Viventi, il prodigio della natura

Agosto 2020

di Marco Bersanelli

“Essere viventi” è qualcosa che noi sperimentiamo su noi stessi, forse il più delle volte inconsapevolmente, ma che sempre accompagna la percezione del nostro esistere. Quando poi ce ne accorgiamo, allora nasce un sentimento di meraviglia, di gratitudine, non senza un certo senso di vertigine. Certo noi umani non siamo le uniche creature con questa strana proprietà di "vivere", visto che nessuno di noi negherebbe l’esser vivo a un gatto che corre o a un fiore che sboccia. A noi se mai è data la possibilità, quando ci accade, di cogliere con piena coscienza questo fatto così misterioso e non dovuto. E quello è l’istante in cui nasce lo stupore.

La scienza ci mette davanti agli occhi, almeno in parte, le condizioni multiformi attraverso le quali la realtà corporale degli organismi (fatta delle stesse particelle elementari che fanno i sassi e le stelle) si struttura fino a rendere possibile quel livello della natura che è il vivente. Il grado di finezza che accompagna anche il più semplice organismo, il suo essere (in modo rudimentale finché si vuole) soggetto di una propria storia, la sua costitutiva relazione con il mondo esterno (con "altro-da sé"), la sua fragilità e mortalità, l’insospettabile emergere di regolarità semplici nel comportamento globale di una comunità di viventi, le proprietà che rendono possibile quel prodigio della natura che è l’evoluzione biologica, sono oggetto di ampie riflessioni proposte dallo spazio virtuale “Essere viventi” proposto da Euresis e Camplus a questa Special Edition del Meeting. Lo sguardo posto su queste e altre meraviglie del mondo biologico, accompagnato da studiosi di fama internazionale, è un invito a lasciarsi colpire dalla loro esistenza ora, cercando di coglierne la presenza, il carattere, l’ordine, la storia, il richiamo, la bellezza.

Viviamo un tempo nel quale siamo stati risvegliati alla coscienza di quanto fragile sia la nostra vita, personale e collettiva. E allora abbiamo la possibilità di cogliere ancor più in profondità il vivente come un “dato”, come un fenomeno di portata eccezionale nel quadro della natura. E siamo chiamati a non mancare l’appuntamento. Se per l’universo ci sono voluti quattordici miliardi di anni per fare un filo d’erba, a noi può bastare un istante di semplicità per non perderne la presenza.