lunedì 24 agosto, ore 15

IL SENSO RELIGIOSO NELL'ETHOS DEI POPOLI EUROPEI

partecipano

Ivo Colozzi

docente di Sociologia presso l'università di Bologna

Tom Forrest

sacerdote, responsabile del movimento di Rinnovamento nello Spirito

conduce l'incontro

Pier Alberto Bertazzi

La storia delle origini documenta che è il rapporto con il mistero che trasforma un agglomerato umano in un popolo, l'elemento che fa di un insieme di individui una realtà organica. Nell'incontro con il cristianesimo i popoli europei hanno riconosciuto la piena manifestazione del mistero intuito: nasce così la grande avventura della civiltà occidentale.

I. Colozzi

Mircea Eliade è uno degli studiosi che più a fondo, in maniera più interessante e completa, si è occupato di quella dimensione fondamentale dell'esperienza umana che è il sacro, il senso religioso. In una sua opera fondamentale, appunto sul senso del sacro, Mircea Eliade dice che le tribù originarie, quelle più vicine all'origine dell'uomo, più vicine alla sua identità specifica, si spostavano alla ricerca della terra su cui costruire le loro dimore, il loro mondo. Quando queste tribù nei pressi di un albero, di un sasso o di una sorgente vedevano e coglievano il verificarsi di un qual- che fatto straordinario, di un evento in senso tipico, attraverso questo fatto, attraverso questo evento individuavano il manifestarsi del Dio. Il Dio intendeva, nell'avvenimento, nel fatto, rivelare loro il centro del territorio destinato all'edificazione delle loro sedi. Era il segno della fine del loro andare, del loro nomadismo, e l'inizio della loro stanzialità. Anche nella Bibbia, nei capitoli della Genesi, troviamo spesso il ripetersi di questa tipologia: in un luogo particolare in cui avviene un fenomeno eccezionale, un fenomeno numinoso, un fenomeno che rivela il sacro, le tribù sostano e fanno di quel luogo la sede del loro abitare, del loro territorio. In corrispondenza di questo centro rivelato, di questo luogo dell'evento, le tribù di solito innalzava- no una stele attorno alla quale iniziavano a costruire il loro mondo, la loro residenza, il loro habitat. Questa stele simboleggiava l'asse su cui si strutturava la loro realtà, il loro mondo. Essa diveniva l'asse del mondo, e come tale, pure essendo parte del territorio, la stele era avulsa dal territorio, non faceva parte del terreno da usare, era sacra, era il segno del trascendente, la presenza del trascendente nel mondo. Seguendo l'interpretazione di Mircea Eliade possiamo quindi confermare che la storia delle origini ci documenta che è il sacro, il rapporto con il mistero che insieme si rivela e si nasconde (questo è il concetto fondamentale di sacro: il mistero che è rivelato e nascosto contemporaneamente), l'elemento che trasforma un agglomerato umano in un popolo, l'elemento che fa di un insieme di individui una realtà organica, che dà a questo insieme di individui una identità.

Questo non significa che all'interno dei popolo non esistano divisioni e contraddizioni, non voglio dare una immagine irenistica, di una unità fittizia. All'interno dei popolo esistono divisioni e contraddizioni, anzi in questi tempi questi divisioni e contraddizioni erano forse più forti e più radicali di quanto non siano attualmente; ciò nonostante il popolo vive una unità profonda, perché, come dice Muraviev riferendosi al suo popolo, la Russia, il popolo possedeva un'anima unica ed era sempre il medesimo popolo russo che sedeva nella duma dei boiari, salvava l'anima negli eremi, lavorava la terra, predava sulle strade. Esso viveva in un'unica concezione del mondo e qui stava la chiave delle sue realizzazioni. L'identità è data dalla concezione del mondo, dal rapporto con la realtà, dal senso dell'altro. Questo significa, e faccio una parentesi in riferimento alla Russia, ma il discorso può essere generalizzato, che la Russia come popolo, come unità nazionale, esisteva molto prima dell'unità e dell'unificazione politica realizzata dagli Zar. E’ l'identità religiosa che costruisce l'unità del popolo, molto prima dell'unità politica, che può essere una conseguenza, ma l'anima russa esisteva molto prima che la Russia fosse politicamente una nazione. Questa concezione del mondo di cui parlavo era il senso religioso, la coscienza profonda dell'appartenenza e della dipendenza da altro da sé, dal mistero, manifestato, evidenziato, simboleggiato nella natura. Le forme materiali e simboliche nelle quali il senso religioso sì manifesta, evidentemente si evolvono con il passare del tempo e il mutare della comprensione del rapporto con il mistero. E’ in questa prospettiva evolutiva, di crescita (che non è però necessaria, ma possibile, costante- niente possibile), di approfondimento costante dell'originario senso religioso, che si colloca, per le popolazioni dell'Europa, l'incontro con la Chiesa. Nell'incontro con il cristianesimo, con la chiesa, i popoli dell'Europa hanno riconosciuto la manifestazione e la piena espressione del mistero che già avevano intuito con la conversione al cristianesimo. Tutti i riti, le usanze, le credenze, la cultura simbolica, ma anche, in buona parte, la cultura materiale dei singoli popoli, sono stati ricapitolati e risignificati alla luce della verità incontrata. Altro che colonizzazione coatta per via della conversione del capo popolo! Non si è trattato dei passaggio da alcuni miti ad altri miti, ma di una ricomprensione profonda e laboriosa che ha richiesto secoli per realizzarsi, di tutto il proprio passato e quindi della propria identità, alla luce della nuova esperienza del mistero-esperienza che ha trasformato in presa di coscienza matura le intuizioni della religiosità pagana: Cristo come pienezza della rivelazione, come pienezza del senso religioso intuito. Insomma, la conversione cristiana non ha distrutto la religiosità naturale su cui si era costruita l'identità dei popoli dell'Europa, ma al contrario l'ha compiuta e rafforzata, evidentemente anche con un elemento di discontinuità, ma non di negazione. E non poteva essere altrimenti: nella sua origine il cristianesimo si pone come pieno disvelamento del mistero che già l'uomo naturale sperimenta ed intuisce. Pensate al discorso di S. Paolo all'Areopago: "Sono venuto a dirvi, a manifestarvi quello che i Vostri poeti hanno già intuito, quell'idea del Dio sconosciuto che avete già rappresentato attraverso l'altare a cui sacrificate". La concezione che contrappone l'assoluta alterità della rivelazione cristiana alla religiosità naturale, considerata spuria, e che ha il suo pendant socio-culturale nella contrapposizione tra popolo ed intellettuali, (gli intellettuali come rappresentanti dell'alterità, della verità; il popolo come portatore della cultura spuria, della cultura povera) questa concezione ha un'origine molto tarda ed è di marca nettamente protestante, non fa parte della tradizione cattolica. La cristianizzazione delle feste stagionali, come di tanti altri aspetti della cultura materiale e simbolica dei diversi popoli, lungi dall'essere un'operazione ispirata a criteri di astuzia politica, o dalla dura necessità di adeguarsi a una mentalità che restava ancora magica e primitiva (queste sono le interpretazioni che lo storicismo illuminista ed idealista ha dato della cristianizzazione dell'Europa) corrisponde alla natura più autentica del messaggio evangelico, che porta a compimento la rivelazione naturale e non la nega. In questo senso si può affermare che per i popoli dell'Europa il cristianesimo costituisce il fondamento della loro identità.

Tom Forrest:

Penso che stiamo mancando rispetto al popolo di Dio e questo perché in molte chiese abbiamo sostituito la chiamata di Cristo con una chiamata alla mediocrità. Ognuno di noi, senza eccezione, è stato chiamato da Gesù Cristo ad essere un Santo, non vi è una sola persona qui presente che non sia stata chiamata da Gesù Cristo ad essere qualcosa di meno di un Santo. Siamo chiamati ad essere la perfezione, secondo le sue parole: "siate perfetti come il Padre vostro lo è". Siamo chiamati da Dio ad una bontà per nulla inferiore a quella che può essere una imitazione della sua vita, della sua santità. Siamo chiamati da Gesù Cristo ad essere simili a Lui. Siamo chiamati ad essere casti, privi di qualunque egoismo, siamo chiamati ad un completa trasformazione, siamo chiamati ad una vita che sia veramente ad imitazione di Cristo e Gesù Cristo ha chiamato questo il suo nuovo comandamento. Queste per me sono le parole più belle, più complete dell'intera Bibbia. Il modo in cui il Padre mi ama, questo è il modo in cui io vi amo. Questo è il mio comandamento, dovete amarvi nel modo in cui io vi ho amato. Nessuno ha mai avuto un amore più grande di questo. L'amore più grande è di colui che dà la vita per un amico. Questo è il modo in cui veniamo chiamati all'amore. Solo Gesù Cristo ci ha mai chiamato a degli ideali che possono essere così elevati. Ora il test, la prova del fuoco per la Chiesa, è essere capace di ripetere la stessa chiamata. Se sostituiamo quest'appello con un richiamo alla semplice mediocrità, allora tutto ciò che la Chiesa farà sarà semplicemente ripetere quello che è il richiamo del mondo, non la parola di Cristo. Se, come uno psichiatra, la Chiesa ci offre soltanto la possibilità di riuscire ad adattarci, ad accettarci come siamo, piuttosto che chiamarci a divenire migliori di quanto siamo attraverso il miracolo della grazia; se, come gli umanisti, la Chiesa ci chiama soltanto ad una umanità completa, globale, piuttosto che andare oltre questa dimensione, credendo nella promessa fattaci dal Cristo per poter condividere la sua dignità; se, come i comunisti, la Chiesa ci chiama soltanto ad una libertà economica e politica, senza andare al di là di questo, cioè senza chiamarci a quella che è la vera libertà dei figli di Dio, di poter essere buoni, di essere santi, dì essere senza peccato, di essere generosi; se, come nel materialismo, la Chiesa ci chiamasse a dare la priorità alle cose concrete piuttosto che ripeterci che le cose passano, svaniscono e che i rapporti umani sono di primissima priorità; se, come gli scienziati, la Chiesa ci spingesse a conoscere i puri e scarni fatti storici, senza farei riconoscere, farei capire che esiste anche un Cristo vivente e sempre presente nella nostra vita, che è nostro dove- re conoscere, amare e seguire in un'intima amicizia: se questo fosse tutto quello che la Chiesa fa, la Chiesa non farebbe il suo lavoro (... ) La Chiesa chiama il popolo di Dio alla grandezza: chiama il popolo di Dio ad una santità che solo Gesù Cristo ha reso possibile. Quando risuona questo messaggio, questa chiamata, il popolo di Dio sentirà e il popolo di Dio di alzerà e verrà e Dio avrà la nuova creazione, cioè il Suo regno sulla terra, una Chiesa di santi. Una volta, in Argentina, un uomo si è alzato, ha preso la parola ed è stato sommerso dagli applausi quando ha detto: "Se questo fosse per me, sarebbe troppo, ma se questo fosse per Gesù Cristo, non sarebbe abbastanza!" Quindi, di nuovo, per Gesù Cristo.