STORIE DAL MONDO. Rassegna di reportages internazionali. A cura di Roberto Fontolan e Gian Micalessin.

Corazón Bogotá: le mani di Juan Rey di Marco Civinelli. Produzione: Limina Srl, Empresa Srl, Giuseppe Argelli. La realtà del Centro di Educazione Integrale San Riccardo Pampuri di Bogotà Colombia. Partecipano: Marco Civinelli, Regista e Produttore; Marco Valera, Rettore Centro San Riccardo Pampuri di Bogotà, Colombia.

 

ROBERTO FONTOLAN:
Questa sera, adesso parte subito il documentario, vi presentiamo un bellissimo lavoro intitolato Corazón Bogotá. Non dico nulla di quello che vedremo, perché lo vedrete insieme tutti quanti in questo momento e poi subito dopo parleremo un po’ di quello che succede in questa realtà, anche perché non solo abbiamo qui il regista, l’autore di questo lavoro, ma anche don Marco Valera, che vive nella realtà che questo lavoro ci proporrà, e così tutti voi avrete la possibilità anche di porre a loro domande, osservazioni su quello che abbiamo visto. Vi saluta con me anche Gian, che poi farò parlare dopo. Ricordo, a chi se ne andasse via prima, che Gian, ne abbiam parlato ieri sera qui, ha scritto un libro dedicato al Pakistan, che è in vendita in questi giorni. È in vendita sia qui che alla libreria del Meeting. Così come è in vendita e distribuito alla libreria del Meeting anche il DVD di questo lavoro che vediamo questa sera. Lo dico perché tante volte molte persone ci chiedono se c’è la possibilità di avere questi materiali. Ecco in questo caso sì, tante volte non si può per ragioni di diritti televisivi ma in questo caso c’è la possibilità di avere questo DVD. Allora, don Marco è qui, vi prego di accoglierlo con un applauso. Buona sera e buona visione.

Video

ROBERTO FONTOLAN:
Se potete abbassare… ecco, mi dispiace abbassare perché so che giustamente i documentari, i lavori bisogna vederli fino alla fine, con tutte le firme, però veramente abbiamo abbastanza poco tempo questa sera. Questo lavoro che abbiamo visto, lo facciamo commentare subito da Marco Civinelli, che è il regista di questo lavoro, e don Marco, che, come vi dicevo, è la persona che tiene in piedi che sostiene le realtà raccontate.

MARCO CIVINELLI:
Allora, se devo iniziare… io ho già parlato un’ora e dieci, quindi adesso faccio solamente alcuni ringraziamenti, intanto a tutti voi, che siete molto coraggiosi. Ringrazio innanzitutto Daniele Mingucci, che ha pensato a questo progetto e mi ha invitato a partecipare. Grazie, perché senza di lui non sarebbe potuto nascere nulla di tutto questo. Giuseppe Argelli, ancora più coraggioso, perché ci ha messo i soldi, perché i film senza soldi non si fanno. Quindi grazie Giuseppe. Fabrizio Luschi, che ho conosciuto dieci giorni prima di partire. Anche lui ha un gran coraggio: è partito allo sbaraglio e si è dato in pasto a questa cosa. Molto coraggioso, veramente.

ROBERTO FONTOLAN:
È qui, è qui davanti la persona pensosa delle ultime immagini…

MARCO CIVINELLI:
È una persona pensosa, ma con cui si passano anche belle serate. E infine la famiglia Dimporzano, don Carlo e Chiara che ci hanno invitato, sostenuti e incoraggiati. Grazie a tutti.

ROBERTO FONTOLAN:
Bene. Naturalmente, come tutte le altre sere che passiamo qui tra noi, se c’è qualcuno che vuole porre qualche domanda, fare qualche osservazione, fatelo velocemente, perché tra non molto qui ci sarà un’altra proiezione, quindi non abbiamo molto tempo. Ecco lì c’è subito una persona.

DOMANDA:
Volevo fare i complimenti per questa opera che c’è a Bogotà. Io sono nato a Bogotà e mi chiamo Riccardo Filippetti, va beh, il cognome me l’ha suggerito mio padre. No, volevo farvi i complimenti. Anzi, spero sempre un giorno di tornare a Bogotà. Non sapevo che c’era ‘sta cosa, pensavo che fosse tutto un casino, là. Mi ha fatto coraggio. Magari con mio padre potrò andarci.

DOMANDA:
Posso dire solo una cosa? Quando siamo arrivati a Bogotà, venticinque anni fa, lui mi ha detto: mi chiamo Riccardo, cuor di leone. E quella stessa sera, davanti all’hotel Commendador, è salito sullo scivolo, aveva due anni e mezzo, e si è fermato un attimo, ha detto: papi, mira la luna. Ecco io ho questo bellissimo ricordo di un bambino che si spalanca sulla bellezza. Sono passati venticinque anni e siamo qua insieme al Meeting, no? Grazie.

ROBERTO FONTOLAN:
Intanto, se c’è qualcuno, io vorrei chiedere a don Marco cosa sostiene questa opera e cosa sostiene la tua vita nel tenere insieme questa opera.

MARCO VALERA:
Ma, la certezza, la certezza che c’è un cuore in questi bambini, in questa famiglie, e si può educare. Abbiamo sentito, spero tutti, l’intervento di don Pino: questa è l’applicazione, che sono vere queste cose, e questi bambini hanno questo cuore e noi li aiutiamo a dilatarsi, a esplodere. Questo bambino che stonava alla canzone finale, La Virgen de Guadalupe, che gridava come un pazzo, è lo stesso bambino che c’era a fare i compiti con la coordinatrice, Nelly si chiama. È uno che si arrabbia spesso, alla fine dici: ti è passata l’arrabbiatura? Quando uno si arrabbia, il castigo è: vieni qua, calmati, parliamo. Cosa c’è? Non ti va? Adesso ricominciamo. E due anni fa l’abbiamo adocchiato, l’ultimo anno dell’asilo – chiamano me nei casi disperati, un po’ difficili – c’era l’insegnante che lo tirava e lui tirava indietro. Io ho detto: è un mulo, un mulo che dice “no, no, non voglio”. Allora tra di noi gli dico: senti, il mulo ancora, ancora fa così. Senti, il mulo adesso non è più il mulo, è fiorito. Qui è l’anno scorso, ancora si arrabbiava, adesso, in seconda elementare, è un tesoro. Canta – è un po’ stonato, correggeremo anche quello – però canta con tutto il cuore, perché lui vuole partecipare. Ecco, questo è il cuore, che si fa riesplodere perché uno riacquista la fiducia. Che cosa spinge? La certezza che questi bambini hanno un valore grandissimo, non lo sanno, il contesto distrugge, invece c’è un valore, si può fare emergere. C’è un cuore che è fatto per cose grandi. Che cosa permette a noi? Che noi abbiamo la coscienza di questo cuore. E chi ce lo dà? Una compagnia e qualcuno che ce lo richiama. Quando io vado lì, in questo centro, vedo tutti i bambini che mi corrono incontro, che mi salutano, che mi abbracciano: “Padre, padre, sì, come te va?” e cantiamo, e facciamo, poi dopo siamo esigenti, perché devono imparare, devono stare attenti, devono capire, e sono sempre lì così. Si sentono amati, stimati, abbracciati. Si sentono valorizzati nel loro cuore. Io mi sento abbracciato da Dio attraverso di loro, e questo è reciproco, quindi è possibile educare, è possibile in questa – la parola sintetica che ha usato lui – in questa megalopoli di disastri costruire un collegio svizzero. Meglio di un collegio svizzero! Cioè, una comunità, un popolo, una famiglia, una città nella città, perché l’abbiamo chiamata anche così, dove tutti crescono, bambini, grandi, mamme, papà, e anche queste mamme che fanno i corsi di sarto e di cucina. Un altro caso, non so se l’avete colto ma fa niente se non l’avete colto: c’è una bambina che a un certo punto saluta il padre, questa bambina viene da me e mi dice: ieri sera mio padre ha tentato di impiccarsi, si stava impiccando. Me lo diceva piangendo. “Io l’ho scoperto e l’ho sgridato. E gli ho detto: non si fanno queste cose, la vita è importante, non bisogna suicidarsi. Ho fatto bene?” mi diceva. “Beh, certo! Certo! E lui cosa ha fatto?”, “e lui ha smesso”, “ah, bene, insistiamo. Allora…”. E lei piangeva però, si sentiva distrutta: “allora però, con calma, lo aiutiamo, cerchiamo adesso di farlo venire a parlare con me. Però tu, tu parla sempre con me, con gli insegnanti. Stai tranquilla”. Quarta elementare. Dopo tre mesi doveva fare la prima Comunione e invitano anche i genitori. Mi presenta suo papà, fiorente, e mi dice: “guarda, padre Marco, questo è mio papà. Vedi come l’ho educato bene?” Non mi ha detto così ma voleva dirmelo: come l’ho rieducato. Ecco, noi abbiamo questa certezza che questi bambini possono ricostruire il mondo, perché se si ricostruisse il loro cuore potrebbero cambiare il mondo.

ROBERTO FONTOLAN:
Grazie. In attesa, ancora pochi… forse c’è una mano lì alzata. Sì, qui.

DOMANDA:
Allora, intanto grazie, perché sono realtà sconosciute, forse immaginate, ma sconosciute. Ed è un bene certamente vederle, entrare in contatto. Grazie comunque. Volevo chiedere una cosa, mi rimane una curiosità, perché questo film documentario è chiarissimo. C’è molto di più del non-detto che del visto. C’è proprio l’intuizione del cuore. Mi rimane però una domanda, ed è quella che vi voglio porre: come avviene la scelta dei bambini? I bambini come vengono scelti? Perché alcuni vengono e altri no? Come vengono scelti? Come avviene?

MARCO VALERA:
È scuola libera, che vuole si iscrive.

DOMANDA:
Quindi c’è posto per tutti quelli che vogliono?

MARCO VALERA:
C’è posto per tutti, sì sì sì.

INTERVENTO:
Grazie

MARCO VALERA:
Certo certo, ci mancherebbe. No no, c’è posto per tutti: possono iscriversi, e via. Il problema è che noi chiediamo sempre che paghino il minimo. Perché? Per educazione, per dignità. Non si regala nulla. don Carlo ha iniziato tutta quest’opera, poi con sua sorella, questa associazione Monserrati, raccoglie tutti i fondi, cerca i progetti, cerca i grandi progetti e i piccoli contributi, per cui c’è bisogno di tutti. E io li chiedo, a tutti voi: c’è bisogno, per sostenere. Però si chiede il minimo a loro, per dignità e per educazione. Chi vuole e chi può lo fa. non c’è nessuno che non si iscrive perché non ha il minimo dei soldi, ci sono duecentosessanta bambini dell’asilo, duecentosessanta! E quindi c’è posto per tutti quello che vogliono.

ROBERTO FONTOLAN:
C’è posto ancora per una domanda.

DOMANDA:
Domanda brevissima. Mi sono chiesta: questi bambini che cosa fanno dopo? Cioè, sono bambini delle elementari, asilo ed elementari. Ecco, che cosa succede dopo essere stati nella vostra scuola? Li seguite nel tempo?

MARCO VALERA:
Sì, li seguiamo ancora nei gruppi delle medie: facciamo delle vacanze, facciamo degli incontri. Le medie vengono al doposcuola. E poi anche nelle superiori vengono al pranzo, perché nel collegio vicino (siamo un po’ collegati) li seguiamo. Esempio velocissimo: uno esce dalla quinta elementare, va in una scuola media, una scuola quasi normale di questi quartieri, e viene a casa piangendo dalla mamma, che fra l’altro è un insegnante. Per due mesi piange tutte le sere, quando torna a casa dalla scuola media, e dice: “perché tutti i ragazzi si picchiano, fanno la pipì nei cestini, inondano i bagni, rompono tutto, nessuno rispetta niente, non fanno la fila?” E io dico: “e tu cosa fai?” “Io glielo dico di non farlo e poi mi picchiano, e mi dicono: guarda, se vuoi essere amico degli altri, devi fare come fan tutti”. Ma lui dopo due mesi ha detto: no. A San Riccardo, io ho imparato che rispettare le persone e le cose è più bello. Io continuo così. Non avrò amici, non mi interessa. Ha continuato, poi dopo si è fatto i suoi amici. Questo per dire come dopo cinque anni o otto una struttura ha una capacità di affrontare la vita con una ossatura umana e anche culturale. Vanno nelle altre scuole e dicono: quelli vengono dal Pampuri, questo qui si vede. Tu gli parli e lo guardi in faccia e capisce quello che dico. È una cosa non da poco.

ROBERTO FONTOLAN:
Purtroppo dobbiamo chiudere. Non so se avevi tu un’osservazione, Gian. Devi accendere. Intanto che Gian armeggia con i microfoni, io voglio chiedere: come aiutare la vostra realtà? hai dato il riferimento di Monserrati, che è l’associazione, la fondazione che sostiene l’opera. Credo che l’AVSI vi sostenga con un grosso intervento di sostegno a distanza, che è una delle forme più facili, forse la più facile e anche la più affettuosa con cui sostenere le opere nel mondo. E poi che altro possiamo fare, don Marco?

MARCO VALERA:
Comprare il CD, sostenere Monserrati, sostenere AVSI. Ma soprattutto quello che mi sostiene è sapere che c’è un sacco di gente che vive per la stessa fede, per gli stessi valori, per la stessa vita per cui viviamo noi là. Siamo insieme, costruiamo il mondo, ricominciamo e siamo uniti: questo è il grande sostegno.

ROBERTO FONTOLAN:
Bene. Grazie. Allora il DVD nella libreria del Meeting, giusto? Quindi il DVD Corazon Bogotà nella libreria del Meeting. Vi ringrazio. Scusate un po’ il contenimento di questa sera. Dovete uscire, avviso importantissimo, seguendo le indicazioni del servizio d’ordine presente. Qui c’è l’artista che ha lavorato nell’opera e vi prego di salutarlo.

(Trascrizione non rivista dai relatori)

Data

24 Agosto 2010

Ora

19:00

Edizione

2010

Luogo

Sala A4
Categoria
Testi & Contesti