Good Rocking Tonight. Storie di 50 anni di Rock

 

a cura di Leonardo Eva, Walter Muto, Paolo Vites. In collaborazione con Ivano Conti.
La mostra “Good Rockin’ Tonight!” è legata alla ricorrenza del cinquantennale dalla nascita del Rock. Il 1954 è infatti universalmente riconosciuto come l’anno dell’uscita del primo brano di Rock’n roll. L’interesse che ha spinto i curatori della mostra nasce dall’impatto quotidiano con una visione tipicamente italiana di questa espressione musicale. Considerando la musica rock una forma di espressione culturale (e le numerose candidature al premio Nobel per la letteratura di Bob Dylan evidenziano tale valore), accade che essa, come tutte le forme culturali, sia sottoposta nel nostro Paese a una visione ideologica che limita fortemente il suo vero contenuto. Se è pur vero che la musica rock ha espresso forti contenuti di ribellione sociale e di costume verso il sistema, è anche vero che ridurla a forma di antagonismo e di schieramento politico di parte non corrisponde a quanto invece un occhio (e un orecchio!) meno distratto vi può trovare. In essa è contenuto, in modo talvolta fortissimo, il desiderio di felicità, il grido disperato dell’uomo dei nostri tempi a cui è stata negata la possibilità di un incontro con Dio e che invece lo ricerca, “brancolando nel buio”: “Vieni come sei, come eri / Come voglio che tu sia / Come un amico, come un vecchio nemico / Prendi tempo, fai in fretta / La scelta è tua, non fare tardi” cantava il leader dei Nirvana, Kurt Cobain, morto suicida alcuni anni fa.
Da parte dei media nostrani questo aspetto è sempre censurato e messo in secondo piano. È bene ricordare il trattamento riservato dalla stampa a Bob Dylan quando si esibì, nel 1997, alla presenza del Papa (esibizione definita dal cantautore americano “il punto più alto della mia carriera”) e fu definito nel più benevolo dei casi un traditore degli ideali del ‘68. Oppure il tentativo di squalificare, o quantomeno ignorare, il contenuto religioso di gruppi amati dai giovani come gli U2.
Le parole di un songwriter di Nashville esprimono molto bene il grido profondo della musica rock in generale: “Il blues è l’anima dell’uomo che implora Dio. C’era prima ancora della musica, della forma canzone, dei cantanti di colore, dello sfruttamento della gente di colore. Cominciò con gemiti e pianti, cercando di esprimere qualcosa che non si poteva esprimere con le parole. Dio inventò il blues perché è desiderio di Dio che noi lo cerchiamo e lo troviamo, dopo che l’uomo fu esiliato dal paradiso terrestre. Negli spasimi dolorosi di questa ricerca, questo bisogno di cui molti non sono nemmeno consapevoli, noi tutti sperimentiamo un senso di isolamento, una solitudine, una tristezza, una brama di pienezza. Tutto questo è il blues. L’uomo di colore ne ha fatto un’arte e gli ha dato delle emozioni familiari, ma tutti noi, americani, italiani, di qualunque Paese, abbiamo il blues, impiantato da Dio nei nostri cuori e nelle nostre anime.” Il Rock’n’roll ha come padre il blues nero e come madre il desiderio di felicità e la voglia di divertirsi bianchi.
Uno sguardo libero da pregiudizi permette anche di addentrarsi a fondo in quell’affascinante mistero che è l’America contemporanea. Su questo, il critico americano Greil Marcus ha scritto: “In superficie l’America prende la sua energia dalla ricerca della felicità; da un ‘amore per la gratificazione fisica, il concetto di migliorare le proprie condizioni, l’eccitazione della competizione, il fascino del successo anticipato’ (Tocqueville); dal ricordo di uno spazio aperto, dalla fiducia nell’esistenza di possibilità infinite; dalla convinzione che tu “puoi” sempre avere ciò che vuoi e che se anche non puoi, te lo meriti comunque (…). Essere americano vuol dire sentire la promessa come un diritto di nascita e sentirsi solo e perseguitato quando la promessa svanisce. Nessuna sconfitta, in America, sia d’amore che di soldi, è mai semplice; è sempre una specie di tradimento di una massa di vaghe speranze condivise”(da Mystery Train). È questo il sogno della promised land, la terra promessa, che il rock, da Elvis a Bruce Springsteen, ha sempre cantato, così come ha cantato la maledizione che soggiace quando questa “terra promessa” si rivela impossibile da raggiungere con mani d’uomo.
La mostra mette in risalto questi aspetti e ripercorre le tappe fondamentali di 50 anni di musica Rock attraverso i principali protagonisti e le tappe più significative, integrando i fatti con testimonianze, testi di canzoni, dichiarazioni degli artisti e citazioni da libri e riviste musicali. Sarà disponibile anche un adeguato commento sonoro, e un’iconografia con pannelli fotografici di immagini storiche e copertine di dischi.

Data

22 Agosto 2004 - 28 Agosto 2004

Edizione

2004

Luogo

Agorà C1 (Area CdO)
Categoria
Esposizioni Mostre Meeting