Il racconto di Pierluigi Montorio su quel che è successo durante l’allestimento della mostra del Meeting in una piccola città della provincia di Varese.

Com’è nata l’idea di proporre la mostra nella vostra città? Ci racconterebbe la sua personale esperienza in mostra?
L’idea di portare la mostra dal 15 al 23 novembre a Villa Pomini a Castellanza (VA) è nata da un rapporto che negli ultimi anni è fiorito e si è consolidato con l’assessore alla cultura Fabrizio Giachi, il quale, colpito dalla modalità di accompagnare le persone nel gustare le mostre del Meeting, ci ha sollecitato per quest’anno a verificare l’ipotesi di una mostra che avesse un taglio sociale. Infatti, a Castellanza negli anni scorsi abbiamo portato svariate mostre tra cui “Non muoio neanche se mi ammazzano L’avventura umana di Guareschi”, “150 anni di Sussidiarietà Le forze che cambiano la storia sono le stesse che cambiano il cuore dell’uomo” e “In un solo corpo San Benedetto una tradizione vivente”.
Le proposte sono state varie ma alla fine la scelta è caduta sulla mostra “Generare bellezza Nuovi inizi alle periferie del mondo” per il riferimento a un lavoro nei contesti delle periferie. Sicuramente il contenuto della mostra è stato poi una sorpresa per lui e per noi, che abbiamo accompagnato le persone durante le visite guidate .
L’assessore ci ha riferito di essere rimasto molto colpito da un passaggio del Cardinal Parolin (riportato nell’introduzione) che dice, riprendendo Benedetto XVI: “L’amore -caritas- sarà sempre necessario, anche nella società più giusta. Non c’è nessun ordinamento statale giusto che possa rendere superfluo il servizio dell’amore” e da un passaggio di Don Giussani che richiama i suoi amici a guardare cosa davvero desidera l’uomo, come per quella signora che usa dei denari donati per apparire più bella, anziché usarli per mangiare. “In un incontro – è raccontato nella biografia di don Giussani di A. Savorana – un ragazzo racconta di aver dato del denaro a una donna molto povera e di esser rimasto negativamente colpito dal fatto che quella donna lo abbia usato per comprarsi un rossetto. Giussani gli rispose che non aveva capito nulla della condivisione perché non accettava il bisogno dell’altro, ma voleva imporre il proprio schema moralistico. Non capiva che in quel momento, per quella donna poteva essere un reale bisogno quello di essere più curata, più bella”.
Ci sono stati dei volontari che hanno partecipato alla mostra e in che modo si sono coinvolti?
La mostra si è potuta realizzare grazie alla disponibilità di una gruppo di amici che si sono coinvolti con varie responsabilità curando l’allestimento, le visite guidate, la parte organizzativa in genere, permettendo che la mostra avesse un allestimento curato e godibile, facendo vedere anche in questo aspetto più concreto una “bellezza”.
C’è stata molta affluenza? In particolare chi sono stati i maggiori fruitori della mostra: giovani, meno giovani, adulti, bambini o scuole?
La partecipazione delle scuole (4 classi) è stata una cosa inaspettata, come pure la presenza del dirigente scolastico che ha sorpreso tutti noi che eravamo presenti all’inaugurazione. Se dovessimo tirare una conclusione sull’affluenza, diremmo innanzitutto che a noi è parsa più che buona e che, come detto sopra, è stata innanzitutto una sorpresa per noi.
La mostra è stata vista soprattutto da adulti che si sono presentati anche durante la settimana e non solo nei due Week end di esposizione; tutti sono rimasti positivamente colpiti dai contenuti della mostra ( sono stati venduti 25 dei 50 cataloghi disponibili).
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