Lunedì 25 Agosto, ore 11.15

INFORMAZIONE E GIORNALISMO NEL 2050

(a cura della rivista "Mass Media")

Partecipano:

Gino Agnese,

direttore della rivista "Mass Media" e inviato del quotidiano "Il Tempo".

Roberto Grandi,

docente di "Comunicazione di massa" presso il D.A.M.S. di Bologna.

Derrick De Kerckhove,

coordinatore del "MC Luhna Programe in Cultura e Tecnology" presso l'Università di Toronto (Canada).

G. Agnese:

Ai più longevi dei ragazzi di oggi, ai loro figli e nipoti, come apparirà l'universo delle comunicazioni sociali nell'anno di grazia del 2050?Perché proprio nel 2050 e non prima o dopo? Per diversi motivi: Il primo è che nel 2050, il XXI secolo sarà giunto alla mezza età, che è quella dei bilanci più affascinanti e vivi. Il secondo motivo è che, nel 2050, compirà 600 anni la Bibbia Mazzarina, il primo libro stampato da Gutenberg che ha aperto l'era tipografica, nella quale ancora oggi ci troviamo, e che ha costituito una rivoluzione, come dice la professoressa Eisenstein, "inavvertita". Per lungo tempo abbiamo creduto che la stampa fosse innocua, che la lettura non avesse la possibilità di cambiare il modo di pensare, e neppure la capacità di cambiare l'organizzazione sociale. Ma studi recenti hanno dimostrato che non è così e, per esempio, oggi si dà per scontato che la rivoluzione di Lutero, la Riforma Protestante, fu dovuta in gran parte alla invenzione della stampa, al libro. Il libro ebbe la capacità di creare la burocrazia, isolò l'uomo e gli dette la possibilità di rimanere solo con la pagina e quindi di assurgere alla presunzione, oppure alla consapevolezza, dipende dai punti di vista, di poter raggiungere le verità relative a Dio. Il terzo motivo è che è inutile parlare ormai del 2000 come di una meta mitica e straordinaria di là da venire. Il 2000 è fra tredici anni o poco più, e possiamo dire che non cambierà proprio niente. (…) Ora, prima di provare a spostare in avanti l'orologio fino al 2050, portarlo in avanti di 64 anni potrà essere forse utile volgere lo sguardo indietro per cercare di dare senso a questa distanza temporale e vedere che cosa è successo nella comunicazione di massa, nel giornalismo, negli ultimi 64 anni (…). C'era il telefono che, naturalmente, già 64 anni fa squillava nei quotidiani più importanti; c'era la figura del trombettiere, che era una qualità speciale di giornalista che doveva urlare nel telefono; c'erano giornalisti di qualità che scrivevano l'articolo e poi ce n'erano altri di minore qualità, che questi testi urlavano nel telefono, i "trombettieri". Non c'era il calcolatore elettronico, il laser, non c'era la fotocomposizione, che fa somigliare le redazioni, le ex tipografie dei giornali, alle cliniche, tutti in camice bianco, senza sporcarsi i gomiti. 64 anni fa, nel 1922, c'era l'inizio delle trasmissioni della BBC in Gran Bretagna, si apriva l'era della radiofonia di massa. (…) Chi avesse parlato di micro-registratori, di video cassette, di satelliti, di altri strumenti del comunicare che fanno stabilmente parte del nostro panorama, sarebbe stato creduto nel 1922 un visionario. Eppure oggi, sorvolando il passato, si sarebbe tentati di notare che ognuno degli strumenti del comunicare che sono attorno a noi, costituisce in qualche modo la prosecuzione di un altro che gli preesisteva. E questa è una cosa che alle volte sembra di un'evidenza palmare, ma contro questa tentazione mette in guardia Marshall Mc Luhan, il maestro del professore De Kerckhove, e avverte che, guardando nello specchietto retrovisore della storia, si rischia di credere che, quanto agli effetti dei mass-media, poco o nulla sia cambiato, quando invece il cambiamento è grande e radicale. (…) Alvin Toffler, uno dei più affascinanti indagatori del futuro prossimo ed anche meno prossimo, distingue nella storia dell'uomo tre grandi ondate di cambiamento che, per la loro rispettiva durata, forniscono la misura del passo che la conquista tecnologica è andata via via assumendo. La prima ondata, e non lo dice soltanto lui, è quella suscitata dalla pratica dell'agricoltura, e si formò nell'arco di circa 10 mila anni; poi c'è stata la seconda ondata, provocata dalla Rivoluzione Industriale, che si è esaurita circa in 300 anni; poi c'è l'ondata che si sta sollevando adesso, che forse riuscirà appena a lambire l'anno che noi cerchiamo di mettere a fuoco, il 2050. Ma allora da quale concreto e tangibile elemento si può partire per tentare di prevedere come si presenterà l'universo comunicazionale tra 64 anni? Partiamo da una delle più fresche meraviglie della tecnologia, che è al servizio di due miti tecnologici che già si innalzano a grandi altezze nei nostri giorni e ancora più ingigantiranno agli inizi del terzo millennio: il mito della riproducibilità, il mito della miniaturizzazione. E questa meraviglia, che è già disponibile e sarà tra qualche anno alla portata quasi di tutti, è il 'compact disc only memory', il disco dal diametro di una penna biro e dallo spessore di una copertina di libro. Questo disco può racchiudere 250 mila pagine di testo, migliaia di illustrazioni anche a colori e insomma quanto c'è in una biblioteca di circa 200 libri. Una biblioteca che perciò sta comodamente in tasca, che è possibile consultare a piacimento. Qualcuno in America, e altri altrove, stanno già provvedendo a rovesciare nei tascabili CDOM non già 250 mila pagine di svariatissimi testi delle più varie materie, bensì delle vere e proprie banche dati. E così, come fa notare il simpaticissimo e di grande ingegno prof. Degli Antoni, dell'Università di Milano, tra pochi anni ogni possessore di computer potrò avere a casa in un cassettino la sua banca dati, raccolta in un disco così piccolo, e la potrà consultare mediante il calcolatore senza doversi assoggettare alle banche dati vere e proprie raggiungibili via telefono. Ma come si farà a trovare nel CDOM proprio quella pagina che interessa e a farla poi apparire sullo schermo calcolatore? E come si farà a eguagliare il vantaggio antico di poter allineare più di un libro aperto sulla scrivania, se sullo schermo del computer non potrà che apparire una pagina per volta? L'affinamento delle tecniche di recupero, aggiunte alla facoltà dei computer, permetteranno di ritrovare rapidissimamente la pagina o le pagine che vogliamo. E poi, premuto il tasto della stampante, questa pagina, o questa meravigliosa illustrazione di un quadro di Mantegna, sarà subito sotto gli occhi. (…) Ora, come sarà il quotidiano nel 2050? Pare che se ne avranno per tutti i gusti. Mettiamo il caso di un collezionista di francobolli assolutamente disinteressato a sapere altro, che la mattina vuole non "Il Corriere della sera", ma un giornale che parli solo delle novità accadute nelle ultime 24 ore nel campo del commercio dei francobolli. Lui non ha che da comporre un certo numero di tasti e gli arriva in casa un giornale come "Il Resto del Carlino"; che però ha, come articolo di fondo, la cosa più importante che riguarda i francobolli, in apertura la cosa più clamorosa, in basso una nota critica ecc. Uno specialista di francobolli africani, potrà avere un giornale che tutti i giorni gli dà le notizie relative alla situazione dei francobolli in Africa, un giornale su misura. Mc Luhan dice che in un mondo che diverrà un piccolo villaggio sonoro di innumerevoli echi, non sarà possibile estraniarsi dagli accadimenti che in esso avranno maggiore risonanza. Quindi, da un lato emerge questa figura dello specialista, dall'altro c'è questa partecipazione di tutti ai grandi eventi del villaggio. Il rischio è che le prossime generazioni si trovino nel fitto di un'incantata foresta comunicazionale nella quale sarà difficile, e potrà anche apparire inutile, distinguere tra un evento reale e un media-event, vale a dire tra un fatto e un'immagine fantasmatica. Un'immagine che richiama alla mente lo stesso tessuto di chiacchiera per la quale Gesù si indignò contro gli scribi e i farisei. (…) Il rischio maggiore è quello che vi sia nel 2050, fra 60 anni e forse ancora più in là, una caduta della Domanda. Perché domande pratiche se ne faranno di ogni sorta: per sapere se uno ha il diabete non avrà che da premere certi tasti, per fare l'operazione in banca da casa, ecc.

E’ un dato sconfortante, ma io non sono assolutamente pessimista, al contrario sono sicuro che l'uomo abbia dentro di sé l'energia per non soccombere alla logica delle piccole domande e per giungere alla Domanda.

R. Grandi:

(…) Quando si parla del futuro si fa sempre più spesso riferimento alla telematica. Con questo neologismo, di derivazione francese, si intende affermare che , l'informazione e le telecomunicazioni - che fino a oggi si sono sviluppate in maniera autonoma e indipendente - sono attualmente soggette a un processo continuo e crescente di integrazione. La telematica permette infatti la elaborazione, il reperimento, lo smistamento, il trasporto di informazioni, utilizzando sistemi di veicolazione che prevedono una integrazione tra satelliti e fibre ottiche: è il matrimonio tra elaboratore e satellite. Il futuro telematico farà del mondo un incrociarsi di reti digitali integrate, nelle quali passeranno tutte le informazioni. Non è una novità in senso assoluto; già da anni sistemi di comunicazione quali la radio, la televisione e il telefono, operano come reti che veicolano messaggi audio e immagini; la novità consiste nel fatto che le reti telematiche sono tra loro integrate: attraverso il telefono casalingo posso richiedere dati e immagini a banche dati poste in paesi molto distanti e ottenerli direttamente sul mio televisore domestico. Con l'aggiunta di una piccola stampante posso ottenere la medesima informazione su carta. La rete telematica, quindi, deve essere considerata come una rete che invece di veicolare elettricità veicola informazione, una rete in grado di fare interagire immagini, suoni e dati alfanumerici posti nelle memorie di vari tipi di archivi. E l'utente è soggetto sostanzialmente attivo. Non si tratta, quindi, di una rete più potente delle precedenti, ma di una rete del tutto differente, perché veicolando l'insieme delle informazioni che contano, le immagini e i suoni fruiti dalla popolazione incidono sia sui modelli culturali della popolazione che sulla gestione dei potere. (…) Gli studi delle comunicazioni di massa, iniziati nella prima metà di questo secolo, concentrati principalmente sugli effetti dei messaggi e sulle qualità della audience, hanno recentemente approfondito lo studio della stampa e dell'informazione giungendo a determinare l'importanza dell'organizzazione del lavoro giornalistico nel determinare ciò che fa notizia, ovvero ciò che compare con maggiore rilievo sui quotidiani e sui notiziari radio e televisivi. Di tutti gli eventi che quotidianamente si determinano nel mondo solo pochi giungono a conoscenza dei fruitori dell'informazione; la possibilità per un evento di divenire notizia dipende da considerazioni assunte implicitamente dai giornalisti relative al contenuto delle notizie, alla disponibilità di materiale, al pubblico e alla concorrenza. Tra i criteri sostantivi relativi al contenuto, per esempio, ricordiamo il grado e livello gerarchico dei soggetti coinvolti, l'impatto sulla nazione e sull'interesse nazionale, la prossimità geografica o culturale, la quantità di persone che l'evento (di fatto o potenzialmente) coinvolge, la rilevanza e significatività dell'evento riguardo agli sviluppi futuri di una determinata situazione. Ecco perché a volte ciascuno di noi è sorpreso di vedere dare una larga copertura a avvenimenti da noi giudicati irrilevanti o poco significativi; questo accade perché noi applichiamo i criteri che ci guidano nella vita quotidiana, i giornalisti quelli sviluppati in decine di anni di professione. Un altro elemento importante che influenza la produzione delle notizie è costituito dalle fonti: i giornalisti tendono a preferire una rete di fonti che, da un lato, riflette la struttura sociale e di potere esistente e, dall'altro, si organizza sulla base delle esigenze poste dalle procedure giornalistiche di produzione. Le fonti diverse o alternative che sono marginali rispetto a queste due, con molta difficoltà riescono a influire in maniera efficace su un trattamento giornalistico. La routine produttiva giornalistica, sia dell'informazione stampata che di quella radiotelevisiva, definisce delle prospettive attraverso le quali i giornalisti scelgono gli eventi che devono divenire notizia e li confezionano in una certa maniera. Un altro ambito di approfondimento degli studi delle comunicazioni di massa riguarda l'influenza dell'informazione giornalistica. Dai primi anni in cui se ne enfatizzava il potere persuasorio si è giunti ad analisi in cui si ritiene che l'influenza dell'informazione attraverso i media consista nel determinare quali sono gli oggetti e i temi all'ordine del giorno, non tanto quindi una persuasione diretta su un singolo contenuto quanto la possibilità di definire l'argomento di cui si parla. Vi sono poi altri studi che si pongono il problema dei rapporto tra l'informazione veicolata dalla carta stampata e quella veicolata da altri media, in particolare i media elettronici. Già oggi negli Stati Uniti vi è un sistema televisivo ricevibile via cavo che trasmette informazione 24 ore su 24 e altri sistemi che trasmettono per tutto il giorno informazioni audiovisive e alfanumeriche su oggetti specializzati quali l'economia, la finanza, lo sport, ecc. Queste diverse possibilità di veicolare informazione incidono pesantemente sul tipo di informazione che viene prodotta da ciascun medium e sul diverso ruolo dei giornalisti. Una prima ipotesi adombrata indica nell'informazione servizio, o sintetica, lo specifico dell'informazione veicolata attraverso il televisore domestico, divenuto monitor, e nell'informazione commento quella che permane sulla carta stampata, in virtù del fatto che il puro avvenimento è già conosciuto e che i vantaggi della lettura su carta stampata possono permettere di presumere un lettore che accetta di soffermarsi maggiormente su una singola notizia. Da quanto fin qui proposto è possibile ipotizzare che nel futuro i paesi maggiormente industrializzati e pochi luoghi dei paesi meno industrializzati (con possibilità di acuire il gap tra paesi ricchi e poveri) saranno attraversati da reti telematiche che porteranno nelle singole abitazioni informazioni, suoni, immagini. Gli abitanti di questo ipotetico mondo del 2050 (almeno una parte di essi, con possibilità di acuire il gap tra alfabeti e analfabeti tecnologici) avranno sviluppato una psicopercettività e un rapporto con il tempo e lo spazio in grado di sintonizzarsi con le nuove categorie proposte dallo sviluppo telematico e saranno fruitori attivi di quanto viene incessantemente proposto sugli schermi dei monitor casalingo e di quanto possono acquisire dalle numerose banche-dati che coprono tutto lo scibile. Il giornale nell'epoca preindustriale e industriale ha permesso alla borghesia, che deteneva solo un potere economico, di farsi opinione pubblica, prima letteraria e poi politica; nell'epoca della società di massa il giornale ha permesso e permette di selezionare gli eventi che divengono notizia attraverso la formalizzazione di precise routines produttive. Nella società del 2050 la stampa non potrà più giocare questo ruolo: o perché si andrà verso una società totalitaria nel senso di un maggiore controllo delle informazioni all’origine (il che annullerebbe il ruolo di una stampa mediatrice tra potere e opinione pubblica, ruolo peraltro già oggi depotenziato dal "venire meno" dell’opinione pubblica), o perché si andrà verso una società di sovrabbondanza di informazioni proposta direttamente all’utente da una infinita varietà di fonti. I grandi istituti, organizzazioni, enti che oggi veicolano le loro informazioni attraverso uffici stampa che contattano giornalisti, potranno parlare direttamente con gli utenti mettendo a loro disposizione le loro informazioni in tempo reale. Per la concorrenza che si verrà a creare, si determinerà così una sovrabbondanza di produzione di informazione iperspecializzata che porterà non al venire meno dei giornalisti, che sono una figura storica in quanto produttori di informazione, ma ad una modificazione del loro statuto: sempre meno mediatori tra fonti e fruitori, sempre più organizzatori di informazioni destinate a chi vorrà riceverle, principalmente attraverso il monitor e la stampante casalinga. Nel caso di una società caratterizzata da sovrabbondanza di informazione il giornalista lavorerà a più stretto contatto con le diverse fonti, che confezioneranno direttamente le informazioni da far giungere al pubblico che sarà sempre meno opinione pubblica, in grado di comprendere la complessità sociale e di porsi il problema di una sua gestione. Nel 2050 sarà difficile trovare manufatti tipo quotidiani o periodici in cui, secondo particolari routines produttive, gli eventi vengono trasformati in notizie mantenendo l'organicità dei nostri quotidiani o periodici; sarà più facile avere a disposizione informazioni da consumare nei modi e nei tempi ritenuti da ciascuno più propizi. E’ chiaro che necessita una sintesi in cui tutta questa abbondanza di comunicazione viene riunificata. Nel 2050 la società dovrà creare delle figure che corrisponderanno a quelli che sono gli eruditi generici della cultura; in grado di indicare possibilità di convivenza con la complessità sociale che rimarrà tale. Il ruolo invece della informazione giornalistica non sarò tanto incentrato sui singoli specialismi quanto sulla possibilità di fornire delle semplificazioni parziali della complessità sociale. L'uomo è angosciato dal fatto che non capisce più il mondo che ha davanti, un mondo sempre più complesso, che non riesce più a controllare. Bisognerà distinguere tra il ruolo di giornalista, grande semplificatore parziale, e quello dei politici, dei grandi mediatori che avranno la facoltà di proporre delle sintesi, proposte globali. Lo statuto dei giornalisti si modificherà e prevarrà una informazione "à la carte": i giornalisti assomiglieranno maggiormente agli addetti di un fast food che agli chef dei grandi ristoranti.

D. De Kerckhove:

La coscienza planetaria

E’ più che probabile, se non già stabilito scientificamente, che il tipo di pensiero che si sviluppa nell'uomo dipende, nella sua forma più intima, non solo dall'ambiente al quale lui è esposto sin dall'infanzia, ma anche dai mezzi di comunicazione di cui lui dispone per ricevere questo pensiero, rielaborarlo, esprimerlo. In questo senso, vale la pena, come lo si fa all'Università di Toronto dall'inizio degli anni 50, di studiare gli effetti dei media sulla psicologia. In questa ottica, l'opera di Harold Innis, d'Eric Havelock e di Marshall McLuhan, è quella di pionieri, almeno altrettanto importante di quella di Jung e di Freud. Ma, nei suoi sviluppi più recenti, questa ricerca si orienta, sempre a Toronto, per una nuova via, più vasta e più conforme ai bisogni e alla sensibilità della fine del XX° Secolo. L'idea, ancora più viva e, in definitiva, più entusiasmante, è quella che la portata dei media amplia l'ambiente circostante immediato di ciascuno di noi, e così costituisce un luogo di elaborazione globale. E’ il pianeta tutto intero, come suggerisce Peter Russel, nel libro The Global Brain (Il cervello globale), che si mette a pensare. Pare probabile che nello stesso tempo in cui l'uomo utilizza il suo pensiero per risolvere i suoi problemi e per divertirsi, il pensiero stesso, grazie alla sua fissazione nella scrittura, e adesso nei media istantanei, si costituisca come una entità a parte intera che utilizza l'uomo per svilupparsi. Dapprima, essa utilizza ogni persona individualmente a livello della vita quotidiana di ciascuno di noi, produttore di coscienza, di conoscenza e di giudizio, e poi, nel corso dei secoli e dei millenni, si sviluppa a scala della biosfera. Visto in questo modo, l'uomo è l'organo della coscienza planetaria, non solamente su scala individuale, ma soprattutto su scala collettiva. Poiché le economie e le ecologie e la religione sono espressioni collettive relativamente unificate degli atti e dei pensieri della società umana, loro stesse possono essere intese come dei processi mentali che si sono stabilizzati in istituzioni sociali implicando milioni di persone per più generazioni da un punto di vista globale in un solo movimento di evoluzione sociale. E’ da questa ottica che occorre poter concepire l'avvenire dell'informazione senza pretendere di fare la parte del profeta.

Il ritorno della parola

La grande differenza tra i media stampati e i media elettronici, è che, mentre i primi interiorizzano la parola, gli altri l'esteriorizzano. l linguaggio interiorizzato è privato, personale e diventa, in un certo modo, la proprietà di colui che l'elabora. Attraverso la scrittura, il lettore si appropria dell'informazione ambientale per i suoi personali motivi. Con i media elettronici, questa informazione è curata per voi. Il vostro proprio controllo è ridotto all'insignificanza. Siamo sul punto di essere inclusi in una specie di coscienza planetaria. Questo significa che perderemo la nostra identità? (…)

a) Il telegrafo ha cambiato il nostro senso del tempo.

E’ il telegrafo che, come ha spiegato Mc Luhan, ha cambiato l'aspetto della pagina stampata: tutte le notizie sono riunite dalla sola data del giorno, in un ordine, configurazione, piuttosto che per sequenze lineari o per rubriche. La mescolanza di pubblicità, notizie e altri contenuti ha cambiato la natura del mercato dell'informazione stessa. (…) Il mercato delle notizie ha cambiato i rapporti dei lettori con il loro tempo e la loro epoca. Una temporalità alla giornata ha cominciato a sostituirsi ad una temporalità "eterna" sotto lo sguardo di Dio. (…)

b) La Radio ha cambiato il nostro senso della presenza umana.

Dapprima il telegrafo sembrava essere al servizio della stampa. Dopo la sua trasformazione in radio si è creato la sua propria rete. In principio la radio avrebbe semplicemente potuto rafforzare gli effetti del telegrafo, ma essa si è eretta come concorrente per i redditi pubblicitari. La velocità e il senso della presenza immediata alle notizie erano stati fortemente aumentati dalla radio. I testimoni oculari dell'avvenimento potevano ormai riferirlo a viva voce. I reportages in diretta sembravano eliminare in parte la separazione un tempo imposta dallo spazio e dalla durata del transfert d'informazione. Le notizie alla radio erano insieme personali e pubbliche. In confronto, i giornali hanno sempre l'aria di essere stati scritti e pubblicati per qualcun'altro. La voce della radio parla a voi stessi. Da qui la grande mobilitazione di truppe militari della seconda guerra mondiale ad opera dei capi tribali. L'effetto profondo della radio è stato di aver cambiato completamente il nostro rapporto con il linguaggio. Noi siamo stati colti di sorpresa dalle nuove leggi della comunicazione orale resa pubblica ed estesa su vaste reti in breve tempo. E’ con la radio che il pianeta ha cominciato a sembrare unificabile sotto il linguaggio orale, mentre era stato frammentato e separato sotto il linguaggio visuale-silenzioso della stampa.

c) La televisione ha cambiato il nostro senso di spazio.

La televisione è una amplificazione od una estensione supplementare della radio che combina gli effetti della fotografia, del telegrafo, del cinema e della radio. Essa aggiunge alla radio la presenza sui luoghi dell'avvenimento, introduce l'avvenimento nei luoghi occupati dal telespettatore. Se la radio introduceva delle voci nella vita domestica, la TV ha introdotto tutto il corpo. L'effetto della TV sulla stampa è stato ridurre la lunghezza degli articoli, promuovere l'industria delle riviste e dei periodici. Il suo effetto sugli spettatori è stato ridurre il loro potere di attenzione e di concentrazione. La TV ha stabilito un nuovo rapporto con il gioco dei significati. Ha ridotto lo statuto del contenuto semantico di ogni prodotto (notizie, pubblicità, programmazione) all'uguaglianza degli altri valori della comunicazione. La televisione ha un impatto prodigioso, ma non duraturo. In confronto, la radio ha un impatto meno potente, ma dipende maggiormente dal contenuto semantico. Una trasmissione radiofonica può restare un po' più a lungo nella memoria dell'ascoltatore. La stampa assomiglia in tutto a ciò che si chiama la memoria a lungo termine. Tuttavia il suo impatto è molto meno forte. Gli stili e i mezzi d'approccio sono di conseguenza diversi (…).

d) Il computer cambia il senso della nostra mente.

Esso esteriorizza e meccanicizza le nostre principali strutture cognitive. Si sta costituendo una relazione di simbiosi con il corpo fisico umano: le pulsioni elettriche della macchina sono sostituite dalle pulsioni neurali in un circuito ricursivo rapidissimo che modifica i due insiemi simultaneamente. E’ la gamma, meno diversificata oggi ma più abbondante, dei giochi elettronici.(…) Il computer è l'espressione tecnologica più conforme al fenomeno di esteriorizzazione del linguaggio, perché non soltanto vi sostituisce il linguaggio macchine, ma anche perché si fa carico della maggior parte delle operazioni cognitive che prima erano nostro compito cosciente. Il computer pensa per noi, almeno per tutto ciò che è importante sul piano logico, l'analisi, la misura, le proporzioni, "il design", la composizione stessa. Quello che Karl Jung chiamava "l’inconscio collettivo" all'epoca in cui la radio, grazie a Giulio Marconi, cominciava a dare la parola ad una espressione collettiva del mondo, non era altro che questa specie di coscienza planetaria di cui parlo, dal punto di vista di qualcuno che apparteneva ad una generazione ancora fortemente ancorata all'illusione individualistica dell'era dello stampato. Freud non ci vedeva nient'altro che l'inconscio privato che portava i segni dello sviluppo graduale del bambino man mano che costui si esponeva al linguaggio sociale e alla cultura ambientale. Quello che questi due psicologi non hanno esaminato e quello che le scuole di psicanalisi che li hanno seguiti non hanno ancora compreso, è il fatto che il carattere collettivo di questo inconscio era destinato, grazie ai nuovi media, a diventare cosciente. Oggi si deve ripensare tutto in termini planetari, comprese le arti, le scienze ed ovviamente l'informazione, che è il pensiero stesso della terra, (…) il pensiero vivo, planetario, quello che praticate voi adesso nei miliardi di neuroni del vostro cervello e di tutto il vostro corpo. E’ nel corpo fisico di ognuno di noi che si crea e si organizza, ad un primo livello, direttamente percettibile, la specie di coscienza, multilingue, ma unificata, del pianeta. I rapporti che noi intratteniamo con essa, sono complessi. I media, che selezionano, condensano e trasportano i risultati del nostro pensiero e della nostra sensibilità, sono il luogo dell'elaborazione al secondo livello. (…) Io credo che, tra i suoi effetti più significativi, una riflessione nuova ci deve invitare a percepire il mondo nel cuore stesso della nostra sfera psicologica individuale, globalmente piuttosto che secondo i frammenti offerti a modificare la percezione, cognitiva senza dubbio, ma soprattutto sensoriale, della nostra propria immagine per allargarla alle dimensioni dei nuovi campi di attività ai quali i media ci danno accesso. (…) Nei periodi di transizioni psicologiche come quello in cui viviamo oggi, il grande problema è quello della sensibilità. Essa è, come un tempo la ragione, la "cosa del mondo meglio divisa". Ciascuno di noi ha la sua parola da dire e il suo ruolo da svolgere in questo campo. C'è posto per tutti, proprio perché la comunicazione per mezzo di onde non occupa quasi nessuno spazio. (…) Siamo cambiati? Si e no. Siamo dotati di nuovi poteri inimmaginabili per i nostri antenati, ma è certo che noi continuiamo a vedere e a sentire molto letteralmente le cose che ci si presentano, come se fossimo prigionieri dello spirito campanilistico che essi ci hanno trasmesso. Ci occorrono dei poteri nuovi di visione, di sensazione, di ascolto, ed altri, a seconda delle esigenze di sintesi, di condensazione e di auto diffusione che ci sono imposte dai nostri moderni mezzi di comunicazione. Se noi dobbiamo a questi ultimi un allargamento senza precedenti del nostro accesso al mondo e la moltiplicazione geometrica di situazioni nuove che dobbiamo vivere a causa dei media, saremo impoveriti di tutto finche non avremo imparato a integrare queste dimensioni nuove, invece di essere integrati da esse. Il rapporto di inversione è di una chiarezza accecante: tutti i mezzi elettronici proiettano il nostro sistema nervoso fuori di noi attraverso le innumerevoli estensioni che ci offrono. Questo non vuol dire che sia sufficiente per noi rincantucciarsi nelle proporzioni infime del nostro corpo fisico, ma che dobbiamo tutti crescere fino alle dimensioni del pianeta. Per vivere a dimensione del pianeta, l'informazione essenziale dell'avvenire sarà la stessa del passato più antico: il pensiero religioso umano. Il corso normale dello sviluppo della parola umana è che, più moderni e complessi sono gli strumenti del comunicare, più legati alla tradizione debbono essere i messaggi. Per l'avvenire ci saranno due tipi d'informazione fondamentale: quella del codice genetico che sarà manipolato dalla scienza, e quella del pensiero religioso, il più antico dell'umanità, per informare e guidare la direzione del pensiero scientifico. Infine, l'esperienza religiosa dovrebbe essere il software per la sopravvivenza dell'uomo futuro.