“Non rubiamo il futuro ai giovani”

Agosto 2020

di Maurizio Vitali  

L’applauso scatta quando Mario Draghi scandisce che “privare i giovani del futuro è una delle forme più gravi di ingiustizia e di diseguaglianza”.  L’urgenza dell’investimento di “intelligenze e risorse” sui giovani è stato il punto focale dell’intervento del professore, già presidente della Bce dopo essere stato Governatore della Banca d’Italia. Ricopriva questa carica quando venne la prima volta al Meeting, nel 2009. “La pandemia ha provocato una contrazione paragonabile a quella della seconda guerra mondiale”, ha osservato. Non solo ha tagliato le gambe all’economia e all’occupazione, ma anche ha provocato distruzione di capitale umano, basti pensare alla chiusura delle scuole”. Mario Draghi non è venuto ad aprire il Meeting “per fare una lezione di economia”, ma per “affrontare insieme le sfide della ricostruzione”, “grato di poter essere partecipe della vostra testimonianza di impegno etico”. Di una posizione tesa alla rinascita, l’unico fattore su cui “la generale grave incertezza non ha effetto”.

Questione anche di responsabilità. Invita il professore (così sempre gli si è rivolto il presidente del Meeting Bernhard Sholz) a non far finta che non stiamo accumulando uno stock di debito pubblico di proporzioni inedite: potrà essere un “debito buono” se “produttivo, cioè connesso a investimenti in capitale umano, infrastrutture, ricerca”. Diversamente sarà un debito cattivo, che presto finirà per paralizzare investimenti, occupazione e consumi. “Non scordiamoci che questo debito senza precedenti saranno i giovani di adesso a doverlo pagare”.

Tra parentesi, i “sussidi  sono una prima forma di soccorso di vicinanza ai più colpiti, servono a sopravvivere e a ripartire” . Resta il fatto che “finiranno”. E comunque “ai giovani bisogna dare di più”.

Da qui un invito deciso ai “policy makers”, traduciamolo pure classe politica, ad uscire dalla logica del “ritorno immediato” di consensi e interessi, e convertirsi alla logica descritta dalle tre parole chiave che Mario Draghi aveva già enunciato nel discorso agli studenti dell’Università cattolica, all’indomani del suo fine mandato alla Bce: conoscenza, coraggio, umiltà. “Conoscenza, cioè decidere sulla base dei fatti e non di pure convinzioni. Coraggio: appunto di decidere, perché l’inazione ha conseguenze sicuramente negative. E infine umiltà: devono capire che il potere che hanno non è roba loro”, non a loro uso e consumo.

La visione di Draghi è su scala mondiale. Su scala mondiale è la crisi, anzi le crisi che si sono succedute dal 2008 a oggi (quella finanziaria, quella dell’euro, quella della pandemia). La situazione di emergenza esige “realismo, concretezza”, e quindi duttilità. Ma – è il monito dell’ex presidente della Bce – attenzione a non infrangere i principi su cui è stato edificato dopo il conflitto l’ordine giuridico internazionale, costruito sull’idea della multilateralità, delle relazioni reciproche, del libero scambio, da economisti come Keynes a statisti come il nostro De Gasperi, e gli altri, naturalmemnte.

In questo quadro mondiale la missione dell’Europa non è affatto annullata. Essa, ha ricordato Draghi, ha sopportato le conseguenze della crisi meglio che altrove, per quanto riguarda le fasce più colpite, dal momento che dispone di un sistema di welfare decisamente migliore.  Dalla crisi attuale “l’Europa può uscire rafforzata”, Draghi ne è convinto, a condizione che sappia riformarsi. Bilancio europeo, emissione di una quota di debito comune dei paesi membri, istituzione di un ministero europeo del Tesoro sono gli strumenti indicati. Tenendo presente che la Commissione europea è tornata al centro dell’azione.

“Responsabilità, solidarietà, credibilità delle politiche economiche sono le parole chiave di un nuovo protagonismo dell’Europa. Che potrà dispiegarsi “a condizione di riconoscere che i cambiamenti provocati dalla pandemia non sono per nulla temporanei”.  Quindi “i sistemi sanitari dovranno prevedere il contrasto alle catastrofi; l’ambiente dovrà imporre una radicale riconversione industriale; la digitalizzazione continuerà in maniera permanente”.

“Disegnare ora il futuro, investire sui giovani – è stata la conclusione – è il modo giusto di governare il presente”.

Chi ha orecchio per intendere intenda.

Il pubblico del Palacongressi ha inteso, apprezzato, applaudito a lungo.