È sviluppo se aumenta la disuguaglianza?

Redazione Web

Sviluppo e disuguaglianza tra realtà e prospettive future

Importante confronto al Meeting su un tema di forte attualità

 

Rimini, 24 agosto 2021 – “È sviluppo se aumenta la disuguaglianza?”, l’importante incontro proposto dal Meeting in collaborazione con la Fondazione per la Sussidiarietà, ha visto ospiti Jean-Paul Fitoussi, economista; Franco Gallo, presidente Treccani, ex presidente Corte Costituzionale; Stefano Zamagni, presidente Accademia Pontificia per le scienze sociali; introdotti e moderati da Giorgio Vittadini, presidente Fondazione per la Sussidiarietà.

Dopo l’introduzione di Vittadini che ha illustrato i dati concreti di una crescente disuguaglianza che interessa ambiti non solo economici, ma anche sociali e culturali, Fitoussi ha proposto il suo intervento sul fatto che la democrazia non sembri più essere un vantaggio per la crescita: «Nei sistemi democratici vi è un aumento interno molto forte della disuguaglianza e, parallelamente, la democrazia stessa ha perso la sua legittimità: se il denaro è concentrato in poche mani significa che il potere di certe categorie di cittadini sarà più forte di quello degli altri. E questo elemento», ha sottolineato l’economista francese, «peggiora uno dei principi del sistema in cui viviamo, cioè quello del suffragio universale: se ci sono dei “capi di Stato” che possiedono giornali, televisioni, think tank, costoro hanno un potere molto forte, influenzando anche il voto, con il conseguente indebolimento di un istituto quale è il suffragio universale». Fitoussi ha poi evidenziato il fatto che non è per caso che oggi la democrazia non sia più il sistema preferito dai popoli: se il populismo, il nazionalismo o i partiti estremisti crescono significa che la democrazia è in pericolo.

Per Zamagni «lo sviluppo umano è tale solo se vi è un reale bilanciamento tra la dimensione della crescita, quella socio-relazionale e quella spirituale. È limitativo concentrarsi esclusivamente sulla lotta alla povertà, assimilandola talvolta alla lotta per le disuguaglianze. È importante distinguere, invece, tra questi due elementi. Gli economisti fino a tempi recenti, salvo eccezioni, hanno guardato il tema della diseguaglianza come un tema da affidare ai sociologi o ai politologi. Nei tempi più recenti», ha sottolineato il relatore, «anche gli economisti si sono interessati al tema delle disuguaglianze, perché hanno capito che la diseguaglianza in aumento mette a repentaglio la sostenibilità: quando la disuguaglianza supera una certa soglia le quote di rendita sul PIL aumentano senza produrre nulla a scapito del profitto e del salario». Inoltre, Zamagni ha precisato che, quando le disuguaglianze aumentano, politicamente ci si sposta verso un sistema plutocratico, cioè un potere politico-economico concentrato in poche mani. La terza ragione dell’interesse degli economisti al tema è legata al fatto che l’aumento delle diseguaglianze sia uno dei fattori di instabilità finanziaria. Zamagni ha poi titato poi papa Francesco, «che nell’Evangelii Gaudium ha definito la diseguaglianza come origine del male sociale, della perdita cioè del capitale sociale, di quella la rete di relazioni di fiducia tra persone che vivono in una determinata area. E», ha affermato quindi Zamagni, «senza reti fiduciarie non riusciamo a soddisfare il bisogno di felicità».

Gallo ha invece analizzato le conseguenze di uno sviluppo che, dati alla mano, non si muove in un’ottica di uguaglianza: «La stessa Costituzione sembrerebbe di fronte ad una crisi della sua forza normativa, dal momento che a certe norme costituzionali non si è mai data attuazione e gli stessi principi fondamentali di uguaglianza da essa sanciti sembrano essere adombrati dal vero trionfatore di questo ultimo trentennio, il capitalismo finanziario globale che ha messo in moto un circolo vizioso molto pericoloso».

Quali dunque le policy da attuare per effettuare una inversione di rotta? Secondo Fitoussi, «dopo il fallimento delle politiche monetarie espansive e quelle successive di austerity, è necessario agire attraverso policies di aumento della protezione sociale ed incremento dei salari al pari della produttività, evitando, invece, aumenti di rendita che portano solamente a squilibri ed insostenibilità del sistema».

Zamagni ha, invece, posto l’attenzione sulla necessità di «passare da politiche prettamente re-distributive attuate esclusivamente dallo Stato, a politiche pre-distributive in cui gioca un ruolo forte la società civile organizzata attraverso l’attuazione dei principi di sussidiarietà, anche in campo educativo e di re-organizzazione del lavoro alla luce dei cambiamenti tecnologici. Ad oggi ciò è molto difficile da attuare poiché non si consente ai soggetti della società civile portatori di cultura di mettere in atto la sussidiarietà».

Per Gallo, «non dobbiamo dimenticare che siamo cresciuti nel rispetto dei principi fondamentali del cristianesimo, cioè la solidarietà, la sussidiarietà e la garanzia del bene comune. E se è così occorre abbandonare, soprattutto nei momenti di crisi, le teorie contrattualistiche dei diritti primordiali del mercato, dando più ampio spazio all’intervento re-distributore del potere pubblico. Per uscire da questa situazione di disuguaglianza», ha ribadito infine il relatore, «è necessaria la presenza di un soggetto quale è il potere pubblico, che permetta di avere una società più giusta e più buona, ma lo stesso potere pubblico deve essere affiancato da una sussidiarietà orizzontale a cui sia permesso di agire in sinergia con esso».

(S.Z.)

Scarica