INVITO ALLA LETTURA. SENZA LEGAMI. Fede e politica nel mondo liquido: gli anni di Benedetto XVI

Invito alla lettura: SENZA LEGAMI. Fede e politica nel mondo liquido: gli anni di Benedetto XVI

Invito alla lettura. senza legami. fede e politica nel mondo liquido: gli anni di Benedetto XVI

Presentazione del libro di Massimo Borghesi, Docente di Filosofia Morale all’Università degli Studi di Perugia (Edizioni Studium). Partecipano: l’Autore; Alessandro Banfi, Direttore di Tgcom24. Introduce Camillo Fornasieri, Direttore del Centro Culturale di Milano.

 

CAMILLO FORNASIERI:
Cominciamo ora questa seconda proposta di lettura, il libro è di Massimo Borghesi, qui alla mia sinistra, che salutiamo. Docente di Filosofia Morale, scrittore molto presente anche nel dibattito pubblico, con le Edizioni Studium, ha voluto raccogliere una serie di suoi interventi, interviste ma soprattutto articoli scritti su richiesta, invito di diverse testate e che ci permettono di raccogliere una percezione di ciò che abbiamo vissuto tra gli anni 2005-2013. Il sottotitolo recita: “Fede e politica nel mondo liquido: gli anni di Benedetto XVI”. Questo libro è un’occasione molto preziosa per ascoltare la voce di Borghesi, la sua riflessione su diversi argomenti, oggetti, ma con un filo comune, che è il tentativo di vivere, di leggere la realtà a partire dal magistero di Benedetto XVI, che trae la sua linfa, il suo momento di passaggio del testimone, da quello di Giovanni Paolo II. In questo tempo il mondo ha vissuto grandi cambiamenti, gli anni di cui parla Borghesi arrivano appena dopo le Twin Towers, un momento che cambia la visione del mondo, non tanto per la forza insita nel pensiero sottostante gli accadimenti, quanto per il tipo di risposta, di reazione, di convincimenti e quindi di messa in opera che le varie nazioni e culture hanno intrapreso. Abbiamo chiamato a fare un commento del suo libro un suo caro amico e anche un nostro caro amico, Alessandro Banfi, direttore di Tgcom, che salutiamo. Il tempo che ha ricavato per raggiungerci è uno spazio breve ma l’ha fatto con molta intensità e amicizia verso il Meeting e anche verso il suo amico Massimo Borghesi. Chiederei ad Alessandro Banfi di tratteggiare questi punti che io non ho voluto approfondire e ho riassunto in modo molto molto generale, generico, per poi sentire Borghesi, direttamente da lui, qual è il suo giudizio, quello che ci offre come chiave di lettura che potremmo poi riprendere nella lettura del libro. Grazie.

ALESSANDRO BANFI:
Grazie a te, siamo ancora sotto l’emozione della potenza estetica del Vangelo, l’ultima frase di Charly, di padre Carlos Charly Olivero. C’è una continuità tra le due presentazioni perché Massimo Borghesi è un vero intellettuale; parto da qui, da una frase apodittica che non è mia, è di un amico che in questo periodo in realtà ci fa un po’ soffrire, che si chiama Antonio Socci, che ha messo per iscritto: “Massimo Borghesi è l’unico vero intellettuale cattolico in Italia”. Io penso che abbia ragione, perché Massimo fa il lavoro difficile e davvero necessario e importante per la vita di ognuno di noi di portare la ricchezza, l’importanza, la potenza estetica del Vangelo nella storia, dentro la lotta con la storia. Perché, chi è l’intellettuale? In questo libro, che come diceva giustamente Camillo è una raccolta di saggi e di articoli motivati dall’incalzare degli avvenimenti di tutti i giorni o da richieste specifiche di questo o quel direttore, ebbene in questo libro c’è una definizione, parto da qui, a pagina 172: “L’intellettuale è colui”, scrive Massimo Borghesi, “che in un a corpo a corpo tra esistenza e idealità rischia un giudizio storico calato nell’ethos del proprio Paese, un giudizio che quando è autentico, confina l’intellettuale in una scomoda solitudine”. Qui sta parlando di Pasolini, Borghesi, ma possiamo applicare a lui stesso questa definizione e davvero lo possiamo fare fino in fondo: la solitudine, solitari sono spesso i giudizi di Borghesi; devo dire qui riecheggia quello che abbiamo visto nei veri intellettuali che, ahimè, sembrano sempre di meno nel nostro Paese. Penso appunto al già citato Pasolini, penso a Testori, a tanti altri, Augusto Del Noce, che è stato maestro per la nostra fortuna nell’ultima fase della sua vita, nostro, mio e anche di Massimo nelle rispettive competenze, la mia molto più modesta di cronista e raccontatore dei fatti quotidiani.
L’importanza dell’intelligenza del presente, nell’attualità, è fondamentale perché la grande verifica se il Vangelo, per restare alla bella immagine di Padre Charly, è la cosa che ci resta e che noi per nostra fortuna umana e per grazia di Dio, non possediamo, lo si vede, lo si capisce, lo si percepisce, lo si respira, attraverso dei giudizi storici e allora ben venga l’intelligenza che Borghesi mostra in modo eclettico in questo libro, che raccoglie contributi diversi ed è per sua natura rapsodico, jazzistico, rispetto a uno dei suoi saggi così sempre ben costruiti e complessi e approfonditi. Dicevo, questa intelligenza ha a che fare con lo studio, con la curiosità, con l’intensità dell’applicazione, con la fatica dell’approfondimento ma anche ha a che fare con qualcosa di ineffabile, indicibile, con un dono. Io penso questo, ha a che fare con la fede da questo punto di vista, ha a che fare con la grazia e in particolare in questo libro lo si tocca con mano, e credo che lo tocchi con mano lo stesso autore. Andate a pagina 37-38, perché vi sto parlando di un’intervista fatta a Massimo dall’Eco di Bergamo, nell’Aprile del 2005. E’ appena morto Giovanni Paolo II, si pensa al suo successore e al futuro della Chiesa, si ragiona sul Conclave e Massimo dice queste parole: “Il nuovo pontefice non potrà né dovrà ripetere il precedente, non sarebbe giusto per lui, difficilmente potrebbe ripeterne la dimensione politica, anche se le condizioni planetarie della Chiesa e le vicende del mondo non potranno vederlo totalmente impolitico; ma, un Papa clericale è estraneo alla sensibilità contemporanea, dovrà essere un Papa per cui la tradizione è fonte di rinnovamento, moderno a partire dalla tradizione, un Papa pastore, non curiale né meramente teologo, un Papa nel quale il popolo cristiano possa riconoscersi per la fermezza, la bontà, la dedizione al Signore”. E più avanti dice: “E’ come se oggi, dentro la Chiesa, e anche nella società secolare – com’è preciso questo – ci fosse bisogno di un cristianesimo che ritorni a parlare un linguaggio semplice, in modo essenziale. In questo senso la figura di una Papa pastore che cura le anime, parroco del mondo, verrebbe incontro a un’esigenza diffusa. È sicuro che in questo momento la Chiesa non ha bisogno di fibrillazione e di sussulti, ma di ritrovare l’anima cristiana, profonda, contenuta nella sua tradizione, e di annunciare in modo sempre nuovo i tesori che sono contenuti in quella tradizione e che spesso sono ricoperti di muffa”.
Ci sono delle parole profetiche in queste parole del 2005. È profetico quello che si dice ed è impressionante rispetto a questa straordinaria vicenda che abbiamo vissuto. A cominciare dal Pontificato di Ratzinger, che è grande protagonista del libro di Borghesi Senza legami, il libro che presentiamo oggi, perché Massimo, anche da studioso, vorrei dire quasi da collega del pensatore Ratzinger, lo segue passo passo e ne analizza le svolte teologiche di pensiero nel suo pontificato con grande vicinanza, con grande sostegno, con grande passione, con grande affetto. E so di fare una piccola incursione nella privacy del Professor Borghesi, rivelando che oggi il Papa emerito, liberato dagli impegni pastorali, è tornato a essere studioso a tutto tondo, con sua grande soddisfazione e può avere anche un rapporto epistolare col professor Borghesi. Questo per dire che però l’intuizione di quel giudizio del 2005 veramente è straordinaria, se pensate che poi quello che è avvenuto è stato esattamente questo. L’esigenza diffusa del mondo e della Chiesa, ma non solo della Chiesa, si realizza in questo binomio misteriosamente legato fin dal 2005. Come sapete – e qui i vaticanisti lo sanno perfettamente perché il conclave del 2005 è stato ricostruito passaggio per passaggio – quello che 2005 è un conclave che comincia con due candidati, Ratzinger e Bergoglio, e si sviluppa con un Bergoglio che a un certo punto convince tutti ad andare su Ratzinger, altrimenti la Chiesa sarebbe stata bloccata su questo dualismo. Quindi Bergoglio cede il passo a Ratzinger che diventa Papa e dopo un tempo molto minore di quello che tutti si aspettavano, grazie a lo straordinario e potente gesto delle dimissioni di Ratzinger, gesto oggetto, questo sì, di censura ancora oggi nel mondo e nella Chiesa, gesto francescano, gesto di espoliazione, gesto evangelico delle dimissioni di Ratzinger, ebbene Ratzinger si ritira e Bergoglio diventa Papa come prima Bergoglio si era ritirato e Ratzinger era diventato Papa.
Ecco, tutto questo nel libro emerge come ansia di rinnovamento. Ci sono delle pagine spettacolari che vanno a spiegare chi è Ratzinger. In particolare per me, che non sono un filosofo né un teologo ma un semplice giornalista, ho trovato ancora freschissime ed entusiasmanti le pagine su Sant’Agostino e su Romano Guardini. Perché Sant’Agostino e Romano Guardini sono due pensatori su cui Ratzinger tanto si esercita e che tanto sfrutta per il suo giudizio anche sul mondo contemporaneo e sulla Chiesa e sono due autori molto cari anche a tutti gli studi di Massimo Borghesi. Cito ad esempio a pag 209: “Guardini è stata una delle figure che hanno contato nella formazione di Ratzinger – spiega Borghesi -. La vicinanza riguardava tanto l’aspetto esistenziale della fede, distante dal formalismo della scolastica neotomista di allora, quanto il riferimento fondamentale ad Agostino. Tanto per Ratzinger, quanto per Guardini, Agostino è l’autore cristiano che permette l’incontro tra la patristica del cristianesimo delle origini e la modernità. Agostino non è antico, difficilmente riattualizzabile come gli autori medievali, è un autore incredibilmente moderno, capace cioè di intercettare, a partire dalla sua esperienza esistenziale illuminata dalla grazia, la sensibilità contemporanea. Pochi papi come Ratzinger nella storia hanno avuto la capacità di vivere la storia della Chiesa, sentendola in contemporanea”. Il suo gesto, che è stato fatto allo stesso modo solo otto secoli prima di lui da Celestino V, in un modo quasi simile a quello di Ratzinger, in un’espoliazione fisica francescana dell’allora Papa di fronte ai cardinali del tempo. Ratzinger – pensate tanti altri esempi, non solo Agostino, non solo Guardini, ma Newman…- ha saputo recuperare, stabilire il giusto giudizio su alcuni protagonisti della vita della storia della Chiesa, sentendoli tutti istantaneamente contemporanei. E questa è una delle sue caratteristiche che giustamente tanto entusiasmano Borghesi, che poi – e c’è un accenno ben chiaro sempre sulle pagine a Guardini e Sant’Agostino – sviluppa alcuni dei concetti di Ratzinger e di questi autori nel suo libro Critica della teologia politica, che l’anno scorso è stato presentato qui al Meeting e che ha riscoperto autori tanto cari allo stesso Ratzinger, come Peterson, penso. Il punto della teologia politica è un punto fondamentale perché riguarda il giudizio sulla storia e il rapporto fra la Chiesa e il potere, se vogliamo semplificare fra la città di Dio e la città degli uomini.
Ma in particolare penso ad esempio a come commenta nel libro Borghesi la rivalutazione del Cardinale Newman, che fa Ratzinger. In particolare Borghesi coglie nel pontificato di Ratzinger e non solo nella prima parte, tutto lo sforzo di purificazione della ragione. Vi ricordate il famoso discorso di Ratisbona? La questione che Ratzinger coglie, come giudizio sul mondo contemporaneo e sulla vita dell’uomo contemporaneo, è che non sa più usare la ragione, ma coglie anche il tragitto di purificazione della Chiesa, che non è solo banalmente prendere spunto dagli scandali che l’assillano, la pedofilia ecc. – che pure assediano il pontificato di Ratzinger in un modo fisico, in un modo inedito, rispetto a tutta la storia anche recente – ma è una purificazione della ragione che diventa purificazione della Chiesa e purificazione della fede. Prima delle ragioni della fede, poi della Chiesa, e poi del pontificato stesso, perché le dimissioni questo sono lo scardinare il meccanismo della prigione vaticana in cui il pontefice, l’uomo solo, anche se lodato da tutto il mondo, è ricattato, imprigionato, spiato e in qualche modo reso prigioniero dalla stessa struttura clericale. Insomma, molte cose sono in questo libro, molte cose ci tornano alla mente leggendolo ed io vi leggo appunto a proposito delle dimissioni di Ratzinger un altro brano perché mi piace cercare di stare sempre attaccato al libro in quanto tale. Allora a un certo punto Borghesi spiega il gesto delle dimissioni di Ratzinger nell’intervista a Città Nuova: “Il concetto di limite è al centro della teologia e del pensiero di Ratzinger – pensate appunto alla teologia politica -. La saggezza umana e cristiana consiste nel prendere atto dei limiti della nostra natura, nel non forzarli in inutili e pericolosi titanismi. Da qui prende forma la sua critica alla teologia politica, al messianismo politico, alla confusione tra grazia e natura. Questa consapevolezza dei limiti prodotti dall’età s’incontra in Benedetto XVI con una profonda humilitas, la virtù propria del cristiano secondo sant’Agostino. Quest’uomo, che è forse il più grande teologo vivente, colui che ha dato la copertura teologica al pontificato di Giovanni Paolo II, ha dimostrato un distacco dal potere che rimarrà come esempio nella storia della Chiesa”.
Nel libro poi ci sono molte altre cose, come fatalmente nelle raccolte di articoli che riguardano l’attualità. C’è un articolo sulla vittoria della nostra Nazionale nel 2006, che questa estate faceva male leggere visto che siamo usciti dai mondiali anzi tempo. C’è una riflessione sull’uso di Facebook, di cui il professor Borghesi è un autore indefesso ed è un appassionato. È una riflessione che riguarda il rapporto, non sempre facilissimo, tra il triangolo tra il Professore, Facebook e i suoi allievi. Ci sono altre cose gustose e belle da vedere. Volevo però concludere chiudendo in qualche modo il cerchio in cui mi riallacciavo al libro presentato prima della Silvina Premat con Padre Charly. Perché nel libro mi ha sorpreso, e non l’avevo letto così prima, l’articolo su Methol Ferré. Allora alla luce anche dell’altro libro che avete presentato di Alver Metalli, l’intervista a Methol Ferré è veramente bella, veramente interessante. È una lettura che tutti dovremmo fare e mi ha colpito perché mi è venuto da pensare che in fondo il mondo è piccolo. Cioè, che il più grande intellettuale cattolico sudamericano alla fine fosse così stupito di aver incrociato Del Noce, di aver trovato la consonanza di certe idee, di aver avuto una certa stessa lettura della necessità dei cattolici oggi nel mondo contemporaneo, mi colpisce tantissimo. Tanto più che questo articolo su Methol Ferré è stato scritto quando appunto Papa Francesco ancora non era salito al soglio pontificio e la questione dell’America Latina non era stata ancora messa così in luce. Anche qui c’è qualcosa di profetico, nel vedere in quel tipo di sensibilità, che sicuramente viene dalle periferie del mondo, qualcosa di decisivo per tutti gli uomini nel nostro tempo, nel nostro presente. E poi c’è un articolo che mi colpisce anche solo per ragioni affettive, di cuore, ma non è un cuore lontano dalla ragione, anzi vorrei dire che è una cosa che riguarda più i neuroni a specchio della scienza neurologica che banalmente le budella nel senso del cuore come siamo abituati a pensarlo, come sentimenti stupidi. È l’articolo che riguarda don Giacomo Tantardini, perché non si può pensare o ragionare su quello che ha fatto e sta facendo Massimo Borghesi senza l’incontro con questo grande prete, che anche io ho avuto la fortuna di conoscere e seguire per certi versi e che ha segnato profondamente le nostre vite. E in questo libro è finito il ricordo immediato che Massimo scrive dopo la morte di don Giacomo e che è bellissimo perché non è solo il ricordo di un amico. In esso si ricordano le cose che restano di un’amicizia e che alla fine sono le cose importanti che, come dicevo, sono quei neuroni a specchio che sono qualcosa di più perché sono una comunanza di giudizio, un’origine di intelligenza sulla realtà e sicuramente una passione, una voglia di far sentire che la grandezza del Vangelo, la grandezza dell’incontro con Cristo è qualcosa che funziona nell’incontro, come dice lui, “nel corpo a corpo, in quello che avviene”. Una delle cose che don Giacomo amava ripetere e che attribuiva a don Giussani, ma lui amava ripetere molto, era sicuramente una frase che don Giussani aveva detto: “leggete tutti i giorni, guardate almeno tutti i giorni la prima pagina del Corriere della Sera”. Per dire non state fuori da quello che accade nella realtà, perché non abbiamo bisogno di un Vangelo, di una fede, di un incontro di grazia al di fuori della vita, ma dentro la vita, dentro le ragioni della vita. E allora la cosa bella di dialogare, leggere o ascoltare le cose che fa Massimo Borghesi è questo, che viene da queste tradizioni. Viene da questa piccola tradizione, che è la tradizione di un incontro, di una storia, piccola perché le cose vere poi nella vita sono sempre piccole, non sono mai le cose grandiose. Come piccolo sembrava il Cardinal Bergoglio di fronte alle previsioni dei vaticanisti, alla vigilia dell’ultimo Conclave. E vedete quello che sta succedendo.

CAMILLO FORNASIERI:
Grazie ad Alessandro, è sempre bravo, è veramente un cronista diverso da tutti gli altri, che fa la televisione come ha fatto questo incontro, per cui siamo molto lieti che sia in quei campi. Appunto l’intelligenza della fede nel presente, la sua pertinenza nella storia, questo è il compito grande e solitario, difficile ma fatto con passione da Borghesi. E direi che in questi anni ha incontrato esattamente, e lo mostra in diversi articoli, e si vede come filo rosso, la riduzione di questo tentativo di scoprire e sorprender l’intelligenza della fede come pertinente alla vita dell’uomo del nostro tempo, con delle riduzioni a schema, a forme precostituite, che non chiedono il cambiamento di mentalità della persona. E un intellettuale come lui, giustamente, si ribella, mentre molti intellettuali invece quando c’è una mission da seguire, uno schema da coltivare, tutti dietro, se poi c’è anche del denaro sotto meglio, perché così hanno il doppio lavoro. Questo è un cenno che volevo fare perché si incontra tra il 2005 e il 2013 una posizione riduttiva, che, come capita sempre, siamo noi stessi a esserne la principale tentazione, e che troviamo sfidata su tantissimi temi. Ti do subito la parola ma era per farvi capire quello che ha già accennato Banfi: Deus caritas est, il punto di inizio di Benedetto.

MASSIMO BORGHESI:
Grazie davvero. Grazie innanzitutto a voi che siete qui, perché, insomma, sono le otto e mezza, siete eroici e vi ringrazio della vostra pazienza ed amicizia. Grazie a Camillo e ad Alessandro per tutte le belle osservazioni che avete fatto, veramente grazie.
Dico subito che sono contento di presentare un mio volume che finalmente possono leggere tutti, questo lasciatemelo dire, nel senso che non è un libro di filosofia che naturalmente richiede sempre gli addetti ai lavori, ma questi sono articoli usciti in quotidiani nazionali e quindi sono comprensibili, accessibili e fruibili. E’ una raccolta di articoli, di interviste uscite per lo più sull’Eco di Bergamo, sono editoriali dell’Eco di Bergamo, questo giornale della bergamasca che io ho scoperto perché il Direttore mi chiamò a collaborare, il quale vende la bellezza di ottanta-novantamila copie. Uno pensa a un giornaletto di provincia e invece ha una tiratura che supera l’Avvenire di gran lunga. Poi molti articoli de ilSussidiario.net che molti di voi conoscono. Il periodo è 2005-2012, è stato detto, eccetto due articoli del 2004. Molte sono anche le interviste. Sono gli anni di Benedetto, e gli articoli trovano la loro unitarietà nel coprire il Pontificato di Benedetto. Una raccolta che può essere utile per riprendere perlomeno gli ultimi dieci anni, fuori dalla nostra smemoratezza, perché io stesso mi sono sorpreso, rileggendo alcune cose che ho scritto e che facevano riferimento a degli episodi che già avevo dimenticato, eppure nel 2006, 2007, 2008 erano stati importantissimi. Ma ormai così come siamo porosi nell’assorbire tante informazioni, così siamo velocissimi nel dimenticare e per questo siamo totalmente smemorati e senza storia. Questa non è solo cronaca, è una sintesi della storia dei dieci anni passati che permettono di capire episodi importanti della nostra storia nazionale e anche a livello internazionale. Le raccolte spesso sono centoni di argomenti diversi, in questo caso, lo spero almeno, non si tratta di questo nel senso che i singoli eventi della politica, della Chiesa e del costume sono descritti e pensati in funzione della comprensione del tempo storico. Cioè quello che mi anima sempre nello scrivere, anche attraverso fatti molto particolari, episodi apparentemente marginali, èi capire in che misura rispecchiano il nostro tempo, in che modo ci fanno capire il nostro tempo. Ecco, questo è la cosa che solleva la cronaca spicciola e la fa diventare qualcosa di più e la fa diventare storia. Penso che questo sia un compito… perché i nostri giornali sono (eccetto forse il Corriere della Sera, Repubblica sempre meno) sempre meno interessanti? Perché ripetono ciò che dice Internet e la televisione. Ero l’altro giorno dal barbiere, prendo Il Messaggero di Roma in mano e ci sono le notizie che tu trovi nella televisione, a TGCom24 e su Internet. Allora perché devi comprare il giornale? Non ha più nessun interesse. Infatti molti non lo comprano più, il giornale diventa interessante se permette di approfondire la cronaca in una serie di riflessioni che vanno al di là della cronaca, altrimenti ha fatto il suo tempo. Quindi capire il proprio tempo è l’imperativo più importante ed è un’urgenza propria della fede cristiana, come dicevamo anche ieri. I “segni dei tempi”, la famosa frase del Vaticano II di Giovanni XXIII. Un cristianesimo calato nella storia e quello che capisce “i segni dei tempi”, cioè capisce come la fede deve rispondere, deve modularsi in rapporto alle sfide del momento storico.
Abbiamo visto ieri Methol Ferrè, bisogna individuare il nemico del momento ma per renderlo amico, non per distruggerlo. Diversamente si diventa schiavi del tempo, si assecondano le mode, cioè le dinamiche del potere oppure si è reattivi, ci si muove nella semplice opposizione a ciò che accade. Ebbene questa è la lacuna più grande del pensiero degli ultimi anni, dopo l’Ottantanove; come diceva l’americano nipponico Francis Fukuyama, è finita la storia. Quel libro di Fukuyama è davvero profetico, lui aveva capito, dopo l’Ottantanove è finita la politica, è finita la storia, l’economia diventa il linguaggio del mondo e quindi non esistono più avvenimenti, non c’è più nulla di significativo, cioè il potere ha abolito il giudizio storico. L’unico potere rimasto non ha più bisogno che lo si giudichi dal punto di vista della storia. Qual è dunque il punto di vista storico che emerge dalle pagine del volume (scusate se vado veloce ma per non abusare della vostra sapienza che è già tanta): quella di un tempo diviso tra relativismo e manicheismo. Queste sono le due correnti che dominano gli ultimi dieci anni; relativismo da un lato, non c’è nulla di vero, tutto si equivale, la grande poltiglia, e dall’altro il manicheismo, cioè la contrapposizione amico-nemico che richiede le crociate, le guerre, le lotte, ecc. L’Ottantanove è l’era della globalizzazione e segna la scomparsa del nemico. Nell’Ottantanove sembra che non ci sia più nessun manicheismo, il nemico non c’è più, il grande pachiderma sovietico è stato abbattuto, l’Occidente diventa il mondo, non ci sono più nemici. La globalizzazione è l’unità, grazie al mercato globale, di tutti quanti. La grande ecumene capitalistica non necessita più (faccio questa premessa per arrivare a Benedetto) di valori etico – religiosi. Il Bene era l’Occidente, prima, e il Male era l’Oriente. Ora il mondo è uno grazie al mercato. Chi è più vecchio ricorda benissimo questa posizione. I valori diventano le merci come oggetto del desiderio. Il politeismo dentro l’unico mercato. Questa è la visione del mondo dall’’89 al 2001. Questo mondo non ha più bisogno né di Giovanni Paolo II, utile prima dell’’89 (ricordiamo benissimo, Alessandro, anche attraverso Il Sabato, l’abbiamo scritto, ricordo bene): prima dell’’89 Giovanni Paolo II è l’attore della scena mondiale, dopo l’’89 il grande protagonista non interessa più a nessuno. Il potere decide se tu sei l’attore della scena mondiale, quando non servi più sei messo da parte e la Chiesa non serviva più. Prima serviva nella grande lotta, poi non serviva più. Il cristianesimo rischia di diventare solo un punto di resistenza rispetto al processo di secolarizzazione ed è quello che accade nella lotta per i valori non negoziabili, sostanzialmente. L’11 settembre del 2001 cambia di nuovo le carte, perché la storia non va per una linea, la storia va per eventi che scandiscono il processo storico. La caduta delle Torri Gemelle, fa ritornare il nemico e si torna al manicheismo.
Ora la globalizzazione diventa manichea: c’è una parte del mondo che non è globalizzata ma resta il vecchio mondo di sempre, regolato dalla legge della guerra e con quel mondo bisogna adottare la legge della guerra. Quindi il relativismo non è sufficiente, il potere ha di nuovo bisogno del Papa. L’Occidente cristiano, per dieci-quindici anni si erano dimenticati che l’Occidente era cristiano, ora tutti si ricordano che l’Occidente è cristiano perché serve a battagliare contro l’Islam. L’eterno avversario dell’Occidente. Insomma l’Occidente ogni tanto si ricorda o si scorda a seconda dei nemici o meno che trova sulla sua strada. Il problema è che Giovanni Paolo II che è stato il grande alleato dell’Occidente quando c’era il comunismo sovietico, non sta più al gioco, minimamente e si sottrae a questa battaglia ideologico-teologico-politica contro l’Islam. L’opposizione del Papa alla guerra nel 2003 – e ti viene veramente da arrabbiarti quando questi di oggi utilizzano Giovanni Paolo II contro Francesco, dicendo che Giovanni Paolo II interveniva e aveva chiesto l’ingerenza umanitaria e Francesco tace ed è tiepido… Sono gli stessi che nel 2003 lasciarono solo Giovanni Paolo II perché optarono tutti per Bush e la guerra americana che è uno degli episodi più scandalosi e vergognosi, e che siano gli stessi che dicono che Giovanni Paolo II è contro Bergoglio… un minimo di decenza, io dico! Ebbene l’opposizione del Papa alla guerra in Iraq impedisce la consacrazione religiosa dello scontro di civiltà che allora impedisce la crociata. Il papa laicizza il conflitto che rimarrà soltanto associato al nome di Bush. Ebbene, questa è l’eredità che si trova nel 2005 Benedetto XVI, difficile eredità di subentrare ad un papa che ha dominato la scena per venticinque anni, che ha dato uno slancio grandissimo alla Chiesa e ai cristiani e che proprio per la sua grande popolarità ha in qualche modo anche abbagliato la Chiesa stessa, che si era illusa di tornare al centro della scena. Questa è stata la grande illusione di tanti elementi del cattolicesimo negli anni di Karol Wojtyla, che la Chiesa era ritornata forte, protagonista della storia, della scena. Ma in realtà era il Papa che giocava questo ruolo, non era la Chiesa come soggetto in quanto tale.
Nell’introduzione riporto parte dell’intervista a questo filosofo ebreo, Alain Finkielkraut, in cui dice che certo la Chiesa rischia una grande illusione perché è vero che le piazze sono piene ma le Chiese sono vuote e la Chiesa rischia di essere abbagliata dalla grande popolarità di Giovanni Paolo II. Come al solito ci vuole qualcuno esterno alla Chiesa per vedere le cose in maniera oggettiva e non trionfante. Così Benedetto si ritrova a fronteggiare l’irreligione della società opulenta da un lato e una crisi e un vuoto ecclesiale spaventoso dall’altro. D’altra parte quando accede al Pontificato dice della grande sporcizia esistente nella Chiesa e si ritrova immediatamente il bubbone dei preti pedofili che rischia di spazzare via la Chiesa dalla scena del mondo. Già, ce lo siamo dimenticati eh? Ce lo siamo dimenticati perché la smemoratezza ci qualifica, ma quattro, cinque anni fa la Chiesa ha rischiato di sparire dalla scena del mondo. Quando negli Stati Uniti i processi erano a catena, quando in tutto il mondo, in Gran Bretagna e in Francia si sollevava continuamente lo scandalo dei preti che insidiavano, avevano insidiato i giovani e degli omosessuali ed era diventato un boato mondiale. Non c’è accusa peggiore di accusare la Chiesa di un’infamia simile. E poi vogliamo ricordare i Legionari di Cristo, altro scandalo, e poi lo IOR e poi quant’altro e poi i falchi dentro il Vaticano… insomma è stata una catena che veramente sembrava che il diavolo avesse scoperto ogni coperchio in cui il povero Papa si è trovato a gestire questa eredità dopo il Papato del trionfo, questa crisi che nessuno poteva sospettare. Da un lato quindi una situazione ecclesiale disastrosa e dall’altra l’irreligione della società opulenta, quello che lui chiama ‘relativismo’, quello che Del Noce chiamava ‘l’irreligione della società opulenta’ e Methol Ferrè chiama “l’ateismo libertino” che non è altro che l’individualismo dei desideri, della paura del dolore e della morte, che è tipico della società secolarizzata. E’ ovvio che in una società secolarizzata il terrore è quello del dolore e della morte che gli uomini cercano in tutti i modi di censurare, è la più spontanea reazione che ci sia. Se uno non crede in Dio è chiaro che farà di tutto per non pensare alla morte, mi sembra umana questa fuga, diciamo così. Il volto edonistico del mondo ricco, che è privo di ideali che non siano il possesso e il piacere, non tollera sacrifici, lo diceva ieri Methol Ferrè. Lui dice che una società che non sa più fare un sacrificio, che si fonda tutta sull’individualismo, è una società condannata alla dissoluzione.
C’è un articolo che porta il titolo “Il sesso è l’oppio dei popoli”, ormai. Il sesso nel senso che la nostra è una società erotica, perché ogni prodotto deve avere un’attrattiva erotica e la frase di Marx va a colpire giusto quando dice che “il sesso è quello che ti addormenta eccitandoti”, nel momento in cui ti eccita, ti addormenta, cioè ti istupidisce, impedisce che tu abbia una prospettiva critica sulla realtà e sul mondo e attraverso l’eros di massa che la gente diventa stupida e diventa totalmente prona al potere costituito come tale. E da qui è il mondo ‘senza legami’, ecco il titolo. Il mondo senza legami è il nostro mondo, è la società liquida di cui parla Bauman, questo sociologo polacco che dice cose anche intelligenti e non poche, fede e politica nel mondo liquido, questo è il punto, che segna non soltanto la società ma anche la Chiesa. Se il mondo liquido riguardasse solo il mondo non sarebbe tragico, sarebbe nella logica di un mondo come il nostro, ma la tragedia vera è quando anche la Chiesa diventa liquida. Beh, Bauman è ebreo, se fosse un cattolico forse gli verrebbe questo titolo, La Chiesa liquida… Cosa significa la Chiesa liquida? Significa la Chiesa teatro, tra gli anni Novanta e l’inizio del Duemila la Chiesa era diventata teatro, teatro vuol dire una liturgia puramente teatrale, vuol dire la fiction religiosa (qui c’è il San Pietro della LUX, non riesco mai a vedere questi film, quello che vedo meglio è don Matteo, quello è bellissimo, lo salviamo da tutta la catastrofe dei film religiosi ecc., simpaticissimo e godibilissimo), i film religiosi sugli Apostoli che sono una cosa insopportabile. Spesso si dice “la Chiesa non ha spazi”. Ma per fortuna! Nel senso che se devi produrre delle schifezze simili è meglio che non faccia nulla, perché quando la posizione, la testimonianza, la vita cristiana diventa puro teatro, non diventa reale, l’hai distrutta. Se diventa fiction l’hai distrutta. Cristianesimo show, cioè virtuale: in questi anni il cristianesimo è morto diventando virtuale come tale. Ebbene come oppositore del relativismo Benedetto viene dipinto a destra. Questo libro è una difesa di Benedetto contro quelli che lo hanno dipinto a destra. Così vi dico le chiavi di lettura che avete del volume. Uno dice, no, proprio per questo non lo compro! D’accordo, va bene!
E’ una falsa prospettiva il dialogo tra Benedetto e Habermas, il più grosso intellettuale di sinistra in Europa. Lo certificava già prima che diventasse Benedetto. In realtà la tragedia è che in questi anni la sinistra si è spostata a destra, è diventata cioè un elemento della società della dissoluzione, di ogni ideale, ha assecondato le dinamiche individualistiche del mercato. Questo è il vero problema, la Sinistra ha dimenticato e censurato completamente Pasolini, questo è il problema culturale della Sinistra.
La Destra d’altra parte, quella che dopo il 2001 torna al manicheismo e alla lotta e allo scontro di civiltà, cerca di impossessarsi di Ratzinger, il cosiddetto ‘pastore tedesco’ (Il Foglio era entusiasta di questo ‘pastore tedesco’), ex responsabile dell’ex Grande Uffizio, questo già deponeva bene e ne è certa dopo Ratisbona che interpreta in chiave di scontro di civiltà, mentre l’intento del Papa era esattamente l’opposto, perché chi legge con intelligenza Ratisbona vede che non è la finalità lo scontro di civiltà, ma è proprio impedire i motivi che portano allo scontro ideologico-religioso, ideologico-politico. Benedetto, che porta il nome di Benedetto XV, il papa che si oppone alla guerra, non è un panzer tedesco, è un mite che intende il rapporto fede-ragione come il superamento dei fondamentalismi. Perché insiste tanto su questo rapporto fede-ragione? Proprio per superare il fondamentalismo che è fonte di violenza e di guerre. Aborre l’uso politico della religione, ci è stato ricordato, proprio ciò che vogliono i teocon. Viene da Agostino che interpreta come il liquidatore della teologia politica, sia pagana che cristiana. “Agostino non ha concepito” scrive Ratzinger (perdonate, dico queste cose così en passant, ognuna andrebbe motivata) “un mondo cristiano o uno Stato cristiano, non è il medioevo Agostino. Agostino ha concepito una presenza cristiana nel mondo che mantiene il mondo, gli ordinamenti del mondo come ordinamenti del mondo, che saranno tali fino alla fine del mondo, non ha preteso di creare un mondo clericale in cui tutto diventa cristiano negli ordinamenti escludendo così chi non è cristiano. Questo non è Agostino, non è l’Agostino de La città di Dio, sicuramente”.
Da qui muove il ponte con il Vaticano II. Ratzinger ha scritto sul Vaticano II delle cose che se uno non sapesse che è Joseph Ratzinger direbbe: “Ecco il solito teologo progressista che valuta il Vaticano II, ecc. ecc.”. Poi legge il nome e dice “Ohibò, come è possibile?”. Ma è solo per l’ignoranza colossale che abbiamo noi che non leggiamo mai. Non esiste un libro su Ratzinger in italiano, un libro sulla teologia complessiva di Ratzinger, sulla teologia politica e sulla teologia complessiva di Ratzinger. Questo vi fa capire i pregiudizi! Quanti sono stati! Ebbene Ratzinger è colui che scrive testualmente: il cristianesimo “in quanto religione dei perseguitati, in quanto religione universale, al di là dei diversi stati e popoli, ha negato allo Stato il diritto di considerare la religione come una parte dell’ordinamento statale, ha sempre definito gli uomini, tutti gli uomini, senza distinzione, creature di Dio, immagine di Dio, proclamando in termini di principio la stessa dignità. In questo senso l’Illuminismo è di origine cristiana – lo dice Ratzinger eh! Ed è nato proprio esclusivamente nell’ambito della fede cristiana, laddove il cristianesimo, contro la sua natura, era purtroppo diventato tradizione e religione di Stato. “E’ stato merito dell’Illuminismo aver riproposto questi valori originali del cristianesimo e aver ridato alla ragione la sua voce. Il Concilio Vaticano II, nella Costituzione della Chiesa del mondo contemporaneo, ha nuovamente evidenziato la corrispondenza tra cristianesimo e Illuminismo, cercando di arrivare ad una vera conciliazione tra chiese e modernità”. Uno che scrive queste cose non è un tradizionalista, non è uno di destra, non è un reazionario e solo un imbecille può dire così perché non lo conosce. Queste cose vanno dette perché l’ignoranza è colossale e bisogna studiare su queste cose prima di dare giudizi. Ratzinger era un protagonista del Concilio Vaticano II, il giovane teologo Joseph Ratzinger, consigliere di Frings, non ha mai rinnegato quella stagione; parole dirompenti mai citate dai nemici di Ratzinger né dai nemici conservatori, scusate se mi scaldo, ma siccome prima lo hanno attaccato da sinistra, adesso quelli di destra si sono appropriati, ne hanno fatto l’antiBergoglio! Ma è un’operazione mistificatoria!
Tra Ratzinger e Bergoglio c’è sintonia sul fondo della questione. Possono esserci diversità di stili, di approccio, una modalità diversa, Ratzinger è un timido, tante cose sono diverse, è un tedesco, l’altro si forma in Argentina e conosce le favelas, storie diverse ma l’idea … Non a caso veniva ricordato in questi giorni e anche stamattina da padre Spadaro, è stato ricordato che nell’enciclica Evangelii Gaudium papa Francesco ricorda l’espressione di Ratzinger “il cristianesimo nasce per un incontro”. Quando uno dice questo è fuori da una teologia tradizionalista, tanto è vero che anche ultimamente ho letto in un blog di questi conservatori una critica serrata sia a Ratzinger che a Bergoglio, proprio su quest’idea che la fede nasce da un incontro. La fede non nasce da un incontro per i tradizionalisti; la fede è una verità che ti si impone sulla capoccia e ti arriva come un sasso e la prendi o non la prendi: questa è la definizione tradizionalista di verità, la fede è un dogma che accetti o non accetti. Il tradizionalista ragiona così. Se gli dici che la fede nasce per un incontro umano ed esistenziale, ti dicono “ma questo è modernismo, questo è relativismo, ma questo cosa è? Allora la fede si fonda sull’esperienza, ognuno ha la sua esperienza e allora è soggettivo il modo in cui si arriva alla fede”. Noi non ci rendiamo nemmeno conto della distanza che separa… guardate che la stessa critica è stata mossa a Giussani. Tutti questi settori muovono a Giussani l’accusa di essere un modernista. Quando vedo degli amici che si illudono in questa direzione, mi viene veramente il formicolio, non è possibile! Non ti rendi conto che è una novità di prospettiva questo risuscitare il cristianesimo nella sua realtà e non come semplice concetto di una cosa. Ebbene i due blocchi, progressista e reazionario, hanno impedito la comprensione della novità di questo grande Papa. Nel volume sono illustrati e messi in luce i punti salienti del suo pontificato che sono anche dei punti di rottura, quelli che vanno oltre la dialettica destra-sinistra con cui il potere, l’ideologia, ogni volta ti incastra. A iniziare dalla prima Enciclica, Deus caritas est: un papa panzer non inizia con “Deus caritas est”, è il segno di un approccio evidentemente…; al viaggio in Turchia. Sappiamo come da Cardinale fosse contrario all’ammissione della Turchia in Europa, eppure proprio lui va in Turchia e spiazza Erdogan che invece non capisce niente, da buon integralista, però lì va nella moschea, va lui stesso, quindi apre questo canale con il mondo islamico; all’opposizione alla guerra israeliana in Libano… quante accuse da Il Corriere della Sera a Ferrara (poi Ferrara dice “eh, Ratzinger”), però quando Ratzinger era contro la guerra di Israele in Libano non gli hanno lesinato … tutti si dimenticano queste cose, per questo è importante ricordare; al viaggio storico in Inghilterra che ricordavi, tutta la stampa italiana che non capisce nulla… ma quel viaggio in Inghilterra, dopo cinquecento anni dalla Riforma, da Enrico VIII, è stata una svolta storica… per la prima volta la regina di Inghilterra… beh, c’era andato anche Giovanni Paolo II ma era una visita privata e poveretto gli fecero fare anche una brutta figura, perché quando lo ricevettero allo stesso tempo attaccarono l’Argentina per le Malvinas, quindi il povero papa fu proprio… ma era una visita privata, questa era una visita ufficiale, per la prima volta cattolici e anglicani tornano a parlarsi, un Papa ricevuto nel Paese più anticattolico d’Europa, ricevuto dalle supreme autorità protestanti del Paese, quella svolta era importantissima… ma ci fosse stato qualcuno in Italia che ha realizzato un episodio storico di quella portata! E lì lui ha citato Tommaso Moro e Newman, la libertà di coscienza e il martirio – pensate che intelligenza in questo abbinamento -. Newman, il principio della libertà di coscienza, il principio del liberalismo moderno, quindi ha detto agli Inglesi “noi non siamo reazionari, noi vogliamo il liberalismo moderno, però al tempo stesso per la libertà di coscienza siamo disposti ad andare alla morte come Tommaso Moro e al martirio”, proprio in nome della libertà di coscienza noi affermiamo che la libertà non va imposta con la forza e siete stati proprio voi che avete affermato la libertà, che avete mandato a morte uno dei grandi campioni… Quest’abbinamento è il segno di un’intelligenza unica, ma queste cose ci fosse stato qualcuno che se ne fosse accorto.
Ebbene gesti spiazzanti nello spirito del Concilio, nell’ottica non di un cristianesimo militante ma agostiniano-guardiniano, come ci hai ricordato. L’opposizione al relativismo ha un valore catecontico, nel senso di Paolo, cioè di contenere gli effetti negativi del processo di secolarizzazione, ma la fede nasce da un’altra fonte, dall’incontro, lo abbiamo detto prima. In tal modo si precisa l’ottica del volume: il tempo si muove tra relativismo e manicheismo che ritorna oggi. Sono dinamiche di potere. La fede al contrario deve favorire la possibilità dell’incontro. C’è un articolo che prende lo spunto da Jacques LeGoffe, dove LeGoffe, dopo la scomparsa del limbo come concetto teologico (perché il limbo non ha mai avuto una sanzione da parte della suprema autorità della Chiesa, è sempre stata un’ipotesi teologica, ma a un certo momento la teologia l’ha messa da parte giustamente), dice “non toglieteci però ora il Purgatorio, perché il Purgatorio è la possibilità della linea di mezzo, perché se rimane solo l’Inferno e il Paradiso, è il mondo manicheo, siamo tra i dannati e i santi. Siccome noi siamo nella zona grigia, siamo in mezzo, dateci una possibilità di salvezza anche a noi”. Quel discorso vale appunto anche in termini politici. Quell’articolo aveva un senso anche politico. “Non toglieteci il purgatorio” vuol dire non viviamo per favore in un mondo manicheo. Ecco, questo era il senso della cosa. Così in questo contesto di punti si spiegano anche alcuni articoli che sono qui dentro: uno Giussani-Montini, il rapporto profondissimo tra Giussani e l’arcivescovo di Milano, il Senso Religioso nasce dallo scambio tra questi due grandissimi, ma anche tra Giussani e Martini (sappiamo tutti che sono stati molto diversi), valutazioni diverse, eppure anche lì è possibile, se non abbiamo il paraocchi ideologico, è possibile trovare dei punti di incontro che ci fanno capire che una stagione di contrapposizioni è passata e l’’89 deve valere per tutti.
Quindi nel mondo drammatico che stiamo vivendo, la Terza Guerra mondiale a pezzetti, occorre certamente difendersi e i cristiani hanno il diritto di difendersi insieme ad altri che spesso sono islamici perseguitati anch’essi. Occorre però tracciare anche ponti, aperture verso le periferie del mondo, uscire dal ghetto e abbattere quei famosi bastioni di cui parlava Von Balthasar in quel grande libretto del 1952 che profetizzava il Concilio Vaticano II. Ebbene dopo il Concilio, dopo gli sbandamenti conciliari, la Chiesa si è di nuovo rinchiusa, clericalizzata, perché quello che papa Bergoglio dice continuamente, è che il clericalismo è il grande…, è quello che ha ammazzato la Chiesa in questi ultimi anni. Questa Chiesa burocratizzata, ingessata, chiusa in se stessa è ora quella che vede nemici ovunque. E’ ora di tracciare legami, di portare segni di unità e di pace nel mondo liquido in cui l’individualismo, perso ormai il suo aspetto seducente, appare piuttosto come l’homo homini lupus di hobbesiana memoria. Nel libro si conclude l’introduzione dicendo che Ratzinger, che Papa Benedetto non è stato un intermezzo, perché il rischio è che la storiografia che verrà potrà dirci questo, tra il grande papa Giovanni Paolo II e questo grande papa, che il Signore gli conceda ancora tanto tempo, che è papa Francesco, c’è il rischio che si dica che papa Ratzinger è stato l’intermezzo, il papa mite che non ce l’ha fatta a sopportare. La lettura che do io è tutt’altro ed è stato l’inizio del rinnovamento della Chiesa che proprio con Papa Francesco trova la sua ideale prosecuzione. Grazie.

CAMILLO FORNASIERI:
Bello! Bello! E’ stata una cavalcata veloce ma molto intensa e molto bella. Grazie ancora a Massimo per il suo lavoro, grazie ad Alessandro Banfi e arrivederci alle prossime.

Data

28 Agosto 2014

Ora

20:00

Edizione

2014

Luogo

eni Caffè Letterario A3
Categoria
Testi & Contesti