La mostra su Jerome Lejeune a Firenze

Vi proponiamo il racconto di Andrea Binazzi, membro del Movimento per la Vita di Firenze.

24 Febbraio 2014
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“A Firenze, da diversi anni, in occasione della Giornata per la Vita, il Movimento per la Vita Fiorentino e il Centro Diocesano di Pastorale Familiare organizzano sui temi della vita due eventi, uno, per gli studenti delle scuole medie superiori, l’altro, aperto a tutti.

Sabato 1 Febbraio, durante l’incontro per le scuole, è stata presentata anche la mostra su Jerome Lejeune la cui inaugurazione si è svolta il giorno successivo, Domenica 2 Febbraio.

L’inaugurazione è avvenuta nello splendido Cenacolo della Basilica Francescana di Santa Croce con una tavola rotonda intitolata “Cos’è l’uomo perché te ne ricordi?” condotta dal Prof. Angelo Passaleva, Presidente del MPVf, con la partecipazione del Curatore della Mostra, Prof. Carlo Soave e del Dott. Giuseppe Anzani, magistrato. Hanno portato il loro saluto Don Luciano Marchetti responsabile, insieme ad Elide e Giuseppe Cuminatto, del Centro Diocesano per la Pastorale della Famiglia, l’On. Carlo Casini, Presidente nazionale del Movimento per la Vita e Antonella Falugiani, Presidente dell’ Associazione “Trisomia 21”.

Erano presenti i rappresentanti delle 19 Associazioni che hanno aderito all’iniziativa oltre a un pubblico di circa 100 persone.
Per l’organizzazione e l’allestimento della mostra, oltre a MPVf e Arcidiocesi, hanno attivamente contribuito le Associazioni “Medicina e Persona”, “Centro Culturale”, Forum Toscano delle Associazioni Familiari e MPV Toscana Giovani.

La mostra è rimasta aperta tutti i giorni, dal 2 al 9 febbraio, con orario dalle 9 alle 17 e con due turni di volontari, 9-13 e 13-17. Previa prenotazione, si sono svolte 5 visite guidate da volontari specificatamente preparati, 4 per altrettante classi di scuole medie superiori e una per studenti universitari della Facoltà di Medicina, per un totale di circa 200 giovani.

Durante la settimana di apertura, nei locali della mostra sono stati realizzati due eventi, il primo, mercoledì 5, alle ore 21, con un incontro dal titolo “Medico fino in fondo all’anima”, condotto dalla Dott.ssa Maddalena Isoldi, referente dell’Associazione “Medicina e Persona” Firenze con la partecipazione del Dott. Tiziano Gomiero, ANFFAS Trentino Onlus, e della Prof.ssa Maria Luisa Giovannucci, medico genetista dell’Università di Firenze, il secondo, sabato 8, alle 14.45, con la proiezione del film “Gattaca, la porta dell’universo”, a cui è seguito un dibattito condotto dal giornalista Mauro Banchini. Al primo evento hanno partecipato circa 100 persone, mentre alla proiezione del film si sono fermati una trentina di visitatori.

La mostra si è chiusa domenica 9. Si è calcolato che nell’arco della settimana ci siano stati almeno 500 visitatori.

Nel corso e al termine della mostra abbiamo potuto raccogliere commenti positivi di apprezzamento e di generale condivisione delle tematiche proposte e del messaggio in esse contenuto. Molte persone hanno accolto con favore oltre al messaggio di fondo anche l’aspetto semplicemente didattico su argomenti di scienza biologico-medica che non sempre sono alla portata e alla conoscenza di tutti. Non sono mancate anche, obiezioni, commenti e riflessioni, non del tutto in sintonia con la mostra, sulla drammaticità di certe situazioni familiari in relazione alla disabilità legata alla trisomia 21, tutto però in un clima sereno di ascolto e di assoluto reciproco rispetto.

A fronte dell’indiscutibile successo ottenuto si auspica, anche da parte degli organizzatori di Firenze, che la mostra su Jerome Lejeune, il genetista che amava la vita, possa continuare a essere presentata con sempre maggiore frequenza nel nostro paese e altrove. Questo perché il messaggio da essa veicolato sul rispetto totale e assoluto della vita umana possa scuotere e risvegliare le coscienze delle persone oggigiorno sempre più confuse e frastornate, se non indifferenti o del tutto ostili, sui temi del rispetto della vita umana e della sua dignità, dal concepimento fino alla morte naturale, anche nelle situazioni di disabilità e sofferenza, nella convinzione che ogni essere umano è unico e irripetibile in ogni momento e circostanza della sua vita.

All’ inaugurazione Carlo Casini ha ricordato in proposito l’importanza dell’ iniziativa cittadina europea “Uno di noi” che si è conclusa sul finire dello scorso anno, iniziativa che ha avuto anch’essa come scopo primario quello di risvegliare le coscienze, sia dei credenti che dei non credenti, sul fatto che la vita umana va sempre rispettata e difesa perché anche l’embrione, l’essere in assoluto più piccolo, fragile e indifeso, è un essere umano appartenente alla nostra specie e quindi uno di noi, come uno di noi sono tutti i diversamente abili, Down compresi. Questa sensibilizzazione deve essere la molla per creare una nuova cultura della vita in controtendenza alla crescente cultura della morte dei nostri tempi.

Nell’incontro del 5 sera, dopo una bella e approfondita presentazione della figura di Lejeune da parte della Dott.ssa Isoldi, la Prof.ssa Maria Luisa Giovannucci ha ricordato quanto rilevato da J. Lejeune sul rifiuto da parte della società, basata sull’apparenza e la competizione, di quei bambini Down che per lui erano invece i suoi piccoli malati diseredati. Ha ricordato anche l’insegnamento di Lejeune quando affermava che il medico di fronte a questi casi deve far guidare le sue risposte da due sentimenti, l’umiltà e la compassione, umiltà, perché dobbiamo riconoscere che non abbiamo risposte immediate, compassione, perché questi piccoli malati appartengono comunque alla nostra famiglia umana e perché la sofferenza dei genitori non può essere per ora consolata dalla scienza ma solo dalla nostra umanità.

La mostra è stata l’occasione per evidenziare anche questo aspetto della testimonianza di Lejeune quando nel 1969, al meeting di San Francisco dell’A.S.H.G., egli prese la parola e dichiarò: «il nostro compito (di medici) non è quello di infliggere una sentenza ma di alleviare il dolore. Dite piuttosto che questo bambino vi disturba e che perciò preferite ucciderlo, ma dite la verità. E’ un uomo la “cosa” in questione non un ammasso di cellule»”.

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