Il giornalista Giorgio Paolucci ce lo racconta
“State facendo un lavoro prezioso. Continuate, queste sono cose utili per battere l’indifferenza e l’ostilità che ci sono in giro. Ora più che mai ci vogliono cose che uniscono, che ci fanno sentire persone, altrimenti il mondo sarà sempre meno umano. E comunque io questa giornata non la potrò dimenticare”. Parola di Joseph, gigante nero nigeriano, uno dei quaranta detenuti che hanno visitato la mostra sulle “nuove generazioni” (Meeting 2017) allestita nella biblioteca della Casa circondariale Ettore Scalas di Uta, in provincia di Cagliari. Lui e i suoi compagni (più della metà stranieri) sono studenti del Cpia1 Karalis (Centro provinciale istruzione adulti), sede carceraria, e per un’ora hanno seguito la presentazione della mostra fatta da Giorgio Paolucci e Omenea Zaid, ascoltando, dialogando, facendo domande. È stata l’ultima tappa di una due giorni intensa, organizzata su iniziativa di Elisabetta Crobeddu, insegnante di Lingua italiana presso la sede cagliaritana del Cpia. “Avevo visto la mostra al Meeting e ho proposto al preside di acquistarla per la nostra scuola, frequentata da molti giovani migranti. Anche gli amici della Caritas, con cui avevamo allestito la mostra sui migranti (Meeting 2016), si sono coinvolti. E abbiamo già ricevuto molte richieste di visite da parte di varie scuole della città”. Omenea Zaid, una ventenne di origine egiziana che frequenta la facoltà di Economia alla Cattolica di Milano, ha dialogato con tanti studenti del Cpia e con i ragazzi del liceo scientifico Euclide. Intanto in carcere Joseph non si è fermato alle parole: ha preso a cuore la mostra, che rimane esposta per una settimana, e sta facendo da guida presentandola ai carcerati che passano in biblioteca.