MARIJA JUDINA. LA MUSICA DI DIO

Presentazione e proiezione del film documentario sulla vita dell’artista. Regia di Jakov Nazarov. Partecipano: il Regista; Marina Drosdova, Allieva di Marija Judina. Introduce Giovanna Parravicini, Fondazione Russia Cristiana.

 

GIOVANNA PARRAVICINI:
Io sono molto felice e anche molto commossa di poter presentare qui, oggi, due testimoni della persona, della figura e della storia di Marija Judina. Io racconterò qualcosa proprio di lei, della sua figura, delle testimonianze che ho potuto leggere attraverso i suoi scritti. Però qui abbiamo persone che hanno vissuto la loro vita insieme a lei e che hanno poi trascorso vari anni a raccogliere le testimonianze su Marija Judina. E vorrei innanzitutto passare la parola a Jacov Nazarov, che è il regista del film documentario che vedremo tra poco, e che è anche il nipote di Marija Veniaminovna. A lui vogliamo innanzitutto chiedere, prima di passare alla visione del documentario – ne vedremo alcuni spezzoni in modo da poter poi parlare, nel frattempo, con loro – una sua testimonianza e un suo racconto, di come si ricorda Marija Veniaminovna.

JACOV NAZAROV:
Io sono molto felice di essere qui, naturalmente abbiamo poco tempo. Vorrei dire proprio degli ultimi anni in cui io ho potuto incontrarla. Mi sono trasferito a Mosca quando lei era già anziana e gli ultimi suoi anni ho vissuto con lei. Io sono molto felice che pian piano il suo nome stia uscendo, stia varcando i confini della Russia, grazie a molte persone tra cui Giovanna Parravicini, e pian piano diventa possibile per tanti, in tutto il mondo, incontrarla. Mi viene in mente, pensando a mia zia, che è poco conosciuta, a un, come si può dire, un apologo, una parabola. Una persona dopo la morte entra in paradiso, va da San Pietro, e San Pietro le fa incontrare una serie di grandi artisti, pianisti, uomini di cultura. E lui dice: strano io nel mondo frequentavo l’arte eppure non conoscevo tutte queste persone. Beh certo, dice San Pietro, è perché tu conoscevi quelli che sono stati fatti grandi dal potere, dalla ricchezza, dai gusti del tempo, e invece io ti faccio conoscere adesso quelli la cui arte nasce dal cuore di Dio. Si potrebbero dire molte cose di Marija Judina, ma io ne dirò soltanto una, che è quella che io vorrei che vi rimanesse. Lei era una persona assolutamente fuori dal comune, però tutte le cose che faceva, le faceva veramente senza farle pesare come una stranezza, non sembrava una cosa fuori dal normale, era veramente una cosa che veniva dal cuore, dall’anima. Era la sua natura, era il suo cuore così simile al cuore di Dio. Faccio soltanto un unico esempio, poi passiamo al film. Una volta l’avevo accompagnata fuori Mosca in taxi, a trovare delle persone. E il taxi poi ci aveva aspettato perché doveva riportarci in città. E a un certo punto Marija Veniaminovna si è ricordata del taxista, ha preso una fetta di pane, l’ha imburrata e l’ha portata fuori al taxista. Sarebbe stata una cosa molto strana, il taxista probabilmente di fronte a qualunque altra persona l’avrebbe guardata come dire “ma, sei matta?” E invece io ricordo ancora con quanta devozione il taxista ha preso quel pezzo di pane, con quanto gusto, con quanta serietà e partecipazione l’ha mangiato. Era veramente uno spezzare il pane fraterno, era veramente una comunione evangelica. E comunque voglio ricordare che non era da un lato una grande persona e dall’altro una grande artista, ma – e vorrei che questo vi restasse perché è la cosa veramente essenziale – per lei l’arte e la vita, lo spirito e la bellezza erano veramente una cosa sola. E vorrei che vi restasse proprio questo suo testamento: cercare attraverso la bellezza, la Bellezza ultima, suprema che è quella di Dio.

GIOVANNA PARRAVICINI:
Ecco, intanto dobbiamo veramente ringraziare Jacov Nazarov perché questi quadri storici che lui è andato a recuperare, queste interviste che lui ha pazientemente raccolto nell’arco di anni, anni e anni, sono veramente un materiale unico. Pensate come è difficile fare un film su un personaggio, Marija Judina in questo caso, di cui non esistono se non proprio una manciata di fotografie, una decina di fotografie, non esiste neppure un’immagine, neppure un fotogramma di lei che suona. Esistono soltanto poche registrazioni e sono state tutte pazientemente riscoperte, riportate alla luce dalle trasmissioni radiofoniche di decenni, proprio grazie a Jacov Nazarov. E a questo punto vorrei ricordare anche un’altra persona. Marija Veniaminovna Judina diceva spesso: “io vivo in un anello di simpatia mondiale”. Pensate che una persona, una così grande artista, sicuramente una dei più grandi pianisti russi del novecento e dei più grandi pianisti del novecento, non è mai riuscita in vita sua a varcare la cortina di ferro. Nonostante avesse avuto inviti da tutti i più grandi teatri del mondo, l’avevano lasciata andare in vita sua a fare soltanto due tournee, nella Germania Est, e in quella occasione ne aveva approfittato per andare in pellegrinaggio a piedi scalzi, come facevano i pellegrini sul Sepolcro di Cristo, fino alla tomba di Bach, a Lipsia, e poi un’altra volta aveva potuto, sempre negli anni cinquanta, andare in Polonia. Per il resto non ha mai appunto varcato la cortina di ferro. Eppure questa donna diceva e scriveva “io vivo in un anello di simpatia mondiale”, era in corrispondenza con tutte le personalità più significative del mondo musicale, artistico, culturale, filosofico e religioso del tempo. E non soltanto in Russia, nell’Est Europa, ma anche in Occidente. Ed è rimasta una immensa mole di lettere sue. Tutte queste lettere naturalmente erano manoscritte, non pubblicate, aveva anche pensato di scrivere delle sue memorie, erano intercorse delle trattative. Ma poi anche questo era rimasto lettera morta, perché era una donna appunto non ortodossa agli occhi del regime. Ma proprio questa sua grandezza umana e artistica, come diceva prima Jacov Nazarov, ha fatto sì che intorno a lei questo anello di simpatia mondiale in cui lei è vissuta, sia continuato. Noi oggi abbiamo qui Jacov Nazarov, Marina Drosdova, ieri sera avete ascoltato altri artisti che sono stati suoi allievi come Victor Derevianko, insieme a sua moglie Diana, Yuryi Fedorishchev, cantante lirico, chi di voi è stato ieri sera allo spettacolo, e tante altre persone, che hanno contribuito in tanti anni, unicamente su base volontaria, a raccogliere tutti questi testi, questi materiali. Oggi con noi avrebbe dovuto essere anche Anatoly Kuznetsov. Anatoly Kuznetsov era un critico letterario che ha passato anni e anni della sua vita proprio a fare questo lavoro, negli archivi, chiedendo, scrivendo, mettendosi in comunicazione con mezzo mondo, e pensate che fino adesso sono usciti 6 volumi di lettere, di corrispondenza tra Marija Judina e svariate personalità di tutto il mondo e tutto questo grazie agli sforzi di Anatoly Kuznetsov, che è mancato purtroppo. E senza di lui né il mio libro, né il film avrebbero potuto uscire. È mancato nel giugno scorso. Poi lo vedremo in uno spezzone del film, ma è veramente uno dei tanti invisibili che hanno contribuito a portare fino a noi, a quarant’anni dalla morte ormai, la memoria di questa donna straordinaria. E vorrei ancora, poi ritorniamo a un altro pezzo di film, vorrei ricordare un altro aspetto di Marija Judina, questa sua passione per la novità. Era una novità artistica, pensate, una donna ormai di mezza età, cinquantenne, allevata ed educata sulla cultura classica, Bach, Beethoven, Brahms, che ad un certo punto scopre la musica contemporanea, Stravinskij, Shostakovich e così via, Schönberg, la musica contemporanea all’avanguardia. Ma in che modo la scopre? Mentre per l’occidente l’avanguardia molto spesso è stata proprio una rottura con il passato, un no alla tradizione, Marija Veniaminovna diceva: “io passerei la vita ad ascoltare e suonare Bach, ma devo, dobbiamo suonare questa musica contemporanea, perché è un grido di disperazione. E la disperazione è il primo passo sulla soglia del pentimento”. E quindi suonava Mozart come un inno, un canto di requiem per le vittime del lager, poi ne sentiremo parlare, ma suonava la musica contemporanea come un invito all’uomo moderno a riscoprire quel grido del cuore che lo riporta a Dio. E a un critico musicale occidentale, grande sostenitore dell’avanguardia, scriveva: “caro signor intellettuale, nessuna fede religiosa, nessuna religiosità è scontata. Noi dobbiamo cercare tutti i giorni la novità. Ma cos’è la novità? Come Bach ogni domenica componeva una nuova cantata, così anche noi ogni giorno dobbiamo vibrare nel nostro cuore, dentro di noi, in attesa del miracolo che ci sorprende ogni giorno, da Dio, dall’uomo, dalla realtà”.
A Marina Drosdova, che è stata una delle alunne, delle allieve di pianoforte e poi collega di Marija Veniaminovna Judina e che per tanti anni ha suonato e ci sono varie incisioni in cui le due pianiste suonano delle opere insieme, vogliamo chiedere chi era Marija Veniaminovna come insegnante, che cosa è stato averla come maestra di musica, ma credo anche come maestra di vita.

MARINA DROSDOVA:
Io non risponderò immediatamente a questa domanda, racconterò in due parole la storia del mio incontro e di come sono diventata prossima di Marija Veniaminovna. E io credo, adesso posso dirlo, e non sono parole grosse, che questo è stato proprio per me un incontro del destino, qualcosa che era stato disegnato prima, dall’alto. E proprio questo significato sarà la risposta alla domanda che mi avete fatto, e cioè quale è stato il significato, il ruolo e che cosa era Marija Veniminovna come insegnante per la mia vita. Perché sarebbe potuto succedere che io passassi di fianco a Marija Veniaminovna senza conoscerla, senza entrare in rapporto con lei. Avrebbe potuto essere diversamente, io stavo frequentando l’istituto Gnessin, ne abbiamo sentito prima parlare, a Mosca, un istituto musicale molto prestigioso, ero ormai al secondo anno e dovevo scegliere anche una classe di musica da camera. C’erano vari docenti e io mi chiedevo chi fosse il meglio, cosa potessi meglio scegliere, e mi sono rivolta a un mio amico, un mio compagno di corso, Victor Derevianko che è qui presente tra noi, e mi ha detto: “ma prendi e vai soltanto da Marija Veniaminovna, è lei e nessun altro!”. Allora sono andata da lei, con una certa timidezza e un certo timore. Lei mi ha chiesto il mio nome e quando io le ho detto “mi chiamo Marina Drosdova”, lei si è illuminata in volto. Io al momento non ho capito, ma poi ho capito che il mio nonno, Vladimir Nikolai Drosdov era stato suo insegnante di conservatorio, allora era un giovane insegnante ai tempi quando lei a sua volta era una allieva. Quindi il ricordo di lui ha fatto sì che lei mi prendesse in simpatia e quindi è nato tra di noi un rapporto di estrema amicizia, di estrema fiducia, che è continuato poi per tanti anni. E quindi è cominciato il nostro rapporto di anni e anni tra maestro e allieva. Però vorrei sottolineare una cosa: lei non si è mai data delle arie, non si è mai messa su un piedistallo, ci trattava da pari a pari, eravamo unite da una ricerca e da un amore comune, sebbene noi certamente ci rendessimo conto della vetta immane che era lei e di come noi fossimo principianti. E adesso racconterò i come lei insegnava.
Era impossibile con Marija Veniaminovna distinguere quelle che erano le lezioni vere e proprie dalla vita in comune: lei ci attirava, ci tirava dentro nella sua vita, e, come è già stato detto prima, lei per esempio aiutava una quantità immane di persone, di persone bisognose, di persone sofferenti, aveva un’enorme cerchia di personalità di cultura, di arte, di fede a cui prestava aiuto e con cui era in rapporto. E allora ci tirava dentro in questa sua immensa carità, cosa di cui noi non sempre eravamo proprio del tutto soddisfatti, perché si trattava di galoppare per tutta Mosca, andare a prendere qualcosa da qualcuno, portare qualcos’altro, aiutare uno per un trasloco; però, al tempo stesso, era una possibilità per noi immensa di incontrare persone, di fare esperienza di questa grande comunione, di questo grande anello di simpatia in cui lei viveva.
C’è un proverbio russo che dice: “La più vicina a te è la tua camicia”, ecco per Marija Veniaminovna era il contrario: la più vicina a lei era la camicia degli altri, e se la sarebbe tolta per darla agli altri; e non che lei ci volesse insegnare a tutti i costi a comportarci anche noi così, ma lei viveva in modo tale che era impossibile, stando insieme a lei, non fare così. Magari al momento uno faceva anche fatica, brontolava, ma io riconosco che è la cosa più grande che lei ci ha insegnato, perché c’era sempre qualche diversivo, qualche cosa da fare, ma questa era anche una possibilità grande: per esempio, lei era anche amica di scrittori poco amati, abbastanza invisi al regime, come Solzenicyn, e allora ci mandava a prendere a casa sua dei testi, dei samizdat, per portarli e consegnarli segretamente, era cioè un partecipare alla vita in tutta la sua pienezza.
Lei allora, dal punto di vista musicale, che cosa è stata come insegnante? Lei non era un virtuoso della musica, che cosa la differenzia dai novanta e passa grandi pianisti del Novecento? Il fatto che per lei l’interpretazione musicale non era soltanto né una questione di tecnica, né di pura bellezza estetica, di puro suono estetico, ma era innanzitutto una parola, una riflessione, un pensiero. Vedremo dopo che lei aveva scritto alle Variazioni Goldberg, negli ultimi anni della vita, alcune meditazioni proprio prese dai salmi, dal Vangelo, dalla liturgia e lei riviveva nella sua musica tutta questa riflessione filosofica, riviveva la sua grande fede; per lei fede e esperienza musicale erano un tutto unico, una cosa inscindibile, per cui se aveva una altissima capacità tecnica, un virtuosismo estremo, non era però una virtuosa della musica. Lei diceva: “Bisogna suonare con la testa, prima ancora che con le mani”; diceva: “Io non sono una pianista, sono una musicista”, poi non è importante qual è lo strumento che si suona, ma è proprio questo senso della musica che è l’espressione della bellezza ultima. Esattamente tutto questo di cui abbiamo parlato adesso, è esattamente ciò che non si può insegnare letteralmente, non sono delle ricette che si possono insegnare.
Da un lato quindi si tratta di cose che non si possono insegnare, non sono ricette pronte, dall’altra parte questo influsso quasi magnetico, questo cuore che Marija Veniaminovna ci trasmetteva attraverso la sua persona e le sue lezioni, sono stati quelli che hanno permesso a ciascuno di noi, parlo di me, parlo di Victor Derevianko, parlo di mio marito Yury e di tanti altri, che ci hanno a un certo punto permesso di fare l’impossibile, cioè di superare una soglia e di imitarla non nel modo di suonare, ma nel cuore, nel desiderio, nella tensione a quell’oltre di cui abbiamo sentito parlare, e questo per lei è sempre stato l’essenziale.
Un altro aspetto fondamentale è stato quello che lei ci ha introdotto, insieme a lei stessa, nel mondo della musica contemporanea, della “nuova musica”, come diceva lei e non soltanto della musica, ma anche della cultura che a quel tempo esisteva intorno a noi, che era una cultura clandestina, la cultura del samizdat, la cultura del dissenso.
Pensate a noi, giovani ragazzi immaturi, che ricevevamo attraverso di lei, di prima mano, tutti questi grandi della cultura contemporanea allora sotterranea: Pasternak, Solzenicyn, Brodskij e tanti altri nomi, pensate che entusiasmo e che consapevolezza avevamo, e che lei ci dava. Questo è stato proprio uno dei grandi doni che lei ci ha dato, di partecipare in prima persona a quell’opera di rinnovamento che sembrava così impossibile agli occhi del potere, e che invece vedevamo già viva, realizzata, possibile. Ed è stato esattamente quello che prima diceva Jacov Nazarov, ricordando lei come una persona che faceva delle cose che nessun altro faceva, ma che fatte da lei sembravano naturali. Avevamo con lei la coscienza che la cosa più giusta, più naturale è realizzare l’impossibile; (apro una piccola parentesi: pensate che uno degli autori preferiti di Marija Judina era Camus, di cui in quegli anni in Russia non si poteva assolutamente parlare).
Ecco, senza voler usare dei paroloni grossi, io penso che lei fosse veramente una missionaria, una donna che voleva dedicare la propria vita alla testimonianza, tanto che lei diceva che sarebbe stata disposta a suonare in ogni stazioncina di periferia, dappertutto, qualunque palcoscenico le avessero offerto, perché sentiva veramente l’esigenza di portare agli altri quello che lei aveva incontrato, e io credo che adesso questo ultimo spezzone di film che andiamo a vedere ci darà proprio questo suo aspetto.
Ancora due parole. Ecco, io non voglio fare assolutamente di Marija Veniaminovna una specie di icona, però io credo che lei fosse veramente l’uomo autentico, l’uomo vero; il suo sogno era quello di suonare per tutta l’umanità, di abbracciare tutta l’umanità, e ci sta riuscendo! Io credo che un maestro vero sia quello che non cessa di insegnare, di essere importante, di indicare una strada, con la sua morte fisica. Sono passati quarant’anni dall’anno della morte di Marija Veniaminovna nel 1970, e vedete come il suo insegnamento, la sua giovinezza, il suo cuore, diventa un maestro per tanti di noi.

Video.

GIOVANNA PARRAVICINI:
Ecco, io credo che questo applauso sia stata la conclusione migliore del nostro incontro con voi, e spero, credo che questa amicizia con Marija Judina attraverso i nostri amici dalla Russia, attraverso gli strumenti che ci sono a disposizione – il mio libro, il film, lo spettacolo di ieri sera e la musica che di Marija Judina esiste anche in Italia e speriamo possa essere sempre più conosciuta – diventi proprio come un accompagnamento, lei diceva: “il cuore misericordioso”. Che cos’è il “cuore misericordioso”? Il cuore misericordioso è un cuore bruciato dall’amore di Dio e questo è proprio ciò che la rende maestra oggi più che mai, più di quarant’anni fa, e che la rende così attuale e così viva anche per noi. Ringraziamo tantissimo Jakov Nazarov, Marina Drosdova, Victor Derevianko e Yury Fedorishchev.

(Trascrizione non rivista dai relatori)

Data

24 Agosto 2010

Ora

11:15

Edizione

2010

Luogo

Sala A4
Categoria
Testi & Contesti