Luoghi che abitano persone

Redazione Web

Luoghi che abitano persone

Cambiamento, attrattività, inclusione: la pandemia ha stravolto le relazioni di lavoro e di comunità, portando al centro il “luogo” che l’individuo “abita” in posizione rovesciata: sono gli
spazi, oggi, che “abitano” gli individui. E bisogna riprogettarli.

Rimini, 20 agosto 2022 – Non è un tema nuovo quello dell’abitazione, della città e della qualità
della vita. È un tema trasversale con il quale misuriamo i gradi della coesione sociale di una
città e di una comunità.
Guido Bardelli, presidente Compagnia delle Opere e chairman del focus su “Progettare, abi-
tare, vivere”, introducendo i relatori ha detto: «Il cambiamento al quale stiamo assistendo
dopo la pandemia ci induce a riflettere su come invece le novità in tema di cultura dell’abitare
possano trasformarsi in opportunità di miglioramento». E ha aggiunto: «Dobbiamo capire
quali siano le esigenze necessarie per assicurare alle città un ambiente interessante e umana-
mente vivibile».
Una cosa è certa: la pandemia ha abbattuto ogni rigidità concettuale in tema di “habitat”: «Da
un approccio verticale siamo passati a un approccio trasversale», ha infatti affermato Mario
Abbadessa, senior managing director & country head di Hines Italia: «Oggi “mix” ha un’acce-
zione vincente e positiva: l’abitazione non è più “rigida”, è fluida, flessibile, esattamente come
la nostra vita». E ha introdotto così un tema molto innovativo connesso alla flessibilità, quello
della “sostenibilità dell’abitazione”, che si rende ancor più necessaria proprio in questo futuro
prossimo in cui, da settembre 2022, la crisi economica comincerà a mordere sia gli imprendi-
tori sia i consumatori e, quindi, i lavoratori e i cittadini.
Cosa stia succedendo nel mondo del lavoro rispetto all’abitare lo ha spiegato Luca Pesenti,
professore associato di Sociologia Generale all’Università Cattolica del Sacro Cuore: «L’Istat ci
ha detto che sono tre milioni oggi le persone che lavorano da remoto, ma lo smart working
non è profezia che si autoavvera. Per avere davvero lavoro agile occorrono condizioni di spazio
lavorativo che in alcuni casi le aziende non avevano e non hanno. Occorre una trasformazione
di tipo culturale per salvare l’idea del lavoro agile da una narrazione erronea e per immaginare
luoghi di lavoro in cui sia possibile trovare libertà “nel” lavoro e non “dal” lavoro».
E il pensiero va al concetto di “lavoro decente”, che è quel mix di lavoro e luogo di lavoro in
cui l’individuo sente davvero che la propria persona si esprime completamente e armoniosa-
mente “nel” lavoro, in un tutt’uno tra dare ed essere. Al riguardo, Pesenti ha chiosato: «Il
lavoro oggi non è più soltanto una prestazione, ma una relazione. I luoghi di lavoro agile do-
vranno essere ripensati per massimizzare scambi in cui il lavoratore è parte di una rete com-
posita di relazioni in cui le soft skills di ciascuno dovranno essere maggiormente curate».
Ad Amazon il cambiamento non ha fatto paura, anzi. Per Franco Spicciariello, director Public
Policy, Italy & Central and Eastern Europe di Amazon web services, il colosso della vendita
online lo ha addirittura anticipato: «È cambiato completamente il modo di lavorare e di rela-
zionarci con il cliente: è stato un cambiamento innanzitutto culturale, di organizzazione in-
terna. Stiamo andando verso un sistema in cui le persone saranno meno in ufficio, con un
sistema di prenotazione degli spazi degli uffici». Ma Spicciariello ha dovuto ammettere che la
“politica del break alla macchinetta del caffè” è mancata anche in una organizzazione come la
sua: «Si dovrà tornare in presenza perché la vicinanza è insostituibile. È lo scambio dal vivo
che stimola creatività e collaborazione», senza trascurare che la sicurezza informatica del la-
voro da casa offre il fianco ancora a troppe criticità.
«Abitare prima era casa. Dopo la pandemia ha cominciato a significare qualcosa di diverso»,
ha detto Patricia Viel, architetto e amministratore delegato Acpv Architects Antonio Citterio
Patricia Viel. «Con la pandemia non c’è più un luogo dove si lavora e basta, dove si vive e basta,
dove si va a scuola e basta. Stiamo progettando, dunque, città calibrate su ciascun individuo
e non più su categorie astratte». Parole d’ordine: decongestione, leggerezza, desincronizza-
zione e mixité. Il principio che deve informare la progettazione delle città è quello di vicinanza
alle persone. Il “bisogno collettivo” si è contratto nel “bisogno della persona”. Non stupisce
quindi che oggi la casa in affitto sia la risposta alla vecchia idea della proprietà, della fissità:
«Ragionare sulla capacità di progettare i luoghi in modo che abbiano una natura attrattiva e
siano belli, sostenibili, attrattivi. Non importa se la casa è la casa solo per un periodo per coloro
che chiamiamo i “nuovi nomadi”: persone che viaggiano leggere, che godono delle cose senza
possederle e vivono in città multicentriche dove si riconoscono e non si sentono mai perse».
L’opposto delle storiche case europee, dunque, sono le aree urbane funzionali, ha concluso
Viel: «Sono le città inclusive, la città che ci attendono. Una città di città, in cui i luoghi diventino
“strumenti abilitanti” senza costringerti a diventare stanziale».

(G.D.G.)

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