Comba e Collya alla scoperta dell’America

Venerdì 28, ore 11

Relatore:

Don Pierino Gelmini

Pierino Gelmini, nato nel 1925 a Pozzuolo Montesana, è stato ordinato sacerdote nel 1949 dopo essere stato presidente del CLN del suo paese. Lascia una promettente carriera ecclesiastica in seguito ad un incontro che cambia radicalmente la sua vita.

Il 13 febbraio 1963 a Piazza Navona mentre svolge alcune incombenze, viene avvicinato da un giovane tossicodipendente, Alfredo, che gli chiede aiuto. Dall’ospitalità ad Alfredo nasce in Viale Vaticano il primo embrione di comunità che si perfezionerà con la Casa di Accoglienza a Casalpalocco e poi con l’impostazione di Molino Silla (1979) in Umbria, casa madre di tutte le Comunità Incontro sparse in Italia e nel mondo (Spagna, Thailandia, Bolivia, Siria, Canada).

Riceve numerose onorificenze e premi; tra i più significativi il premio Candia e le lauree "honoris causa" in psicologia e in tossicologia.

Viene insignito del titolo di Esarca Mitrato della Chiesa Cattolica Greco Melkita il 17 gennaio 1988 dal Patriarca Maximos V, di cui diventa Vicario Generale (20 maggio 1990).

Gelmini: Pochi giorni fa è morto Alfredo, il ragazzo che è stato la ragione del mio impegno. Ero segretario di un cardinale a Roma, nel ‘63; un giorno un ragazzo malconcio mi apostrofa: "Arciprete, dammi una mano". Non voleva soldi, non voleva andare in ospedale; non aveva una malattia, era un problema che toccava la sua anima, la sua esistenza. L’ho portato a casa mia: era il 13 febbraio 1963. Alfredo è stato il mio ispiratore, mi ha accompagnato per 30 anni, con poche parole, con molto amore e molto impegno. Ho scritto questi appunti per salutarlo. "Siamo scesi un giorno lontano, piccolo gruppo in questa valle delle streghe in Umbria (dove abbiamo la sede principale). Abbiamo realizzato un popolo e trasformato questa valle in valle della speranza. Era squallore e deserto. Ora ti saluta tutta la nostra gente. Il corpo scende nella terra, lo spirito sale al cielo; la comunità ora ha due popoli, il popolo che lotta per raggiungere la verde valle della speranza e il popolo della valle celeste. Tu ora appartieni al secondo, con tutti i nostri cari e gli amici che ti hanno preceduto, una grande comunità celeste. Non più ferite o cicatrici, ma anime luminose. Dio ti ha dato il centuplo. Eri solitario, ti ha fatto il primogenito di una grande famiglia. Forse nessuno ti calcolava e sei diventato una pietra angolare in questo edificio di amore. Ora una moltitudine saluta l’umile figlio di borgata, diventato protagonista, nelle mani di Dio, di una grande rinascita".

Trent’anni dopo, da questo incontro con un figlio di borgata, sono nati in Italia 150 centri e, all’estero, una ventina di realtà che danno risposte concrete.

In Bolivia siamo approdati per caso, come per caso ho incontrato Alfredo. Un vescovo italiano, Monsignor Fagiolo, segretario della Congregazione dei Religiosi, va in Sud-America. In una riunione, presente il Ministro degli Interni, tutti si rammaricano del problema droga e dell’abbandono dei giovani. Questo arcivescovo suggerisce di rivolgersi a me. Il vescovo ausiliare, Mons. Tito Solari, salesiano ed italiano, mi scrive una lettera: "Ci vuol dare dei consigli? Vuol darci dei suggerimenti?" Ed io gli rispondo: "Verrò, vedrò e parleremo".

Sono partito, sono andato in Bolivia e ho sentito questo vescovo angosciato. Mi ha portato dal sindaco, cocainomane fatto: ballava come uno zombie e mi voleva offrire 25 ettari per aprire una comunità. Ho pensato: "Siamo in buone mani!". Era una contraddizione, eppure Iddio sa ricavare il bene anche dal male. Da quell’approccio è nata questa realtà. In Bolivia siamo stati accolti molto bene, anche dalle Autorità locali; ci hanno facilitato il compito, hanno riconosciuto la Comunità ma non ci danno soldi. Andiamo avanti con le promesse dei ricchi e dei politici e con i soldi dei poveri. Là abbiamo nove centri. Per i bambini c’è il Centro Polivalente e anche l’Ospedale per le malattie infettive. I bambini li raccogliamo per le strade; non hanno nessuno, vengono abbandonati senza aver mai provato la dolcezza di una carezza da un padre o da una madre. Al Centro Polivalente 500 persone ogni giorno possono venire a mangiare, a farsi una doccia, a dormire. Possono restare un giorno, una settimana, un mese o tutta una vita. In Bolivia, noi portiamo il nostro amore, le nostre mani, la nostra testa, ma desideriamo che siano i boliviani i protagonisti di questa avventura! Ormai sono loro a dirigere i nostri centri con la collaborazione degli italiani.

In Bolivia la gente non coltiverebbe la droga se avesse la possibilità di vivere. Io ho lanciato una provocazione: 5.000 ettari, una grande azienda agricola, una struttura per dare un’alternativa vera. Molte persone lavorano con noi, coltivano la terra, il riso, la soia; allevano bestiame, lavorano nell’officina meccanica, in falegnameria. Stiamo costruendo un caseificio e una struttura per inscatolare il latte e la carne. Abbiamo realizzato un progetto, che sta camminando: "Corazon nuevo" Cuore nuovo. Dò a queste famiglie due camere da letto, una cucina, un refettorio, un bagno, così crescono in un clima vitale e ricevendo un compenso giusto. Queste persone non pensano minimamente ad andare a coltivare droga. Stanno bene, sono sereni.

La droga non è cattiva perché una legge la proibisce, ma perché uccide la psiche, il cuore, crea il deserto accanto a noi. Una realtà non diventa negativa perché una legge la proibisce. Se un giorno la droga venisse legalizzata o liberalizzata, non cambierebbe questo giudizio perché la droga fa male.

Che prezzo pagheremo per la liberalizzazione? Il 70% dei ragazzi sieropositivi, i malati di AIDS provengono dalla droga. Vogliamo una strage? La droga è una realtà che ti arpiona. Quante lacrime! Quanto sangue! La droga lascia lunghi strascichi, non si cancella con un recupero di pochi mesi.

Per questi figli miei, dell’amore, aprite il vostro cuore! Aprite la vostra vita! Aprite il vostro amore! Non parole, amici miei, ma la mia e la vostra vita! Fidatevi di Dio, ragazzi di CL, ragazzi della Comunità Incontro, abbiamo qualcuno dietro al quale possiamo andare, senza paura di essere smentiti o, un giorno, trovarci decapitati! E’ lui la nostra Guida, è Lui la nostra Luce! Sì, la Cristo-terapia ha una possibilità, ha una capacità, chiede ad ognuno di predicarla e di praticarla.