si concentra su questo aspetto qua. Evidentemente il clima, con tutti i suoi cambiamenti, dava anche la possibilità di questo. Poi ovviamente sul libro tutto questo è documentato. Questa ricerca, peraltro, viene poi anche finanziata, guarda caso, da grandi fondazioni, che già da decenni lavoravano per il controllo delle nascite, che appunto, considerando la popolazione un problema, lavorano proprio per cercare di far passare l’ idea che troppe persone fanno male all’ambiente, fanno male allo sviluppo, fanno male a tutto, e soprattutto probabilmente fanno male alla loro comodità, come dimostrerebbero anche gli editoriali di Sartori. Questo è un aspetto importante, perché questo dagli anni ’50 diventa una visione, una mentalità dominante nel nostro mondo occidentale, la visione negativa per cui l’uomo è il cancro del pianeta. Se ci fate caso, anche nei termini che si adoperano quando si parla di “febbre del pianeta”, perché si parla di febbre del pianeta? Perché lo si considera come un organismo vivente, non perché si scalda, perché ovviamente tante cose si scaldano, quando noi accendiamo i termosifoni in casa d’inverno non è che diciamo che l’appartamento comincia ad aver la febbre. La febbre si dice perché si considera il pianeta come un organismo vivente, – “Gaia” appunto, una mitologia pagana di ritorno – che dunque reagisce come un qualsiasi organismo vivente, reagisce a degli attacchi dei batteri con l’innalzamento della temperatura, la febbre, come reagisce il nostro corpo quando abbiamo l’influenza. Per cui parlare di febbre già indica il fatto che c’è un attacco alla terra e il parassita in questo caso, come è stato chiamato tante volte, è l’uomo. Quindi c’è dietro questa ideologia. Quindi vado anche più veloce perché il tempo passa. Su questo ha contribuito sicuramente anche il nostro lavoro di giornalisti. I giornalisti cercano l’allarme, perché l’allarme fa vendere, anche la notizia scientifica non si cerca per la notizia scientifica in sé, basterebbe pensare a tante stupidaggini, non so, il vino. il bicchiere di vino che fa benissimo, il bicchiere di vino che fa malissimo. Sono cose e dati estrapolati da ricerche, che magri hanno detto questo aspetto, ma che approfondiscono tanto altro. Il mondo dei media va sempre a cercare il dato più allarmante e questo lo si vede, perché noi abbiamo fatto anche una rassegna di titoli di giornali e di inchieste degli ultimi 120 anni: una volta c’è la glaciazione che arriva, un’altra volta c’è il riscaldamento, poi si ritorna all’allarme glaciazione. poi all’allarme riscaldamento. Credo che, guardando le facce, alcuni di voi dovrebbero ricordarsi, negli anni settanta, gli allarmi per la glaciazione che ormai era prossima. Tra l’altro è curioso….

MODERATORE:
Mi sa che sta arrivando, fra 12.000 anni…

RICCARDO CASCIOLI:
Il punto é proprio questo, è che uno va dietro a queste cose e ha degli allarmi continui. Tutto sommato anche i giornali avrebbero avuto un effetto limitato se, ad un certo punto, non fosse entrata in campo, diciamo, da una parte anche la scienza militante, cioè gli scienziati che facevano attività tutto sommato politica, anche per guadagnarsi il loro spazio, la loro fetta di notorietà, per i fondi, per le loro ricerche. E va bene questo è un altro aspetto. Ma soprattutto c’è stato negli ’80 l’ingresso della politica nella questione climatica. E’ diventato un tema dominante. Io faccio solo un esempio di cui si parlò a lungo, il caso del primo Ministro inglese Margareth Thatcher, che è stata, tra i leaders del mondo sviluppato, quella che più all’inizio ha spinto sulla questione politica del riscaldamento globale. Non molto convinta all’inizio, però. Noi oggi la ricordiamo come lady di ferro, ma quando ha preso il potere nel ’79 non lo era, doveva farsi conoscere. Allora era l’unica scienziata all’interno dei leaders mondiali. E quindi il suo consigliere gli dice: puntiamo su qualcosa di scientifico, gli altri non sanno assolutamente niente di questo. E l’altro aspetto è politica interna: un problema grosso per lei era dato dal sindacato dei minatori, perché ormai tante delle miniere britanniche dovevano essere chiuse perché improduttive, ma non si poteva perché il sindacato era fortissimo, perché c’erano 20.000 posti di lavoro in ballo, e allora la questione del riscaldamento globale viene proprio a fagiolo. Cosa succede? Se noi cominciamo a dire che a causa del riscaldamento si innalza il livello del mare e che quindi le coste della Gran Bretagna sono a rischio, c’è anche un maggiore consenso popolare per chiudere queste benedette miniere di carbone e passare al nucleare e che so ad altro e così è stato. Adesso lascio la parola ad Antonio.

ANTONIO GASPARI:
Grazie Riccardo. Pur con un certo, come dire, timore, però con la forza degli argomenti, io e Riccardo da anni abbiamo provato a contrastare una campagna di irrazionalità, strumentale a politiche speculative e soprattutto a politiche che in qualche modo ribaltavano i modelli culturali dominanti, spaventando la popolazione, usando la paura come strumento per spaventare la popolazione e farle accettare misure di austerità, soprattutto farle accettare una politica di riduzione delle nascite. Per convincere gran parte del globo a fare meno figli e a consumare di meno e a pagare di più, è stata usata l’ideologia ambientalista, è stata usata la politica catastrofista. Nel caso del riscaldamento globale, di questa teoria del riscaldamento globale, che è la grande campagna di oggi, dopo quella degli anni ’70 della bomba demografica, ci sono una quantità evidente di contraddizioni, verificabili da ognuno. La prima contraddizione è che ci hanno voluto fare credere che l’effetto serra è un male per il pianeta. Ora invece l’effetto serra è una condizione fondamentale perché esista la vita sul pianeta. L’effetto serra è garantito dalla esistenza dell’atmosfera intorno al nostro pianeta, che non solo riduce l’impatto delle radiazioni cosmiche, ma intrappola il calore. Se non avessimo questa atmosfera, il nostro pianeta avrebbe una temperatura media di -18°. Alla temperatura media di -18°, capite bene che la vita non ci sarebbe, invece grazie all’effetto serra noi abbiamo una temperatura media di +15° e questo permette la sopravvivenza della vita. Un’altra grossa contraddizione è il fatto che tutta la teoria del riscaldamento globale accusa l’anidride carbonica, Co2 così detta, che è diventata un gas satanico da abbattere in ogni modo. Ma se noi andiamo a fare dei calcoli verificati semplicissimi, l’anidride carbonica è solo il 2% di tutti i gas serra e le attività umane ne producono solo il 4% del totale. Quindi stiamo parlando di dimensioni ridicole, rispetto a quello che viene presentato come il disastro. Ma la contraddizione più evidente e più grande, e che probabilmente pesa sulle nostre tasche, è il fatto che, forse non ce ne siamo accorti, forse qualcuno se ne è accorto, forse qualcuno meno, con il protocollo di Kyoto noi tutti cittadini di questo pianeta siamo indebitati . Perché l’anidride carbonica è il problema da ridurre, mentre la vita di ognuno di noi è produttrice di una quantità di anidride carbonica, più grande nei paesi dove il livello di vita è più avanzato. Noi, respirando, emettiamo anidride carbonica, ma anche per vestirci, per spostarci, per mangiare per muoverci, abbiamo una quantità di anidride carbonica che emettiamo nell’atmosfera. Con il protocollo di Kyoto l’anidride carbonica è stata indicata come la causa di tutti i mali, che bisogna ridurre oltre un certo livello, e poiché tutto quello che non riesci a ridurre lo paghi, salato, è chiaro che ognuno di noi non lo sa, ma è indebitato. E non solo siamo indebitati ,ma ci stanno togliendo i soldi su questo tema. Voi forse non ricordate o forse è scomparso dai giornali, ma nel 1998, un anno dopo della firma del protocollo di Kyoto, il governo italiano è stato tra i primi a ratificare il protocollo di Kyoto e a emettere una carbon tax. Fra le tasse che paghiamo, le accise che paghiamo sulla benzina, sui carburanti, c’è la carbon tax. Sono dieci anni che paghiamo la carbon tax. L’aspetto più paradossale è che tutta la quantità di denaro raccolta in lire, poi in euro, per la carbon tax non è stata utilizzata neppure in minima parte per ridurre seriamente la Co2. Non sono stati fatti investimenti per migliorare le tecnologie che potevano ridurre le emissioni degli impianti, non è stato lanciato nessun grande piano di ricerca nazionale per puntare su macchine ibride o tecnologie elettriche per ridurre il consumo dei carburanti, non è stato fatto niente di tutto questo, ma noi abbiamo pagato la carbon tax. E l’aspetto ancora più paradossale, se fosse vera la teoria dei catastrofismi, è che noi stiamo emettendo così tanta anidride carbonica che l’atmosfera sta diventando più densa e quindi intrappola di più il calore e quindi aumenta la temperatura che porterà a disastri. Ma questi nella storia non sono verificati, anche se nella storia noi abbiamo avuto periodi molto più caldi di quello odierno e non si è verificata nessuna delle catastrofi di cui oggi si parla. Fra l’altro, anzi al contrario, l’umanità ha avuto grandi processi di sviluppo. Ma, in ogni caso, consideriamo che la teoria di riscaldamento sia vera, noi dovremmo pagare, da quest’anno si inizia a pagare le quote del protocollo di Kyoto, una quantità di risorse di denaro spaventosa, che secondo i calcoli del IPCC arriverebbero all’1% del PIL mondiale, per arrivare tra 50 anni ad una riduzione media della temperatura terrestre di 0,02° centigradi. E capite bene che qualsiasi governo serio, come quello statunitense o quello australiano, ha detto: ma siamo pazzi. Primo, perché la teoria non è verificata, secondo, perché stiamo calcolando solo le attività umane e non teniamo conto di tutte le attività naturali: il 96% della anidride carbonica è prodotta naturalmente. Se lo Stromboli o l’Etna eruttano, producono una grande quantità di anidride carbonica, come la riduciamo? Come la calcoliamo? Va nel processo? Va pagata? Non va pagata? Noi ci siamo chiesti come è possibile che tutto il mondo stia credendo o comunque stia accettando questa balla colossale. Ci siamo resi conto della contraddizione più grande, che è quella legata al fatto che con questo sistema non solo hanno indebitato ogni cittadino, ma sono riusciti a mettere dei titoli sull’aria calda. E vi spiego. Secondo il protocollo di Kyoto l’Italia, che ha ratificato tutto, doveva ridurre in media del 6% le emissioni del 1992, l’Italia e la Spagna non hanno rispettato i limiti, non solo non hanno ridotto, ma hanno prodotto di più. Per esempio la Spagna ha prodotto il 24% di anidride carbonica in più di quello che doveva ridurre. L’Italia il 13%. Allora di fronte a questo è evidente che non sono state fatte politiche virtuose, nonostante che i cittadini abbiano pagato la carbon tax. Come si risolve il problema? I governi che sono fuori dal protocollo di Kyoto e che hanno prodotto di più o pagano le multe o vanno sul mercato e comprano i carbon credits. Chi emette i carbon credits? Tutte le nazioni non industrializzate o bassamente industrializzate che producono meno anidride carbonica di quella calcolata dal protocollo di Kyoto, o le banche che sono riuscite attraverso investimenti…. Per esempio in Puglia, mi raccontava qualcuno, la Deutsche Bank paga 11mila euro per un affitto a 30 anni di un ettaro di terreno per costruirci impianti fotovoltaici. Ora, facendo i calcoli, non conviene né da un punto di vista economico né da un punto di vista ambientale. Allora uno si chiede ma perché la Deutsche Bank spende tutti questi soldi? Il discorso è molto chiaro, la Deutsche Bank, impegnando questi soldi per un impianto fotovoltaico, ha indietro i certificati verdi, i carbon credits, che può vendere sul mercato e siccome tutti i paesi che stanno fuori dal protocollo di Kyoto stanno cercando questi carbon credits, che costavano 30 dollari a tonnellata di anidride carbonica e già adesso sono a 50, è un affare. Si è innescata una speculazione intorno a questo disegno, ci stanno chiedendo di pagare con i nostri consumi, con la nostra vita, dei certificati di aria calda. E questo è l’aspetto più paradossale perché, come vedete, nella realtà poi non c’è un vero investimento. Ora noi non abbiamo fatto questo libro solo per denunciare, noi abbiamo fatto un’inchiesta, siamo partiti dalle argomentazioni di quelli che sostengono la teoria del riscaldamento globale e l’abbiamo confrontata con le critiche, gli argomenti, le dichiarazioni, le discussioni della comunità scientifica e della comunità economica. Siamo arrivati ad un risultato abbastanza chiaro ed evidente, ma l’aspetto che più ci preme e ci interessa, per cui siamo qui al Meeting di Rimini a presentare questo libro, è che noi vogliamo con questa denuncia e contestazione (c’è una parte del libro che parla di questo), ribaltare il modello culturale che ha condizionato fino ad oggi la politica ambientale. Non solo perché abbiamo visto che questo modello culturale catastrofista, che ha diffuso paure, non ha migliorato l’ambiente e ha peggiorato la situazione economica, ma anche perché pensiamo necessario sostenere questo progetto culturale grande, grandioso della dottrina sociale, che anche dal punto di vista antropologico rimette l’uomo al centro delle proprie responsabilità e delle proprie possibilità di cambiare in bene il pianeta. Il fine non è solo quello di conservare, migliorare, governare, ma anche di moltiplicare le risorse, di continuare l’opera creatrice del Signore. Questo modello culturale si chiama ecologia umana e ha tre fondamenti, tre punti fondamentali: la dignità della persona, la famiglia come capitale sociale inteso come educazione all’amore, educazione alla vita e lo sviluppo. Sono tre punti fondamentali che caratterizzano questa ecologia umana, così definita per la prima volta da Giovanni Paolo II nell’enciclica Centesimus annus, ma che, come vedete, risponde direttamente ai valori non negoziabili della civiltà di Benedetto XVI. La dignità della persona dal momento del concepimento alla morte naturale, la difesa della famiglia come patrimonio comune più importante, come capitale, come centro della civiltà e lo sviluppo inteso come modello di educazione, come libertà di educazione. Ora, intorno a questo noi vogliamo non solo, come dire, girare pagina su quello che è stato fatto fino adesso sulla questione ambientale, ma vogliamo creare una nuova prospettiva per cui l’uomo non solo non è più cancro del pianeta, ma è quello che potrebbe portare la vita in tutto il nostro sistema solare. L’uomo non è cancro del pianeta ma è medicina e dall’uomo bisogna ripartire. L’uomo che non guarda al suo ombelico o alla terra, ma l’uomo che guarda verso il cielo, un uomo che è unico e irriducibile e che ha una grande potenzialità, è stato creato per amare, come ha scritto Caffarra. Vale più un uomo che tutto l’universo creato e su questo noi vogliamo costruire una civiltà del bene, una civiltà dell’amore, che appunto faccia riferimento all’ecologia umana. Grazie.

MODERATORE:
Bene grazie Antonio, credo che abbiamo dieci minuti di tempo se qualcuno vuole fare una domanda. Siccome io faccio purtroppo spesso il moderatore, sono abbastanza sgamato: domande, non micro conferenze.

DOMANDA:
Come sono stati utilizzati i soldi della carbon tax?

ANTONIO GASPARI:
I soldi della carbon tax in Italia sono stati divisi tra le associazioni ambientaliste e sono stati utilizzati dal Ministero dell’Ambiente per spese di gestione.

DOMANDA:
E negli altri paesi?

ANTONIO GASPARI:
Sì, abbiamo dei dati per gli altri paesi dove la carbon tax è stata applicata. Ma il modo più efficiente di come il denaro è stato applicato è negli Stati Uniti. Gli Stati Uniti non hanno ratificato il protocollo di Kyoto, ma hanno deciso di investire quei soldi che avrebbero dovuto pagare nel protocollo in ricerca scientifica, in applicazioni della ricerca scientifica alle attività imprenditoriali e industriali. Ebbene, gli Stati Uniti paradossalmente sono quelli che non hanno firmato Kyoto ma che hanno ridotto l’emissione di anidride carbonica più di tutto il mondo. Mentre l’Europa si riempiva la bocca, i paesi europei sono quasi tutti fuori dal protocollo di Kyoto, mentre gli Stati Uniti, che non l’hanno ratificato, sono ampiamente dentro, hanno ridotto più di quello che il protocollo di Kyoto gli aveva chiesto.

DOMANDA:
Quali le misure per ridurre le emissioni di co2?

ANTONIO GASPARI:
Benissimo, perfetto guardi c’è una misura esplicita. Attualmente, le automobili ibride consumano il 50% in meno di carburante ed emettono il 50% in meno di emissione, sono macchine che sono già di serie. Io sono stato due settimane fa negli Stati Uniti, c’erano tutte le grandi case automobilistiche che per il 2009 presentano almeno una macchina di serie ibrida, in Giappone, dove sono molto avanzati, addirittura stanno producendo i treni ibridi. Questa è una misura applicabile immediatamente, fino a che non avremo una tecnologia elettrica per ridurre già adesso del 50% l’emissione. E’ solo un problema di costi iniziali, visto che la macchina ibrida costa di più. Ma visto che si incentiva tante volte l’acquisto delle macchine da rottamazioni, noi chiediamo che venga incentivato un acquisto di automobili con tecnologia ibrida, cominciando dai mezzi che girano di più, cioè i taxi e i mezzi pubblici. Uno è questo, l’altra questione è l’utilizzo di termovalorizzatori. Pensate che un terzo del consumo del gasolio, che non è un combustibile pulito, in Italia avviene nel periodo invernale. Perché? Perché è il periodo invernale, e i piccoli impianti di riscaldamento hanno una temperatura bassa e quindi emettono molte polveri, molto in combusto e sono scarsamente efficienti; se si utilizzasse l’acqua calda prodotta dai temovalorizzatori, come si fa a Brescia, questo ridurrebbe enormemente le emissioni, visto che i temovalorizzatori emettono come rifiuto l’acqua calda. Ma ci sono moltissime altre misure che già da adesso possono ridurre significativamente il nostro consumo. Per non parlare di una virtuosa politica di risparmio energetico, investendo sulle nuove tecnologie che illuminano di più e riducono i consumi. Però io vi dico, conosco bene anche molte di queste operazioni, sono operazioni politiche, in cui si tende a spendere di più e a consumare di più e non a ridurre. Comunque è chiaro che la soluzione sta in tecnologie di maggiore efficienza, non in tecnologie più costose e meno efficienti.

DOMANDA:
Se l’anidride carbonica è responsabile solo nella misura del 2%, del quale 2% solo il 4% dipende dagli umani, perché nessuno parla mai degli altri gas? Dove vengono prodotti? Come si possono ridurre? Poi un’altra cosa: che possiamo fare perché a tutti i cittadini di tutti i paesi firmatari dell’accordo di Kyoto vengano dette queste posizioni, che sono scientifiche e sono verificabili, in modo che i governi di questi paesi si rendano conto che hanno firmato una bufala?

MODERATORE:
Vorrei precisare una cosa: secondo un dato scientifico, il biossido di carbonio sta aumentando, siamo arrivati in circa 100 anni a 380 parti per milione. Ora quello che non è sicuro, è se la temperatura sulla terra è aumentata a causa di questo oppure se per altre cause, cause astronomiche per esempio. Ora ci sono anche altri gas. Ma quello a cui si deve maggiormente questo aumento di temperatura, per quelli che ci credono, è proprio questo CO2 . Teniamo però conto che c’è stato un momento della terra in cui si è arrivati (lo vedrete anche alla mostra) a 2600 parti per milione e non era successo niente di grave. Poi diciamo anche che non è affatto detto che se nella terra è caldo si sta peggio. Anzi, tutte le grandi civiltà si sono estinte per il freddo, quindi c’è tutta una serie di ragionamenti scientifici da fare, seriamente, cercando di portare fondi invece che tagliarli, come stanno facendo.

RICCARDO CASCIOLI:
Io aggiungerei un altro dato. La CO2 è la più legata alle attività umane, quindi chi si pone il problema di limitare le attività umane, sostiene queste teorie. E teniamo conto che anche la famosa agenda 21, di cui tanto si parla, della Conferenza di Rio de Janeiro dell’ambiente, che tutti dobbiamo seguire, ha 2 perni su cui si fonda: limitare le attività umane con il controllo delle nascite nei paesi poveri e con il blocco delle attività economiche volto allo sviluppo nei paesi ricchi. Perché lo sviluppo viene considerato quello che porta tutti i problemi. Quindi la Co2 è chiaramente quella che è più facile da additare come responsabile di tutto. Ultimamente si parla anche del metano, e quando si parla del metano, è chiaro che poi l’obiettivo diventano gli animali, perché molto del metano che viene emesso è legato alle attività agricole. Per esempio noi riportiamo questi casi che sembrano assurdi: la flatulenza dei bovini, che hanno quattro stomaci, aumenta l’emissione di metano. Ci sono università che hanno speso centinaia di migliaia di euro in progetti per scoprire degli elementi che uniti al cibo potessero diminuire la flatulenza dei bovini. Voi capite che noi paghiamo con le nostre tasse tutte queste stupidaggini. Cosa si può fare? È chiaro che noi, in qualche modo, qualcosa stiamo facendo. Quando noi quattro anni fa abbiamo pubblicato il primo libro, Le bugie degli ambientalisti, in realtà nessuno ne parlava, tanto che dobbiamo ringraziare l’editore, qui c’è la persona che ha creduto da subito in questo concetto, perché è un’insegnante e quindi ha anche capito qual è il dramma dell’educazione. Però c’era il deserto, oggi si comincia a parlarne di più, forse perché le tasche di tante persone sono state toccate. Io vorrei dire una cosa, oltre ai libri, io e Antonio stiamo cercando di fare anche un lavoro di informazione e di formazione quotidianamente. Lui ha creato una associazione, che si chiama Cristiani per l’ambiente, che vuole essere un movimento sul territorio, che si muove proprio a partire dalla dottrina sociale della chiesa; io ho dato vita a un centro studi che si chiama CESPAS e ad un’agenzia ondine, che da informazioni più o meno quotidianamente su questi temi, legando proprio i temi di ambiente, popolazione e sviluppo, tra l’altro lì all’ingresso potete trovare i volantini e chi vuole, può registrarsi.

MODERATORE
C’è ancora tempo per l’ultima domanda.

ANTONIO GASPARI:
C’è un forte ripensamento dei Paesi che hanno firmato il protocollo di Kyoto. Il Canada vuole tornare indietro. Il Giappone, dove fra l’altro hanno tradotto il nostro primo libro, non vuole pagare tutto quello che gli chiedono, c’è un forte ripensamento. C’è una discussione, tanto è che non si riesce a trovare un accordo per rinnovare il protocollo di Kyoto.

MODERATORE
C’è tempo per un’ultima domanda. Quel Signore. Ci vuole il microfono se no non sentono.

DOMANDA:
Una domanda totalmente diversa dalle precedenti. C’è un centinaio di persone tra il pubblico e vedo che le domande sono di richiesta di chiarimento e dettaglio su questi argomenti presentati da voi. Mi chiedo, questa è la domanda, ma, non c’è nessuno qui, non c’è nessuno che si alzi per dire: “No, io sono su un’altra posizione che è quella della maggior parte delle persone che scrivono sui giornali?”. Questa è la domanda. Lo so che non c’è la risposta.

ANTONIO GASPARI
Non è vero che è una domanda che sosterrebbe la maggior parte di chi scrive sui giornali. Se vogliamo dire che ci sono poteri forti e significativi che vogliono imporre questa linea, sì, sono d’accordo, ma non è vero che tutti pensano così. Guardi io ho preso gli argomenti, portati avanti dai sostenitori del global changing, li ho presi come argomenti, sono andato in rete e ho cercato tutte le persone che non erano d’accordo su questo, incominciando dalla comunità scientifica. Allora dopo aver letto tutte le due posizioni, mi sono reso conto che la comunità scientifica è fortemente contraria. Domani viene Lindzen, uno di quelli che ha scritto il secondo rapporto del IPCC e che è il principale critico di come l’ IPCC ha trattato questo argomento. Ma insieme a lui ci sono libri, documentazioni spaventose sulle posizioni critiche. Vi dirò di più, quando si è parlato del fatto che gli Stati Uniti non aderivano al protocollo di Kyoto per difendere i petrolieri, sono andato a cercare di capire perché gli Stati Uniti, che fra l’altro con l’amministrazione Clinton sono stati tra i promotori del protocollo di Kyoto, non aderissero. Beh, ho scoperto che la popolazione americana nel suo complesso non era d’accordo, tanto che Clinton, quando chiese al Senato di votare la ratifica, il Senato votò contro, 96 a 0, con quattro astenuti. E perché ? Perché i sindacati erano contro, perché gli scienziati erano contro, perché le attività produttive erano contro, perché quelle associazioni che noi in Italia crediamo di sinistra erano contro, perché vedevano in questa operazione una operazione speculativa, che andava a impoverire le persone, senza risolvere il problema.

MODERATORE:
Va bene dobbiamo interrompere, ringraziamo i curatori e i presenti. Grazie.

Data

27 Agosto 2008

Ora

19:00

Edizione

2008

Luogo

eni Caffè Letterario D5
Categoria
Incontri