WHO WANTS TO LIVE FOREVER? LA CASA È ANCORA PER SEMPRE?

Who wants to live forever? La casa è ancora per sempre?

Who wants to live forever? La casa è ancora per sempre?

Workshop in collaborazione con FederlegnoArredo. Partecipano: Massimo Buccilli, Amministratore Delegato di Velux Italia; Emanuel Colombini, Amministratore Delegato Gruppo Colombini; Erasmo Figini, Presidente dell’Associazione Cometa; Cosimo Savio, Titolare di Savio Firmino Srl. Introduce Antonio Quaglio, Caporedattore de Il Sole 24 Ore.

 

ANTONIO QUAGLIO:
Cominciamo di gran carriera. Io non dirigo il Sussidiario come il mio amico Luca Raimondi, io lavoro per il Sole 24 Ore, però sono un amico de il Sussidiario così com’è. Ogni tanto mi capita di scriverci. Una delle ultime volte che ci ho scritto sopra, ci ho scritto una corrispondenza da New York Encounter, che è una specie di Meeting invernale che vi consiglio e credo che ve lo possa consigliare anche il Presidente, che si tiene a Gennaio a New York. In questo incontro il Presidente di Federlegno ha raccontato come gli imprenditori del legno italiano continuano a resistere nell’idea di produrre cose, oggetti, idee per una casa che duri per sempre, per una casa per la vita. Io ripartirei da qui, perché in fondo anche il New York Encounter è un Meeting animato da Comunione e Liberazione nel Nord America. Io ripartirei da lì e passerei la palla al dottor Buccilli perché appunto quella sera, alcuni mesi fa, ho ascoltato un imprenditore italiano che raccontava di una casa per la vita in ottimo inglese a New York. Un manager internazionale a Rimini, in ottimo italiano, cos’ ha da dirci in fondo sullo stesso tema?

MASSIMO BUCCILLI:
Grazie innanzitutto a voi tutto per essere qui. Io ripartirei, tornerò naturalmente sul tema che hai lanciato, però ripartirei da una cosa che credo sia importante chiarire all’inizio. La casa non è in crisi. Tutto quello che leggete nei giornali, tutte queste previsioni funeree sul futuro della casa che non è più importante per gli italiani, secondo me non sono vere. È in crisi un mercato della casa, che ha visto nella casa il bene rifugio per tanti anni. Attenzione, bene rifugio, quindi un investimento dove parcheggiare dei soldi, frutto di lavoro, di risparmi anche difficili che non sempre erano all’attenzione di chi le acquistava, perché la vera casa è la propria casa. Questo mercato che oggi si traduce in un mercato della ristrutturazione, della riqualificazione, della sostituzione, di elementi ormai obsoleti, è un mercato tutto sommato interessante, che testimonia ancora il grande amore che l’italiano ha per la propria casa. La casa in cui vive, in cui fa crescere i propri figli, in cui un domani possa condurre attività anche commerciali. Mi premeva dire questo perché credo che ci sia molta negatività intorno a questo bene che rimane innanzitutto per gli italiani il bene primario. Gran parte dei nostri asset, scusate per il termine inglese ma oggi si usa questo, sono derivanti dalla casa.
Quindi tornando al tema della casa del futuro, del perché dovremmo continuare a credere in questo bene, secondo me, proprio come diceva il nostro relatore in merito all’intervento fatto dal nostro Presidente Snaidero, una parola da sottolineare è bellezza. La bellezza in questi anni frenetici di sviluppo economico è stata vista in molti casi come una cosa quasi di lusso, riservata a persone che magari la potevano coltivare oppure perché la bellezza doveva rappresentare un’esteriorità molto fisica, molto materialista. Credo che tutto questo stia un po’ scomparendo e credo sia un bene. La bellezza sta riacquisendo il suo ruolo, che è un ruolo importantissimo: nella filosofia, nell’etica tradizionale la bellezza è un tema centrale. Quindi la bellezza deve tornare nell’ambito della casa in cui noi spendiamo oltre il 70% delle nostre vite, perché dormiamo, cuciniamo, guardiamo la Tv o leggiamo un buon libro. Naturalmente anche i nostri figli vi passano tantissimo tempo, quindi che cosa vuol dire la bellezza in questo caso? I paradigmi della bellezza credo stiano cambiando e hanno a che vedere molto con la capacità del design, di cui poi sentiremo degli autorevoli rappresentanti, di migliorare le nostre vite. La bellezza è anche quindi funzionalità, è anche portare avanti un discorso che abbini alla bellezza estetica pura alla capacità di un oggetto di portare dei benefici, una facilitazione della nostra vita.
Chiaramente nel mio mestiere, che è quello di vendere finestre per mansarde, noi parliamo tanto di luce naturale. La luce naturale è un bene di tutti, però è una cosa bellissima ed è anche una delle cose che accompagna il nostro prodotto quando noi parliamo con le persone che hanno intenzione di trasformare la loro abitazione e gli diciamo com’è possibile cambiare il tono, l’atmosfera della casa in cui vivono, semplicemente giocando con la luce naturale e anche utilizzando la ventilazione naturale, che è un altro aspetto che per molto tempo si è dimenticato. Questa è la bellezza, è un ritorno alle cose semplici e nel caso specifico, anche se ovviamente io sono della stessa parrocchia di coloro che lavorano con il legno, il legno è a pieno titolo il protagonista di questa nuova bellezza.
Oggi siamo subissati di materiali anche molto utili, molto economici, facili da lavorare, materiale plastico, ma siamo sempre a valutare come smaltire questi prodotti e queste cose e questo è un costo per la società. Il legno invece è un prodotto assolutamente naturale, quindi può essere assolutamente protagonista delle nostre vite senza causare ulteriori costi o organizzazioni particolari per il suo smaltimento. Siamo tutti orgogliosi di far parte di questa grande famiglia del legno che a pieno titolo entra in questa bellezza che la nostra abitazione deve tornare ad acquisire. Ovviamente c’è stato anche un periodo in cui acquistare un bel mobile e una bella cucina o altri oggetti di finitura è stato anche molto costoso, però vediamo che tutti i produttori, a partire anche dalla mia azienda, stiano capendo sempre di più che non è solo nel valore intrinseco dell’oggetto in quanto tale che dobbiamo sviluppare la nostra azione nei confronti del mercato, abbiamo bisogno di raccontare storie sul nostro prodotto, abbiamo bisogno di fare entrare più emotivamente il nostro cliente nel motivo, nella missione che ci siamo dati per fornire questo prodotto. Anche questo è bellezza, perché credetemi, è molto bello andare ogni giorno a lavorare sapendo che il mio prodotto che finisce nelle case di milioni di italiani porta un contributo sotto forma di luce naturale, sotto forma di bellezza estetica, sotto forma di funzionalità che faciliterà la vita di quella famiglia.
Questo è un grandissimo stimolo per me e per i miei collaboratori a fare sempre meglio anche in questa direzione. Un’ultima cosa per chiudere: la bellezza è una cosa che deve essere rivalorizzata anche per quanto riguarda tutta la nostra vita, non solo quella che svolgiamo nella casa. Siamo qui al Festival dell’Amicizia, questa parola ha riecheggiato molto in questi giorni e l’amicizia è un valore che deve accomunare di nuovo anche noi tutti all’interno della casa ma anche all’esterno della casa. La bellezza aiuta il processo di creare amicizia tra le persone, perché è riprovato, e ci sono anche degli studi scientifici in materia, che all’interno di ambienti, all’interno di situazioni in cui la bellezza è predominante, ci sono le condizioni migliori per far prosperare quei sentimenti di amicizia e di universalità che devono naturalmente accompagnarci nei prossimi anni, soprattutto in un momento così difficile in cui ci sono molte guerre e molte situazioni che ogni giorno ci preoccupano.

ANTONIO QUAGLIO:
Grazie al dott. Buccilli. Di beauty ha parlato un po’ il dott. Buccilli, però work dentro i mobili e dentro l’elemento d’arredo, dentro la casa che dura ce n’è ancora tanto da fare.

EMANUEL COLOMBINI:
Buonasera a tutti intanto. Il tema lavoro, la parola “lavoro”, sicuramente è un tema molto ampio e agganciandomi un po’ ai ragionamenti fatti, quello che mi viene da riflettere su questo tema è questo. Sicuramente il lavoro fa venir in mente oggi quelle che sono le difficoltà del mercato italiano, dell’Italia in generale. Lo viviamo tutti, lo vivono le famiglie, le persone, lo viviamo anche noi imprenditori nel momento in cui dobbiamo fare delle scelte. Sono state fatte delle scelte probabilmente negli anni passati da parte di tante aziende, tuttora sono prese delle decisioni su questo tempo, anche non positive, d’altronde la congiuntura economica impone la sopravvivenza. Detto questo, io credo che il forte valore aggiunto che esprimiamo nel settore non solo dell’arredamento ma anche in altri settori, è quello appunto del made in Italy, della capacità che ha il made in Italy di creare innovazione, di creare assolutamente oggetti unici, oggetti che nel mondo sono riconosciuti come la sintesi della capacità non solo imprenditoriale, ma appunto del lavoro, della manualità, dell’originalità dell’inventiva. Un indotto, un insieme di competenze un insieme di risorse che riescono a fare degli oggetti che sono riconosciuti come assolutamente unici e hanno un fortissimo PIL ovunque si vada nel mondo.
Penso che noi imprenditori girando il mondo, cercando di andare a posizionare le nostre aziende, i nostri prodotti nei mercati esteri, siamo percepiti come made in Italy, come quel tipo di aziende che coprono una fascia molto alta, una fascia di élite che, per carità, parlando del mondo, è sicuramente un mercato molto grande e molto importante, però ritengo che forse il nostro sistema possa fare un passaggio per renderlo più accessibile. Ci sono tanti spunti in Federlegno su questo, penso che si sia parlato tanto in questi giorni del tema dell’accessibilità, anche perché se lo vediamo in relazione al tema del lavoro, credo che la nostra industria, quella dell’arredamento, se aggiunge questa capacità di innovazione, di rendere unici gli oggetti a un’accessibilità sempre più spinta, sempre più interessante dal punto di vista economico, diventi sicuramente più competitiva, più capace di essere presenti sui mercati, di rinnovare le formule di vendita, le forme distributive, e possa avere sicuramente delle chance importanti di allargare la base produttiva.

ANTONIO QUAGLIO:
Grazie per questo contributo. Erasmo a te resta la parola friendship. Poi, come hanno fatto i primi due relatori, portaci la tua testimonianza, quello che vuoi. Però io, non solo per spirito di simmetria, la parola te la pongo sul tavolo: amicizia significa relazioni personali forti all’interno di una famiglia. La casa per sempre è la casa dove una famiglia vive a lungo, dove la famiglia si riproduce, getta le basi per le vite future. Quindi non è solo per una vita, ma addirittura per più vite. La casa è il luogo che accoglie, la tua casa è una casa che da tanto tempo accoglie e per tanto tempo vuole accogliere. Quindi è un luogo, il dottor Colombini parlava di accessibilità, dove la comunicazione tra le persone viene continuamente alimentata, dove non perdiamo il gusto di essere amici, di restare assieme, sicuramente per un marito e una moglie, per tutta la vita.

ERASMO FIGINI:
Cercherò di coniugare il mio lavoro di interior con questa esperienza. Una casa è ancora per sempre. Una sera di luglio fui contattato da Giovanni De Ponti che mi chiese la disponibilità a partecipare a quest’incontro. La prima risposta fu un no secco, se ti ricordi. Ma la cosa che mi preoccupava era il tema, che era così ampio, e mi domandavo “da che parte inizio a sviluppare un tema così?”. La mattina dopo, invece, ero già in vacanza in Maremma e prendendo un sentiero tra i campi per raggiungere più velocemente la spiaggia, provocato dalla straordinaria bellezza del luogo, dall’intenso cielo blu – era una giornata incredibile – dalle spighe gialle non ancora tagliate, dalle innumerevoli varietà di fiori che sembravano tutti coordinati tra loro, ripensando a quello che Giovanni mi aveva chiesto la sera prima, ebbi come lo spunto, l’intuizione. Bloccai la bicicletta, fermando tutta la coda dei ragazzi e dei bambini dietro di me e le due bambine che avevo sui seggiolini, mi chiesero: “Cosa c’è, papà?”. Io, rivolgendomi ai più grandi, dissi: “Ma ragazzi, ma io chi sono? Chi siete voi per meritare tutto questo? Per meritare questa bellezza? Chi siamo noi per meritare questa gratuità? Chi siamo noi per essere accolti così? Bambini, ragazzi, è questa coscienza di gratuità che genera domanda, che genera stupore. Pensiamoci, pensate, osservate: Dio ha pensato, ha fatto per ognuno di noi, di voi, di me, di te tutto questo. Dio ha pensato, ha fatto per ognuno di noi tutto questo. Per accoglierci e ospitarci in questa grande dimora preparata per noi. Il mondo perciò è la prima casa, la prima dimora pensata dal Creatore per la sua creatura, per noi. E noi siamo stati pensati per l’eternità. Noi partecipiamo di questa eternità”. E riflettevo: Dio ha creato la casa per l’uomo pensando a ogni dettaglio. Nel mondo c’è tutto quello che serve all’uomo. Questo vuol dire sentirsi a casa. È questa contemplazione che genera l’azione. L’uomo, noi, fatti a somiglianza di Dio, da sempre abbiamo desiderato questo, per sempre. Ogni casa è per sempre. Come ogni cosa è per sempre. Perché l’uomo affonda le sue radici nell’eternità. Tutto è pensato per essere eterno, perché questa bellezza non è da meno, anche se dura un giorno, un istante. È per sempre, ha dentro l’eternità.
Se nasce in noi questa coscienza, tutti i nostri gesti hanno già dentro l’eternità, sono come frammenti di eternità. Se penso al mio lavoro, se penso a una casa da arredare o da ristrutturare, anche se so che è una casa di passaggio, l’impegno che ci devo mettere per sistemarla è tutto permeato da questo desiderio del per sempre. L’eternità è nella realtà, è nell’attimo. Se no la casa rischia di diventare come un preservativo, un luogo da cui ti difendi, scusate il termine, ma è chiaro così. Non ci sei tu. Non ci sei con tutta la tua verità. Escludi il mistero dall’azione e l’eternità dall’attimo. Qui volevo leggere un pezzo che mi ha colpito da Generare Tracce a pagina 104: “Dunque, la dimora, la casa è il luogo dove si incontra continuamente l’avvenimento di quella presenza che se è riconosciuta cambia lo sguardo e il sentimento di sé e di tutte le cose”. Io vivo insieme a bambini e ragazzi e vedo che hanno gli occhi e il cuore grande. Ma dobbiamo come educare il loro sguardo e aiutarli in una consapevolezza. I ragazzi guardano ma non vedono. Vedono ma non contemplano. Invece solo contemplando l’azione, carica di domanda, diventa fertile. È solo così. Un altro pezzo breve a pag.100: “Ed è da questa casa che tutto parte, tutto può iniziare in modo nuovo, tutto viene incrementato, ordinato, rafforzato, intenerito. Tutto può diventare oggetto d’amore partendo da questa dimora, da questa casa. È a questo punto che incomincia il meglio: la gratuità. Ed è questa gratuità, questa presenza che ti invade, che ti spinge a far bene, a lavorare bene. È questa coscienza che ti spinge a far sempre meglio, a lavorare meglio. È questa l’italianità di cui tanto si parla, che affonda le sue radici nell’Europa benedettina. È questa coscienza che è entrata nel nostro fare. È questo che contraddistingue da sempre (ne parlava anche il Ministro Poletti stamattina nel suo intervento) la nostra genialità, la nostra imprenditorialità, la nostra creatività.
Questo che stiamo vivendo è un momento storico, ce lo ricorda anche il titolo del Meeting “Il Destino non ha lasciato solo l’uomo”, dove il nulla sembra aver vinto. Invece sono convinto che sia l’inizio di una nuova umanità, dove Cristo attraverserà la crisi con uomini umili, ricchi di verità e di sapienza. Non occorrono uomini perfetti, perché non lo siamo. Occorrono uomini giusti, che non si scandalizzano dei propri limiti, ma che continuamente riprendono l’edificazione per amore di Colui che ha fatto tutte le cose. E qui mi ha colpito l’intervista che ha fatto Giorgio Vittadini sul Corriere domenica scorsa, in cui dice: “Ma l’errore si supera se si riscopre che l’altro nella sua verità e diversità può essere una risorsa, una strada, forse meno appariscente, ma più profonda e duratura”. È questa responsabilità che è chiesta a ognuno di noi. La vita deve tornare a essere una messa, la preghiera deve ritornare nella nostra azione. La ricerca della bellezza che ognuno di noi ha dentro, io potrei dire che è genetica e ontologica dell’uomo, porta sempre l’uomo alla ricerca, ma soprattutto da quando la bellezza si è fatta carne, si è fatta uomo, è entrata in una famiglia, ha scelto una dimora, una casa, ha lavorato col padre Giuseppe, ha manipolato la materia, ha redento il lavoro comunicandocene il senso. Io sono un appassionato di Péguy e Péguy è magistrale nello spiegarci questo. Io ho messo giù queste righe tra l’altro non sapendo che quest’anno c’è la mostra di Péguy, che ho visto oggi ed è incredibilmente bella. Questo che sto per leggere, l’ho voluto appendere fuori dai laboratori della nostra scuola e chiedo ai ragazzi di impararla a memoria, perché imparandola a memoria ritorna loro alla mente mentre manipolano la materia. Scusate se lo leggo, l’avrete già sentito cento volte, ma è troppo bello e troppo vero. Péguy ci dice: “Un tempo gli operai non erano servi, lavoravano. Coltivavano un onore assoluto, come si addice a un onore. La gamba di una sedia doveva essere ben fatta, era naturale, era inteso, era un primato. Non occorreva che fosse ben fatta per il salario o in modo proporzionale al salario. Doveva essere ben fatta per il padrone. Né per gli intenditori né per i clienti del padrone. Doveva essere ben fatta di per sé, in sé, nella sua stessa natura”. Una tradizione venuta, risalita dal profondo della razza, una storia, un assoluto, un onore, esigevano che quella gamba di sedia fosse ben fatta. Siamo solo noi, solo io, mai così imbastardito, a farla adesso tanto lunga. Péguy ci ritorna invece e ci dice: “Non si trattava di essere visti o di non essere visti. Era il lavoro in sé che doveva essere ben fatto”.
Ed è proprio questo il senso che noi comunichiamo ai ragazzi delle botteghe della nostra scuola. Perché educare per me vuol dire stare con, fare con, fare insieme. È questo che ci fa comprendere con più chiarezza che l’educazione passa proprio nella quotidianità, nella presa di coscienza del mistero in ciò che accade istante dopo istante. Questa è la mia vita. Mi hai chiesto di raccontare la mia esperienza. Questa è la mia vita, questo è il mio lavoro. Questo è il mio modo di fare. È così che lavoro anche quando sistemo le case. E arrivati qua, mi piace ricordare un episodio, una discussione che ebbi anni fa con Giussani durante il travaglio della mia conversione, quando avevo paura che la ricerca della bellezza, in me sempre molto prepotente, diventasse un puro estetismo. Don Giussani mi disse con forza: “Ora basta, Erasmo, tormentarti. Ringrazia Dio per i talenti che ti ha dato e mettili al servizio degli uomini”. Per me questo ha voluto dire mettere al servizio questo dono, per me ha significato declinare tutto questo nella semplice realtà quotidiana. Ed è così che mentre mangi, mentre preghi, mentre progetti, mentre lavori, tutto diventa come la guglia di una cattedrale. E devo dire che anche nella ristrutturazione di tutto il complesso dove sorge Cometa e il progetto della città nella città e il mio lavoro sono stati e sono l’esperienza di questo dono ricevuto. Quello che la maggior parte della gente confondeva con un puro estetismo, nel tempo e nella certezza di quell’incontro è diventato la condivisione di un dono ricevuto. Così questa appassionata ricerca del significato vero della vita ha sempre di più potenziato, rinnovato e profondamente trasformato la mia vita e il mio modo di lavorare. Così questa continua tensione alla bellezza si è tradotta nella ricerca di spazi capaci di interpretare e rispondere alle esigenze più profonde delle persone che li avrebbero poi utilizzati. Così i bambini e i ragazzi che accogliamo a Cometa entrano in una casa. Entrano in famiglia, nella loro casa, in uno spazio interamente pensato per loro. La casa diventa così un luogo per una vita buona per noi e per coloro che accogliamo. Noi diciamo sempre: vieni a casa mia che trovi casa tua. Questo è quello che viviamo quotidianamente in Cometa, declinandolo nell’affido residenziale, nell’affido diurno, nella scuola e nell’accompagnamento al lavoro.

ANTONIO QUAGLIO:
Grazie ad Erasmo. Un istante per l’eternità, diceva Erasmo Figini. Un mobile, un elemento d’arredo, un progetto di una casa può esserne il frutto. Come un mobile può durare per l’eternità? Come un elemento d’arredo può durare per l’eternità?

COSIMO SAVIO:
Ora l’elemento d’arredo per l’eternità, dopo l’intervento di Erasmo, è difficile da proiettare. Pur fatto bene. Però il valore dell’elemento d’arredo, il valore dell’idea può essere proiettata per l’eternità. A volte basta pensare alla sedia. La sedia non si sa quando è stata inventata, fondamentalmente è sempre quella, può aver due gambe, tre, quattro, senza gambe, però è sempre quella e quindi quel segno, quell’idea di comodità, di convivialità è un elemento per l’eternità. Quello che ovviamente mi interesserebbe approfondire dei moltissimi spunti di Erasmo è una cosa che aggiungerei alle tre parole dette dal presidente Snaidero durante la famosa conferenza di New York. È un elemento che secondo me è applicabile sia poi alla bellezza sia al lavoro e anche all’amicizia. È quella del recupero, senza il quale credo che la casa non sia più per sempre. È inutile negare che il mondo d’oggi ha cambiato e ha stravolto totalmente in moltissime parti del mondo, inclusa l’Italia, il valore della casa, un valore che si ricollega alla gratuità. La casa è il simbolo della famiglia. La famiglia è un sentimento, un valore, un luogo di amore gratuito, perché altrimenti non è famiglia. Possiamo chiamarla in mille modi ma non famiglia.
Attualmente non so chi di voi si sente di vivere gratuitamente nella propria casa. Penso in pochi, perché al momento credo che le preoccupazioni per bollette, tasse, IMU, non so più come chiamarle e via dicendo, senza pensare all’impossibilità dei giovani d’oggi di acquisire fisicamente una casa, se non con metodi non convenzionali, perché credo che in Italia sia difficile già per persone come me che ritengo estremamente fortunate, ma penso quasi impossibile per molte delle persone che lavorano per me e che io non ritengo di sottopagare, ma mi rendo conto che hanno veramente impossibilità di accedere a questo valore. Quindi questa gratuità s’è persa. Come purtroppo si sono persi tantissimi valori che fanno della casa il luogo d’eccellenza dell’essere umano. Quindi un recupero dei valori è assolutamente necessario per rendere e per far tornare a far sì che la casa sia per sempre. L’essere umano ha ricercato nei secoli, da una vita presumibilmente nomade, un luogo e un riparo sicuri per riuscire in qualche modo a sviluppare il suo essere, la sua competenza, per dare sicurezza alla propria famiglia, ai propri figli. In questa fase, sia a livello internazionale ma anche a livello italiano, quest’aspetto si è molto perso, la casa si è trasformata spesso in appartamento, che già è una cosa molto diversa rispetto alla casa. Anche la parola stessa appartarsi ha una radice estremamente diversa e quindi chiaramente anche una funzione diversa all’interno dei rapporti familiari. Quindi già un recupero del valore della parola casa renderebbe tutto più semplice. Io, sempre parlando di esperienze personali, mi trovo sposato a una ragazza cinese e ho conosciuto quel mondo che ha un rapporto con la natura, con lo spazio che è totalmente diverso dal nostro e su questo noi siamo ancora estremamente più fortunati, estremamente ancora godiamo di una vivibilità che in situazioni estreme come la Cina, ma ce ne sono molte altre nel mondo, soprattutto in aree urbane, non ci sono. Ancora in alcune aree abbiamo questa bellezza in Italia, speriamo di riuscire a mantenerla. È vero che c’è un impoverimento della bellezza, forse anche proprio dell’utilizzabilità dei luoghi. Probabilmente adesso è più difficile avere il tempo e la voglia anche di riuscire a fare una passeggiata senza mete specifiche. Ritornando ad esempio al discorso della Cina, io rimasi sconvolto quando vidi che le bellezze naturalistiche sono tutte visitate e visitabili solo esclusivamente in comitiva, in orali specifici, con biglietti e quindi nessuno può godere di una bella passeggiata in bicicletta in Maremma, in zone protette della Cina. Questo ovviamente è dovuto anche al numero delle persone, della popolazione che aumenta.
Questo è un altro problema che è di difficilissima soluzione ma che ovviamente sta sconvolgendo il mondo, perché è chiaro e palese a tutti che la nostra casa principale, che è il pianeta Terra, se non troviamo delle dinamiche di convivenza attuabili e possibili, ha dei limiti di risorse. In questo tra l’altro l’utilizzo del legno effettivamente può fare da strada a un pensiero sull’utilizzo delle materie in maniera totalmente responsabile, perché è chiaro che se passiamo dai tre miliardi di venticinque anni fa, quando io ero bambino, ai nove che sono previsti fra quindici o venti anni, la situazione non può che peggiorare da un punto di vista di vivibilità. Quindi anche il recupero del valore del benfatto, del fatto, come diceva Erasmo, con l’onore perché poi l’onore è il valore. In questo da credente un po’ eterodosso ci metto anche il valore di Dio, il valore religioso, perché poi è difficile sentirsi parte del creato se non si ha questa propensione verso il divino, però anche questo è un altro problema perché il valore religioso è un altro di quei valori che purtroppo non sembra in grande crescita da un punto di vista spirituale. Perché se ci mettiamo le interpretazioni un po’ così estremistiche che stanno venendo fuori da alcune religioni, capiamo che certi valori di spiritualità, di umiltà, di sacrificio vengono meno anche su chi magari per altre vie crede comunque in entità superiori. Credo che al di là di tutto sia importante il lavoro di recupero, anche il lavoro di recupero su noi stessi come persone, nel ricercare i valori che ci muovono a vivere, ad abitare le nostre case e anche a fare impresa. Credo che sia opportuno ricordare che il lavoro dell’uomo è anche l’espressione di quello che uno è. È chiaro che non è possibile proiettare il proprio lavoro solo in termini meramente economici e finanziari, perché questo non può che portare a un peggioramento della situazione. La parte economica e finanziaria è sicuramente un elemento essenziale ma la parte di sviluppo della personalità è altrettanto importante. Credo che come al solito sia l’uomo non tanto lasciato solo dal destino ma creatore del proprio destino. E quindi è l’uomo come imprenditore, come familiare, come amico a determinare un destino che è un destino prima di tutto singolo e poi a sua volta diventa un destino collettivo.

ANTONIO QUAGLIO:
Bene. Io francamente mi sento in pace con me stesso al termine di questo incontro, perché eravamo partiti da tre parole e in fondo ne abbiamo aggiunte alcune: natura, ha cominciato il dottor Buccilli (la luce è naturale ma è estremamente evocativa soprattutto se ci immaginiamo ospiti di una comunità di lavoratori del legno), onore, ambiente, accessibilità, democrazia. Grazie a tutti. Domani sera c’è l’ultimo grano di questo rosario settimanale e però poi ci si incontra con Federlegno ovunque, ogni settimana. Grazie.

Data

28 Agosto 2014

Ora

19:00

Edizione

2014

Luogo

Sala Tiglio A6
Categoria
Focus