Il sogno e l’utopia del ’68.

Seminario con Julien Ries, Presidente del Centro di Storia delle Religioni dell’Università Cattolica di Lovanio.


Ries: Da alcuni mesi si sono scritte e si continuano a scrivere migliaia di pagine sul 1968: l’anno fondatore, l’anno mitico, l’anno della rivolta contro il padre, l’anno della “sorpresa divina”, l’anno folle delle follie collettive, la rivoluzione filosofica, l’anno fondatore della violenza… Nell’ambito di questa commemorazione esagerata dell’anniversario del maggio Sessantotto, attori, giornalisti, sociologi, psicologi, storici e cronisti, psicoanalisti e filosofi hanno pubblicato testi, articoli, libri di piccolo e grande formato.Il mensile francese Magasine Littéraire ha pubblicato un numero intero dal titolo “L’elogio della rivolta”, una sorta di miscuglio sul tema delle rivolte dei giovani nel corso della storia. Il sociologo Jean-Pierre Le Goff ha scritto un libro di circa 500 pagine intitolato Mai 68, l’héritage impossible (Maggio 68, l’eredità impossibile), forse uno degli studi migliori sul Sessantotto, sui suoi antecedenti, sulla coalizione operata delle sinistre contro il modo di vivere insieme, sulla forma di barbarie ‘dolce’ del maggio Sessantotto e sull’eredità che quest’ultimo ha consegnato al futuro, un’eredità che, trent’anni dopo, è rivendicata dagli eredi legittimi ed illegittimi, ma che risulta comunque impossibile. Pochi scrittori hanno osato spingersi sul terreno religioso, eppure ci sono anche in questo campo dei precedenti legati al maggio Sessantotto, e l’eredità lasciata da quest’ultimo rappresenta un debito considerevole. Il nostro seminario vuol essere la parte introduttiva di un dialogo che conduca ad uno scambio di idee sul sogno e l’utopia del Sessantotto.

I. Gli antecedenti del 1968

1. Il soffio di rinnovamento del Concilio Vaticano II

Nato come un concilio pastorale, il Concilio Vaticano II, attraverso i suoi 16 testi ha dato un nuovo slancio alla Chiesa ed ha trattato cinque grandi questioni essenziali: la rivelazione divina, la Chiesa e la sua costituzione, la Chiesa e la sua organizzazione, la Chiesa e la sua missione, la Chiesa nel mondo di oggi. Nel 1965, il Concilio termina nell’euforia generale, ed il Papa Paolo VI inizia ad applicarlo tra le più grandi difficoltà. Gli estremisti di destra rifiutano le riforme e provocano gli scismi. Gli estremisti di sinistra vogliono delle riforme radicali. Appoggiati dal movimento generale della secolarizzazione e dalle correnti marxiste, gli estremisti di sinistra desiderano fare in fretta. Numerosi preti lasciano la Chiesa e raggiungono i gruppi dell’opposizione. Un movimento di opinione molto importante reagisce contro l’enciclica Populorum Progressio promulgata da Paolo VI il 26 marzo 1967 e contro la teologia dello sviluppo di cui essa è la fonte insieme alla costituzione Gaudium et Spes del Concilio Vaticano II ed all’enciclica Pacem in terris promulgata da Giovanni XXIII nel 1963. Si tratta infatti di una teologia legata ai temi della giustizia e della fraternità, della giustizia e della pace, ed al tema della salvezza e dello sviluppo.

2. Dottrine e teologie della rivoluzione.

Dal 12 al 26 Luglio 1966 si svolge a Ginevra la Conferenza mondiale organizzata dal Consiglio Ecumenico delle Chiese sul tema “Chiesa e società”, una Conferenza che viene lungamente preparata da un’inchiesta ecumenica pubblicata in 4 volumi; alla conferenza assistono 400 delegati. Richard Saull, teologo presbiteriano americano, si schiera a favore di una teologia della rivoluzione: il termine rivoluzione diventa uno slogan della Conferenza. Scopo della Conferenza diventa quello di proporre un documento che si opponga alla costituzione Gaudium et Spes del Vaticano II, sviluppando il tema del cristiano rivoluzionario che rifiuta ogni forma di potere alienante. Queste idee sono poi riprese ed ulteriormente approfondite dalla Conferenza dei cristiani per la pace, una Conferenza di ispirazione marxista svoltasi a Praga nel 1966 dopo il Congresso di Ginevra. Si tratta di una teologia che pretende liberare l’uomo dalla supremazia della natura e perciò di trasformarlo.

Nel 1968, il 23 ed il 24 marzo, un gruppo di comunità cristiane di sinistra organizza a Parigi un colloquio sul tema “Cristianesimo e rivoluzione”, del quale si pubblicano rapidamente gli Atti. Il colloquio si proponeva di sostenere la riflessione dei militanti di sinistra impegnati nella lotta rivoluzionaria, mostrando la dimensione internazionale di quest’ultima e sperando così di suscitare la collaborazione di altri cristiani. Vi si faceva riferimento a Ginevra e si contemplava la possibilità di suscitare una rivoluzione generale in Europa. Si discuteva inoltre dei risultati della rivoluzione russa del 1917, della rivoluzione cinese del 1949, della rivoluzione cubana del 1959. I preti che assistettero al colloquio videro nella prospettiva della rivoluzione un nuovo messianismo fondato su Gesù, uomo rivoluzionario. Bisognava sopprimere ogni forma di potere alienante, e per alcuni addirittura rompere completamente con il passato per rinnovare il futuro.

3. Le correnti marxiste e libertarie

Accanto alle correnti di pensiero dei cristiani di sinistra c’erano i marxisti veri e propri ed i libertari. C’era inoltre l’utopia dell’amore libero ereditata dalla liberazione sessuale promossa dallo psicoanalista Wilhelm Reich (1897-1957), un marxista austriaco immigrato negli Stati Uniti nel 1939. Reich lottava contro la famiglia, considerandola come il luogo principale nel quale, grazie all’autorità parentale, si esercita la repressione sessuale. Reich considerava infatti la società come un impedimento allo sviluppo naturale della sessualità e come un luogo che provoca rimozione, angoscia e nevrosi.

Il marxismo riesce ad influenzare fortemente coloro che tengono il potere in Europa, i mezzi di comunicazione di massa ed i gruppi di giovani nelle università. La rivoluzione culturale cinese provoca la nascita, già dal 1966, di circoli maoisti che sviluppano una visione utopica e mitica della società. Nel 1966, a Berlino, Rudi Duschke, il “rosso”, fonda una contro-università. Il seminario marxista di Praga forma dei militanti per i diversi paesi dell’Europa occidentale. In Francia, alla fine degli anni sessanta, la Scuola Normale Superiore della rue d’Ulm diventa la culla del maoismo per numerosi giovani universitari influenzati dal pensiero di Louis Althusser, professore di filosofia e maestro pensatore del partito comunista francese. Tra il 1966 ed il 1968 il pensiero marxista si impadronisce di numerose sedi universitarie dell’Europa occidentale e crea dei movimenti di opposizione che si schierano contro l’autorità e l’ordine borghesi e contro ogni forma di dominazione.

La secolarizzazione si fa strada molto rapidamente ed il consumismo dei paesi ricchi si trasforma progressivamente in materialismo. La crisi del sacro entra nella sua fase critica e la teologia della morte di Dio elaborata nei paesi anglosassoni comincia a trovare in Europa numerosi sostenitori. Un’altra corrente di pensiero viene in aiuto a questo vasto movimento culturale: si tratta dello strutturalismo che pretende trovare tanto nei sistemi sociali che nello spirito umano delle strutture soggiacenti. È evidente che una simile visione del mondo riduce notevolmente il posto per l’uomo che pensa ed agisce autonomamente. Lo strutturalismo tralascia in effetti ogni tipo di riferimento all’esperienza umana, all’azione dell’uomo, alla prassi. E così, alla morte di Dio viene ad aggiungersi la morte dell’uomo.

La civiltà dell’Occidente diventa così estremamente fragile. Gli adulti ed i dirigenti della società non si aspettavano certo una rivolta dei giovani.

II. Nel solco degli avvenimenti del 1968

1. La scintilla che provoca l’incendio

Ogni rivoluzione è per natura contagiosa. Quella del 1968 non fece eccezione alla regola, anche se, in questo caso, gli organi di stampa giocarono un ruolo negativo, trasmettendo quotidianamente le immagini della rivolta su tutti gli schermi dell’Europa occidentale. Tutto il movimento rivoluzionario ha trovato origine nelle Università. In Francia, già nel 1967 il tedesco Daniel Cohn-Bendit, studente in sociologia all’Università di Paris-Nanterre, costituì un elemento catalizzatore per molti gruppi di sinistra. Due erano le sue rivendicazioni: la libertà sessuale e la libertà politica per riformare l’università. Brillante oratore e terribile provocatore, Daniel Cohn-Bendit riusci ad infiammare tutta la sinistra maoista e leninista. Nel marzo 1968 accade l’avvenimento che doveva diventare esemplare: interruzione dei corsi, occupazione dei locali, presa della parola da parte degli studenti. Lo schema si ripeterà in modo pressoché identico in tutte le università, impedendo lo svolgimento normale della vita universitaria in tutta l’Europa e per tutto l’anno accademico.

Il 3 maggio, gli studenti ‘arrabbiati’ dell’università di Nanterre provocano la polizia di Parigi. È la scintilla. Gli studenti si mobilizzano in massa. Il 10 maggio si vive la prima notte di barricate, con incendi di macchine: il movimento si estende. A partire dal 14 maggio si sviluppa accanto al movimento universitario anche un movimento di scioperi e di occupazioni di fabbriche. La contestazione si estende così anche al mondo operaio ed al mondo delle istituzioni, valica le frontiere ed infiamma i paesi vicini.

2. I diversi aspetti dell’utopia

Ci è impossibile ripercorrere qui tutti gli avvenimenti che si sono susseguiti in Francia, Spagna, Italia e Germania nel corso del 1968: barricate, incendi di macchine, di case, occupazione delle università, delle fabbriche, delle officine, scioperi. Da parte degli studenti, gli slogans sono l’aspetto lirico dell’utopia. Eccone alcuni: “abbasso il vecchio mondo”, “ci hanno alienato”, “l’uomo normale non esiste”, “autonomia intellettuale per i bambini”, “siate realisti, chiedete l’impossibile”, “chi non è me, è un agente della repressione”, “no! io contesto”, “Dio è un intellettuale di sinistra”, “la morte è una contro-rivoluzione”, “Corri compagno, il vecchio mondo è dietro di te”, “godere senza limiti”, “stabilisco lo stato di felicità permanente”, “fate l’amore e ricominciate”, “l’emancipazione dell’uomo sarà totale”, “creare o morire”, “ditelo con i sassi”, “è vietato vietare”, “né Dio né maestri, Dio sono io”, “le nostre mani fabbricheranno le bombe”, “l’economia è malata, che muoia”, “parlatemi di me, solo questo m’interessa”, “fate l’amore e non la guerra”.

Il movimento di rivolta degli studenti fa il giro dell’Europa: Berlino, Roma, Madrid, Parigi, Lione, Bordeaux. Gli studenti vogliono la liberazione totale e si battono perché l’immaginazione sia al potere.

In questa utopia del 1968 c’è dunque un aspetto di festa e di fraternità tra i giovani che vivono effettivamente una liberazione della parola: una libertà ed una liberazione. Ma c’è anche l’aspetto più di sinistra del movimento, che mette in questione l’autorità, le istituzioni, i valori sociali e morali. Quest’aspetto di sinistra mina le basi della famiglia, della scuola, dell’educazione, della società, provocando una crisi che dura ancora, trent’anni dopo. In questo senso, Jean-Pierre Le Goff parla dell’eredità impossibile.

3. I cristiani ed il contagio dell’utopia

Il Concilio Vaticano II finisce nel 1965 mentre è già in corso la sua applicazione. La Chiesa subisce lo choc degli avvenimenti e delle idee del 1968. Gli uomini e le dottrine legate alla teologia della liberazione si uniscono alla corrente contestatrice del Sessantotto e cercano di introdurla nella riforma conciliare. L’audacia della rivolta del maggio ‘68 sarà contagiosa: essa ha infatti liberato la parola ed abbattuto l’ostacolo del rispetto dell’autorità. Anche nella Chiesa nasce il genere della letteratura contestataria. Basta citare come esempio il libro di Bernard Besret, un abate benedettino francese, dal titolo Libération de l’Homme (Liberazione dell’uomo). Egli propone ai monaci un monachesimo liberato dal mito e dal sacro, liberato dall’alienazione delle false sacralizzazioni, liberato dall’ascesi e dalla preghiera, liberato dalla gerarchia. Propone di abbandonare i vecchi modelli, di “rompere gli stampi”. Scritti del genere si moltiplicano. I seminari si vuotano, religiosi e religiose lasciano il loro convento alla ricerca di una liberazione, numerosi preti abbandonano le loro funzioni. Questo movimento generale sbalordisce e scandalizza i cristiani, la cui pratica religiosa subisce un calo importante. Il maggio Sessantotto svuota i confessionali. Nel cuore della crisi della civiltà, la Chiesa subisce a sua volta una crisi molto profonda.

Ma suona l’ora dello Spirito Santo. È l’ora della nascita di nuove comunità nel seno della Chiesa, comunità che rispondono all’anelito del maggio Sessantotto ed offrono ai giovani la possibilità di dar libero sfogo alla loro immaginazione, alle loro risorse ed ai loro talenti. È nel Sessantotto che, ad un volantino di un gruppo di Milano che proclamava la liberazione, altri giovani di Milano rispondono con un volantino che proclamava Comunione e Liberazione. Attraverso don Giussani, lo Spirito Santo dava una risposta immediata: la nascita del movimento di Comunione e Liberazione.

III. Bilancio di un’utopia

La rivolta del Sessantotto ha modificato profondamente l’istituzione universitaria: sono cambiati i rapporti tra professori e studenti, tra autorità universitarie e studenti, è cambiato il clima generale, il modo di esercitare l’autorità, di ripartirsi i compiti, sono cambiati i metodi di insegnamento e gli ingranaggi dell’organizzazione.

Ed il Sessantotto ha cambiato anche le mentalità.

1. Bilancio positivo: tre aspetti

Durante quest’anno 1998 si fanno i bilanci del Sessantotto. Tra gli elementi positivi possiamo sottolineare una migliore possibilità di dialogo presente oggi all’interno delle istituzioni, delle università, delle fabbriche. Un altro elemento positivo sottolineato da Le Goff è il naufragio del pensiero di sinistra puro e duro, che aveva continuato ad espandersi sullo slancio del Sessantotto. Certo bisogna tener conto anche della caduta del muro di Berlino, un avvenimento reale e simbolico del fallimento del marxismo-leninismo. Anche il maoismo ha mostrato i segni del fallimento e questo duplice fallimento ha costretto al cambiamento i marxisti dell’Occidente. Un terzo elemento positivo è la ripresa di coscienza di molti cristiani e non cristiani. Il fenomeno di contro-cultura, di antiumanesimo, di disprezzo dei valori cristiani che seguì la rivoluzione del Sessantotto è stato un segnale per molti ed ha permesso una nuova ricerca di valori. I venti anni di pontificato di Giovanni Paolo II rappresentano, in questo campo, uno degli avvenimenti più significativi di questa fine del secolo.

2. Bilancio negativo: sessualità, educazione, violenza

Il prete francese Tony Anatrella, psicoanalista e specialista di psichiatria sociale, ha appena pubblicato un libro dal titolo La différence interdite, sexualité, éducation, violence 30 ans après ‘68 (La differenza proibita, sessualità, educazione, violenza trent’anni dopo il ‘68, Parigi, Flammarion, 1998, 327 pagine). Anatrella sostiene che il maggio 1968 è all’origine della mancanza di maturità psicologica e sociale nella quale ci troviamo attualmente. Si tratta di una situazione che genera il flagello della violenza.

a. Consideriamo in primo luogo l’aspetto dell’educazione.

La rivolta del Sessantotto fu una rivolta contro il padre, e questo ebbe come conseguenza l’espandersi di una reale permissività morale. Anatrella sostiene che si trattò di una rivoluzione di adolescenti che volevano ribellarsi ad ogni forma di autorità parentale e ad ogni tipo di differenza imposta dal sesso. Si è cercato di abolire l’autorità paterna sullo slancio della contestazione di tutte le autorità istituzionali e di coloro che le incarnavano. In famiglia divenne “vietato vietare”. Fu come un terremoto che condusse allo sfascio intere famiglie e che aprì una voragine tra l’universo dei giovani e quello degli adulti.

Si è preteso creare una società del “libero piacere” per rendere giustizia alla differenza di ogni individuo. Di fatto però si è realizzata une vera propria clonazione degli individui, e si è arrivati al paradosso che, nella società odierna del mondo dei giovani, per essere se stessi, bisogna necessariamente essere come tutti gli altri. I mezzi di comunicazione di massa contribuiscono in gran parte ad una simile “spersonalizzazione” dei giovani, e questo per evitare che dal gruppo emerga una élite. Si tratta di una vera e propria clonazione. Un esempio fra molti: in un quartiere, soprattutto alla periferia delle grandi città, si forma una banda di giovani e, presto o tardi, tutti gli altri si rinchiudono nel gruppo e si assimilano ad esso. Non si può dunque parlare né di “libero piacere” né di diritto alla differenza. Ed è proprio in queste bande prive di maturità che, seguendo il modello del Sessantotto, nasce la violenza sociale.

A tutto questo si aggiungono le gravi lacune dei programmi di insegnamento che cambiano continuamente e che sembrano sempre meno preoccupati dell’oggetto del sapere. Si prediligono sempre di più dei metodi non direttivi e l’insegnamento si focalizza sulla persona dello studente. Alla fine del percorso resta un vuoto: una mancanza di sapere, una mancanza di cultura e soprattutto un’assenza di senso della realtà. L’utopia del Sessantotto si estende così ai giovani di oggi e rischia di indebolirli. Gli insegnanti e gli educatori devono essere vigilanti in questo campo di fronte ai sessantottini che, oggi, governano i nostri paesi.

b. Vediamo in secondo luogo l’aspetto della liberazione sessuale.

Si tratta di una delle grandi rivendicazioni del movimento del Sessantotto, sostenuta già da Cohn-Bendit a Nanterre nel marzo del 1968 e sottolineata dagli slogans di tutte le università europee in pieno fermento. La rivoluzione culturale del Sessantotto ha messo in crisi i modi di vivere, i valori e le forme istituzionali dell’intera società. I militanti di questa rivoluzione hanno assegnato un posto particolare alla lotta contro la morale ed hanno proclamato immediatamente la liberazione sessuale senza attendere alcuna decisione da parte delle istituzioni. Questa liberazione si sfalderà di fatto in una serie di movimenti, di gruppi che si costituiscono rapidamente su dei temi ben precisi: liberazione delle donne, liberazione degli omosessuali, liberazione dai vincoli del matrimonio. Tony Anatrella afferma che “nella misura in cui il maggio Sessantotto è stato una rivoluzione di adolescenti, è normale che siano gli adolescenti ad aver proposto la loro sessualità, fondata su delle pulsioni parziali, incapace di accedere allo stadio della genialità. Ciò ha portato ad una sessualità ridotta a pezzi”.

Cosa ne è venuto da questa liberazione?

– Il movimento di liberazione delle donne, un movimento di lotta delle donne per la loro emancipazione, un movimento che reclama la libertà dell’individuo-donna opponendolo a tutti gli interessi o ai valori considerati come superiori. Si tratta della lotta per l’autonomia individuale del corpo e della sessualità, si tratta della messa in crisi del ruolo della donna nella famiglia e nella società. Si tratterà poi della lotta per l’aborto e la contraccezione, giustificata dal preteso diritto a disporre del proprio corpo. La ribellione arriva fino al punto di mettere in crisi la stessa identità femminile ed il ruolo della donna nella specie umana. Secondo Le Goff, il movimento di liberazione della donna “esprime bene un certo modo di ragionare tipico della sinistra post-sessantottina e del suo orgoglio sovrano” (p.317). Si assiste così alla nascita di una contro-cultura ed all’apparire del fantasma dell’onnipotenza: cambiare la natura femminile. Il corpo della donna diventa un nuovo assoluto: il razzismo dei sessi si trova così capovolto.

– Il discorso omosessuale si afferma nella società, seguito in breve tempo dal discorso sulla contraccezione, sulle relazioni temporanee, sull’amore libero e sull’aborto. Tony Anatrella aggiunge che non ci si deve allora meravigliare “di vedere la società interrogarsi su alcune pratiche che sono significative della dimensione antisociale della sessualità, pratiche come la pederastia e l’aborto”. Ecco l’eredità impossibile della rivoluzione del Sessantotto.

c. In terzo luogo c’è la rivoluzione della famiglia.

I sessantottini immaginavano la famiglia come una delle istituzioni più retrograde. La famiglia fu il bersaglio delle rivendicazioni più estremiste e delle utopie più libertarie. Si pretese così di mettere fine all’istituzione del matrimonio borghese che, per le femministe, consentiva lo sfruttamento della donna e permetteva l’esistenza degli uomini pascià, perpetrando così l’alienazione della donna attraverso la maternità.

Fu un movimento di idee che ebbe un’influenza nefasta e che può dirsi all’origine della coabitazione, rapidamente estesasi a tutti i livelli sociali, e della banalizzazione del divorzio. Oggi i giovani si trovano così di fronte ad un immenso cantiere da ricostruire.

Alla fine di questo secolo, ci troviamo di fronte ad un grave problema giuridico e sociale, perché alcuni vorrebbero cambiare le strutture della società e considerare il matrimonio e la famiglia come uno dei tanti modi possibili di instaurare legami sociali. Ma la coppia uomo-donna è all’origine stessa dei legami sociali. Si vorrebbe aggiungere a quest’ultima un altro tipo di legame, quello che si pretende chiamare “la coppia omosessuale”. Ma se la coppia uomo-donna rappresenta effettivamente la procreazione, la parentela, l’educazione, la trasmisssione, “la coppia omosessuale” non può simbolizzare alcun valore. L’omosessualità può essere un dato di fatto, ma non potrà mai erigersi a modello di unione familiare. Si tratta dell’utopia e della finzione di fronte alla vita ed alla realtà. L’omosessualità non può essere un oggetto di diritto. Solo la persona in quanto tale è soggetto di diritti e di doveri.

Conclusione

Evocando i loro successi di trent’anni fa, i sessantottini si presentano come dei valorosi vecchi combattenti delle barricate meritevoli di decorazione. Ci fanno pensare alle società adolescenti che rivivono i miti dell’eterno ritorno legati alla loro concezione circolare del tempo. Coscienti di vivere un tempo lineare e di essere degli attori della storia, noi abbiamo gettato uno sguardo all’utopia del Sessantotto per cercare di fare un bilancio utile e significativo di quelli che furono i fatti reali e dell’influenza che essi esercitarono sullo svolgersi del secolo e sul senso della nostra stessa azione. È come testimone che vi ho parlato dei precedenti del Sessantotto e degli avvenimenti che si sono susseguiti nella Chiesa e nel mondo da trent’anni a questa parte.

Ed in effetti possiamo constatare che il 1968 ha imposto una svolta al nostro secolo. È stato come l’eruzione di un vulcano, una colata di lava incandescente sulla società, una crisi culturale e religiosa, la creazione di una contro-cultura, una mutazione sociale, il risveglio delle coscienze, lo sfascio delle istituzioni, la penetrazione di nuove idee negli spiriti e nel tessuto sociale. I trent’anni ‘68-’98 sono stati certo gli anni di un profondo cambiamento sociale, ma anche gli anni della possibilità di un nuovo dialogo, degli anni di crisi dunque, ma anche degli anni di uno splendore senza precedenti per la Chiesa, specialmente sotto la direzione di Giovanni Paolo II.

“All’inizio le tenebre coprivano l’abisso e lo Spirito di Dio troneggiava sulle acque” (Gen. 1,1-2). Nella crisi di una civiltà, lo Spirito Santo può trasformare quest’ultima in una crisi di crescita. Il 30-31 maggio 1998, in piazza San Pietro a Roma abbiamo avuto la più bella risposta al maggio 1968: 350.000 giovani, membri delle nuove comunità ecclesiali avevano risposto all’appello del 261esimo successore di Pietro. Non c’erano più le barricate e gli slogans, ma la gioia della prima Pentecoste e della nuova Pentecoste, l’affermazione di una Chiesa in comunione. All’utopia della falsa liberazione proposta dal Sessantotto, insieme a monsignor Giussani, ventimila giovani portavano l’eredità di una risposta che non è un sogno, ma che ha un nome e porta un messaggio di speranza per la Chiesa e per il mondo: Comunione e Liberazione.

Data

26 Agosto 1998

Ora

18:30

Edizione

1998
Categoria
Incontri

Relatori