LIBERTÀ RELIGIOSA: IL PRINCIPIO E LE SUE CONSEGUENZE

Libertà religiosa: Il principio e le sue conseguenze

Libertà religiosa: il principio e le sue conseguenze

Partecipano: Gianni Alemanno, Sindaco di Roma; S.B. Chrysostomos II, Arcivescovo di Nuova Giustiniana e di tutta Cipro, Chiesa di Cipro; Franco Frattini, Presidente della Fondazione Alcide de Gasperi; Salman Shaikh, Director of the Brookings Doha Center and Fellow at the Saban Center for Middle East Policy. Introduce Roberto Fontolan, Direttore del Centro Internazionale di Comunione e Liberazione.

 

LIBERTÀ RELIGIOSA: IL PRINCIPIO E LE SUE CONSEGUENZE
Ore: 11.15 Sala A3

ROBERTO FONTOLAN:
Oggi pomeriggio alle 17 il Cardinale Ries parlerà assieme al reverendo Habukawa e a don Stefano Alberto dell’homo religiosus, l’uomo che cerca e trova il rapporto con l’infinito attraverso la libertà. La libertà è il metodo e la dinamica del cuore. Da molto tempo, forse da sempre, l’uomo riflette su questo nesso tra il mistero che lo circonda e l’impulso a cercare. Che cosa è questa dinamica della libertà? Nel ’900, il secolo scorso, questa riflessione si è coagulata per ragioni storiche molto complesse e lunghe in grandi corpus giuridici, in grandi carte: le dichiarazioni universali. Ma sembrava che attorno a questo tema della libertà religiosa come diritto fondamentale dell’uomo, si fosse arrivati ad un punto definitivo, una base chiara di partenza. Vediamo invece che non basta scrivere e concordare, forse ci vuole qualcosa di più o di altro, perché libertà religiosa non è un codice astratto o un diritto di carta. Infatti, in questi ultimi anni si è tornati a parlare moltissimo di libertà religiosa. Ci sono situazioni molto concrete, dove si può parlare effettivamente di persecuzioni, di discriminazioni, proprio in nome e contro la libertà religiosa. Pensate che, recentemente, persino la Conferenza episcopale degli Stati Uniti ha posto un problema di libertà religiosa. Sembra un paradosso, ma questa è una discussione molto aperta perfino in una società come quella americana. Ecco come ci siamo avvicinati a questo grande tema, uno dei grandi temi di questa edizione del Meeting, che riprenderemo anche in altre occasioni e che accompagna i nostri percorsi da tanto tempo.
Oggi, a questo nostro incontro intitolato “La libertà religiosa: il principio e le sue conseguenze”, possiamo dire di avere quattro grandi testimoni, quattro grandi esploratori. Vorrei presentare ed accogliere insieme a tutti voi Sua Beatitudine Chrysostomos II, Arcivescovo di Nuova Giustiniana e di tutta Cipro, il dott. Salman Shaikh, direttore della Brookings Doha Center and Fellow at the Saban Center per la politica del Medio Oriente. Abbiamo poi il caro amico del Meeting, da tanti anni, presidente della fondazione De Gasperi, Franco Frattini, che tutti noi abbiamo da sempre nel cuore, e un altro grande amico italiano del Meeting, il sindaco di Roma Capitale, Gianni Alemanno. Non sarà con noi, come era invece precedentemente annunciato, il presidente della Al Azhar University del Cairo, data la situazione, il contesto un po’ complesso dell’Egitto di questi giorni, di queste ore. Ma abbiamo qui davanti, in prima fila, i cari amici del Meeting del Cairo che sono venuti.
Alcuni anni fa, noi del Meeting facemmo assieme la scoperta della realtà di Cipro: ci fu una mostra che documentava la realtà drammatica della parte settentrionale dell’isola, occupata militarmente da quasi quattro decenni e dove si vive una realtà molto difficile. Quasi tutti i segni visibili della storia cristiana di quell’isola sono stati distrutti e la Chiesa Ortodossa di Cipro, minuziosamente, con grande passione, elenca ed aggiorna continuamente la lista di tutti questi siti, sono più di 500, siti cristiani completamente distrutti. Io sono stato lì in un paio di occasioni e posso assicurare che è una esperienza veramente difficile, come una esplosione atomica selettiva, perché sono stati individuati i siti cristiani ed in qualche modo devastati, distrutti e abbandonati. Fu una grande scoperta per noi, molti sapevano di questo problema di Cipro ma visibilmente fu una grande scoperta: da allora è nata un’amicizia anche storica con i cristiani di Cipro. In tante occasioni, abbiamo invitato Sua Beatitudine Chrysostomos, che dal 2006 è Primate della Chiesa di Cipro, una delle antichissime chiese. Finalmente abbiamo oggi l’occasione di poterlo ascoltare. Quindi, vorrei chiedere a Sua Beatitudine di prendere la parola e di aiutarci ad entrare in questo tema di oggi: la libertà religiosa. Sua Beatitudine parlerà in greco ma c’è, come sempre, la traduzione per la sala. Grazie, Sua Beatitudine, prego.

S.B. CHRYSOSTOMOS II:
“Cristo ci ha affrancati perché fossimo liberi; state dunque saldi, e non vi lasciate di nuovo porre sotto il giogo della schiavitù!” (Galati 5:1).
Caro signor presidente, cari partecipanti, gentili invitati, innanzitutto voglio esprimere il mio più caloroso ringraziamento per il vostro gentile invito a partecipare e pronunciare un discorso in questa conferenza, che porta per titolo La libertà religiosa: il principio e le sue conseguenze. Prima di entrare nel vivo e sviluppare il mio argomento, desidero riferire, al cospetto del vostro affetto, che sono pervaso da intensi sentimenti patriottici e religiosi, perché Rimini è per noi greci un luogo storico. Un luogo collegato con le battaglie di guerra e i sacrifici della terza brigata da Montagna Ellenica, sotto il comando del Colonnello Thrasyvoulos Tsakalotos, onorificamente rinominata Brigata Rimini. 146 uomini della Brigata caddero eroicamente combattendo contro i tedeschi, nei campi di battaglia di questo luogo e nel fiume Rubicone; altri 310 furono feriti, dal 9 settembre fino al 7 novembre 1944, difendendo i valori della vita, in modo particolare la “libertà dei popoli”, come recitava il motto delle Forze Alleate.
Pertanto, i sacrifici di quei coraggiosi ragazzi, caduti e feriti, sono parzialmente in linea con l’argomento di questa nostra conferenza e ci aiutano a riflettere profondamente sul nostro dovere come guide spirituali della società, sulla prevalenza delle libertà religiose, ovunque nel mondo. Desidero subito fare un chiarimento sostanziale. Quando si parla del significato multiforme della libertà, vorrei sottolineare che, perlomeno a grandi linee, dobbiamo distinguere tra libertà interiore ed esteriore. La prima, quella interiore, è di certo la più difficile perché richiede uno sforzo spirituale costante e intenso, preghiera e cultura etica. Senza questa libertà interiore, in nessun caso potrà esistere quella esteriore. E se qualcun altro me la procura, sia essa chiamata libertà politica, economica, religiosa, di sicuro con le mie azioni la trasformerò in abuso. Condurrò me stesso in tali eccessi, se non avrò una mia libertà interiore e una mia cultura, da farmi prigioniero di simulacri d’ogni genere in questo mondo vuoto. Certo, la libertà interiore è una gara talmente difficile che l’uomo da solo non riesce a vincerla. Ha bisogno dell’ausilio di Dio. Questo viene dichiarato esplicitamente dal Signore quando ci dice che “se dunque il Figliuolo vi farà liberi, sarete veramente liberi” (Giovanni 8:34-36). Paolo il teologo, a sua volta, considera la libertà autentica, da una parte, come il frutto dell’amore di Dio, dall’altra, come frutto dell’incessante conflitto interiore ed esteriore dell’uomo. Questo è il significato del verbo “στήκετε (stare saldi)” nel suo noto incitamento: “Cristo ci ha affrancati perché fossimo liberi; state dunque saldi, e non vi lasciate di nuovo porre sotto il giogo della schiavitù!” (Galati 5:1). Credo fermamente che colui che ha conquistato la libertà religiosa sia effettivamente libero anche in tutti gli altri aspetti della sua vita. Esempio importante, ne è lo stesso apostolo Paolo.
E ora andiamo a esaminare la questione del titolo, “la libertà religiosa: il principio e le sue conseguenze”. Certamente è una questione grande, la nostra. Fondamentalmente, le sue radici risalgono al celebre Editto di Milano del 313 d. C., sottoscritto da Costantino il Grande e da Licinio. Si tratta del noto “Editto di Tolleranza”. L’Editto di Milano emanava i seguenti provvedimenti: 1. Tutti i cittadini dello Stato possono esercitare la loro fede e il loro culto liberamente. 2. Vengono abolite tutte le leggi, valide in passato, contro i cristiani. 3. I luoghi di culto devono essere restituiti ai cristiani senza obbligo di compenso. 4. I cristiani vengono reintegrati nelle mansioni dello Stato e dell’esercito dalle quali erano stati estromessi. 5. Hanno via libera per la costruzione di chiese in tutto l’impero.
Tutti questi provvedimenti storici hanno avuto come risultato che i cristiani potessero creare chiese splendenti, nelle quali potevano osservare, ormai liberamente, i loro obblighi religiosi. Una di queste chiese, di una bellezza unica per impresa architettonica, è anche Santa Sofia di Costantinopoli la quale, fino a oggi (pur essendo in suolo turco), costituisce un punto di riferimento, incarna la grandiosità dell’Ortodossia e costituisce una risorsa di sensibilità spirituale, di vanto religioso e di elevazione spirituale! Frutto di questa libertà religiosa è anche il celebre corpo del diritto civile, noto nelle scienze guridiche come “corpus iuris civilis”, istituito durante il regno di Giustiniano sotto la guida del giurista Tribonanio, sul quale si appoggiò l’articolazione legislativa e amministrativa dell’impero bizantino e, dopo, di tutto il mondo. Si tratta di un’importante impresa legale e spirituale, basata sul diritto romano ma già impregnata dai principi cristiani. Il grande bizantinologo Ernestus Stein lo indica “come l’impresa più grande di Giustiniano, come opera più illustre rispetto a Santa Sofia, e più gloriosa delle vittorie di Belisario e di Narsete”.
E ora, veniamo ai dati odierni. Innanzitutto, dobbiamo ammettere che l’adunanza internazionale dell’ONU, riconoscendo pienamente che il diritto alla libertà religiosa dell’uomo è della massima importanza, l’ha incluso tra gli articoli principali della celebre Dichiarazione universale dei diritti umani, approvata in forma solenne il 10 dicembre 1948. Il Preambolo di questa Dichiarazione è molto caratteristico. Sentiamolo. “L’Assemblea generale proclama la presente Dichiarazione universale dei diritti umani come ideale comune da raggiungersi da tutti i popoli e da tutte le nazioni, al fine che ogni individuo ed ogni organo della società, avendo costantemente presente questa Dichiarazione, si sforzi di promuovere, con l’insegnamento e l’educazione, il rispetto di questi diritti e di queste libertà e di garantirne, mediante misure progressive di carattere nazionale e internazionale, l’universale ed effettivo riconoscimento e rispetto tanto fra i popoli degli stessi Stati membri, quanto fra quelli dei territori sottoposti alla loro giurisdizione”. Di seguito, con il celebre Articolo 18, proclama: “Ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare di religione o di credo, e la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, e sia in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo nell’insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell’osservanza dei riti.
Recentemente, negli Stati Uniti d’America, è stata adottata la cosiddetta “Legge per la libertà religiosa internazionale” del 1998, la quale indubbiamente ha dato nuova enfasi e spinta a questo argomento così grande e pressante. E si solleva una ragionevole questione: in quale misura attualmente l’uomo beneficia della sua libertà religiosa e in quale misura può espletare liberamente i suoi doveri religiosi? Quali sono i loro principi fondamentali e quali le loro conseguenze? Innanzitutto, dobbiamo ammettere che da quando la Dichiarazione dei diritti umani fu solennemente approvata dall’Assemblea generale dell’ONU e la questione della libertà religiosa occupa una posizione primaria, che è stata pure solennemente riadottata dagli USA con la succitata “Legge per la libertà religiosa internazionale”, l’umanità ha compiuto dei passi in avanti in modo costante e soddisfacente. Possiamo affermare che oggi in Europa e negli USA gli uomini possono beneficiare della loro libertà religiosa, sia come individui sia come gruppi, e promuoverla debitamente. Frutto di questa libertà religiosa è la creazione di una splendida cultura cristiana la quale ha posto in modo indelebile il suo timbro tanto nella conformazione psichica dell’uomo quanto in tutti gli altri settori dell’arte e della cultura.
E maggiormente nella grande questione del valore dell’uomo. Il cristianesimo considera l’uomo come l’immagine di Dio, plasmata dal Divino Creatore. L’uomo a sua volta, che vive nello spirito dell’amore e della libertà donati da Dio, si rende conto di questo grande onore, e lotta perennemente “per assomigliare a Dio – ομοιούσθαι τω Θεώ”. Nella storia dell’umanità, il valore dell’uomo non è stato mai collocato così in alto come nel cristianesimo e mai nessun sistema filosofico, sociale o politico innalzò l’uomo tanto in alto quanto il cristianesimo! Il risultato di questa libertà cristiana e dello spirito cristiano dell’amore è l’istituzione di migliaia di associazioni filantropiche, l’organizzazione di missioni nazionali ed estere e l’intensa solidarietà cristiana nei confronti dei popoli affamati dell’Africa e dell’Asia. Decine di scienziati illustri hanno abbandonato le cattedre universitarie o posti preminenti per trovarsi al fianco del loro fratello che soffre, che è affamato, che è malato. Cito significativamente alcuni nomi famosi: Henry Dunant, Raoul Follereau, Hansen, Albert Schweitzer, e la recente vincitrice del Premio Nobel, Madre Teresa. Da parte greca, cito i fratelli e ferventi missionari Cirillo e Metodio, i quali durante il patriarcato di Fotios, con la loro santa fatica, compirono una grande opera civilizzatrice presso i popoli slavi, produssero il primo alfabeto slavo, tradussero nella lingua slava le Sante Scritture e cristianizzarono queste popolazioni. Cito anche i più recenti missionari del Continente Nero: Chrisòstomos Papasarandòpoulos, Charìtonas Pnevmatikàkis e dell’Albania Anastàsios Jiannoulàtos. Doverosamente e obbligatoriamente, cito anche il mio indimenticabile predecessore, arcivescovo di Cipro Makàrios, il quale ha compiuto una grande opera missionaria in Kenya, battezzando migliaia di nativi e istituendo un seminario. Aveva ampie visioni sulla missione estera della chiesa cipriota e certamente avrebbe compiuto un’opera molto più grande se una morte subitanea e prematura non avesse tagliato il filo della sua vita.
Ma il mondo non è soltanto l’Europa e l’America. Che cosa succede nel resto dell’umanità? Le statistiche dell’ONU riferiscono che tra il 52 e il 55% degli esseri umani vengono privati dell’auspicato, per noi ovvio, diritto inalienabile alla libertà religiosa. Inoltre, ultimamente viviamo tutti la ripresa di un fondamentalismo religioso nei Paesi musulmani, che inibisce ogni libertà religiosa, con palesi tendenze di penetrazione in Russia e nell’Europa. Si tratta di un fenomeno che comporta molti rischi per la nostra libertà religiosa e al quale dobbiamo prestare particolare attenzione. E adesso permettetemi di fare una menzione specifica sulle violazioni della libertà religiosa che accadono nella mia piccola patria, Cipro. In nessun luogo dell’intera umanità sono accadute atrocità e crimini quali ne sono accaduti nell’ultimo mezzo secolo in quest’isola cristiana, che attraverso i secoli è stata sempre un fulcro vitale della civiltà greco-cristiana. La Turchia, con la forza delle armi, ha occupato il 38% del nostro territorio, ha cacciato con la violenza tutta la popolazione cristiana dalla sua casa avìta – è incredibile persino sentirlo dire da qualcuno – e imposto una politica di pulizia etnica. In seguito, ha trasferito migliaia di coloni dalle profondità dell’Anatolia e li ha insediati nelle case dei legittimi proprietari. Ha cambiato i nomi delle città nonché la toponomastica, in un evidente tentativo di presentare la più che greca e cristiana Cipro del nord come turca. Al di là di ogni principio giuridico ed etico, il 15 novembre 1983 ha dichiarato la parte occupata nel nord della nostra patria come Repubblica Turca di Cipro del Nord e tenta di ottenerne il riconoscimento a livello internazionale, riconoscimento che fortunatamente non ha conseguito. La comunità internazionale, come anche il Consiglio di Sicurezza dell’ONU, hanno condannato questa azione secessionista in modo immediato e categorico. I turchi non hanno mai rispettato le risoluzioni dell’ONU e del Consiglio di Sicurezza, nonostante la risoluzione 3212, nella quale si prevedeva il ritorno di tutti i profughi nelle loro case paterne in condizioni di pace e sicurezza, sia stata votata anche da loro stessi.
Sentiamo, cari amici, una pena infinita perché gli aggressori turchi non hanno affatto rispettato i nostri luoghi sacri. Nei territori occupati, esistono complessivamente 520 chiese. Di queste, alcune le hanno distrutte, altre trasformate in magazzini o latrine e altre ancora in moschee. Tra queste, si trova anche la tomba del fondatore e patrono della nostra santissima chiesa, l’apostolo Barnaba, nonché l’Abbazia dello stesso, la quale è stata trasformata in museo. E dobbiamo pagare il biglietto per visitare questa culla della nostra civiltà cristiana. Inoltre, hanno spogliato in modo spregiudicato i nostri tesori ecclesiastici. In modo criminale e barbaro, hanno rimosso persino dei mosaici e affreschi, che hanno poi venduto all’estero trafficanti turchi di oggetti antichi. E credo che sia nota a tutti l’avventura dei mosaici della Madonna di Kanakariàs e degli affreschi del Sant’Eufemiano.
Ogni persona sensibile che visita oggi la parte occupata a Cipro, questa culla della nostra civiltà cristiana vigorosa, che costituisce il baluardo del cristianesimo dell’Europa, ha l’impressione di percorrere ormai il "luogo del teschio", il Golgota dell’umanità. Molto dolore e indescrivibile sofferenza aleggiano sulla nostra isola cristiana. Circa 180mila profughi si trovano vicino alle case dei propri avi, però fuori dalle stesse. Devono “inginocchiarsi davanti al conquistatore” per visitarle e per vederle da vicino o per poter officiare in gran segreto un trisagio sulle tombe dei loro amatissimi genitori deceduti.
Genitori addolorati – quelli ancora vivi -, da trentotto anni, attendono notizie dei loro cari dispersi. La Turchia rifiuta insistentemente di fornire gli elementi per la soluzione di questo problema umanitario. E’ un ulteriore aspetto tragico della violazione della nostra libertà individuale e religiosa. Recentemente, nella Karpasìa occupata dai soldati turchi, addirittura il giorno di Natale, sono entrati nel presbiterio della Chiesa e hanno costretto con la forza un anziano sacerdote a interrompere la Santa Messa, che officiava per i pochi anziani intrappolati che restano ancora là. Il vescovo di Karpasìa non può nemmeno visitare liberamente il suo gregge né celebrare, naturalmente. E se qualche volta gli permettono di visitare Karpasìa, con la mediazione dell’ONU, si trova costantemente sotto stretta sorveglianza dalla polizia. Si tratta di una situazione insopportabile, che rappresenta un’infamia per tutti quelli che rappresentano le organizzazioni Internazionali, l’ONU, l’Unione europea, il Consiglio d’Europa, l’UNESCO e tutte le altre organizzazioni internazionali, che hanno il mandato di proteggere le libertà individuali e i diritti religiosi. In tutta questa sofferenza e violazione di ogni traccia di libertà religiosa, mi chiedo: di quali libertà religiose possiamo vantarci? E stiamo parlando di uno stato membro dell’ONU, membro del Consiglio d’Europa e membro dell’U.E. che addirittura, in questo periodo, ne detiene la presidenza.
Cari amici, l’umanità dev’essere consapevole di questa verità storica senza tempo. Quando si spegne un fulcro della cultura cristiana, allora si spegne una risorsa perenne di luce spirituale e di approvvigionamento di tutto l’universo. Perché lo spirito del cristianesimo, che è divino, che è ultraterreno, è uno spirito senza tempo e uno spirito universale, la brezza rinfrescante che ha in sé il dono e la forza di animare tutta l’umanità e di offrirle per sempre le possibilità di fiorire e di dare i suoi frutti. Queste grandi verità non sono le semplici parole di un religioso impregnato dallo spirito greco-cristiano. Menti illuminate del firmamento spirituale europeo, come il grande storico inglese Arnold Toynbee, il poeta inglese Elliot, il filosofo e poeta francese Paul Valery, l’erudito bizantinologo Steven Runciman e decine di altre eccelse personalità spirituali dell’umanità, hanno manifestato, ognuna a modo suo, queste verità senza tempo.
Perciò credo ostinatamente che oggi l’umanità sia sotto esame a Cipro, come anche in tutto il mondo, dov’è in atto una violazione dei diritti individuali. Si tratta del suo esame più difficile nei confronti dei valori etici e senza tempo della vita, nei confronti del diritto inalienabile di ogni popolo a esercitare liberamente le sue libertà religiose.
Miei cari, il contesto storico testimonia che là dove vengono violate le libertà religiose esistono la stagnazione e la regressione. Il valore dell’uomo si azzera e si degrada.
Al contrario, là dove esistono e si vivono le libertà religiose, si sviluppa una civiltà prosperosa. Là esistono la gioia della creazione, la felicità e la benedizione di Dio.
Pertanto, è dovere di tutti noi, soprattutto nostro come guide spirituali della società, lottare perennemente per la prevalenza delle libertà religiose, ovunque nell’umanità. E sono assolutamente sicuro che questa lotta sia gradita al Signore. Vi ringrazio tutti calorosamente per la vostra attenzione e mi auguro ardentemente che il Signore possa benedire la vostra opera e le vostre visioni magnanime.

ROBERTO FONTOLAN:
Grazie, Beatitudine, per la sua ardente testimonianza. Ora passo la parola a Salman Shaikh che, come dicevo, è un uomo che non solo ci offrirà il punto di vista di un grande analista, di un grande esperto di tutte le questioni medio-orientali, ma in se stesso, nella sua stessa esperienza di vita, c’è in nuce il tema della libertà religiosa, di quello che la libertà religiosa produce. È nato in Pakistan, vive a Doha, dove dirige la sezione medio-orientale di una fondazione americana. Ha sposato una cristiana. E’ un uomo del nostro tempo, di questo tempo, ed è con grande interesse e passione che siamo pronti ad ascoltare la sua testimonianza e la sua visione di questo tema. Grazie, dottor Shaikh, per essere qui con noi.

SALMAN SHAIKH:
Buongiorno a tutti, Salam aleikum. È veramente un piacere per me essere qui e desidero ringraziare tutti quanti per l’invito. Ringrazio Roberto e il Meeting di Rimini. Desidero anche ringraziare i colleghi che sono onorato di vedere seduti al tavolo con me. Sono particolarmente lieto di essere qui a Rimini, in Italia, e non lo dico così per dire. Penso che l’Italia sia uno dei Paesi più belli del mondo. Come diceva il ministro Monti ieri, la vostra cultura, la vostra bellezza veramente non hanno equivalenti al mondo. Naturalmente, io non sono estraneo all’Italia, perché ho studiato e viaggiato molto in Italia e, come diceva Roberto, sono sposato con una signora italiana, Anna Pellegrini, che è qui presente. Come ogni anno negli ultimi 14, abbiamo fatto un viaggio nel Medioriente, siamo andati a New York e anche alle Nazioni Unite, dove ho lavorato per un decennio. E abbiamo visto un cambiamento nella Regione: la situazione personale e politica delle comunità in Medio Oriente è cambiata. Abbiamo vissuto a Gaza, a Gerusalemme, in Libano, lavorato in Iraq. Spesso, naturalmente, ci siamo trovati a viaggiare in Pakistan. In tanti modi, sono stato a contatto con la vita delle minoranze nel Medio Oriente, attraverso mia moglie. Naturalmente, da questo punto di vista, gli episodi recenti di cambiamento, anche a livello di libertà religiosa, non sono positivi. In particolare, siamo stati testimoni delle lotte dei cristiani in Libano, Palestina – dove sono più legate al conflitto arabo-israeliano – e anche in Iraq, dove mezzo milione di cristiani hanno dovuto lasciare il Paese dal momento dell’invasione americana del 2003, una cosa senza precedenti.
Devo dire che nel contesto dell’Iraq, guardando un po’ a quello che potrebbe succedere, mi sono detto che un Medio Oriente senza i cristiani, senza il mosaico che fa questo Paese così meraviglioso, non è il Medio Oriente che amiamo e conosciamo. E dobbiamo fare del nostro meglio per cercare di evitare questa situazione. Adesso, in Medio Oriente, siamo davanti ai cambiamenti del risveglio del mondo arabo: fondamentalmente è una lotta a favore della dignità, della libertà ed anche dei nuovi rapporti fra il cittadino e lo Stato, che prima era uno Stato di sicurezza, un regime diverso rispetto a quello del passato più recente, dove i cambiamenti vengono dal popolo, dove il popolo è l’agente supremo del cambiamento. Ecco perché gli ultimi due anni sono stati veramente così singolari. Vediamo l’emergere in queste società di nuovi attori, nuovi attori politici, fondamentalmente un Islam politico, una cosa che causa paura non soltanto tra le minoranze, le comunità religiose, ma anche tra i laici, i sostenitori laici del sistema politico. C’è anche una paura che la fine dello stato di sicurezza nel Medio Oriente potrebbe portare ad un autoritarismo islamista e non ad una transizione democratica.
Desidero a questo punto fare presente una cosa: nei nostri viaggi nel Medio Oriente, anche durante lo scorso anno, in Egitto, in Tunisia, in Libano o per esempio anche ai confini della Siria, si è avvertita tanta paura. È un sentimento crescente, la paura: c’è caos, c’è insicurezza, c’è un senso di disorientamento tra la gente, in particolar modo tra le minoranze religiose. Vorrei anche onestamente dire un’altra cosa, cioè che i segnali non sono stati sempre positivi e l’Egitto ne è un esempio: noi abbiamo visto un settarismo eccessivo, soprattutto per quanto riguarda i copti, anche vergognosi esempi di violenza. Naturalmente, dobbiamo distinguere tra il popolo e altre forze che sono in gioco. Recentemente, sono stato in Tunisia, un Paese che sta lottando proprio per mettere a punto una nuova Costituzione, dove però c’è anche un residuo del vecchio regime e tutta una serie di guerre di tipo culturale che vi si stanno svolgendo, tra coloro che sono all’estrema destra e coloro che sono invece all’estrema sinistra. Poi, naturalmente, abbiamo tutto un problema crescente, un vecchio problema, se vogliamo, nel Medio Oriente, l’aumentare del settarismo soprattutto tra sciiti e sunniti.
C’è un’altra cosa che vorrei dirvi: dobbiamo ricordare che siamo soltanto all’inizio di quella che possiamo definire una trasformazione storica. Le persone e i popoli di queste Regioni, i loro politici e anche i nuovi leader che stanno emergendo, si sono appena imbarcati in una serie di dibattiti sul ruolo dell’individuo, sul ruolo dell’identità, della costruzione di nuovi sistemi politici. Sono coinvolti nella discussione sul ruolo della religione nel loro sistema giuridico, il ruolo delle donne, il concetto di libertà, anche della libertà religiosa e d’espressione. Questi sono problemi veramente profondi, complessi, anche dolorosi, se vogliamo. Sono cose di cui noi, dall’esterno, non possiamo che essere spettatori. Dall’interno, sono le persone, sono i popoli che scrivono questo copione. Vorrei anche dirvi che il baricentro in questa grande regione del Medio Oriente, oggi, è indubbiamente di carattere conservatore dal punto di vista sociale, e liberale dal punto di vista economico, perché la gente ne ha abbastanza di anni di dispotismo e di corruzione che hanno influito sulle vite loro e dei loro figli. Ecco perché scelgono partiti e rappresentanti politici che promettono giustizia sociale, che vengono visti come non corrotti, che vivono tra loro, che sono impegnati anche in un lavoro di beneficenza e che nel passato sono stati trattati in maniera iniqua dal regime, ecco perché cercano rappresentanti che traggano il loro valore dalla fede e anche dagli insegnamenti dell’Islam. Vi dico anche che alcuni di questi leader islamisti hanno sofferto per tanti e tanti anni: non ho il tempo di raccontare, però vorrei parlarvi di tanti rappresentanti politici che adesso effettivamente arrivano alle luci del potere e prima sono stati invece oggetto delle torture di Mubarak, per esempio, hanno sofferto in prigione, sono stati distaccati dalle loro famiglie, sono stati dispersi nel mondo.
Come analista, ho detto diverse cose ai miei amici della Fratellanza Musulmana: loro sono i leader di un esperimento verso la transizione democratica che si basa su due criteri a lungo termine, se saranno cioè in grado di affermare delle democrazie liberali, senza finire in dibattiti senza fine e se riusciranno effettivamente a sviluppare le proprie credenziali come partiti nazionali, cioè partiti che cercano di rappresentare un intero Paese e non semplicemente un limitato numero di seguaci molto ferventi. La situazione qui è diversa rispetto all’estremismo islamico che vediamo in altre parti del mondo: dobbiamo continuare a contrastare questa forma di estremismo con tutte le nostre forze. Fondamentalmente, cosa vogliono le persone di questa Regione? Secondo me, non vogliono uno Stato islamista e nemmeno uno Stato religioso, uno Stato laico o uno Stato liberale. Quello che vogliono è uno Stato efficiente. Ecco quello che vogliono, vogliono uno Stato in grado di erogare dei servizi in grado di farli uscire dalla strada della povertà. Uno Stato che dia opportunità, posti di lavoro, speranze e un futuro migliore, sia per loro che per i loro figli. Da questo punto di vista, si sono imbarcati in un processo che porterà alla Costituzione, a un nuovo sistema politico e, si spera, anche ad una nuova cultura più democratica.
Naturalmente, questo evidenzierà anche il dibattito sociale di cui parlavo prima. Ci saranno violenza, competizione e concorrenza. Questo, purtroppo, sarà il prodotto di tutto questo processo, ciò nonostante speriamo che questi processi, peraltro necessari, riusciranno a definire la struttura di una trasformazione storica che è in atto. I partiti religiosi, le minoranze religiose, la comunità cristiana devono essere coinvolti in questo cambiamento del rapporto tra i cittadini e il nuovo Stato. A questo proposito, se non vi dispiace, vorrei fare riferimento alle parole di Papa Giovanni Paolo II, nella sua solenne liturgia del 1978: "Non abbiate paura!". Naturalmente queste parole si riferivano al contesto della guerra fredda: aveva chiesto alla gente di aspirare a Dio, aveva chiesto che si aprissero i confini dei Paesi per uno sviluppo culturale e civile, che si creassero nuovi sistemi economico-politici. Naturalmente il periodo in cui viviamo è diverso, però siamo pure in un altro periodo di cambiamento politico: una quarta ondata di democratizzazione, dopo la terza ondata che è venuta alla fine del comunismo, della guerra fredda. Il mio messaggio, quindi, rivolto a tutti voi, è che, anche se è difficile, supportiamo tutti questo cambiamento, senza voltare le spalle. Non abbiate paura della realtà che sta prendendo forma. La paura dell’ignoto non può mai essere una scusa abbastanza buona per non agire o, ancora peggio, per lavorare contro il cambiamento, un cambiamento che, fondamentalmente, riguarda la gente, persone che stanno cercando la propria libertà, la giustizia, la dignità. E questi sono intrinsecamente valori cristiani, valori universali. Questi sono i valori della mia fede come musulmano, e so che questi sono anche i vostri valori.
Lo dico in particolare per quanto riguarda lo Stato della Siria, dove vediamo paura e intimidazione da parte di un regime che adesso sta attaccando il proprio popolo. Le Nazioni Unite hanno appena rilasciato un Rapporto per cui, il 25 maggio di quest’anno, 180 persone sono state uccise da esponenti del regime: 49 erano bambini, a più di 30 di loro hanno sparato alla testa, pensate! Una risposta da parte di questo regime continuerà, siamo veramente in un periodo molto pericoloso nel Medio Oriente, soprattutto per quanto attiene alla Siria. La guerra, anche tra i settarismi, è una possibilità, la Siria ha i confini più sensibili di tutta la Regione mediorientale: Libano, Israele, Iraq, Giordania, Turchia. Sono questi i confini. Dobbiamo tutti lavorare per ridurre i tempi di questo regime, però dobbiamo anche assicurare che la comunità cristiana, i curdi, i druidi, tutte le minoranze, possano far parte di questo nuovo progetto di stampo nazionale. Un nuovo progetto nazionale, per costruire una piattaforma nazionale comune che si basi su una visione altrettanto comune. A questo punto vorrei darvi quello che chiamerei uno scoop, perché fra qualche giorno andrò a Il Cairo, dove il mio centro lavora con elementi dell’opposizione siriana che provengono appunto dalle comunità che ho menzionato e anche dalle forze dei combattenti e dalle forze rivoluzionarie pacifiche: ci saranno druidi, curdi e anche altri. Cercheremo tutti insieme di formare un comitato capace di promuovere la transizione e le idee alla base di questa transizione post-Assad e di porre una visione per una Siria del futuro.
Torniamo adesso all’argomento principale, quello della libertà religiosa. La responsabilità principale è nelle mani dei leader e dei popoli del Medio Oriente, soprattutto le maggioranze: sono loro che devono realizzare un nuovo approccio nei loro dibattiti. I musulmani dovranno affrontare seriamente queste problematiche della libertà religiosa, le problematiche del ruolo delle donne e delle minoranze, la libertà di culto: se non lo faranno, i progetti che mirano a un nuovo Egitto oppure a una nuova Tunisia, a una nuova Libia, a una nuova Siria, passeranno come fossero sabbia attraverso le dita delle nostre mani. Dobbiamo, lo dico anche a livello personale, stare addosso a questi leader, osservarli, incoraggiarli a seguire il percorso della tolleranza e dell’inclusione, del rispetto reciproco e della promozione dei valori comuni, pur nel rispetto della diversità. Però credo anche che dobbiamo sviluppare e avviare una collaborazione, una partnership più seria con le persone di fede.
A questo punto faccio riferimento a don Giussani: negli ultimi 14 anni, sono cresciuto, grazie a mia moglie, ascoltando anche le parole di don Giussani. Siamo tutti nati con una identità e un istinto religioso, diceva, ed é sulla base di questo istinto che ci dobbiamo parlare gli uni con gli altri. Spesso mia moglie ed io abbiamo viaggiato nella Regione e abbiamo visto che c’è mancanza di curiosità, soprattutto da parte della maggioranza, tra persone di fede: questo non dovrebbe accadere, se dobbiamo cercare di attuare tutti quei principi relativi ai diritti dell’uomo e contenuti nella Dichiarazione universale. Direi poi, per concludere, a tutte le comunità cristiane mediorientali, che bisogna garantire che anche loro siano presenti ai tavoli dei negoziati. Dobbiamo mirare a questo.
E a voi direi che dovete forse approfondire un po’ la conoscenza di quello che sta succedendo nel Medio Oriente, se ancora non l’avete fatto, perché quello che succede lì avrà effetto anche su quello che succede qui, come sapete, per esempio, dalla situazione del Nord Africa, dove fate delle associazioni e rafforzate la collaborazione. C’è già tutta una generazione che sta assumendo posizioni di leadership nel mondo musulmano: il cardinale Scola e anche Farouq hanno avviato processi importanti.
Infine, vi lascerò con un aneddoto: ho presentato mia moglie a mia mamma e ai miei genitori quattordici anni fa. Ho detto loro: sposerò questa donna cristiana. E mia mamma, che è una musulmana praticante e donna di fede profonda, ha instaurato un rapporto bellissimo con lei, perché sono entrambe donne di fede. Noi abbiamo imparato che possiamo approfondire la nostra fede e capirci meglio. L’abbiamo fatto nella nostra vita personale e questo è ciò che spero accada in questo nuovo Medio Oriente. Grazie.

ROBERTO FONTOLAN:
Grazie, veramente grazie per il grande panorama che ci ha offerto questo nuovo amico del Meeting che speriamo di poter avere anche in altre occasioni. Ora cedo brevemente la parola a Franco Frattini, che è stato più volte ministro degli Esteri, commissario europeo e dirige la fondazione De Gasperi. Immagino che, ascoltando queste parole, abbia trovato tanto di quello che ha fatto in questi anni, perché il tema della libertà religiosa è stato uno dei grandi temi della sua azione politica e della sua azione di Governo. Grazie, ancora una volta, per essere qui con noi.

FRANCO FRATTINI:
Grazie molte, davvero. Ancora una volta, cari amici del Meeting, per questa occasione, una delle rare occasioni in cui si può riflettere in modo serio sui valori e sui principi assoluti che toccano la sostanza dell’essere umano. Parlando di libertà religiosa, noi parliamo di uno dei diritti e delle libertà fondamentali della persona, che oggettivamente nel mondo e nel sistema del contesto internazionale attuale sono tra i più sacrificati. Sono i diritti, su cui più spesso si registrano violazioni e sono poi le libertà e i diritti, quelli della pratica della propria fede, su cui invece, altrettanto frequentemente, si registrano dichiarazioni solenni, proclami formali, ma si continua a soffrire, si continua nel mondo ad essere perseguitati. Al professor Shaikh, che ci ha dato una visione estremamente illuminata dei rapporti tra le religioni, tra le culture, voglio dire che sono ben chiari i drammi degli scontri, ad esempio tra sunniti e sciiti, in molte parti del mondo, ma a noi, a me cristiano, sono altrettanto chiari drammaticamente i momenti di vera e propria persecuzione dei cristiani nel Medio Oriente o in alcuni Paesi dell’Africa: sono realtà a cui non possiamo certamente voltare le spalle.
Che cosa vuol dire garantire la libertà di religione? Perché su questo c’è molta confusione. La mia visione, che poi, fortunatamente, è largamente condivisa, è che se la mia fede deve essere garantita, io debbo avere la garanzia di praticarla, non solo nel privato ma nel mio rapporto con l’esterno. Debbo avere il diritto e la possibilità di praticarla in pubblico, con i suoi simboli, con i sacramenti, non nascondendomi: questa è stata la battaglia di valori e di principi che l’Italia ha combattuto perché fosse riaffermato il diritto di esporre il crocifisso nelle classi delle scuole di questo Paese. Fu una battaglia con coloro che dicevano: la tua fede la professi in privato, ma il simbolo della fede, il crocifisso, non lo puoi affiggere nella classe di una scuola. Caparbiamente, andando fino all’ultima istanza della Corte per i Diritti dell’uomo, noi abbiamo ottenuto invece questa importante affermazione. Lo voglio dire perché sono tra quelli che credono profondissimamente nel dialogo tra le culture, le civiltà, le religioni: però non dobbiamo dimenticare che vi sono milioni di cristiani nel mondo a cui è proibito per legge di celebrare il Sacramento. Questo vuole dire mettere un primo pilastro su che cosa sia la libertà di religione, non solo il rapporto con l’eterno ma anche la possibilità di praticarlo. Vi sono Paesi in cui esistono leggi – lo dico al professor Shaikh, pakistano – contro la blasfemia, che sono interpretate come motivo di discriminazione religiosa verso alcune comunità di minoranza. Proprio al Meeting, lo scorso anno, ricordammo un martire cristiano pakistano: il ministro Bhatti, che proprio contro quella legge per la blasfemia si era battuto. E i terroristi lo hanno ucciso. In un Paese amico dove l’altro ieri è stata arrestata una bambina di tredici anni, down, cristiana, accusata in base alla legge della blasfemia di avere compiuto non so neanche quale atto sacrilego. Non usiamo gli strumenti del diritto, non usiamo le leggi per proibire e per discriminare.
E veniamo a noi europei, che parliamo sempre di spread tra i nostri titoli italiani e i Bund tedeschi, e non parliamo mai di un vero spread morale tra la pienezza del diritto e la realtà della negazione di questo diritto, in tante parti del mondo. Questa è una differenza che dobbiamo colmare con la politica, con la fermezza dei nostri valori, dei nostri principi. Non possiamo continuare a voltarci dall’altra parte, nel migliore dei casi ad essere indifferenti, quando in Nigeria continuano a morire i cristiani, colpiti perché cristiani, lo dobbiamo dire adesso, non possiamo dire che sono colpiti per qualche altra ragione. E’ questa l’indifferenza che uccide altrettanto gravemente della mano dei terroristi: l’indifferenza. Questo è un punto su cui credo che questo Meeting debba richiamare una forte attenzione. Non penso che la nostra Europa possa soltanto crescere nello sviluppo economico, se su questi temi continuerà a mancare di una identità, di un’anima profonda, che ci faccia finalmente reagire: per questo ho molto apprezzato le parole che il professor Shaikh ci ha detto sui rapporti con i Paesi che escono dalle rivoluzioni arabe. Il Santo Padre ci dice con grande chiarezza che vi sono valori assoluti. Papa Benedetto ci ha parlato del valore assoluto della vita, della dignità umana, dell’eguaglianza tra donne e uomini: io penso che questi non siano valori soltanto per i cristiani ma per tutti coloro che sono autenticamente credenti, perché il valore dell’infinito, il valore dell’eterno non può dimenticare che la persona umana è sempre e comunque al centro, in tutte le culture, in tutte le civiltà, in tutte le religioni. Ecco perché, cari amici, io non credo allo scontro tra le religioni, io credo allo scontro tra coloro che sono intolleranti e si rifiutano di ascoltare e di comprendere, coloro che vogliono sacrificare – come fanno i terroristi, in una sorta di dittatura, di totalitarismo del ventunesimo secolo – ai loro principi che sono non principi, che sono non valori, i valori autentici. Non c’è uno scontro tra religioni, c’è uno scontro reale tra coloro che cercano di soffocare la persona umana e coloro, come noi, che, attraverso il dialogo, vogliono affermare la persona umana.
E allora sono d’accordo ancora con il professor Shaikh: questa è una delle sfide principali per l’Islam politico che sta emergendo dalle rivoluzioni arabe. Lo dico con altrettanta franchezza: se le leadership che hanno vinto le elezioni democraticamente non riusciranno a far prevalere un ordinamento civile che tuteli tutte le religioni, rinunciando ad un sistema teocratico assolutista, quelle rivoluzioni arabe saranno fallite perché il principio di quelle rivoluzioni era dignità per le persone, sviluppo, opportunità per i giovani. Se si sacrificano i diritti delle persone, vi è il germe del fallimento dei principi rivoluzionari che hanno portato in Egitto, in Tunisia, in Libia, ora in Siria, tanti milioni di giovani a ribellarsi.
Ricordo ancora un fondamentale passaggio del discorso fatto al parlamento tedesco da Papa Benedetto XVI. Papa Benedetto ci ricorda che non può essere, parlando degli ordinamenti teocratici, la religione a stabilire se una legge sia giusta o non sia giusta, e che, semmai, sono le coscienze a stabilirlo. E il Papa parlava ai legislatori che potranno indurre le persone a rifiutarsi di accettare o di approvare una legge che, ad esempio, sacrifichi un diritto assoluto della persona. Questo è un monito molto importante contro i rischi della teocrazia, che finisce poi per essere la negazione di valori assoluti, come ad esempio, tra i più importanti, la libertà di tutte le religioni. Ed è per la stessa ragione che non accetto l’idea di coloro che dicono, come lo dicevano i dittatori prima di cadere, come ora dice il dittatore sanguinario, il presidente siriano Assad, che solo con un regime autoritario le minoranze religiose potranno essere tutelate. Non mi rassegno all’idea che, per tutelare i cristiani di Siria che erano lì, da secoli e secoli, ancor prima che gli amici, i fratelli musulmani della Siria entrassero e vivessero in quella terra, occorra tenersi il dittatore Assad. Dobbiamo essere forti nel pretendere che il dittatore lasci, e al tempo stesso, nell’accompagnare il popolo siriano verso la garanzia assoluta, che tutte le religioni, che sono una ricchezza per la Siria, continuino ad essere una ricchezza vivente.
Questo vuol dire avere una visione, un ideale. Arrivando alle conclusioni, credo che noi europei dovremmo essere forti, motivati ed attivi per fare questo. E qui, qualche lamentela permettetemela, da ex vicepresidente della Commissione europea ed ex ministro degli Esteri: un’Europa che due anni fa, sulla forte spinta dell’Italia, ha deciso un monitoraggio sulla situazione della libertà religiosa in tutte le rappresentanze diplomatiche del mondo, dove c’è un’ambasciata, dopo due anni non ha ancora ricevuto una riga di rapporto che descriva quali siano i Paesi più problematici e quali siano i Paesi dove, invece, la situazione sta migliorando. Vedete, un’Europa che, piuttosto che finanziare le missioni religiose o le associazioni di volontariato, continua indiscriminatamente a mettere grandi somme nelle mani dei Governi, che fanno poco o nulla per garantire la libertà di religione, è un’Europa che rischia di non saper scegliere. E quando non si sceglie, quando si continua a considerare tutti come se tutti facessero egualmente bene, alla fine rischia il male generalizzato. Un’Europa che doverosamente e giustamente contrasta l’islamofobia – io ne sono tra i più convinti sostenitori – è un’Europa che spesso quasi si vergogna di dire ad alcuni Paesi che per andare a messa non ci si deve nascondere, come io personalmente ho visto, partecipando ad una messa nel sotterraneo di un’ambasciata italiana, perché se la messa si fosse celebrata fuori ci sarebbero stati grandi problemi per i fedeli cristiani che andavano la domenica a celebrare e ad ascoltare la messa. Questo è il compito di un’Europa che, a mio avviso, vuole essere attore politico.
Ed ecco la mia conclusione: c’è uno spread, una differenza morale che dobbiamo ridurre e abbattere, tra proclami, buone intenzioni ed azioni concrete, perché se noi ancora permettiamo al relativismo, al positivismo di dettare qualche volta la linea dell’Europa, ci confronteremo con popoli, con civiltà, con culture che, al contrario dei relativisti, sono molto convinti dei loro valori, delle loro radici, della loro identità. E noi che, per fortuna, le radici le abbiamo, e nascono dalla millenaria tradizione cristiana, ci ripieghiamo sul positivismo e sul relativismo. È questa la garanzia assoluta perché l’Europa perda o, meglio, non abbia mai una vera credibilità come attore politico sulla scena internazionale. Io, che sono un fervente europeista, vorrei che la mia Europa, la nostra Europa, fosse un attore politico capace, come ci ha ricordato il professor Shaikh, di avere con popoli e culture diverse un dialogo vero, basato sul confronto, non sempre sulla retrocessione di noi europei dinanzi a coloro che ci parlano, ci propongono. Noi ascoltiamo e poi il relativismo impera. Sarebbe un errore grave, cui le leadership europee non dovranno mai cedere. Vi ringrazio.

ROBERTO FONTOLAN:
Grazie, presidente Frattini, anche per l’energia con cui ci ricorda il grande, tante volte troppo debole, mancato ruolo dell’Europa. Ora cedo la parola al sindaco di Roma Capitale, Gianni Alemanno, che è stato più volte al Meeting. Questa è un’occasione un po’ particolare, perché non parleremo di politica italiana né di amministrazione di grandi città né di sussidiarietà. Perché, grazie a una sua iniziativa, la città di Roma sta riscoprendo un po’ la sua vocazione universale, ed è per questo che abbiamo proposto al sindaco di Roma di intervenire in questo incontro, proprio in tema di libertà religiosa. Sentiamo di che cosa di si tratta.

GIANNI ALEMANNO:
Grazie, amico Fontolan, grazie a tutti gli amici del Meeting di Rimini per questo invito.
E’ abbastanza facile intervenire dopo l’intervento di Franco Frattini. Egli ha detto molte cose, tutte condivisibili, però io voglio sottolineare bene quale sia il tema, il problema che abbiamo di fronte. E per farlo, voglio fare riferimento alle pagine dei giornali di due giorni fa. Era il 18 agosto, c’era stata in Russia la sentenza che ha condannato a due anni le tre ragazze che hanno cantato dentro la cattedrale: è stato un gesto controverso, forse la sentenza è stata pesante, comunque queste ragazze hanno commesso un reato. Tra l’altro, avevano profanato una chiesa, con il loro concerto. Ebbene, se voi il 18 agosto aprivate le pagine dei giornali, riportavano in prima pagina un ampio spazio rispetto a questa presunta violazione dei diritti umani per quella sentenza, giudicata troppo pesante. Il giorno dopo, solo su Avvenire, con un piccolo richiamo in prima e con l’articolo che è stato poi ripreso solo oggi dal Corriere della Sera in diciassettesima pagina, c’è la notizia di quello che ha detto Franco Frattini, e cioè che una ragazza di undici anni, disabile, Rimsha Masih, è stata incarcerata, in Pakistan, perché giudicata blasfema, in quanto qualcuno dei vicini avrebbe visto che bruciava o metteva dentro la spazzatura due o tre pagine in cui si parlava del Corano. Questa ragazza di undici anni, disabile, arrestata e sottratta al linciaggio della folla, merita la diciassettesima pagina del Corriere della Sera di oggi, mentre solo Avvenire ne parla in prima; e tre ragazze che avevano comunque profanato una chiesa, che non state condannate a una condanna forse più pesante, vengono messe in prima pagina, con evidenza, su tutti i giornali italiani.
Ecco, questa è la differenza di comunicazione, il primo problema di cui stiamo parlando, perché purtroppo quando non avvengono eccidi di gravità inaudita, come quelli che vediamo in Nigeria e in tante parti dell’Africa nei confronti dei cristiani, il tema della libertà religiosa, quella che quotidianamente nel mondo impedisce innanzitutto ai cristiani di professare la loro fede, diventa secondario e viene giudicato, anche dalla nostra cultura, anche dalla nostra stampa, come secondario rispetto ad altre violazioni di diritti umani, ad altri problemi, ad altre realtà che toccano la persona umana. Ecco, questo primo concetto va rovesciato con forza perché la libertà religiosa tocca l’intimo della dignità della persona umana e lo tocca in maniera così ingenua, così libera da dinamiche sociali, economiche, che quando viene violata è la spia rossa, l’indicazione chiara che si sta travolgendo il diritto della persona a esprimere se stessa.
Noi dobbiamo mettere la libertà religiosa come primo elemento di attenzione rispetto alla difesa dei diritti, della dignità della persona umana in tutto il mondo: questa è la grande sfida, e per questo, ormai due, tre anni fa, nel 2009, quando Benedetto XVI venne in Campidoglio come gesto quasi di omaggio ma sottolineando la vocazione di Roma, noi prendemmo l’impegno di realizzare un Osservatorio per le libertà religiose che avesse sede a Roma e che appunto si appoggiasse sulla vocazione universale, come diceva prima Fontolan, della nostra città. C’è voluto molto tempo: alla fine ci siamo riusciti, in collaborazione con il ministero degli Affari Esteri, e a questo osservatorio ha preso parte lo stesso Fontolan, come componente del board di questo osservatorio. Cosa vogliamo fare e cosa pensiamo? Noi pensiamo innanzitutto di guardare all’identità della nostra città di Roma. Roma è il centro del cristianesimo, la capitale del cristianesimo, eppure ha la più grande moschea musulmana di tutta Europa, eppure ha la più antica comunità ebraica del mondo, eppure ha un livello di tolleranza e di apertura religiosa che non ha eguali nel mondo.
Allora, partendo da questo esempio che va rivendicato – perché vanno rivendicate le cose belle che avvengono sul nostro territorio nazionale -, noi riteniamo doversi dare, giorno per giorno, quello che la cortina di silenzio che mina in profondità i diritti e la dignità della persona umana, nasconde, partendo dalla libertà religiosa: sfidarla ogni giorno, non accettare di essere tolleranti rispetto a quello che avviene ogni giorno, rispetto a chi viene compromesso, rispetto alla dignità. E su questo va fatta anche una riflessione politica, perché oggi, nei tempi in cui si moltiplicano le persecuzioni nei confronti dei cristiani in tutto il mondo, dobbiamo chiederci perché c’è un crescendo, un’escalation. Io personalmente ritengo che, dopo tanti anni in cui l’oggetto dell’anti occidentalismo, di determinati fanatismi, poteva essere la potenza militare degli Stati Uniti o la potenza economica delle multinazionali, oggi forse si ritiene che, magari, è più scomodo prendersela con queste potenze economiche o politiche ed è molto più facile prendersela con dei poveri disgraziati, le povere minoranze abbandonate, in larga parte fatte da persone di poverissima situazione economica, di scarsissime risorse e potenzialità. E’ più facile prendersela con loro per manifestare una tendenza antioccidentale che sta ed è presente dentro le minoranze di fanatici, dentro le realtà del fondamentalismo. In un certo senso, è come se l’Occidente avesse un debito nei confronti di queste minoranze cristiane, perché sono quelle che pagano oggi il prezzo dell’antioccidentalismo che avviene in quei Paesi: e questo è un dato su cui noi dobbiamo riflettere con attenzione, perché è un dato politico.
Aggiungo, che su questo tema – lo ha già detto bene Franco Frattini -, c’è un principio di reciprocità che andrebbe affermato con forza. Questo è il punto. Se noi, giustamente, doverosamente, rispettiamo libertà religiosa di tutti nelle nostre città, a cominciare dalla capitale del cristianesimo, la reciprocità che deve essere chiesta agli altri popoli, agli altri Stati, alle altre realtà è di un eguale rispetto. Non può essere un elemento, una rivendicazione sottaciuta da nessun punto di vista: la reciprocità deve stare al tavolo di tutte le trattative, di tutti i confronti diplomatici che avvengono oggi al mondo. Guai a dimenticarsene.
E deve essere qualcosa che ci aiuta, che aiuti anche gli stessi Governi dei Paesi musulmani, soprattutto quelli nuovi, quelli che vengono dopo la caduta dei totalitarismi, a resistere rispetto alla pressione del fondamentalismo, perché la pressione del fondamentalismo può fare paura, deve fare paura, la pressione del fondamentalismo si fa sentire dentro quegli Stati spesso fragili, nella loro Costituzione. Ma se non c’è una mobilitazione contro il fondamentalismo, anche quelle costruzioni democratiche saranno alla fine travolte. Quindi, pretendere reciprocità nei confronti di quegli Stati è un favore che l’Occidente, l’Europa fa nei confronti di queste realtà, proprio per difendere, per aumentare la propria capacità di reagire a questa tendenza, di non piegare la testa rispetto a chi esercita violenza, a chi esercita intolleranza. La storia ci insegna che ogni qualvolta si è piegata la testa di fronte all’intolleranza, l’intolleranza non è diminuita ma è aumentata, è diventata vincente. Non bisogna mai piegare la testa, non bisogna mai chiudere gli occhi di fronte all’intolleranza.
Infine, concludo dicendo che noi abbiamo anche un’altra forma di intolleranza – e anche qua Frattini mi ha preceduto -, l’intolleranza laicista che esiste dentro i nostri Stati, dentro le nostre culture, dentro la nostra società, che pretende di trasformare il senso religioso in un fatto puramente privatistico, anche sulla base di quella sorta di indifferenza che c’è rispetto ai problemi di libertà religiosa. Ebbene, il messaggio che viene dai laicisti, per evitare il conflitto religioso e il rischi del fondamentalismo, è dire che bisogna depotenziare le nostre identità, cioè bisogna essere, tutti quanti noi, un po’ meno cristiani, gli arabi un po’ meno musulmani, e così via. Non è così. Quando le identità crescono in maniera positiva e si fanno sentire, è più facile il confronto. L’altro giorno stavo alla moschea araba di Roma per la fine del Ramadan, sono andato da sindaco di Roma Capitale per rendere omaggio alla fine del Ramadan, questa festa così importante per il mondo islamico. Sono convinto che il senso religioso, l’appartenenza religiosa, sia un bene da far crescere in tutti i popoli, in tutte situazioni, guai a dimenticarsi di questo fatto. E questo è proprio il dato centrale. La vera identità religiosa, la vera appartenenza religiosa è nemica del laicismo, di chi vuole cancellare questa appartenenza, ma altrettanto nemica del fondamentalismo. Se noi sapremo scommettere sul vero senso religioso, riusciremo insieme ad abbattere il pericolo fondamentalista. Grazie.

ROBERTO FONTOLAN:
Mi sono segnato questi punti che affido ai nostri pensieri e al lavoro dei prossimi giorni, grazie a questi nostri testimoni di oggi. Il sindaco Alemanno ha citato questa incredibile differenza che è l’indifferenza della comunicazione, questo tema della religiosità come un bene e non come un peso, come spesso la mentalità contemporanea ci vuole far credere. Il ministro Frattini con energia ha ricordato, tra le tante cose, che il tema della libertà religiosa non è una battaglia esterna, non riguarda gli altri ma riguarda noi, quello che siamo. E in questo senso, un grande punto di domanda, il grande enigma, è se possiamo dire dell’Europa che, come ricordava, in due anni non è riuscita a spendere qualche energia per raccogliere dei dati sul tema della libertà religiosa nel mondo. È interessante, questa storia, è questione di una battaglia non esterna perché, come ricordavo all’inizio, persino i vescovi americani, che certo non sono degli estremisti, ricordano che in questo momento, negli Stati Uniti, c’è in corso una questione molto forte che, comunque la si voglia pensare o definire, riguarda proprio l’essenza della libertà religiosa.
Devo dire che quando Salman Shaikh ha citato Giovanni Paolo II e il suo "Non abbiate paura", ho avuto un sussulto perché è il richiamo a non avere paura della realtà. E noi, con don Giussani, tantissime volte, ci ricordiamo che la realtà è positiva e non possiamo avere paura della realtà che cambia. E con questo spirito, con questo approccio a guardare a quello che accade nel mondo e alle sue trasformazioni, i sentimenti del pessimismo e dell’ottimismo non hanno nessun significato, sono lenti deformanti. E’ bello questo concetto, bellissima la ripresa di questo concetto, "Non abbiate paura", perché sarebbe come avere paura del reale. E’ infine con emozione che voglio citare le ultime parole di Sua Beatitudine Chrysostomos II, che ci ha ricordato come noi, l’Europa, la nostra umanità di oggi sia sotto esame a Cipro, in questo piccolo e carissimo Paese. Ha concluso dicendo che il contesto storico testimonia che, laddove vengono violate le libertà religiose, esista la stagnazione, la regressione: il valore dell’uomo si azzera e si degrada. Al contrario, laddove esistono e si vivono le libertà religiose, si sviluppa una civiltà prosperosa, là esistono la gioia della creazione e la felicità e la benedizione di Dio. Con queste ultime, emozionanti parole, vi auguro un buon proseguimento di Meeting.

Data

20 Agosto 2012

Ora

11:15

Edizione

2012

Luogo

Sala A3
Categoria
Incontri