Da Oriente seguendo una stella

Mercoledì 25, ore 15

Relatori:

Enrico Gamba

Franco Cardini

Enrico Gamba, docente di Storia della Matematica all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Brescia

Gamba: L’ipotesi da cui sono partito è che la stella dei Re Magi sia qualcosa di fisicamente riscontrabile, un avvenimento, qualcosa di astrologicamente interpretabile e visibile nel senso classico, escludendo che si trattasse di una leggenda o di allucinazione.

Questo fu il primo passo, che scartò di mezzo una serie di discorsi sui Re Magi: da dove venivano, quanti erano... tutte cose estremamente controverse. Il poco di solido che c’era era il terreno astronomico-astrologico.

Una delle eredità che l’Occidente ha avuto dall’Oriente è l’astrologia: fino a tutto il 1600, astronomo e astrologo erano parole sinonime. Dall’astrologia non dipendevano soltanto i destini umani cioè l’oroscopo, ma l’astrologia era legata alla medicina, per cui dalle stelle dipendevano le diagnosi e addirittura la terapia delle malattie. Gli astronomi si guadagnavano da vivere perché facevano gli astrologi. E le due cose erano unite, perché era insensato osservare il cielo per puro spirito di conoscenza.

Keplero fu un grande astrologo; anche Galileo fece oroscopi, sebbene nell’edizione nazionale delle sue opere fatta nell’epoca positivistica non siano stati inclusi. Newton scrisse molto più di alchimia che di fisica; l’astrologia era coltivata in un certo contesto, per il quale non si osservava il cielo per il gusto di osservarlo, ma per vedere dei segni, per capire quello che sarà del destino umano.

Circa la stella dei Re Magi, le due ipotesi fatte sono che, se fu un evento celeste, questo evento o fu un fenomeno o fu un oggetto. Se noi diciamo che quella dei Magi è una cometa parliamo di un oggetto; se invece diciamo che la stella dei Magi fu una congiunzione tra Giove e Saturno è un fenomeno, perché significa che Giove e Saturno ad un certo punto compaiono nel Cielo molto vicino.

Quale delle due ipotesi è vera?

Ognuna ha la sua veridicità e la sua falsità, anche se in parte coincidono perché il testo evangelico ci parla di un avvenimento che aveva un significato astrologico, anche se abbastanza misterioso, perché i Magi che sono arrivati sono due, tre, al massimo dodici. Se avesse avuto un significato univoco, a Gerusalemme avremmo avuto una folla di Magi.

Un altro elemento che hanno in comune le due ipotesi è questo: la cometa appare, scompare quando è in congiunzione col sole, e riappare; e la stessa cosa succede per Giove e Saturno, perché nel 7 a.C., data ipotetica della congiunzione, essa si è verificata per ben sette volte. Quello che sembra far pendere – per quanto è possibile nel campo dell’opinabile totale – la bilancia dalla parte della congiunzione, è il fatto che questa stella sembra essere qualcosa di privato dei Magi e non un avvenimento astronomico eclatante. Dal contesto evangelico, si comprende che la stella è qualcosa che solo persone in possesso di un particolare sapere, con un accesso a recondite cognizioni potevano capire, quindi non un fenomeno, come quello cometario, estremamente eclatante e visibile in tutta la Terra. Oltre all’astrologia, anche l’astronomia fu ereditata dall’Oriente (coltivata in zona mesopotamica) ed ha grandemente influenzato quella occidentale: dall’Oriente abbiamo ricevuto la divisione dell’angolo giro in 360 gradi, un sistema sessagesimale, lo zodiaco, ovvero la fascia di riferimento in cui si muovono il Sole e i pianeti, i 12 segni zodiacali, le coordinate a cui gli astronomi ancora oggi riferiscono i corpi celesti e i loro movimenti...

I Magi quindi non sono usciti casualmente, sono usciti da una tradizione astronomica estremamente sofisticata e lunga. Tolomeo, nell’Almagesto, scritto fra il II-I secolo a.C., dice che i Babilonesi avevano registrazioni pressoché complete delle eclissi dal 750 a.C.. Si tratta, dunque, di un’astronomia che viene da una lunghissima serie di osservazioni, ed estremamente diversa da quella greca.

L’astronomia a cui siamo abituati, che leggiamo nelle scuole, è un’astronomia geometrica: siamo abituati all’idea del corpo celeste che si muove su una certa orbita lungo un certo tempo, e che quindi occupa un certo numero di posizioni in maniera continua durante il tempo. Questa è l’astronomia greca, l’idea di dare ai corpi celesti un moto continuo lungo traiettorie geometricamente determinate (non importa se circolari o ellittiche).

L’astronomia babilonese è aritmetica, mentre quella dei greci è geometrica: i babilonesi non sono interessati al moto complessivo delle stelle o dei pianeti, ma a determinati fenomeni: "quando Giove si congiungerà a Saturno, quando ci sarà la prima falce di luna piena, quando ci sarà un’eclisse lunare, quando ci sarà il sorgere di una stella"?

Per questo senso ci saranno una serie di conti aritmetici eseguiti mediante somme e sottrazioni; moltiplicazioni di determinati parametri numerici determinano il momento, il luogo e l’ora delle posizioni del giorno di questi particolari avvenimenti.

Questa astronomia è stata completamente occultata dall’astronomia greca: infatti la scoperta dell’astronomia babilonese è abbastanza recente, essendo avvenuta per merito di alcuni gesuiti che poco più di 100 anni fa hanno decifrato le tavolette astronomiche del British Museum.

Franco Cardini, Presidente dell’ENEC e Docente di Storia Medievale alle Università di Bari e Firenze

Cardini: Le mie osservazioni saranno abbastanza sparse, rapsodiche, sulla tradizione folklorica e mitografica.

Sappiamo che dei Magi vennero dell’Oriente, si informarono su questo bambino, fu detto a loro che il Bambino doveva nascere a Betlemme secondo la tradizione profetica ebraica che essi in qualche modo conoscevano, e andarono lì. Non si sa bene chi erano questi Magi.

Nella "koinè dialectos", la lingua corrente in tutto il Vicino Oriente, da est rispetto a Roma fino all’Eufrate, ovvero il greco parlato in genere dai non greci, il termine per indicare i magi, magusaioi, è un termine un po’ buffo, strano, un impasto linguistico ambiguo. Esso è evidentemente peggiorativo: sono gli imbroglioni, i ciarlatani, gli astrologi, i profeti. Conosciamo anche dalla tradizione neo-testamentaria Simon Mago: non sono personaggi che godono di buona stampa, soprattutto nella tradizione cristiana. Però sono i primi fra i pagani che si rendono conto della regalità, della divinità del Cristo, della compresenza in Lui delle tre dimensioni: regalità, divinità, umanità a cui si può far riferimento facendo l’esegesi dei tre doni. L’incenso rimanda a Dio, l’oro, quindi, la potenza terrena, al re, e la mirra all’immortalità. La mirra, infatti è una pianta da cui si estrae l’unguento che serve per imbalsamare i corpi: morte, ma anche imbalsamazione che rende i corpi refrattari alla corruzione, quindi immortalità, e questo morte-immortalità non solo nel cristianesimo, ma in tutte le religioni è il destino dell’uomo.

Questi filosofi, medici, scienziati, astronomi, si sono resi conto che stava succedendo qualcosa di importante, il cui segnale era un segno astrale, una stella. Nella cultura "maznadica" era molto sentito il problema della nascita del restauratore, il quale annunziato da una stella, non solo nascerà in una grotta, ma anche da una grotta, quasi come se la sua struttura fisiologica fosse annunciata dal cielo, ma poi partorita dalla terra, nascerà misteriosamente dal grembo di una vergine. Avrà compagni animali particolari, il toro e l’onagro, che non sono esattamente i nostri bue e asino, ma sono i loro parenti "più nobili" (ammesso che ci sia una graduatoria).

Dietro questo quadro, a noi familiare, probabilmente c’è il rapporto tra l’ebraismo (Gesù nasce in un ambito di attesa vivificato dalla tradizione ebraica) e la tradizione alessandrina. E’ qualcosa di molto straordinario a livello dell’incontro fra religioni, che pone Cristo come punto di incontro tra l’ebraismo e quelle che noi molto genericamente e quasi volgarmente chiamiamo religioni pagane.

Accanto a questa, c’è anche una tradizione negativa, che vede i magi non solo come ciarlatani, ma anche come manovratori di forze occulte, di forze demoniache che esistono, ma che di per sé non vanno evocate.

Quindi, per un verso abbiamo una tradizione ellenistica che presenta i Magi come operatori del sacro, dall’altro verso la tradizione condannatrice degli Atti degli Apostoli. La tradizione cristiana si è trovata con questo problema non risolto, costituito da questi tre personaggi (per la verità in alcuni Vangeli apocrifi sono tre, in altri dieci, nove, dodici, ciascuno dei quali ha un nome, a ciascuno dei quali corrisponde un Regno). Evidentemente c’è stata una scissione quasi schizofrenica in tutta la tradizione cristiana, che viene osservata dal fatto che i Magi di Gesù vengono fatti oggetto di un mutamento di stato, mentre gli altri Magi, i Maghi, vengono assegnati ad una tradizione negativa, condannatoria, che poi durerà fino al rinascimento ed oltre.

Dei Magi, Matteo dice poco, ma in cambio ci sono numerosissimi apocrifi, arabi, siriani, armeni ecc., che parlano in continuazione di questi Magi, che fanno l’esegesi della loro figura, ne parlano dicendo che erano sacerdoti ma li presentano anche come re temporali; questa tradizione viene accolta anche da Tertulliano, e la ritroviamo nell’iconografia occidentale, dopo l’XI secolo. I Magi sono presentati come sapienti persiani, con riferimenti filologici molto precisi al costume nazionale persiano. Questa tradizione scompare man mano che l’Occidente si allontana dall’Oriente, e l’abito persiano, il berretto che noi comunemente chiamiamo ‘Frigio’, ma che bisognerebbe più correttamente chiamare ‘persiano’ – non dicono più nulla all’Occidente latino-germanico che nel frattempo si è ‘imbarbarito’. I Magi assumono un andamento sempre più formalizzato, diventano un numero specifico (tre), ognuno prende un nome (di origine evangelico apocrifa), ma divengono figure per così dire disincarnate rispetto alla storia.

Nell’XII secolo abbiamo un rinnovato incontro fra Oriente e Occidente e di conseguenza anche il mito dei Magi si modifica. Si recupera la tradizione che faceva dei Magi anche dei Re, secondo la tradizione apocrifa-evangelica; nel XII e XIII secolo, assistiamo ad un grosso boom del culto dei Magi. I Magi avevano come tutti i culti Medievali prodotto delle reliquie. In pieno XII secolo, si viene a scoprire che a Milano ci sono delle reliquie veneratissime dei Magi, di cui stranamente non si sapeva nulla prima.

L’arcicancelliere dell’Impero si impadronisce di queste reliquie e le porta nel suo duomo di Colonia: Colonia, da allora in poi, diventerà un centro per definizione del culto dei Magi, centro addirittura di un pellegrinaggio dedicato ai Magi. Il culto dei Magi invade l’Europa, addiritttura invade il teatro europeo, ci sono decine e decine di sacre rappresentazioni, ‘ludistella’, dedicate ai Magi.

Un secolo dopo noi abbiamo l’invasione mongola che arriva fin quasi al Reno, durante la quale cominciano a circolare delle leggende, secondo cui i mongoli sono in qualche modo discendenti dai Magi, e la loro invasione dell’Europa mira a impadronirsi del Santuario di Colonia. Da questo momento l’iconografia cristiano-occidentale si impadronisce fortemente della tradizione secondo cui i Magi non sono genericamente re, ma re orientali. Attraverso il culto dei Magi e l’iconografia dei Magi assistiamo all’elaborazione primitiva di quello che noi oggi chiamiamo esotismo. Infatti penetra fortemente nella nostra letteratura e nella nostra iconologia l’elemento della ricostruzione dei culti delle cerimonie, dei costumi, degli aspetti fisiologici, addirittura delle mentalità che genericamente si chiamano orientali, d’un Oriente estremamente vasto che va da Tunisi e arriva fino alla Cina e che viene fortemente tipizzato dalla cultura occidentale, che lo rivive, che lo rielabora continuamente, disincarnandolo rispetto alla realtà dei molti Orienti presenti nella storia effettiva.

Il crescere degli interessi astrologici, il ritorno nel mondo tardo medievale del ‘400 delle filosofie soprattutto greco-orientali e più propriamente gnostiche, fa sì che dei Magi ci si possa impadronire con maggior sicurezza filologica a partire dal ‘400. In questo periodo abbiamo trattati filosofico-religiosi-astrologici, uno dei quali dà il nome proprio alla mostra, il "De Stella Magorum" scritto niente meno che dal grande traduttore di testi greco orientali alla corte dei Medici, Marsilio Ficino, dove si ha finalmente lo statuto definitivo del Mago che va alla mangiatoia del Cristo bambino. Il Mago non è solo sapiente, ma esegeta di tutte le tradizioni pagane, che vengono "battezzate", per così dire, cristianizzate nel momento stesso in cui questi saggi si recano a rendere omaggio alla mangiatoia del Bambino.