L’esperienza de La Nuova Scuola di Pesaro con la mostra principale del #meeting18

Da Daniela, un’insegnante di Pesaro, abbiamo ricevuto questo racconto sui fatti capitati nella scuola durante l’allestimento e la permanenza della mostra “C’È QUALCUNO CHE ASCOLTA IL MIO GRIDO? Giobbe e l’enigma della sofferenza”
Il centro di questa Mostra così come la stiamo vivendo noi de La Nuova Scuola di Pesaro è l’esperienza di un “nuovo modo di conoscere”.
Provocati dalle realtà personali e sociali di dolore, di sofferenza degli innocenti, di ingiustizia, abbiamo accolto l’invito ad attingere alla grande tradizione biblica, a conoscere il grido di Giobbe, la sua scelta di non cedere nell’esigenza giusta e tutta moderna di chiedersi il perché, senza tuttavia mai staccarsi dal Dio della vita e dalla Sua promessa di Bene.
Abbiamo provato ad usare quel “tipo di ragione” che ha usato il curatore Ignacio Carbajosa: aperta a guardare fuori del proprio perimetro interpretativo, leale nel riconoscere l’evidenza dei fatti, decisa nel verificare in Cristo cosa stia cambiando nella vita di ognuno.
Riccardo, che in questi giorni ha dovuto seppellire suo padre dopo 20 anni di lotta contro il tumore, sta “conoscendo” una serenità e una leggerezza, dentro queste pesanti condizioni umane. E noi con lui. Le nostre persone, la stessa stanza della Mostra sono stati un “luogo” un “punto di riferimento” per il fiume di adulti e di ragazzi venuti, approdati lì. Dal Prefetto che, dopo il saluto da padrona di casa ha posto una sua domanda personale e molto profonda, davanti a tutti, al visitatore arabo, che prima ha scritto in arabo il suo pensiero poi in italiano, dicendoci di venire dalla Siria, per ringraziarci del luogo bello e significativo, alla donna di Fano “orgogliosamente sbattezzata e amica di Voltaire” che ha chiesto di leggere da sola tutti i pannelli, fino al grande Salvatore Natoli che ci ha confessato di non aver mai visto, come nella presentazione a Pesaro, un oratorio così numeroso, così folto anche di ragazzi, eccezionalmente silenziosi e partecipi, tesi ad immedesimarsi negli oratori, tanto da averci promesso di tornare entro Pasqua per una prossima Mostra del Meeting sul ’68.
Un nostro papà, dal Libano – dove è comandante delle forze speciali italiane – ci ha scritto “per noi che cerchiamo col nostro intervento di difendere proprio gli innocenti, è importante sapere che anche voi siete così impegnati. Questo ci sostiene. Grazie. Bravi”. Tutti ma veramente tutti hanno ringraziato, augurandosi che sia permanente una mostra come questa che aiuta a riflettere su un tema così delicato e importante.
Noi, che per due settimane ci siamo messi in piazza del Popolo, sotto i portici della Prefettura, in fondo lanciando una sfida al modo balordo, confuso e frettoloso con cui giriamo per le strade così come per la vita, abbiamo scoperto, “conosciuto” un’altra Città, che risponde, che capisce, che attende. Chi ha fatto questo gran lavoro nei nostri cuori se non il Mistero e qualche nostro si detto a Cristo e alla Sua Chiesa?
Ciao,
Daniela
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