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LA SALUTE È CONTAGIOSA?
LA SALUTE È CONTAGIOSA?
Partecipano: Paolo Gradnik, Presidente Fondazione Banco Farmaceutico Onlus; Nicoletta Luppi, Presidente Gruppo Vaccini di Farmindustria; Mario Melazzini, Presidente AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco); Carlo Federico Perno, Docente di Virologia all’Università di Tor Vergata di Roma e Direttore di Virologia Molecolare al Policlinico Tor Vergata. Introduce Gemma Migliaro, Presidente Associazione Medicina e Persona.
GEMMA MIGLIARO:
Buonasera a tutti, vi ringrazio di essere qua. Vi chiedo anche scusa del ritardo con cui siamo arrivati ma è giustificato dal fatto che abbiamo fatto preparare una slide con un numero di telefono che riguarda una iniziativa che adesso la dottoressa Matilde Leonardi dell’Istituto Besta vi illustrerà: come sapete, c’è stato il terremoto e si stanno attivando a vario titolo molte associazioni. Lei ci racconta e ci chiede un aiuto in coordinazione con la Protezione Civile di Forlì e delle zone terremotate.
MATILDE LEONARDI:
Grazie mille, Gemma Migliaro. Ringrazio Medicina e Persona per questo brevissimo spazio. A seguito dei terremoti dell’Aquila e dell’Emilia Romagna, si è creato un gruppo che fa riabilitazione nelle emergenze. Questo gruppo ha una tenda che si chiama “La tenda dell’ascolto”, in collaborazione con la Protezione Civile che si occupa della riabilitazione, sia delle persone disabili al momento del terremoto, sia di quelle che acquisiscono la disabilità a causa del terremoto, sia di coloro che hanno invece patologie croniche che hanno bisogno di una forma di sostegno. Questa tenda verrà realizzata in collaborazione con la Protezione Civile: vista la disposizione geologica, il nostro personale dovrà girare per i paesini, coordinato dal dr. Germano Pestelli. La tenda sarà montata per il 7, 8 settembre, e a turni di due o tre per questa settimana cerchiamo fisiatri, infermieri, fisioterapisti, ogni genere di psicologo della riabilitazione e medici anche internisti che possano occuparsi degli anziani, per tenerli possibilmente vicino alle loro case e non lontani. Il numero di telefono del dottor Germano Pestelli è alle mie spalle. Se quando telefonate dite che avete ricevuto questa informazione in questo Meeting, vi ringraziamo. Nei prossimi giorni la Protezione Civile ci dirà esattamente dove dobbiamo posizionarci e dove si andrà a lavorare. Grazie mille a tutti.
GEMMA MIGLIARO:
Dopo questa importante comunicazione, iniziamo il nostro convegno. Che parte dalle domande che chi lavorava con me, lo stesso personale amministrativo e chi curava l’organizzazione della sanità, si facevano sul senso delle cose che facevo. A molte di esse non ho saputo dare una risposta e quindi, anche adesso che lavoro meno, ho intenzione di proseguire a rispondere, a iniziare dei percorsi, per rubare la parola a Papa Francesco. Perché Medicina e Persona ha sentito il bisogno di organizzare questo evento? Anzitutto, da quando è nata, il mondo sanitario in questi venti anni ha avuto un cambiamento notevole, come del resto tutta la società. È un dato reperibile dalle statistiche, dai dati ISTAT: è aumentata ciò che viene chiamata la povertà farmaceutica, uno dei tanti risvolti della povertà in generale che affligge le persone che vivono con noi. Perciò le persone si curano di meno, vanno di meno dal dentista, comprano meno medicine e addirittura a volte non possono pagarsi il ticket delle ricette. Questo, insieme all’altra tematica che affronteremo nel nostro convegno, è una delle cause dell’incremento di morbilità e anche di mortalità. Per la prima volta dopo tanti anni è accaduto: nel 2015, l’aspettativa di vita alla nascita è, sia pure in minima misura, ridotta rispetto all’anno scorso. E secondo gli analisti, una delle cause è stata questa povertà farmaceutica, cioè il fatto che le persone si curano di meno. Un’altra causa è stata la riduzione della fiducia e quindi della pratica delle vaccinazioni. Per quanto riguarda la riduzione della percentuale dei soggetti vaccinati, riguarda anche e soprattutto le vaccinazioni dell’infanzia, anche quelle obbligatorie per legge e quelle fortemente raccomandate. A me sembra evidente che tutto questo atteggiamento delle persone che non vaccinano sé e non fanno vaccinare i loro figli denoti o indichi una sfiducia nei confronti di quanto viene proposto loro dai medici e dal sistema sanitario. E allora, la domanda è: “Perché questa sfiducia?”. Sicuramente, un dato antropologico è il fatto che le persone sempre più si pensano sole, non si percepiscono più come comunità, come popolo, come gruppo, come persone che hanno legami tali da permettere loro di aiutarsi e sostenersi. Per quanto riguarda le vaccinazioni, ad esempio, ci sono molte paure vere o presunte dei possibili danni derivanti dagli effetti delle vaccinazioni: in parte, queste paure vengono alimentate da informazioni o disinformazioni che viaggiano in rete. Ma una delle motivazioni è legata al fatto che le persone progressivamente non si fidano degli altri, non si fidano del medico che è il loro riferimento e non si fidano della relazione che possono avere con le persone. Questo, che cosa porta? Comporta che la riduzione della disponibilità delle persone a vaccinare i figli riduce la protezione di tutta intera la comunità, poi ce lo spiegheranno meglio i nostri esperti. Questo potrebbe riportare in un futuro anche la ricomparsa di malattie che si credevano eradicate e che, oltretutto, molti di voi che siete qua avete sentito solo nominare: sicuramente pochi di voi conoscono ad esempio gli esiti della poliomielite. È una domanda che ci siamo fatti: questo convegno apre una strada per cercare di provare a rispondere e a capire. Allora, questa occasione ci interessa anche per provare a rispondere a una domanda che secondo noi sta sotto a questi rifiuti, a questa povertà, al bisogno di salute, che è sempre una domanda di un bene più grande per sé e per gli altri. Spesso le persone oggi si chiedono dove possano trovare questo bene per sé e per i propri figli. Un altro dato è che noi ci domandiamo che cosa un’associazione professionale possa fare. La prima opera è fornire strumenti da dati certi desunti dalla letteratura scientifica, dalle esperienze dei professionisti che sono con noi e che vi racconteranno, sia per quanto riguarda il tema delle vaccinazioni, sia per quanto riguarda l’aspetto della povertà farmaceutica, qual è lo stato della realtà attuale, e quindi ci aiuteranno a trarre le necessarie considerazioni e a proseguire, eventualmente ad approfondire le tematiche e a cercare di comprendere sempre meglio. Comunque, per concludere questa mia breve introduzione, volevo ritornare a parlarvi della nostra associazione perché in questi anni di progressiva aziendalizzazione della salute, Medicina e Persona ha voluto rimanere ed è rimasta sempre un luogo aperto a tutti, nel quale, qualunque fosse il ruolo, la mansione dei suoi aderenti, la consapevolezza era che nessuno è tuo nemico: certamente non il paziente ma neanche il collega, l’operatore, l’amministratore. E che nulla, soprattutto, è estraneo al lavoro di ogni giorno, compresi degli aspetti che a noi medici non piacciono, per esempio la progressiva aziendalizzazione, la lotta agli sprechi – no, questa mi piace -, l’attenzione all’appropriatezza prescrittiva, lo sforzo per la prevenzione. Quindi, la nostra idea forte è che la custodia e il valore professionale del lavoro in sanità riguardi tutti coloro che hanno a che fare con il nostro mestiere e che il nostro mestiere, uno dei più belli del mondo perché ha a che fare con il bisogno, si rivolge al bisogno di salute che però è il bisogno di pienezza, di compimento di ogni persona. E quindi, proprio a partire da questo intendimento, io adesso vi presento i nostri relatori a cui darò la parola uno per uno. Sono professionisti, tecnici, esperti, perché la carità senza la tecnica – ho letto ieri nella mostra che ricordava Padre Pernet, il fondatore delle Suore di Martinengo – non si può fare. Allora, i nostri relatori sono, in ordine di apparizione: il professor Carlo Federico Perno, Docente di Virologia all’Università di Tor Vergata di Roma e Direttore di Virologia Molecolare al Policlinico Tor Vergata; la dottoressa Nicoletta Luppi, Presidente del Gruppo Vaccini di Farmindustria; il dottor Paolo Gradnik, Presidente della Fondazione Banco Farmaceutico Onlus, e il dottor Mario Melazzini, o professore, che non ha bisogno di presentazioni, comunque è Presidente di AIFA, l’Agenzia del Farmaco italiano. Do la parola al professor Perno.
CARLO FEDERICO PERNO:
Vorrei discutere insieme a voi l’argomento dei vaccini, visti dal punto di vista obiettivo della scienza. Per fare questo, è necessario capire come si muove la scienza, quali sono i dati che la scienza mette a disposizione e i criteri con cui tali dati sono stati ottenuti e validati. Solo così è possibile capire il portato personale e sociale dei vaccini, al di là delle tante discussioni e prese di posizione a cui assistiamo quotidianamente. La scienza risponde infatti a regole e principi diversi da quelli che informano la società nelle sue articolazioni politiche e amministrative. Essa infatti è basata su evidenze derivate dalla sperimentazione e sulla corretta interpretazione dei dati, a sua volta basata su competenza, esperienza e rigore metodologico. Nel momento in cui le regole della sperimentazione sono state correttamente seguite e rispettate, è alquanto probabile che i risultati ottenuti siano verosimili e quindi ragionevolmente fondati.
Ciò, in altre parole, significa che chi ritiene fallaci i risultati raggiunti in modo consistente, scientificamente valido, riconfermati da altri ricercatori e applicati nella pratica clinica, per confutarli deve necessariamente mettere in pratica altrettante sperimentazioni, ottenere altrettante evidenze scientifiche e confermarle poi in ambito clinico. In altre parole, l’onere della prova è a carico di chi confuta l’evidenza scientifica consolidata e comunemente accettata come veritiera. Quindi, esperienza, competenza e dati sperimentali sono elementi irrinunciabili per ragionare di scienza, più che mai in ambito medico.
Da questa impostazione culturale della scienza medica, derivano due conseguenze pratiche, estremamente cogenti nel mondo moderno:
1. La scienza non risponde ai criteri della democrazia. In democrazia esiste il principio della maggioranza, che governa e promulga leggi che regolano la vita sociale. Di contro, le verità scientifiche non sono tali perché votate da una maggioranza, ma lo sono sulla base delle evidenze che derivano dalle conoscenze specifiche e specialistiche disponibili fino a quel momento.
2. Non tutti hanno gli strumenti per esprimere opinioni scientificamente fondate. Anche se tutti hanno diritto di esprimere opinioni libere, l’essere un esperto ballerino, un esperto cantante, un esperto uomo d’affari e via di seguito non permette di esprimere opinioni cogenti e credibili in ambito medico. Di contro, l’accesso libero al web, nonché la televisione, permettono di esprimere opinioni senza avere gli essenziali strumenti interpretativi suaccennati (dati sperimentali, esperienza, competenza specifica). Ciò rischia di causare grande confusione in coloro che, accedendo ai mezzi di comunicazione di massa, sentono opinioni le più diverse, senza possibilità di verificare la loro fondatezza.
La storia moderna dei vaccini va inquadrata in questo contesto. Proviamo ad entrare in questo mondo.
Le vaccinazioni obbligatorie in Italia hanno prodotto profondi cambiamenti di alcune patologie, riducendo al minimo la loro presenza e la loro diffusione nella popolazione
Il vaiolo è il paradigma dell’efficacia delle vaccinazioni. E’ una malattia gravissima, spesso mortale, altamente infettiva, che ha colpito l’umanità per secoli, lasciando dietro di sé scie di morti e di persone con danni irreversibili (cecità, paralisi). Diffuso in tutto il mondo, introdotto in America dai Conquistadores spagnoli, il vaiolo ha causato circa 3 milioni e mezzo di morti in soli due anni. Il dr. Henderson, morto tre giorni fa, è stato l’artefice dello sforzo coordinato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, finalizzato a vaccinare la maggior parte della popolazione mondiale, 2 miliardi e 400 milioni di dosi di vaccino con un budget di circa 300 milioni. Oggi il vaiolo è estinto sulla Terra, definitivamente eradicato
I polmoni d’acciaio rappresentavano l’unico strumento per sopravvivere alla poliomielite quando colpiva i muscoli respiratori. Era necessario vivere per tutta la vita nel polmone d’acciaio. L’arrivo dei vaccini antipolio negli anni ’60 ha prodotto una corsa a vaccinarsi, nella consapevolezza della gravità della malattia e della necessità di proteggersi.
Dall’inizio della vaccinazione di massa in Italia, entro breve tempo i casi di poliomielite sono spariti, e da circa 40 anni l’Italia è polio free.
In mancanza delle vaccinazioni, o alla loro interruzione se il germe non è stato eradicato, i germi ricominciano a circolare e a produrre patologia. Circa 17 milioni di morti sono stati evitati negli ultimi 15 anni grazie alla vaccinazione antimorbillo. Il patogeno si diffonde liberamente nella popolazione, in caso di assenza di vaccinazione specifica… e può colpire, a seconda dell’infettività, fino alla metà dell’intera popolazione.
In caso di vaccinazione di singoli individui, essi saranno protetti ma il patogeno circolerà liberamente in tutti gli altri… e il risultato finale sarà comunque di infezione massiva di tipo epidemico.
Se la maggioranza della popolazione è vaccinata, il patogeno può entrare nella popolazione, ma il numero di infezioni è estremamente limitato e si estingue in breve tempo per assenza di persone sensibili all’infezione, e quindi infettabili.
La vaccinazione di massa protegge, riducendo la circolazione dei germi patogeni, anche coloro in cui, a causa di difetti immunitari, congeniti o acquisiti (tumori, farmaci immunosoppressivi, età, ecc.), il vaccino non attecchisce e non permette di ottenere la protezione che di solito dà nelle persone sane.
Nessun presidio sanitario è sempre e comunque privo di effetti collaterali. Anche i vaccini possono averne, ma quelli moderni hanno effetti collaterali minimi, mai gravi, e comunque accettabili a fronte dell’enorme vantaggio che la copertura vaccinale permette di avere. Ben 101 studi escludono qualsiasi correlazione tra vaccini e autismo. L’argomento, da un punto di vista scientifico, è ormai fuori discussione, e stupisce che vi siano persone che ancora ritengono vera questa affermazione, totalmente falsa e priva di qualsiasi base scientifica.
GEMMA MIGLIARO:
È ora la volta della dottoressa Nicoletta Luppi, che è presidente del Gruppo Vaccini di Farmindustria.
NICOLETTA LUPPI:
Buon pomeriggio a tutti, sono particolarmente contenta per esser qui oggi. Crediamo come Farmindustria che sia molto importante che tutti gli attori siano presenti intorno al tavolo della discussione, per portare diversi punti di vista. E quindi a maggior ragione ringraziamo gli organizzatori per cercare di arricchire al massimo quella che è oggi la discussione sul valore delle vaccinazioni. Vorrei iniziare, dopo la eccellente e magistrale relazione del professor Perno, con una vignetta che forse un po’ potrebbe avere la presunzione di riassumere il valore e tradurlo in maniera molto esemplificata su quello di cui stiamo parlando oggi. Qui abbiamo un cavernicolo che parla a un altro cavernicolo e dice che qualcosa proprio non va, la nostra aria è pulita, la nostra acqua è pura, tutti noi facciamo molto esercizio fisico, tutto quello che mangiamo è biologico, eppure nessuno di noi vive più di 30 anni. Ecco, c’è stato qualcosa tra quell’età e l’età che fortunatamente noi viviamo oggi, in cui guardiamo quella che può essere percepita come una riduzione dell’aspettativa di vita che, rispetto a quegli anni, è assolutamente non paragonabile. E’ appunto il valore della vaccinazione. Partiamo dai vaccini, visto che siamo aziende del farmaco e di questo ci occupiamo, di portare innovazione tecnologica. Che cos’è un vaccino? I vaccini sono farmaci biologici, quindi sono farmaci altamente complessi. Mi ricollego a quello che diceva il professor Perno: dobbiamo conoscere i dati, quello che c’è dietro, per fornire poi le nostre valutazioni. E allora, che dati sui vaccini dobbiamo conoscere? Innanzitutto, per scoprire i vaccini ci vuole un tempo molto lungo, che può variare dagli 8 ai 190 anni: un tempo molto lungo e molto costoso per quanto riguarda la ricerca, arriva fino a due miliardi di dollari per ciascun vaccino. 8, 10, 12 anni che praticamente si vanno ad articolare attraverso diverse fasi. C’è una prima fase, pre-clinica, che è seguita da altre due fasi cliniche in cui avviene anche la sperimentazione a livello umano: trattandosi di vaccini, si parla di un intervento farmacologico su soggetti sani nei quali l’obiettivo principale è quello di preservare il buono stato di salute. Quindi, devono essere testati su un numero di esseri umani significativamente molto significativo, parliamo di migliaia. Dopo di che, avviene la registrazione e gli studi di ultima fase, di fase 4. Nel momento in cui il vaccino viene messo in commercio, così come avviene per i farmaci, c’è tutta la fase di farmacovigilanza che, nel caso dei vaccini, si chiama vaccino vigilanza. Che cosa vuole dire? Che non finiscono mai gli studi sui vaccini, sia per quanto riguarda la loro efficacia ma anche per quanto riguarda la loro sicurezza e tollerabilità. Altro dato importante che va conosciuto per quanto riguarda i vaccini, al di là di quella che è la ricerca e lo sviluppo di nuovi vaccini, anche per quanto riguarda la produzione dei vaccini, esistono investimenti ingenti perché, di nuovo, bisogna garantire che il vaccino arrivi a destinazione, all’utilizzatore finale. Non parliamo di pazienti perché non si tratta di malati, dobbiamo preservare lo stato di buona salute in maniera perfetta, eccellente. Ecco perché il 70% del ciclo produttivo di ogni vaccino è dedicato al controllo di qualità.
Ma c’è di più: una persona su tre che nel comparto produttivo lavora in ogni azienda del farmaco – non ce ne sono molte, di aziende del farmaco che lavorano in vaccini, siamo rimasti in pochi proprio perché il segmento dei mercati del vaccino è poco produttivo per un’azienda del farmaco -, è impegnata nel controllo della qualità che, ricordo, copre il 70% del tempo. Oltre 50 test di controllo vengono effettuati su ogni lotto di produzione di vaccino, quindi non su ogni vaccino ma su ogni lotto che viene prodotto. Ci sono i controlli di sterilità che impiegano ben 14 giorni di tempo, e c’è un rispetto rigoroso, permettetemi di dire, quasi maniacale di quella che è la catena del freddo, affinché veramente il vaccino arrivi fino al distretto vaccinale, alla ASL, alla farmacia, in maniera perfetta per quello che sarà l’utilizzatore finale. Allora, come diceva prima il professor Perno, ci sono tanti valori della vaccinazione, in primis c’è il valore della vaccinazione del singolo e questo, mi permetto di aggiungere, è un valore che si estrinseca per tutte le fasi della vita. Spesso noi pensiamo ai vaccini, alle vaccinazioni pediatriche: in realtà abbiamo tante opportunità di proteggere noi stessi, la nostra salute. Questi sono i vaccini ad oggi disponibili in relazione a tutte le malattie che ad oggi possono essere prevenute attraverso programmi di immunizzazione per tutte le fasi della vita. Parliamo delle comuni malattie infettive ma anche della possibilità di proteggerci nei confronti di alcune forme di cancro, come per esempio i cancri che sono correlati alle Epatiti B e i cancri che sono correlati al Papilloma Virus, HPV. Quando furono scoperti, li si pensava correlati soltanto al cancro della cervice uterina: ed è per questo motivo che la vaccinazione controllata HPV sparì nelle dodicenni della popolazione femminile. Ma oggi in Italia è già una realtà in 9 Regioni, e speriamo venga presto esteso, attraverso un nuovo piano nazionale vaccini, anche alla realtà maschile, perché ci sono diversi tipi di cancro – come il cancro del pene, il cancro dell’ano e così via – che possono essere prevenuti attraverso questa vaccinazione. Tra l’altro, diversi sono anche i vaccini sviluppo, come possiamo vedere da questa slide: nuovi vaccini anti-batterici, vaccini anti-virali, vaccini parassitari, vaccini antimicotici, vaccini contro le malattie generative. Pensiamo se oggi potessimo avere un vaccino che ci mette al riparo dal poterci ammalare di Alzheimer. Quale offerta di salute di valore più alta, in questo momento, per una popolazione che sta invecchiando! E anche altri tipi di vaccini, come per esempio i vaccini contro le dipendenze. Quindi la ricerca, l’innovazione, stanno andando avanti molto forte, anche grazie al lavoro importante che stanno facendo le case farmaceutiche, sempre e comunque in piena collaborazione con le società scientifiche e con le istituzioni anche a livello politico nei vari Paesi. Qual è l’obiettivo di proteggere la nostra salute come singoli individui attraverso tutte le età della vita? Lo vediamo qua per i bambini: bambini e adolescenti in buona salute vuole dire dare più garanzia, più possibilità a tutti i bambini, anche di studiare di più e di avere più opportunità. Quando pensiamo agli adulti in buona salute, abbiamo l’opportunità di offrire e di generare adulti più produttivi, che possano contribuire alla crescita del Paese, nel nostro caso del nostro paese che vogliamo cambiare per non doverlo cambiare. E lo stesso dicasi per gli anziani in buona salute, che chiaramente oggi più che mai sono un perno importante per la nostra società: perché le due categorie precedenti, bambini, adolescenti e adulti, possano contribuire alla crescita della ricchezza del nostro Paese.
Ma come diceva prima il professor Perno, al di là di quella che può essere la protezione individuale, c’è un valore importantissimo, che fa una grandissima differenza rispetto al resto dei farmaci. Ne abbiamo già detta una prima, di differenza nei confronti dei farmaci: i vaccini intervengono sui soggetti sani e non sui pazienti, sui malati. L’altro valore importante è che agiscono al di là dell’individuo ma hanno un potere enorme nei confronti della collettività. E questo è importante. Di nuovo, ritorniamo al concetto d’immunità di gregge perché noi qui dobbiamo fare una scelta ed è una scelta sociale, scelta culturale, scelta politica e istituzionale, noi dobbiamo scegliere quale tipo di battaglia o di guerra vogliamo giocare. Chi abbiamo di fronte è il nostro amico-nemico, il virus, una delle forme di vita più intelligenti che esistono. Se cerchiamo di colpirlo, troverà il modo di mutare, di adeguarsi in qualche modo per tornare e per colpire più forte di prima. Però, se da una parte questo è vero, dall’altra abbiamo scoperto il modo per non abbassare la guardia ma per mettere in scacco il potere del virus, che è quello dell’immunità di gregge. Perché se ci vacciniamo tutti o comunque raggiungiamo quel fattore famoso, l’erre con zero, abbiamo l’opportunità di debellare le malattie perché il vero obiettivo non è il virus ma la malattia che ovviamente il virus va a generare. Ed ecco quindi gli esempi che abbiamo visto prima, un mondo che si divide esattamente in due, prima delle vaccinazioni e dopo le vaccinazioni, l’esempio del vaiolo, l’esempio della poliomielite. Questi tra l’altro erano i polmoni d’acciaio del Meier a Firenze: si parla di sopravvivere in quei polmoni, ma è vita? Il tetano ma anche l’influenza, di nuovo, tutte le fasi della vita che arrivano fino alla protezione della salute nell’adulto: qui abbiamo la storia della vittoria nei confronti dell’influenza grazie alle vaccinazioni. Il primo esempio, quella della spagnola del 1918, si studia nei libri di scuola come l’esempio che citava prima il professor Perno: ha generato 50 milioni di morti, l’influenza asiatica del ’57 tra 1 e 4 milioni di morti, lo stesso quella di Hong Kong del ’68, tra 1 e 4 milioni. L’ultimo caso recente, l’H5N1, ha avuto un esito diverso perché tra le epidemie precedenti e quest’ultima epidemia c’è stata la vaccinazione. E i risultati sarebbero ancora più eclatanti se davvero si raggiungesse quello che è l’obiettivo di sanità pubblica di vaccinazione, il 75% dei soggetti eligibili, laddove purtroppo nelle ultime due campagne vaccinali siamo scesi pericolosamente al di sotto del 50%. E di nuovo l’obiettivo che ci portiamo dietro, di fronte a una vaccinazione di massa, è andare a proteggere le popolazioni più deboli. Tornando al caso dell’influenza, nel momento in cui ci vacciniamo e quindi limitiamo la circolazione del virus e lo rendiamo meno forte, più debole, noi andiamo a produrre anche nei soggetti cronici che hanno già delle malattie sia a livello respiratorio che cardiovascolare un valore importante perché di nuovo, e questi sono dati pubblici, non sono opinioni, abbiamo un 28% di riduzione dei decessi diabetici perché chiaramente l’influenza accelera la patologia di cui il paziente cronico soffre, il 50% della riduzione degli episodi di infarto, il 24% di riduzione del rischio di ictus e, per quanto riguarda l’HPV, la possibilità di intervenire sulla riduzione delle cause del cancro, perché questa è una possibilità concreta che abbiamo oggi. Questi dati sono il frutto di un’esperienza decennale negli Stati Uniti sull’utilizzo del vaccino contro HPV. Al momento, visto che era partita 10 anni fa, era ancora soltanto nella popolazione femminile: abbiamo una riduzione del 64% della prevalenza dell’infezione di HPV e, di conseguenza, dei nuovi casi di cancro della cervice uterina. Questi sono dati oggettivi che esprimono pienamente il valore scientifico e sociale della vaccinazione: ecco perché, quindi, esiste un mondo prima e dopo le vaccinazioni. Se andiamo a guardare le prime dieci cause di morte nel 1900, possiamo vedere che c’erano appunto queste malattie infettive causate dai virus. Con l’avvento delle vaccinazioni, queste cause scompaiono e salgono in classifica altre cause, però almeno quelle cause di morte le abbiamo messe da parte. E lo stesso si prevederà che succederà anche negli anni futuri, arrivando fino al 2030, dove la maggior parte delle cause di malattia infettiva virale lascerà il passo ad altri tipi di cause di mortalità. E quindi è un’operazione concreta che, da un punto di vista della sanità pubblica, possiamo fare: perché da una parte è vero che ci sono e servono i vaccini, e servono nuovi vaccini per debellare nuove cause di malattie infettive. Ma dall’altra parte, è importante poi che ci siano dei piani eccellenti di sanità pubblica come quelli che abbiamo qui in Italia, che sicuramente hanno fatto scuola anche presso altri Paesi. E poi, un altro esempio importante di quale può essere il contributo dei vaccini dal punto di vista della sanità pubblica. Una delle sfide più grandi che l’Europa e non solo l’Europa, in particolare il nostro Paese vista la longevità, dovrà sicuramente affrontare, è la resistenza anti-microbica. La resistenza anti-microbica è correlata essenzialmente al fatto che purtroppo, per tanti motivi, c’è una minore risposta da parte dei malati all’utilizzo di antibiotici, per cui gli antibiotici attualmente tendono ad essere meno efficaci. Sicuramente servono nuovi antibiotici, sicuramente serve un maggiormente corretto utilizzo degli antibiotici esistenti, ma quello su cui si può sicuramente intervenire è anche un uso appropriato dei vaccini, perché va da sé che se ci ammaliamo di meno, di sicuro ci sarà meno ricorso poi anche all’utilizzo degli antibiotici. Un esempio concreto, di nuovo qua andiamo nella vaccinazione degli adulti, è anti-pneumococcico. In Francia, sono dati pubblicati, l’uso dei vaccini anti-pneumococcico ha contribuito a ridurre l’utilizzo degli antibiotici dal 48% al 30%. E questi sono dati importanti, significativi, che spostano l’equilibrio della salute di una nazione. Citando uno dei prossimi egregi relatori di questa tavola, una questione che giustamente viene sempre posta all’industria: questa innovazione sicuramente ha una portata di salute incredibile, ma è sostenibile? Perché è corretto dire che oggi non si può parlare di innovazione se quell’innovazione non si sposa con la sostenibilità?
Cosa possiamo dire? I vaccini hanno anche un valore dal punto di vista economico, sono un investimento per i diversi Paesi? Sicuramente sì, perché sono la forma di investimento, per un Paese, per i diversi Governi, intelligente, vengono definiti lo smart spending per eccellenza. Diamone qualche esempio. Partiamo dalla vaccinazione per i bambini: è chiaro che se io proteggo la salute dei bambini, faccio un investimento nel lungo termine, perché i bambini hanno davanti tanti anni di vita, si spera, e il nostro compito è quello di cercare di proteggerli. Quindi, se io li vaccino proteggo la loro salute: oltre a dare maggiore quantità e qualità di vita, sicuramente andrò a ridurre gli interventi medici, ottimizzeremo le prescrizioni rispetto alle malattie che non ci saranno, ridurremo le visite ambulatoriali, preverremo le infezioni nosocomiali. Questo va col discorso dell’antibiotico-resistenza di cui parlavamo prima: riduciamo le ospedalizzazioni, i costi sanitari, preveniamo il cancro con quei due vaccini a cui facevo riferimento (HPV e Epatite B) e rispondiamo ovviamente ai bisogni dei medici non soddisfatti. Che cosa produce questo? Per esempio, nella vaccinazione pediatrica, che dal punto di vista del pagatore – vale negli Stati Uniti ma è assolutamente vero anche nel nostro Paese -, per ogni dollaro investito nella vaccinazione ne tornano indietro 3 ai pagatori e 10 alla società. Chiudiamo gli occhi e pensiamo oggi a quante forme di investimento conosciamo per cui, investendo un euro, ce ne tornano indietro 3 oppure 10. Parliamo di vaccinazione dell’adulto. Abbiamo altri due esempi molto concreti. Il primo è quello dell’Epatite B: allora, innanzitutto un risultato straordinario, perché il tasso di prevalenza è sceso del 99%. Questo tra l’altro è un successo tutto italiano, è veramente un esempio per cui i complimenti vanno al Ministero, all’AIFA, all’Istituto superiore di Sanità, per il successo dell’implementazione di questa campagna sulla vaccinazione dell’Epatite B. Ma è un successo che non solo ha abbattuto l’Epatite B in Italia, ha anche portato un risparmio importante: 580 milioni di euro di risparmio netto l’anno. Altro caso importante, torniamo al discorso dell’influenza: l’influenza, ogni anno, tra costi diretti e costi indiretti, cosa risparmia? Da una parte 250 milioni di euro all’anno, dall’altra va a risparmiare 35.000 vite in Italia. Se noi ci vaccinassimo di più contro l’influenza, ovvero se si vaccinasse il 75% della popolazione oltre i 65 ani e i pazienti ad alto rischio, questi risparmi e questi risultati in termini concreti sarebbero superiori, perché avremmo un risparmio ulteriore di 430 milioni all’anno. Pensiamo che la nostra è una società che sta invecchiando e dobbiamo continuare a preservare la salute anche dei nostri anziani. A questo punto faccio anch’io un riferimento molto personale: i miei figli sono con mia suocera in questo momento, guai se non ci fossero i nonni ad aiutare le famiglie proprio nella vita, nel menage quotidiano! Noi sappiamo quello che sarà un disastro a livello europeo: se oggi 4 lavoratori attivi mantengono un pensionato, molto presto, nel giro di 10 anni, saranno soltanto due lavoratori attivi a dover mantenere un pensionato. Quindi, è chiaro che se noi non preserviamo la salute dei pensionati, nessuno potrà pagare le loro cure. E allora, ecco perché è importante che per tutte le età noi possiamo garantire un supporto alla prevenzione, perché la prevenzione vuol dire ricchezza, anche dal punto di vista economico per i singoli Governi, e anche qualità di vita per i suoi cittadini. Non a caso, questa era la dichiarazione che aveva fatto anche recentemente il nostro Ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, dove appunto definisce il valore della tutela della sanità pubblica come investimento in prevenzione generale e nelle vaccinazioni in particolare, il modo più sicuro ed economico per rispondere al dovere di garanzia e protezione della salute delle nostre popolazioni. In un periodo di recessione come quello attuale, investire nella prevenzione e nella promozione di stili di vita attivi e salutari – alimentazione e attività fisica sicuramente rientrano in tutto questo e nelle pratiche vaccinali – non solo è eticamente corretto. Se parliamo dei valori della persona, parliamo anche di eticità della prevenzione, perché la salute è un diritto universalmente riconosciuto ma contribuisce alla creazione di un modello più sostenibile della società. E quindi, che cosa dobbiamo fare? Purtroppo noi lo sappiamo: i vaccini sono vittima del loro successo, perché tante malattie non le vediamo più e purtroppo, come diceva prima il professor Perno, esiste tanta cattiva informazione. La cattiva informazione è il migliore alleato della malattia. E quindi è importante che si facciano anche incontri come questi per diffondere la corretta informazione basata sugli studi clinici, sulle evidenze scientifiche, perché bisogna sapere prima di poter decidere quale strada intraprendere. Anche perché le conseguenze le abbiamo viste, sono che le coperture, soprattutto le vaccinazioni pediatriche ma non solo, anche per quanto riguarda l’influenza, si stanno abbassando, e questo è un dato molto pericoloso, che vede per esempio – per quanto riguarda il morbillo e di morbillo si muore – l’Italia purtroppo al primo posto. Lì c’è la bolla grande che fa vedere ad esempio quanti nuovi casi di morbillo ci sono stati in Italia, rispetto al resto dei Paesi europei: purtroppo noi vestiamo la maglia nera. E quindi, rischiamo veramente di perdere importanti sfide che invece sono alla nostra portata perché, facendo squadra, facendo sistema, i virus li possiamo combattere e li possiamo eredicare. Solo qualche esempio da aggiungere a quelli già citati dal professor Perno, molto recenti. Un esempio è quello sulla meningite: da gennaio del 2015 a fine febbraio del 2016, solo in Toscana 43 persone colpite dalla meningite, 10 delle quali purtroppo sono decedute. E parliamo solo della Toscana: se pensiamo anche all’ultimo caso emerso dal raduno mondiale della gioventù, in cui purtroppo un’italiana è stata colpita da meningite, non ha senso oggi, quando esiste un vaccino per prevenire una malattia terribile come la meningite, non utilizzarlo. Lo stesso dicasi per la difterite: abbiamo dei casi importanti di difterite, come quello per esempio a Calais e anche in Catalogna, dove abbiamo avuto di nuovo dei bambini che sono morti per difterite. Nella famiglia di mio padre, abbiamo avuto dei morti di difterite nell’immediato dopoguerra. Nel 2016, ha ancora senso morire di difterite? E lo stesso dicasi per i casi di meningite purulenta: soltanto a Roma, tre casi l’anno scorso, bambini morti ovviamente in età prescolare. Tutto questo oggi non ha veramente senso, è antistorico. E allora, per concludere: mi piace sempre portare questa citazione del professor Garattini che riassume pienamente i tanti valori della vaccinazione, perché sono davvero tanti. I vaccini sono farmaci con caratteristiche particolari, bastano poche dosi per essere coperti per tutta la vita, in molti casi. Esercitano un’attività preventiva ed evitano però l’insorgere di molte malattie che poi richiedono interventi medici, ospedalizzazioni, trattamenti farmacologici dai costi ingenti. Hanno un costo assai limitato, rispetto ai benefici che producono, e il risultato forse più importante è il fatto di poter debellare la malattia alle sue radici, di poter dire che questa malattia non c’è più. In definitiva, le vaccinazioni rappresentano interventi importanti di sanità pubblica, uno strumento da sostenere con ogni mezzo per scongiurare a tutta la popolazione l’ombra e il peso di malattie infettive che sono invece contrastabili senza problemi. Grazie di cuore.
GEMMA MIGLIARO:
Ringrazio la dottoressa Luppi per la relazione. Passiamo un attimo all’altro aspetto che il nostro convegno voleva trattare, che è quello della povertà farmaceutica, un aspetto che alla nostra associazione interessa molto trattare, anche perché abbiamo dato spazio a una iniziativa di sorveglianza farmacologica della povertà farmaceutica e quindi chiediamo a tutti di andare sul nostro sito a vedere questo lavoro che stiamo facendo. Do la parola al dotto Paolo Gradnik, Presidente della Fondazione Banco Farmaceutico Onlus.
PAOLO GRADNIK:
Grazie, dottoressa Migliaro, e grazie soprattutto ad aver pensato interessante una testimonianza di Banco Farmaceutico in questo incontro, che ci pone la questione di come rendere contagiosa la salute e non la malattia. Cercherò di non deludervi, cercando di illuminare un attimo un’altra faccia della medaglia rispetto ai relatori che mi hanno preceduto e che ci hanno chiarito in modo molto autorevole come un efficace farmaco che abbiamo a disposizione per la prevenzione e la cura può essere rifiutato contro ogni logica razionale. Ma il punto è questo. Anche per rifiutare illogicamente un farmaco efficace, bisogna averlo a disposizione. Per rinunciare alla salute, per fare del male a te, e farlo anche a me, devo prima avere la possibilità di accedere a questa cura. Ebbene, oggi milioni di persone, anche nei Paesi occidentali – non sto parlando di situazioni che persistono e che sono ancora più gravi nei Paesi in via di sviluppo -, ma anche nella nostra Comunità europea, in Italia in particolare, vorrebbero invece curarsi e non possono per ragioni economiche. Questo non è vero solo nei Paesi in via di sviluppo, dobbiamo pensare anche al nostro vicino di casa, perché anche qui in Italia, dove il diritto alla salute è scritto nella Costituzione, dove esiste per fortuna un sistema sanitario nazionale che è tra i migliori del mondo per rapporto costo-beneficio, Censis ci dice che ci sono 11 milioni di italiani che rinunciano a curarsi adeguatamente per ragioni economiche. Adesso non voglio entrare nel merito di come Censis abbia calcolato questi 11 milioni, ma non è molto importante se sono 11, 12 o 7: dobbiamo prendere atto che esiste un tu che vorrebbe curarsi, che vorrebbe un farmaco e non può averlo per ragioni economiche, anche se ho creato uno stato sociale che funziona. Sono persone povere, che oggi in Italia hanno a disposizione per curarsi risorse economiche pari a 4 volte meno di un cittadino medio italiano. Cosa fanno di queste poche risorse? Il 70 % le utilizza per acquistare un farmaco: anche nell’indigenza, l’accesso alla salute che può darti un farmaco è riconosciuto come primario. Questi numeri sono spero sufficienti per richiamare due cose. Uno: non pensiamo che la povertà farmaceutica rispetto ad un accesso di cura possibile sia un problema lontano da noi. No, è a fianco a noi. Due: teniamo presente che tra i mezzi di accesso allo stato di salute il farmaco è uno dei più importanti, se non il più importante. Però siamo al Meeting, che ci ha sollecitato con un tema mica da ridere: “Tu sei un bene per me”. E ci ha ricordato per tutta questa settimana come io debba accogliere te e i tuoi bisogni, di cui sei portatore, non per buonismo ma perché io possa condividere con te la mia stessa esistenza, il motivo per cui esisto: è un fatto etico profondo, non è semplicemente filantropismo caritativo. E mi ha molto colpito il nostro moderatore all’inizio quando diceva che qui non dobbiamo più pensare soltanto a una società socialmente o demograficamente sola (le famiglie, gli anziani, ecc.), che addirittura comincia a pensarsi più sola: mi ha colpito perché il pensarsi solo è il contrario della coscienza che tutelare il bene di un singolo, il bene tuo, è fondamentale per un bene comune più ampio, per il nostro bene comune. Benessere del singolo e della comunità sono due cose connesse, non solo nel contagio dei vaccini ma in tutti i fenomeni sociali e nella salute in particolare. Purtroppo, misuriamo ogni giorno come eccessive disparità economiche, sociali o culturali possono costituire una forza lacerante nella nostra società, oltre che essere moralmente inaccettabili: un’eccessiva disparità – in questo caso stiamo parlando di accesso alla salute, a una cura adeguata – è un fattore non soltanto moralmente negativo ma anche socialmente pericoloso, proprio per la tenuta di questo nostro noi, di questa nostra società. Queste sono le premesse culturali che hanno spinto il Banco Farmaceutico, un gruppo di amici, a mettersi insieme nel 2000 e a creare questa iniziativa che sostanzialmente mette a disposizione gratuitamente farmaci per persone indigenti che vorrebbero curarsi e non hanno i mezzi per farlo. Oggi Banco Farmaceutico è una realtà presente in tutta Italia, risponde al bisogno farmaceutico italiano delle persone indigenti distribuendo gratuitamente, l’ultimo anno, circa 2 milioni di farmaci per un controvalore di circa 16 milioni di euro. Cominciamo ad avere dei cugini/fratelli che ormai da anni operano anche in Spagna, Portogallo, Sudamerica. Chi come me e come qualcuno degli amici che vedo anche in sala ha vissuto l’inizio di questa avventura può dire che è un’idea che ha contagiato, ma la realtà è che il bisogno è molto più grande. Nonostante il notevole sviluppo che grazie a tutti quelli che ci aiutano abbiamo avuto negli ultimi anni, oggi riusciamo a malapena a rispondere al 40% delle esigenze di poco più di mezzo milione di persone (ricordo che l’Istat ci dice che in povertà assoluta oggi in Italia ci sono quasi 5 milioni di persone). Per cui, il tema è come mi pongo di fronte a questo fatto, a questa inadeguatezza misurata, nonostante la mia opera, il mio sforzo. Ovvio che mi posso porre con due atteggiamenti diametralmente opposti. Posso dire: benissimo, ho un mercato 20 volte più grande della mia produzione attuale – in termini fordisti -, allora assumo forza-lavoro, raddoppio le mie produzioni, affitto 12 magazzini in Italia. Questo atteggiamento di crescita industriale senza dubbio ha al centro la produttività, però il punto debole è che in realtà metto al centro della mia attenzione il mezzo e non la persona. E vedete, Banco Farmaceutico è un’esperienza che rende evidente a tutti quelli che hanno avuto occasione di incontrarla come invece al centro dell’efficacia sia un gesto, e anche al centro di quello che richiedi quando chiedi aiuto, una cura, una salute, è l’uomo. Per cui, al centro dell’efficacia di contagiare la salute, anche nell’esperienza di opera caritativa di Banco Farmaceutico, c’è la capacità di testimoniare e di contagiare di testimonianza. E proprio da questo punto di vista, l’unica risposta efficace che in questi anni ho visto essere capace di moltiplicare questo aiuto, questo farsi carico del bisogno, anche farmaceutico, dell’indigente, è testimoniare affinché questo invito contagi. Approfitto del fatto che ci sia qui un insigne rappresentante di Farmindustria, perché un 70% delle donazioni arrivano già oggi dall’industria farmaceutica ma è una goccia nel mare: in realtà – è un auspicio, un primo suggerimento su come rendere più contagioso questo gesto – l’industria farmaceutica ha ancora paura di coinvolgersi. Troppe volte si preferisce magari finanziare delle scuole o dei concerti piuttosto che coinvolgersi col proprio know how: non abbiamo timore di coinvolgerci – forse è un messaggio che può essere dato all’interno dell’industria farmaceutica – con la nostra professionalità, con quello che facciamo, il coinvolgimento è l’unica cosa che funziona. Certo, la testimonianza non deve mai dimenticare la professionalità. Chiudendo, ritorno a un’altra frase che mi ha colpito nell’introduzione del nostro moderatore: “La carità senza la capacità tecnico-professionale non funziona”. Questo è importante, guardate che la testimonianza è efficace quando è professionale, e non c’è contraddizione tra un volontariato che mobilita l’uomo e un’opera professionale, anzi, chi ancora vive questa paura deve vincerla, perché tutto ci dice che è proprio tramite un coinvolgimento della persona, ma una declinazione professionale di questo coinvolgimento, che creiamo la sinergia virtuosa che ci auguriamo sia sempre più capace di rendere contagiosa la salute. Grazie.
GEMMA MIGLIARO:
Senza perdere tempo perché stiamo rischiando di sforare un po’, do la parola al dott. Mario Melazzini, presidente dell’AIFA.
MARIO MELAZZINI:
Buon pomeriggio a tutti, prima di iniziare, un pensiero grandissimo, profondo cordoglio e sentimento di vicinanza alle popolazioni colpite dalla tremenda disgrazia dell’altra notte. Vi porto il saluto del nostro Ministro Lorenzin che è veramente dispiaciuta di non essere qui con noi oggi, perché ieri sera era ancora nelle zone colpite dal terremoto per portare la sua personale solidarietà, oltre che la vicinanza del Governo. E’ questo drammatico evento che mi ha portato a sconvolgere il mio intervento, lasciando perdere le slide, lasciando perdere il ruolo di AIFA in un contesto estremamente stimolante, oltre che provocante, sul titolo, cioè sulla salute contagiosa. Il motivo per cui AIFA ha voluto essere al Meeting è che la conoscono bene gli operatori e gli attori di tutto il settore, ma il cittadino, al quale tutto ciò che fa AIFA è destinato, non la conosce. Anche il tema del Meeting, “Tu sei un bene per me”, testimonia tutto ciò che nella quotidianità fa l’Agenzia del Farmaco con le sue donne e i suoi uomini, tutti i professionisti che collaborano, per garantire e dimostrare che l’altro è veramente un bene, un bene che siamo noi, poi. E quindi, l’opportunità anche in un’occasione come questa di avvicinare, di fare informazione. Visto che la tematica è stimolante, parto con una frase di Papa Francesco che ha detto che noi non viviamo un’epoca di cambiamento quanto un cambiamento d’epoca. Cosa significa? Che noi tutti, a partire da me, quindi, istituzionalmente parlando, piuttosto gli operatori che i cittadini, dobbiamo essere consapevoli nel leggere la realtà del momento che stiamo vivendo, anche nel contesto di ciò di cui parliamo oggi, la prevenzione: quindi i vaccini, strumento fondamentale nel piano della prevenzione 2016/2018 che è stato approvato già alla fine di novembre, poi rimodulato nella Conferenza Stato-Regioni, rispetto alla questione dei costi, perché il piano della prevenzione vaccinale 2016/2018 vale circa 230 milioni. Si parla di costi ma la salute non è un costo, la salute è un grandissimo investimento per la collettività. Riportando ciò che dice il piano mondiale della vaccinazione dal 2011 al 2020, citato nella realtà nazionale dal prof. Perno, è stato previsto l’utilizzo e l’implementazione dell’uso di dieci vaccini, fondamentali soprattutto su patologie virali. Eviteranno 25 milioni di morti. E’ una cosa che ci dovrebbe fare riflettere, ripartendo da quella frase iniziale sul coraggio della lettura della realtà del momento in cui ci troviamo. A maggior ragione, visto che è stato citato l’articolo 39 della Costituzione sulla tutela della salute. Noi abbiamo la grandissima fortuna di vivere in questo Paese, non solo perché ci sono dei professionisti, degli operatori che garantiscono una risposta concreta al bisogno di salute ma anche perché abbiamo un sistema sanitario nazionale solidale e universalistico. Secondo l’articolo 39 della Costituzione, “la Repubblica tutela la salute dell’individuo che rappresenta un interesse della collettività”. Ecco, è una cosa estremamente importante, quanto l’affermazione “tu sei un bene per me”. La collettività intera è un bene ma noi tutti siamo responsabili del fatto che, scientificamente parlando, l’immunità di gruppo o l’effetto gregge, come viene chiamato, può garantire quella risposta e soprattutto quel piano di prevenzione e di tutela della salute. Ecco, ritorniamo un attimo indietro su AIFA: AIFA è l’Agenzia Italiana del Farmaco di cui ho l’onore e l’onere di essere responsabile e rappresentante, un ente ministeriale, che dipende dal Ministero della Salute, vigilato dal Ministero della Salute, dal Ministero dell’Economia e della Finanza e dal Ministero della Funzione Pubblica. Però, qual è l’obiettivo? La tutela della salute attraverso l’ottimizzazione e l’efficientamento del governo della spesa farmaceutica, per garantire che ognuno di noi possa ricevere, in maniera omogenea e appropriata, ciò di cui ha bisogno, dal punto di vista della molecola, del farmaco, della procedura. E qui veniamo alla questione dei vaccini: cosa fa AIFA? È “soggetto garante”, una garanzia che controlla tutto il percorso di sviluppo, se viene fatto in Italia, o su indicazione delle agenzie di altri Paesi, garanzia di totale correttezza, soprattutto di omogeneità nel caso della distribuzione, di sicurezza ed efficacia della molecola, del farmaco, in questo caso del vaccino. Questo è estremamente importante. I vaccini sono prodotti dall’azienda x, y, z, e solo da quelle perché non è che ci siano all’ennesima potenza aziende che si mettono a produrre vaccini. Nonostante le voci che dicono che l’industria del vaccino è un business, io penso che sia una grande risposta e un grande senso di responsabilità sociale dell’azienda nei confronti della tutela della salute: ma questo è un mio parere del tutto personale. L’Agenzia Europea del Farmaco aveva presentato un dossier per cui tutta una serie di requisiti dovevano essere mantenuti. Soprattutto, c’è un documento europeo sul vaccinale, per quanto riguarda la pianificazione, che si pone cinque obiettivi che sono stati recepiti poi nel contesto del Piano della prevenzione vaccinale 2016/2018. Una volta che c’è questa indicazione, il prodotto arriva in AIFA e c’è tutto un percorso scientifico (con la commissione, il comitato tecnico-scientifico, la commissione consultiva tecnico-scientifica di AIFA) per poi passare, nel momento in cui ci sono delle indicazioni che risponde a determinati requisiti dal punto di vista dei principi per la tutela della salute pubblica, al fatto che sia rimborsabile o meno. Quei 30 miliardi che la spesa farmaceutica produce, a fronte di un budget del sistema sanitario nazionale di 110, 115 miliardi, rappresentano una bella fetta: il 78% circa di quei 30 miliardi è totalmente rimborsato dal nostro Sistema sanitario nazionale. Questa è una cosa estremamente importante: a fronte di questo, che cosa fa AIFA? Continua il monitoraggio dell’efficacia del farmaco e, nel caso specifico, del vaccino, perché con l’attività di farmaco-vigilanza o con degli studi post-marketing, i cosiddetti “studi di fase 4”, noi monitoriamo e vigiliamo rispetto agli effetti collaterali. Quindi, a fronte di tutto ciò che è la sfida futura, per far sì che la salute possa essere contagiosa, noi tutti, a partire dalle istituzioni, siamo chiamati ad un grandissimo senso di responsabilità e di consapevolezza. Perché come AIFA dobbiamo essere certi e garantire sempre che tutto ciò che viene fatto e che arriva al cittadino, al paziente, sia corretto, sicuro, efficace. Vista la tempistica, mi avvio a finire dicendo solo tre cose. Prima di tutto, definire il livello di priorità per la salute pubblica, vedere se ci sono disponibili operazioni terapeutiche, avere la certezza di un vaccino sicuro ed efficace, valutare le implicazioni economiche e, soprattutto, la capacità organizzativa del sistema. Ma la sfida più importante è che ci dobbiamo richiamare il valore etico e sociale delle vaccinazioni. Nei casi dei vaccini, l’informazione è la vera cura: la disinformazione, in particolare sui vaccini, è la sfida che noi tutti dobbiamo vincere. Abbiamo questa grandissima opportunità di essere liberi di scegliere: è bellissimo, ma la libertà di scelta deve venire non secondo un principio ideologico ma secondo un principio di corretta informazione. Dopo di che, uno prenderà e farà le sue scelte. In tutto questo, il rapporto del paziente-cittadino con l’operatore sanitario, il medico, ecc., qualsiasi altra figura, è fondamentale. Vi ricordo una cosa: chiudo sulla questione vaccino perché io il vaccino per il vaiolo, l’antivaiolosa, l’ho fatto nella fase della tardo-adolescenza. Quando arrivai all’età in cui mi vedevo sul braccio sinistro questo gettoncino, chiesi al mio papà e alla mia mamma: “Perché mi avete fatto questa cosa che mi rovina il braccio?”. “Ti ha salvato da una malattia molto importante e l’abbiamo fatto perché il nostro medico – che era mio zio – ci ha detto che, per il tuo bene e per il bene di tutti noi, era importante farlo”. Ecco, questa è la cosa fondamentale e chiudo, riagganciandomi a quanto già è stato detto su quel bellissimo documento della Federazione del nostro Ordine, e parlo come medico e non più come Presidente dell’Agenzia, sulla sensibilizzazione, l’informazione e il richiamo di quel grande senso di responsabilità di ognuno. Quindi, i vaccini sono sicuri, sono i farmaci più sicuri in assoluto: sono monitorati dal momento della produzione al momento che ci arrivano nel braccio, sotto la lingua, dove volete. Quanto al futuro, tantissimo è stato detto della personalizzazione del vaccino, dei nuovi vaccini anti-influenzali, che sono fondamentali, dei vaccini per le terapie, su malattie addirittura neurodegenerative, piuttosto che per quanto riguarda i tumori. Ecco, noi dobbiamo avere questa grande capacità di vivere il cambiamento di un’epoca, l’ancoraggio della lettura della realtà e soprattutto la fiducia nei confronti delle istituzioni, perché io, come ente ministeriale, in questo caso pro-tempore rappresentante di un ente ministeriale -, il Ministero della Salute, abbiamo proprio questo obiettivo di leggere la tematica “tu sei un bene per me”. E nella quotidianità facciamo il possibile per tradurre in azione questa bellissima frase. Ma chiediamo la fiducia, non cieca ma dettata dal fatto che voi vi informiate e noi possiamo fare qualcosa di più per sensibilizzare e informare concretamente, per garantire che veramente “la salute è contagiosa”. Grazie.
GEMMA MIGLIARO:
Concludiamo questo nostro incontro ringraziando naturalmente i quattro valenti esperti. Due considerazioni mi permetto di fare: una è che io sono profondamente convinta che non saranno comunque delle risposte sanzionatorie che risolveranno i problemi che abbiamo affrontato oggi, ma una ripresa, una riassunzione di responsabilità, sia educativa sia culturale, ma anche divulgativa, da parte di tutto il personale che lavora in sanità, nei confronti del rapporto con la persona che si affida a lui. E poi, nel ringraziare i partecipanti, mi voglio soffermare a osservare come questo sia stato veramente un esempio di un inizio di percorso, di un lavoro, in cui abbiamo affrontato un tema particolare. Ma abbiamo scoperto anche che la domanda di salute è una domanda che sta al fondo del cuore di ogni uomo, una domanda alla quale, tutto sommato, nessuno di noi può dare compimento.