È l’ora della piccola impresa

Venerdì 26, ore 19

Relatori:

Carmen Giana

Marco Bulgarelli

Piero Bassetti

 

Carmen Giana, imprenditrice

Giana: Per tantissimo tempo le piccole aziende sono state ignorate sia dai legislatori che dai mass media. Solo ora si inizia a capire che le piccole aziende sono il pilastro portante della nostra economia, un supporto insostituibile alle grandi imprese perché con le loro capacità creative e innovative sono in grado di offrire prodotti e servizi, anche personalizzati, al passo con il progresso tecnologico. Le piccole imprese sono le fucine dove vengono formate complete professionalità e sono anche i più grandi serbatoi di occupazione. Purtroppo, in questi ultimi anni, dobbiamo affrontare tantissimi problemi. Vorrei enunciare quelli che secondo me sono i più importanti.

La pressione fiscale in questi periodi ha raggiunto livelli non più sopportabili. Stiamo attraversando un periodo molto negativo, con bilanci in passivo, ma il capitale utilizzato per la capitalizzazione delle nostre aziende viene tassato ad aliquote fisse, quindi paghiamo anche se perdiamo e così lo Stato ci riduce il capitale. Altro grave problema sono i costi che le piccole imprese devono sostenere per la tenuta della contabilità e per l’osservanza degli adempimenti imposti dalle leggi fiscali. È pertanto necessario abbattere i vincoli amministrativi, cercando di ottenere una intermediazione con l’amministrazione, con l’erario, nel modo più semplice possibile. Il prossimo anno entreranno poi in vigore le nuove normative in materia di prevenzione ecologica e antinfortunistica che comporteranno costi aggiuntivi. Ma il più grosso problema è l’accesso al credito e al costo del danaro. Per le piccole imprese il rapporto con gli Istituti di Credito non è mai stato così difficile come in questa fase economica. Non poche imprese non riescono a finanziare la produzione delle commesse, perché non ottengono dalle banche anticipazioni su nuovi ordini acquisiti a prezzo di grandi sacrifici. Da ultimo, le leggi che vengono emanate a sostegno della piccola impresa devono essere semplici da interpretare e facili da applicare. Un altro problema che assilla le piccole imprese sono i rimborsi IVA: lo Stato dovrebbe darci la possibilità di utilizzare immediatamente questa liquidità. Un’altra piaga dolorosa verificatasi soprattutto negli ultimi anni è quello del recupero dei crediti; a parte il limitato potere contrattuale che hanno le piccole imprese nei confronti delle grandi, al punto da diventare finanziatrici di queste ultime, per quanto riguarda il recupero dei crediti insoluti, la legislazione vigente non ci aiuta sia dal lato della incisività delle leggi, sia soprattutto nella tempestività necessaria. Spesso il decreto ingiuntivo e il pignoramento si ottengono quando ogni possibilità di recupero del credito è svanita. Occorrono perciò interventi radicali in materia da parte delle competenti amministrazioni.

Marco Bulgarelli, Presidente ANCST (Associazione Nazionale Cooperative Servizi e Turismo)

Bulgarelli: Le piccole e medie imprese hanno un futuro se ci sono condizioni di compatibilità macroeconomiche per tutte le imprese: costo del denaro basso, compatibile con i nostri concorrenti; costo del lavoro stabile, che stia dentro le compatibilità della rigidità delle imprese. Sono elementi le cui variabili principali dipendono dal Governo.

Ma c’è un elemento di cui le piccole e medie imprese sentono più bisogno di altre, è un insieme che in passato nell’analisi economica è stato definito il "sistema paese". Ogni piccola e media impresa sente di più, rispetto alla grande impresa, il grado di efficienza della comunità in cui opera.

Come si può intervenire sulle politiche fattoriali? Oggi non è possibile pensare a massicci investimenti di danaro pubblico, ma occorre favorire soggetti capaci di gestire delle infrastrutture e intervenire nei "punti di debolezza" dove il mercato non arriva. La piccola e media impresa ha superato la marginalità degli anni ‘50 e ‘60.

Il ruolo della tecnologia ha spostato il baricentro delle convenienze molto più in basso cosicché la genialità e la caparbietà di molti imprenditori hanno fatto sì che questi possano raggiungere posizioni di primato. Nel nostro Paese abbiamo bisogno di far coesistere delle leadership anche primarie di grandissime imprese con la vitalità della piccola e media impresa. Questa vitalità è raggiungibile se riusciamo a organizzare una rete di collaborazione che riesca a rompere la solitudine degli imprenditori, quell’accezione dell’imprenditore che lo vede tutto incentrato a conquistare un risultato col proprio sforzo personale, con la propria rivalità nei confronti dei concorrenti. Dobbiamo riuscire a far coniugare concorrenza e competitività con la cooperazione e organizzazione delle reti, dei raggruppamenti in base a interessi omogenei. Qui c’è un ruolo primario e istituzionale delle Camere di Commercio che debbono dare servizi reali di cui il sistema delle imprese piccole e medie sente maggiormente il bisogno rispetto alle grandi imprese.

Il mercato dei servizi, un settore ad alta intensità di lavoro con basse barriere all’ingresso, sta portando dentro decine di persone che sono disposte a lavorare a qualunque condizione. A Milano, per esempio, nel mercato delle pulizie e manutenzione, negli ultimi cinque anni la dimensione media delle imprese è stata dimezzata. Sono nate alcune migliaia di imprese individuali, tutte con lo spirito del "purché si possa lavorare". Questo significa non potere organizzare una qualità dei servizi quindi, per alcuni aspetti, la natalità all’interno delle piccole e medie imprese è anche frutto della disperazione e non frutto di un efficiente comportamento, come invece nel primo caso potrebbe essere.

Si parla troppo di anti-trust come misuratore delle posizioni dominanti, in realtà esiste un problema di tutela della forma di concorrenza nel sistema della sub-fornitura nel sistema dei servizi.

Credo che questo governo abbia fatto una operazione corretta e giusta, quella di semplificazione nella fase di ingresso nell’attività imprenditoriale, ma esiste la necessità di una formazione imprenditoriale e di una semplificazione procedurale in scala amministrativa che consenta a chi sa fare di mettersi a fare il suo mestiere, rapidamente, senza tanti balzelli. E infine una assistenza, di tre tipi, dislocata in punti visibili: tecnologica, finanziaria e assistenza allo sviluppo del capitale imprenditoriale, il capitale di rischio. È un buco questo di cui soffrono moltissimo le piccole e medie imprese che non hanno accesso alla Borsa, né ad altre forme che potrebbero portare imprese e capitali di rischio in grado di dare un corretto equilibrio economico-finanziario alle nuove opere imprenditoriali.

Piero Bassetti, presidente della Camera di Commercio Industria e Artigianato di Milano

Bassetti: Come è stato detto in una recente riunione dell’UNIONCAMERE, oggi l’impresa per aiuto e per solidarietà cerca sempre meno lo Stato, la sovvenzione, e sempre di più l’altra impresa, il subfornitore, il coproduttore, cioè cerca nel pluralismo di una organizzazione anche produttiva la risposta alla solitudine. Quindi l’impresa non è come nella concezione liberale ottocentesca atomistica, in un mercato atomistico; l’impresa è pluralista in una situazione organica, basta pensare ai distretti. Non è un caso che la Compagnia delle Opere affronti, in modo diverso da precedenti espressioni – penso alla Confcooperative – insieme il problema della cooperazione, della piccola e media impresa, o addirittura il problema dell’associazione di imprese esistenti che hanno seguito strade diverse, perché le relazioni orizzontali sono estremamente importanti. Chi può dare questo servizio? Ecco la sfida anche ai movimenti, anche ai fatti culturali. Bisogna che attorno alla piccola e media impresa si sviluppi un tessuto associativo non solo di fornitura di servizi ma di aiuto alle persone che vogliono entrare incoraggiando la gente a realizzarsi, scoprire delle attitudini che magari pensa di non avere o non sa di avere. Per questo è urgente l’attuazione della riforma sulle Camere di Commercio perché possano essere capillarmente presenti sul territorio. Dobbiamo abituarci a capire che il "Comune" delle imprese è la Camera di Commercio, e il referente per l’organizzazione del territorio non potrà che essere la Regione. Certo, il ministro ha un suo ruolo, in relazione alla CEE, ai problemi di ordine nazionale, di punti di debolezza del tessuto economico ma innanzitutto dobbiamo mettere in condizione gli italiani di dare contenuti veri alle scelte sui modi di produzione.

Noi abbiamo finalmente un modo pluralista, autonomo, non classista, che realizza la persona, che quindi corrisponde ad un quadro di valori, dobbiamo costruire delle istituzioni che lo sviluppino anziché esprimerlo.

Il nostro Paese, la nostra economia, il nostro popolo, ed il successo della Compagnia delle Opere lo dimostra, domanda di essere messo in condizione di realizzarsi secondo una sua radicata tradizione che aveva sviluppato nell’agricoltura, che adesso riporta nella produzione dei beni e dei servizi alla persona, un modo di lavorare che è consono alla personalità degli italiani in quanto tale. Credo che quando le istituzioni vivono un problema reale le probabilità che riescano a realizzare il loro compito è più alto. Comunque me lo auguro e ritengo che con la collaborazione di tutti si debba lavorare per realizzarlo.