Impianti neurali per la terapia del Parkinson

Sofia Bronzetti

Rimini, 23 agosto – Il tema di grande spessore del penultimo incontro dell’Arena Brain D3 è stato introdotto da Sergio Martinoia, Professore ordinario di Bioingegneria, Dipartimento di Informatica, Bioingegneria, Robotica e Ingegneria dei sistemi (DIBRIS), Università degli studi di Genova.

Ha condotto l’affascinante percorso Domenico Gerardo Iacopino, professore associato di Neurochirurgia all’Università di Palermo e Direttore del reparto di neurochirurgia del policlinico universitario e della scuola di specializzazione in neurochirurgia dell’Università di Palermo, uno dei primi ad aver introdotto la tecnica in Italia. Ha iniziato raccontando la storia d’amore attraverso la quale ha imparato. La storia d’amore con le neuroscienze. «La neurochirurgia, a differenza della neurologia, ha l’opportunità di manipolare ciò che si studia».

Attraverso il racconto ha spiegato la chirurgia dei bisogni del movimento. Il nome del morbo di Parkinson deriva da James Parkinson, che la prima volta lo ha chiamato “paralisi agitante” e lo ha descritto, non in modo sintetico e in base ai sintomi, ma tramite il vissuto, come «”una malattia in cui il paziente considera sé stesso come posseduto da un maleficio, dalla cui dominazione non ha alcuna prospettiva di scampo” e quindi la peggiore delle prigioni è il proprio corpo». La concezione di prigionia genera la sofferenza del paziente.

Iacopino ha proseguito con un excursus sui vari metodi precedenti agli impianti neurali, alcuni nati da un incidente. Ha poi semplificato, attraverso l’analogia con un’arancia, la Tecnica stereotassica, per poi mostrarne un esempio pratico a video. «L-DOPA, precursore dell’adopamina, molecola sintetizzata, è stata poi introdotta nella cura clinica», ha spiegato. «Tutta la stereotassica è stata abbandonata, perchè, «dopo un periodo di “viaggio di nozze”, non solo i suoi effetti svanivano, ma si aggiungevano sintomi che prima non erano presenti nei pazienti. Di seguito abbiamo assistito alla rinascita della pallidotomia».

Per coinvolgere il pubblico, il relatore ha mostrato fotografie di interventi da lui svolti. Ha appassionato e coinvolto raccontando la storia dei suoi figli sani e dell’adozione di una bambina abbandonata perché nata con deficit. «Stando in famiglia si è risvegliata grazie al rapporto e la condivisione con gli altri. Noi, vivendo con lei, non vedevamo i suoi deficit, ma giorno dopo giorno ci accorgevamo solo dei suoi progressi. Un dono che ci faceva sorridere il cuore».

Attraverso un suggestivo paragone – «camminando sulla grande muraglia ho notato come improvvisamente si passava da zone di nebbia a zone serene: bisogna sempre approfittare dei momenti che abbiamo a disposizione» – Iacopino ha introdotto l’illustrazione, tramite immagini e video, della procedura. Ha mostrato esempi reali dei risultati positivi sui pazienti che, come si è potuto vedere, hanno lasciato a bocca aperta medici e infermieri. Ha citato Andres M. Lozano e ha continuato con una citazione di un paziente, per dimostrare che anche l’approccio, il rapporto ed il dialogo sono importante.

«La possibilità attuale di introdurre impianti neurali ha fatto rinascere l’interesse per la neurochirurgia». Oggi abbiamo i mezzi per controllare in modo elettronico il cervello: «Ci vorrà tanto tempo, ma grazie alla malinconia, che ci prende quando le cose finiscono, riusciamo a fare quella ricerca che intensifica la vita».

(B.M.)

 

Responsabile Comunicazione Eugenio Andreatta tel. 329 9540695 eugenio.andreatta@meetingrimini.org

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