Senza passione per il bambino non ci sarà passione per l’uomo

Redazione Web

Senza passione per il bambino non ci sarà passione per l’uomo
Medici di famiglia e ospedalieri a confronto sul futuro della pediatria

Rimini, 20 agosto 2022 – 44 anni sono tanti, anche per un sistema sanitario nazionale come il
nostro che non teme confronti a livello europeo, sia dal punto di vista professionale sia per la
capacità di garantire a tutti, anche ai più indigenti, un’assistenza adeguata. C’è bisogno, oggi,
di una riforma che tenga conto di tutti i cambiamenti intercorsi dal 1978 e di tutte le
innovazioni; una riforma che deve investire un settore delicato e decisivo dell’assistenza
sanitaria quale la Pediatria, in particolare quella che opera sul territorio. Sul tema “Serve ancora il pediatra di famiglia? La pediatria, fra prossimità di cura e riforme di sistema” si sono
confrontati, nella Sala Ferrovie dello Stato B2, Antonio D’Avino, presidente della FIMP
(Federazione Italiana Medici Pediatri) e medico pediatra di Portici (Napoli); Nicola Gobbi,
MMG e medico di continuità assistenziale dell’Ambulatorio Urgenze Pediatriche all’Ospedale
Infermi di Rimini; Alberto Villani, direttore del Dipartimento Emergenza, Accettazione e
Pediatria Generale dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma. L’incontro, realizzato con
il sostegno di Doc Generici e BD Italia, è stato coordinato da Mattia Altini, direttore sanitario
AUSL Romagna.
Altini e Villani hanno esordito ricordando un dato preoccupante: l’indice di natalità in Italia è
di 1,2 figli per donna fertile. Vuol dire che ogni anno nascono meno di 400mila bambini. E si
illude chi pensa che la situazione cambierà grazie all’arrivo di immigrati che appartengono a
culture dove la famiglia numerosa, con 4-5 figli, è considerata un fatto normale. «Alla seconda
generazione», ha detto il pediatra del Bambin Gesù, «la natalità di queste famiglie si riduce
drasticamente» e si allinea alla nostra. D’Avino e lo stesso Villani hanno parlato di insistenti
appelli alla classe politica, ma di aver riscontrato un’attenzione molto flebile: «Una
disattenzione grave», ha commentato Villani, «perché senza passione per il bambino non ci
sarà neanche passione per l’uomo».
Eppure il livello della pediatria in Italia, secondo Villani, continua a essere di altissima qualità, con tassi di mortalità fra i più bassi al mondo. Secondo D’Avino, inoltre, il pediatra di base
«mantiene uno straordinario rapporto fiduciario con le famiglie, che è il caposaldo della nostra
professione». Questo grande patrimonio deve fare fronte a nuovi problemi, come gli effetti
indotti dal Covid o i mutamenti culturali e ambientali che spesso producono nuove patologie;
al tempo stesso, deve far tesoro delle innovazioni e degli sviluppi della medicina e della
scienza. Gobbi ha parlato di un aumento di accessi al pronto soccorso per frustrazioni e ansie
e per patologie croniche, auspicando una formazione continua e adeguata dei medici pediatri
e il consolidamento di «un rapporto di fiducia con le famiglie, per creare le condizioni di un
adeguato sviluppo del bambino».
Un punto critico della sanità italiana in generale e, quindi, anche della pediatria, è stato
individuato in quella che Altini ha definito «la settorializzazione dei comparti sanitari». I
comparti (ospedaliero, territoriale, specialistico ambulatoriale, convenzionale) non si parlano, «sono molto verticali, settorializzati, quasi impermeabili», ha denunciato Altini, che si è
chiesto «se i vari settori potranno mai lavorare insieme, indipendentemente dai contratti
collettivi». Provocazione raccolta da D’Avino e Villani, per i quali l’integrazione fra ospedale e
territorio deve essere totale, perché è una necessità. D’Avino ha richiamato più volte il recente
DM 77, che prevede risorse per gli ospedali di comunità e le centrali operative territoriali, ma
ha lamentato l’assenza di finanziamenti per la realizzazione di una rete fra gli studi
professionali associati, che dovrebbero poter godere della collaborazione fra personale
amministrativo e infermieristico. Gobbi, da parte sua, ha segnalato «il senso di impotenza
davanti al carico burocratico», e ha invitato a una condivisione di idee e progetti, senza
arrestarsi alla gestione degli aspetti finanziari.
L’obiettivo, condiviso da tutti, è quello di arrivare a un sistema in cui il paziente, soprattutto
se si tratta di un bambino, sia al centro di strutture e professionalità che interagiscano fra loro
e lo considerino il soggetto privilegiato dell’attività medica e la loro stessa ragion d’essere.

(D.B.)

Scarica