di Gabriella Della Valle
Negli ultimi anni, quando torno dal Meeting, nasce in me sempre la stessa domanda. La fatica della vita diventa sempre più pesante, il lavoro sempre più difficile a causa dei ritmi e delle tensioni nei rapporti, le ferie sempre più brevi, e tutto questo mi porta a chiedermi: vale la pena che io sia andata al Meeting?
Quando torno a casa, quasi subito ricomincio a lavorare e quei giorni, pieni di bellissime cose, si perdono. Poi passa l'anno, torna l'estate, e io ricomincio ad aspettare di poter tornare al nuovo Meeting, per godere ancora della bellezza degli incontri, delle mostre, degli amici che si rivedono, senza essersi dati appuntamento (il Meeting è anche questo, perché ritrovare tanti amici che hanno accompagnato la propria vita è sempre fare dei veri incontri), e ci torno, e mi rifaccio la solita domanda.
Quest'anno però, è sorto un interrogativo diverso e mi sono spaventata, perché mi sembrava peggiore del solito: ma che senso ha che ci sia il Meeting?
Tutto bellissimo ed interessantissimo come sempre, ma questa nuova domanda non se ne andava, anche se cercavo di metterla a tacere, dispiacendomi per ritrovarmi così cinica e ingrata di fronte a una cosa bella e indiscutibile.
Mi è capitato di rileggere in quei giorni il libro sulla vita di don Giussani di Savorana e in particolare la parte relativa agli anni '80, che sono quelli in cui facevo l'università. Quando sono arrivata al capitolo che descrive la nascita del Meeting, mi sono veramente appassionata, perchè toccava il punto che mi interessava.
Si è messa a fuoco la domanda che mi spaventava, perchè la giudicavo blasfema. Quello che veramente mi faceva obiezione non era tanto il Meeting in sè, ma il fatto che la mia contentezza di parteciparvi non mi sembrava giustificasse pienamente la ragione dell'esistenza del Meeting. Di fronte al mondo, che senso ha che una cosa ci sia solo per me, o per altre persone, anche tante, come me?
Quello che mi ha commosso di più è stato constatare che il Meeting è nato come un avvenimento, ed è durato nel tempo come avvenimento, con un giudizio di testimonianza per il mondo, ma non come un progetto di cambiamento del mondo dall'esterno, perchè che forza poteva avere quell'inizio, se non quella di una testimonianza?
Mi sono ritrovata piena della mentalità comune, che ha sfiducia verso ogni particolare nella storia, perchè lo considera irrilevante o pericoloso (e in certi casi questo è vero), e crede che applicare categorie astratte e universali sia garanzia di verità e utilità.
E così, ho battuto un pugno immaginario sul tavolo e mi sono detta: no, ha senso che il Meeting ci sia, finchè Dio vorrà!
Mi piacerebbe poter contribuire con forza di testimonianza e di giudizio, come Emilia Guarnieri e tutti coloro che lo hanno iniziato e che sono stati in prima linea, ma ho pensato che anche una semplice donazione poteva essere il mio modo di fare qualcosa perchè il Meeting potesse continuare, piena di gratitudine per la storia da cui è nato.