L’Iraq in America e l’America in Iraq

Press Meeting

La guerra in Iraq e il ruolo dell’occidente dal punto di vista di chi ha dovuto raccontare guerra, attentati terroristici e reazioni conseguenti: il mondo dell’informazione, inviati e corrispondenti in primo luogo. Ospiti dell’incontro di questa mattina su tale argomento, introdotto da Alberto Savorana, Direttore di “Tracce”, sono stati Tony Capuozzo del Tg 5, caporedattore di Terra, Monica Maggioni, inviata del Tg1, e Gianni Riotta, Vice Direttore del “Corriere della Sera”.
Per Savorana, il ruolo del giornalista oggi non è meno importante di quello di chi si occupa di scuola o di famiglia: dunque cruciale per i tempi in cui viviamo.
Capuozzo ha sottolineato come non sia ormai più possibile tracciare una linea di demarcazione dei conflitti, considerare le guerre qualcosa di lontano, staccato da noi almeno dal punto di vista geografico. Sbaglia infatti chi pensa di potersi liberare dal problema Iraq dimenticandosene, pensando che basti il ritiro del contingente alleato per far scomparire ogni angoscia.
Monica Maggioni si è soffermata sul modo in cui vengono visti dall’esterno episodi come gli attentati di Londra ed ha indicato nel condizionamento che tali eventi provocano in tutti noi il vero obiettivo del terrorismo. Facendo l’inviata, lavorando accanto alle persone del posto, ci si accorge che quello che accade, ad esempio in Iraq, è meno spaventoso di come viene percepito da noi.
Riotta, al quesito su dove vada il mondo, ha risposto che dipende da come noi gestiremo il domani ed il dopodomani. Il terrorismo islamico non attacca il mondo occidentale per combatterne i difetti (corruzione, ingiustizia, violazioni di diritti di Paesi in difficoltà) ma i pregi, quanto c’è di meglio.
I relatori si sono poi trovati d’accordo su un tema fondamentale: se riusciremo o meno a sconfiggere odio e scontri dipenderà non solo dalla forza con cui esporteremo modelli e valori democratici, ma dalla nostra consapevolezza e dal nostro attaccamento ad essi. Il messaggio che è passato in certi video di rapitori e in certe rivendicazioni di attentati è fin troppo chiaro: “noi amiamo la morte più di quanto voi amate la vita”. Un attaccamento tiepido dell’Occidente ai valori democratici, i nostri inviati lo hanno riscontrato il 30 gennaio scorso, data delle elezioni irachene: quasi nessuno, media compresi, ha tenuto nel giusto rilievo l’importanza di quell’evento. Un popolo si è mosso per la propria libertà, ma gli inviati hanno dovuto faticare per farlo capire. Tra i valori a cui affidarsi c’è senz’altro il rispetto della diversità dell’altro: rispetto vero, reciproco. Abdicare ai propri valori è il modo migliore per violare la dignità dell’altro.

R. S.

Rimini, 25 agosto 2005