L’io, la fede e la sfida delle culture

Redazione Web

Rimini, 20 agosto 2021 – Alberto Savorana, portavoce di Comunione e Liberazione, ha intro-dotto l’incontro con Adrien Candiard, OP, membro dell’Institut dominicain d’études orienta-les (IDEO), e Agbonkhianmeghe E. Orobator, SJ, presidente Conferenza dei gesuiti dell’Africa e del Madagascar (JCAM). Partendo dalla considerazione che la fede cattolica non è più una «mentalità condivisa», Savorana ha chiesto cos’è che può muovere di fronte alla sfida delle diverse culture.
Orobator, ha affrontato il tema chiarendo che, nella sua cultura, la persona non esiste in so-cietà finché non le è dato un nome. Per questo lui, cresciuto animista, al momento della conversione al cattolicesimo fu chiamato Emanuel. «Ma io sono fiero di essere figlio di una cultura diversa», ha raccontato, «per questo non ho rinunciato al primo nome che mi fu dato: Agbonkhianmeghe».
L’accettazione della sua origine culturale ha portato Orobator a mettere in discussione, quindi in relazione, il suo originale animismo con la sua nuova religione. L’animismo, ha in-fatti spiegato, si fonda su tre principi, perfettamente compatibili col cristianesimo: solida-rietà, non solo verso gli esseri umani, ma con tutte le forme del creato, con la consapevolez-za che salvare la terra significa salvare se stessi; «ubuntu», ovvero la fraternità, perché la persona si realizza pienamente soltanto nella relazione con gli altri, e solo con questo uni-verso di relazioni si può rispondere ai doveri verso Dio e la terra; ospitalità, che caratterizza tutta la cultura dell’Africa, che, animista, ha accolto cristianesimo ed islam. Dunque, ha con-cluso Orobator, «il coraggio di dire “io” dev’essere il coraggio di incontrare gli altri».
Candiard ha invece raccontato che quando i superiori gli hanno comandato di trasferirsi al Cairo, a studiare testi islamici medievali, per poi confrontarsi con Imam sugli stessi, aveva considerato il compito come una missione ai confini dell’impero: vivendo questa esperienza ha scoperto, al contrario, di essere al centro. Ha spiegato, infatti, che la missione che sente per gli uomini di fede è quella di essere al servizio del dialogo che Dio, fin dalla creazione, ha con gli uomini: «La Chiesa non può e non deve porsi come insegnante di regole, ma aiuta-re tutti ad ascoltare la voce di Dio senza cadere nella tentazione di sostituirsi a Lui. Conside-rando che ragioni storiche fondano una atavica diffidenza tra cristiani e musulmani, l’essere protagonista del continuo dialogo e confronto con essi, mi fa sentire al centro della missione della Chiesa: in questa missione consiste il mio coraggio di dire “io”».
Savorana ha posto ai relatori un’ultima domanda: dove trovare il coraggio di dire “io”? Se-condo Orobator esso si conquista compiendo un passo verso l’altro, mentre per Candiard maturando la coscienza che il posto di Salvatore del mondo è già preso.
(C.C.)

 

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