Il racconto della mostra del meeting

Si è svolta a Lecce dal 12 al 25 febbraio la mostra Un luogo di bellezza. La Sagrada Familia. Abbiamo intervistato Marcello Gatto, organizzatore della mostra presso l’ Università del Salento:
«L’iniziativa di portare a Lecce la mostra ‘Un luogo di Bellezza. La Sagrada Familia’ è nata dall’idea di un gruppo di studenti della Facoltà di Ingegneria dell’Università del Salento. Alcuni di questi studenti avevano visto la mostra in occasione del Meeting di Rimini e ne erano rimasti affascinati. Ad affascinarli era stato, in particolare, il profondo legame che la mostra, mette in evidenza, esalta, tra il progetto e l’autore.
Gaudì era perfettamente immedesimato con la sua opera, superando la scissione tra l’uomo e il lavoratore. Lavorare era espressione di sé e insieme alla Sagrada Familia Gaudì ‘costruiva’ la sua persona. Tutto questo appassiona moltissimo chiunque: la coincidenza del dovere con la propria felicità».
«Nelle settimane di esposizione tre studenti si sono alternati per il servizio ‘visita guidata’. La mostra infatti era visitabile con accompagnamento dalle 10:00 alle 18:00. Per il montaggio e lo smontaggio i volontari sono stati 6. Allestire la mostra sulla Sagrada Familia nella Facoltà di Ingegneria può sembrare inizialmente quasi inopportuno, visto che potrebbe sembrare più un tema per architetti o storici dell’arte, mentre in realtà così non è. Nei piani di studio della Facoltà si lavora moltissimo sulle tecniche e sulle modalità costruttive, ma raramente si raggiunge il punto, che a mio avviso è la chiave di tutto: “qual è il senso ultimo di una costruzione?” o in altri termini “cosa fa di un’opera un ‘luogo di Bellezza?”. Si avvertiva come urgente provocare la discussione a questo livello».
«Una delle citazioni più note di Gaudì – aggiunge Gatto – tramandataci da Maragall è: “La forma è sempre al servizio dell’Essenziale”. In queste parole, credo, si riassume il perché della mostra nella nostra Università: mostrare che tutte le conoscenze tecniche non sono fine a se stesse, anzi, potrei dire che vengono sempre in un secondo momento rispetto al senso e al significato di una costruzione. Se in principio può sembrare astratto, in realtà questa affermazione è la più concreta che esista se si vuole realizzare una casa che sia non semplicemente un mero esercizio, pur notevole, del progettista».
«La cosa che di più ha sorpreso noi organizzatori è che moltissimi visitatori sono rimasti stupiti da questo approccio. Gli studenti, in particolare, presi dall’obiettivo di superare gli esami, troppo spesso rischiano di dimenticare l’orizzonte più vasto che ha il lavoro dello studio. Rubo un’altra frase a Gaudì, che diceva: “L’uomo costruendo partecipa della creazione”. Quello che gli ingegneri creano non è appena un edificio ma un pezzo della creazione, cioè del mondo, della storia. Questa dimensione universale lascia a bocca aperta chi pensa di essere condannato al tecnicismo tutta la vita».
«La mostra è stata esposta dal 12 al 25 febbraio, in coincidenza con gli OpenDay, cioè quelle giornate in cui gli studenti delle scuole superiori vengono a visitare l’Università, ed è stato entusiasmante vedere lo stupore dei ragazzi, avevano un immagine dell’architettura e dell’ingegneria ben diversa da quella che la mostra esaltava».
«Concludo con le parole del nostro ExRettore, che dopo aver visitato con molto interesse la mostra, ci ha detto: “Gaudì era davvero una personalità straordinaria. Lui viveva nel cantiere”. Credo questa frase descriva in pieno l’esperienza di felicità che Gaudì faceva amando il proprio lavoro, il proprio dovere»
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