Sanità pubblica: una integrazione possibile tra statale e privata?

Sofia Bronzetti

Rimini, venerdì 21 agosto – L’emergenza Covid-19 rappresenta un’importante prova di forza per il sistema sanitario nazionale. La crisi, certo, ha messo in luce i pregi del modello universalistico e pubblico. Allo stesso tempo, però, le difficoltà incontrate, spingono a migliorare; e così a mettere a fuoco l’essenziale apporto offerto dai diversi attori per una sempre più effettiva tutela della salute, individuale e pubblica.

Questo il tema dell’incontro “Sanità pubblica: una integrazione possibile tra statale e pubblica?”, proposto dal Meeting in collaborazione con l’Università Cattolica. Dopo l’introduzione di Mattia Altini, direttore sanitario Ausl Romagna, si sono così susseguiti gli interventi di Marco Trivelli, direttore generale Welfare Regione Lombardia; Roberto Bernabei, presidente Gemelli a Casa; Claudio Cricelli, presidente SIMG – Società italiana di medicina generale e delle cure primarie; Angelino Alfano, presidente Gruppo San Donato, e Roberto Speranza, ministro della Salute.

Guardando all’esperienza lombarda, esordisce Trivelli, «non si può parlare né di successi, né di fallimenti. Abbiamo avuto un problema di cura, soprattutto nel coordinamento degli attori coinvolte e nella comunicazione tra i diversi comparti interessati. Ognuno si percepisce nel proprio ruolo», continua. «Ma questo non è un problema della sanità, è un problema del sistema Paese. Bisogna imparare a convergere verso il bisogno reale delle persone, proprio come abbiamo imparato negli scorsi mesi».

Ed è guardando agli esperimenti fatti per fronteggiare l’emergenza – continua Bernabei – che si può apprezzare il valore aggiunto dell’epidemia, come stimolo per migliorare i sistemi e i modelli organizzativi e per gestire in modo innovativo le situazioni più critiche. «E tutto ciò al Gemelli avviene proprio grazie alla vocazione pubblica e al bilancio privato della fondazione, che la rende capace di sperimentare».

«Se la salute, infatti», ­prosegue Cricelli, «è un diritto, e come interesse pubblico va tutelato dallo Stato, l’erogazione della prestazione può ben avvenire attraverso un sistema differenziato; e questo tratto rappresenta una componente genetica del nostro SSN, fin dalla sua fondazione». Il COVID-19, in tal senso, ha dimostrato la capacità di reagire degli operatori e l’incapacità del sistema sanitario di fare sistema. «I medici di medicina generale»,­ continua Cricelli, «nell’emergenza, hanno dimostrato di essere un baluardo perfettamente integrato nel sistema». E conclude: «Ora, in vista dell’autunno, bisogna collaborare per rimettere in sicurezza le categorie fragili e assicurare la corretta presa in carico dei pazienti nella fase di rientro».

In tal senso, il coronavirus sembra aver dato una grande lezione sul valore della sanità pubblica al Paese ­– asserisce Alfano: «L’emergenza, infatti, ha finalmente portato al superamento di quell’equivoco culturale che vuole la sanità pubblica e privata avversarie. Nell’esperienza del COVID-19 ­hanno dimostrato di essere valide alleate; dando solida prova dell’unità, oltre che dell’universalità, del SSN». La componente privata, soprattutto guardando al contributo del San Donato, «ha dato il meglio di sé», prosegue Alfano, «consentendo di alleggerire il carico del settore pubblico nella fase acuta della crisi e di dare risposta ai bisogni dei pazienti non-Covid subito dopo la riapertura». È quindi importante tenere a mente, anche per il futuro, che la natura del soggetto non è la natura della prestazione: quest’ultima rimane intrinsecamente pubblica, e la speranza per il futuro è che tutti gli attori coinvolti continuino a collaborare secondo le logiche della sussidiarietà.

Il ministro Speranza nel suo intervento osserva come l’emergenza abbia consentito di recuperare e riscoprire il senso di responsabilità e comunità in un’esperienza civica diffusa. E continua: «Quanto sperimentato durante l’emergenza consente di dichiarare chiuda la stagione dei tagli in sanità: abbiamo una nuova consapevolezza del valore del nostro SSN e il tempo è ormai maturo per un nuovo patto-Paese che veda la salute come bene e fondamento principale della nostra società». E, riprendendo le parole di Papa Francesco, conclude: «Per non sprecare questa crisi è necessario tornare ad investire nella spesa sanitaria, poiché non è spesa improduttiva, ma premessa essenziale per garantire a tutti un’adeguata qualità di vita».

I rischi a cui guardare nel prossimo futuro riguardano quindi i problemi ancora insoluti, come la coerenza organizzativa e l’uniformità delle prestazioni – rileva Cricelli. E in questo senso ­è essenziale ripensare i servizi, puntando sui modelli (come l’assistenza domiciliare) che consentano di venir incontro alle esigenze attuali – asserisce Barnabei. Per far questo ­– conferma Alfano – è necessario puntare soprattutto sull’integrazione del servizio tra ospedali e territorio. E in questo bisogna promuovere un cambiamento culturale all’insegna della collaborazione di scopo e della prossimità – conclude Speranza.

L’incontro, soprattutto avendo a mente la situazione degli ultimi giorni, si chiude con un appello: «I numeri del futuro», afferma il ministro, «dipendono da ciascuno di noi. Ognuno di noi gioca un ruolo importante per vincere la sfida che abbiamo di fronte».

 

(E.S.)

 

Responsabile Comunicazione Eugenio Andreatta tel. 329 9540695 eugenio.andreatta@meetingrimini.org

 

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