Ludwig Van Beethoven

Redazione Web

Rimini, giovedì 20 agosto – «La proposta della collana musicale “Spirto gentil”, che da molti anni accompagnano il Meeting, è divenuta quest’anno una sorta di sfida, in una forma “sui generis”», ha sottolineato il musicologo Pier Paolo Bellini nella sua introduzione a questo concerto in occasione dei 250 anni dalla nascita del musicista.

«Vorrei partire dal titolo del Meeting, a cui vogliamo dare questo approfondimento musicale», ha detto Bellini. «Beethoven avrebbe sicuramente apprezzato il richiamo alla meraviglia, che era la sua posizione, e al sublime, la sua urgenza. Per lui erano come un imperativo. Fisiologicamente era sordo, ma non dal punto di vista umano. La tensione verso l’infinito è parola d’ordine di tutta la sua opera. Per questo accompagniamo l’ascolto con i versi di tre poesie di Clemente Rebora, come “Tempo”, con l’idea di una tensione costante, un filo teso, un tempo quasi vuoto, un sentimento di incompiutezza».

La prima Sonata eseguita, “La Tempesta” porta un titolo descrittivo, ma non indica una pittura musicale, quanto un’espressione di sentimenti. Non è un’emozione superficiale, ma fa sentire che c’è un nesso tra noi e il creato, un sentire la propria vita collegata a tutto, un temporale, una tempesta come se parlasse dal profondo dell’uomo. «Don Giussani», ha ricordato Bellini, «scrisse nell’introduzione al cd che essa non rappresenta la “pittura” di un evento meteorologico, ma la descrizione di una prova, come quando ci si si trova di fronte alla verità, che ci colpisce, e nessuna tempesta ci può sconvolgere al punto da allontanare dalla verità».

«Fin da quando ascoltai por la prima volta questa Tempesta», ha quindi aggiunto il pianista Giulio Giurato, «rimasi colpito, perché vi avvertivo un significato molto particolare, misterioso. Anton Schlindler, biografo e copista di Beethoven, gli chiese un giorno quale potesse essere la sua chiave interpretativa. Il musicista rispose: “Bisogna leggere la Tempesta di Shakespeare. Studiandola ho trovato diverse corrispondenze, ad esempio l’inizio, con questo accordo sospeso, particolare… poi più avanti le note divengono acute come un grido di terrore, come nella prime concitate pagine della Tempesta shakespeariana. Nel terzo movimento il suo scoppio appare come un vero dramma. Ha scritto a proposito don Giussani che in esso il musicista descrive il momento in cui Cristo tornerà per manifestarsi a tutti gli uomini e ogni pagina della vita è un anticipo di quel tempo finale. “Ben venga la tempesta”, aggiunge Giussani, “a risvegliarci e a scuoterci perché ci restituisca la verità».

Il movimento finale, per Giurato, è quindi come un filo di luce che ci fa camminare, che non ci lascia attoniti e paralizzati. Come le poesie di Clemente Rebora, esso ci aiuta ad ascoltare meravigliati e a non restare sordi al sublime.

Il musicista Chris Vait, in collegamento dal Filadelfia, ha quindi introdotto la Sonata “Les Adieux”, dove si rende evidente fin dall’apertura l’incertezza, la tristezza data da un distacco: «C’è tutta la tristezza di una perdita. La musica di Beethoven è personale, parla della sua vita. Un amico psichiatra mi dice che ascoltare Beethoven è la migliore medicina contro la depressone. Beethoven combatte, aveva un amore per la verità che comportava una vulnerabilità, un voler sacrificare sè stesso. Beethoven ha grandi desideri, collega alla parte migliore della vita, conducendoci a qualcosa di molto più grande di quanto possiamo solo immaginare».

(M.T.)

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