Cdo for Innovation D3

Ha ragione Hiroshi Ishiguro quando afferma che prima o poi si arriverà a forme di vita «intelligente ma inorganica»? Oppure il famoso guru dell’Università di Osaka si è fatto prendere un po’ la mano? Per dirla con Paolo Benanti, non è semplicemente sbagliato attribuire alle «macchine sapienti un’intelligenza di tipo generale e polimorfa», come quella degli esseri umani?
Per capirlo non bisogna partecipare a un sondaggio on line e votare l’opzione preferita: occorre guardare quello che sta succedendo intorno a noi, nel nostro telefonino, in salotto, in ufficio, sul tram, in sala d’attesa, dal medico o al supermercato. Allora vedremo che già attualmente le tecnologie digitali e la robotica stanno cambiando il nostro orizzonte di vita, al lavoro come in casa. Non serve quindi entrare in un box della realtà virtuale (anche se è molto divertente, chi può, lo provi!), è sufficiente spegnere il “firewall della diffidenza” e provare a capire meglio. Senza cedere al catastrofismo di chi prefigura un mondo dominato dalle macchine, ma neanche rimpiangendo il tempo in cui si andava a dormire con le galline perché non c’era la luce.
Proprio Paolo Benanti, tra i più brillanti divulgatori in materia oltre che docente di Teologia morale ed Etica delle tecnologie alla Pontificia Università Gregoriana, sarà una delle persone che potremo incontrare al Meeting nell’area Cdo for innovation, lo spazio animato dalla Compagnia delle Opere nel padiglione D3 che per tutta la settimana proporrà incontri, dibattiti ed esperienze per tuffarsi, con uno sguardo critico, nel mondo dell’intelligenza artificiale.
Lo scopo è proprio quello di potersi fare tutte le domande sul tema e incontrare qualcuno che ha iniziato a rispondere. In tutti i campi: dall’innovazione sociale all’alta tecnologia, dall’educazione all’agroalimentare, dalla manifattura alla formazione. I nostri spazi, la casa, la città sono abitati da nuovi protagonisti: macchine, robot e nuove tecnologie che stanno tutto il giorno con noi. Semplificano la vita, ma a volte complicano le cose. Li usiamo molto, anche se spesso sembra siano loro a usare noi. Ci interessano, sapendo che nel contempo generano enormi interessi. Meglio spegnerli o accendere la nostra curiosità?