Venerdì 25 agosto, ore 17

LIBANO: IL PARADOSSO DELLA PACE

Incontro con Jocelyne Khouery

Modera:

Maurizio Vitali.

M. Vitali:

"Il paradosso della pace": è questo il titolo dell'incontro di questa sera con una testimone che viene dalla martoriata terra libanese ed è una testimone d'eccezione, Jocelyne Khouery che a vent'anni, nel 1975, è entrata a combattere nelle forze libanesi, spinta dalla necessità di difendere con ogni mezzo la propria terra, la propria storia, il proprio popolo, l'indipendenza della propria patria. diventata anche comandante delle milizie femminili. Dopo qualche anno, attraverso l'esperienza della guerra, si è accorta, pur senza abbandonare la difesa della sua terra, che c'è una realtà più grande da difendere ed è l'uomo stesso. E allora ha capito che bisognava fare anche qualcosa in più per difendere l'uomo e la sua profonda possibilità di verità e di vita nella pace. Così ha cominciato a fondare, dentro le forze libanesi, dei gruppi femminili di preghiera dedicati alla Madonna per richiamare al motivo, all'origine, allo scopo di tutto. Nel 1985 poi, insieme alle compagne che si sono unite a lei, ha lasciato le forze libanesi per fondare un movimento culturale e religioso che si occupa dell'educazione popolare, della condivisione dei bisogni del popolo, organizzando corsi, iniziative di assistenza. Vi invito ad accoglierla con un applauso. Essa ci confermerà col racconto della sua storia, della sua esperienza che il Libano, al di là delle menzogne e delle mistificazioni, è il Paese della pace (…).

J. Khouery:

(…) Il Libano, prima di tutto, è una terra mariana, in Libano si aprono gli occhi su Maria, nelle case Maria è sempre presente, nelle scuole come nei combattimenti. Nei momenti più difficili, nei momenti più pericolosi, essa ci ha insegnato quelle cose che sono tra le più importanti. Essa ci ha insegnato la vera portata della nostra battaglia. La nostra vera, reale battaglia è contro il male, contro il peccato. La nostra vera patria non è soltanto un territorio, ma piuttosto un uomo, un uomo che vive su questo territorio. Stavamo difendendo non soltanto le nostre case, quindi, ma piuttosto un Paese sacro, un Paese che ha la vocazione di testimoniare per la libertà, il rispetto dei diritti umani, nel vicino Oriente e nell'intero mondo. Essa ci ha anche insegnato che questa Chiesa cui noi apparteniamo non è soltanto una stanza o la sala in cui pregavamo la domenica. Questa Chiesa è prima di tutto il corpo mistico del nostro Signore Gesù Cristo. Ci ha insegnato che la Chiesa è l'espressione dello Spirito Santo nel corso della storia. Ci ha insegnato che possiamo essere noi stessi chiesa ovunque, nella guerra, nella pace, sulle barricate, nelle nostre stesse case: il Signore non divide mai i compiti e i pesi. Il Signore non ci invita a ritirarci dal mondo ma piuttosto a santificare questo mondo, ovunque ci troviamo. E così, poco per volta, le cose hanno cominciato ad assumere una dimensione diversa. La protezione della Provvidenza ci ha fatto raggiungere una verità suprema: il Signore è presente, il Signore ci ha creati, il Signore continua a proteggerci (…). Se vogliamo un uomo nuovo per un Libano nuovo, dobbiamo iniziare dalla donna libanese, e questo sotto lo sguardo di Maria (…). Ed è così che è cominciata la nostra storia. Nel 1980, accanto all'addestramento militare, abbiamo avuto la catechesi, i sacramenti della Chiesa per le nostre donne, anche il sacramento del matrimonio. Non vogliamo un Paese che legittimi l'aborto. Se stiamo vivendo in guerra malgrado noi, vogliamo avere delle donne coscienti, delle donne cristiane che rifiutino di uccidere la nuova vita nascente, vogliamo un Paese che sia veramente ad immagine di Maria (…). Non sorprendetevi dalla violenza che adesso si è scatenata nel Libano. È la stessa esatta violenza che ha massacrato nostro Signore sulla croce. E lo spirito di questo mondo che rifiuta di riconoscere i diritti umani, i diritti di tutti gli esseri umani creati ad immagine di Dio (…). Il nostro è un rifugio ed una porta, un rifugio per i cristiani cattolici che sono stati minacciati dagli eretici, i discepoli di San Marone, che diverranno poi i maroniti; è un rifugio per gli ebrei che sono perseguitati ovunque nel mondo; è un rifugio per i cristiani che fuggono di fronte alle invasioni fin dal VII secolo nell'intero, vicino Oriente. È un rifugio per i drusi, che fuggono la persecuzione in Egitto dopo la morte del loro maestro. È un rifugio per gli armeni, che fuggono di fronte al genocidio, è un rifugio per i curdi, per tutti i popoli oppressi dei Paesi Arabi, per tutti gli oppressi che hanno sofferto a cause delle conseguenze delle rivoluzioni che si sono svolte nei loro Paesi. Ed è un rifugio per tutti gli oppressi arabi che cercavano in Libano la libertà d'espressione. Il Libano è stato nel passato anche una porta aperta, una terra d'incontro, una possibilità di coesistenza e di dialogo. La nostra Chiesa locale è consapevole, cosciente del suo ruolo: quello di continuare ciò che ha iniziato nostro Signore in Libano, cioè tendere la mano agli altri e testimoniare la gloria di Dio in quanto Chiesa (…). Vivere il cristianesimo in ognuna delle sue espressioni, storica e sociale, culturale e politica, economica, nel mondo intero. Questo è il ruolo della Chiesa libanese, esprimersi apertamente e a qualunque livello (…). Nel 1943 il Libano ha raggiunto la sua indipendenza, dopo cinquecento anni di occupazione ottomana e dopo sei anni di mandato francese. Nel 1943, per la prima volta, i libanesi cristiani e musulmani si ritrovano soli, gli uni di fronte agli altri, senza protezione esterna, senza intervento esterno. I musulmani che da lungo erano abituati al governo secondo la legge musulmana, ed i cristiani abituati per sei anni alla protezione francese: era un sentimento di paura reciproca quello che governava i rapporti fra i due popoli. Com'era possibile convivere? I cristiani hanno chiesto la continuità della protezione francese, altri musulmani hanno chiesto l'unione con la Siria, tuttavia nacque una speranza: un gruppo di cristiani moderati e un gruppo di musulmani moderati decisero di stabilire un patto, di raggiungere un consenso nazionale rappresentato da due leader e il consenso venne. Abbiamo rinunciato alla Siria e voi rinuncerete alla Francia, venne detto. Ambedue le parti in causa accettarono il patto per avere un Paese sovrano che avesse un comune denominatore. E così è cominciato il nostro cammino, il cammino della coesistenza fra diciassette diverse confessioni, suddivise a seconda delle tre grandi religioni: i musulmani, i cristiani e i drusi. Tuttavia le circostanze regionali hanno voluto impedire la maturità di questo consenso. La presenza di Israele nell'Oriente e la guerra del 1967 hanno fatto sì che centomila rifugiati palestinesi sono rientrati nel nostro Paese, come sempre terra di rifugio. Centomila palestinesi in un Paese che aveva tre milioni e mezzo di abitanti: questo era già fattore sufficiente per perturbare l'equilibrio e la democrazia del Paese. I palestinesi, infatti, trasformandosi in resistenza militare hanno giocato sul fattore confessionale per poter ottenere il più grande numero di alleati all'interno del Paese. Ed ecco dunque che il Libano si trova di fronte ad un vicolo cieco, senza capacità decisionale, politica: non si poteva infatti combattere contro Israele, né potevamo controllare i palestinesi all'interno del nostro Paese. L'esercito, di conseguenza, non ha mai potuto avere e assumersi il proprio ruolo di difesa del Paese. In particolare per il fatto che i campi dei palestinesi si sono poco per volta trasformati in enormi caserme nel centro stesso della città e poco per volta hanno iniziato a intervenire, a interferire nelle questioni più interne del nostro Paese, nelle elezioni universitarie, nella nostra politica interna (…). Da allora in poi ci siamo trovati di fronte a uno Stato all'interno di un altro Stato. E il nostro esercito non poteva fare niente. I libanesi che credevano in un Libano libero e sovrano cominciavano a prepararsi alla difesa. Ed è in questo momento che il gruppo dei combattenti di cui io ho fatto parte ha cominciato a prepararsi anch’esso, perché eravamo direttamente minacciati nelle nostre case, nei nostri quartieri, dovunque. Nel 1975 è scoppiata la guerra tra palestinesi e libanesi, che si è complicata per l'intervento arabo. Poi Israele invade il Paese per difendere le proprie frontiere e per bloccare le operazioni lanciate contro il suo territorio a partire dal nostro Paese. Poi ancora, sulla base dell'alleanza fra Siria ed Iran, combattenti iraniani e sionisti entrano nel Paese in grande numero per aiutare i palestinesi e i siriani in Libano. Ed ecco che la situazione si complica sempre di più e il complotto comincia a svelarsi: complotto che era stato previsto per il Libano già nel '75, cioè far uscire i cristiani dal Paese preparando loro dei territori in Canada, e risolvere così la questione palestinese a discapito del nostro Paese: dividere il Paese e quindi distruggere la formula della coesistenza che era stata la prima sfida e la prima minaccia lanciata contro la presenza razzista di Israele nell'Oriente. E dunque ad ogni costo era necessario che si arrestasse il dialogo. Ad ogni costo bisognava rompere il consenso nazionale che si era ottenuto nel 1943 e bisognava ridicolizzarlo, per poter dire che la guerra è una guerra di religione, che non avrà mai una fine e che cristiani e musulmani non potranno mai coesistere. I giochi sono stati fatti anche a livello dell'informazione e per quindici anni sono stati fatti molto bene. Il complotto ha indotto in errore l'intero Occidente, proprio per stornare la vostra attenzione dalla responsabilità reale, internazionale, di fronte all'occupazione del Libano (…). Ma oggi, dopo quindici anni, le cose cominciano ad apparire nella loro vera luce. E questo grazie alla perseveranza libanese e grazie alla solidarietà dei popoli di buona volontà. Il complotto viene svelato perché la vera, reale resistenza è una resistenza alla luce della verità (…). Ora, quello che è necessario oggi, è saper decifrare bene la causa libanese, rimettere ogni elemento al suo giusto posto. Non è possibile avere un dialogo sotto i bombardamenti, non è possibile ricostruire il Libano sotto un'occupazione straniera. Il nostro governo oggi chiede alle nazioni che si dicono unite e libere di rispettare la firma che hanno apposto alla risoluzione del consiglio di sicurezza. Noi richiamiamo ed esigiamo i nostri diritti più essenziali, più elementari, i nostri diritti all'indipendenza e all'autodeterminazione del nostro destino. Tuttavia una nuova realtà è apparsa e sempre di più si diffonde in Libano, è l'esercito libanese ufficiale che ha riassunto su di sé la difesa del Paese: l'esercito ha strappato quello che era il suo diritto, ha ridato al popolo il proprio diritto ad assumersi le proprie responsabilità. Per una volta, finalmente, la nostra decisione politica e l'ordine militar-libanese sono qualche cosa di associato, sono sinonimi, per una volta cristiani e musulmani, in seno all armata e all'esercito libanese, stanno morendo per la stessa causa (…). Ciò che accade oggi in Libano è il sorgere di una speranza di indipendenza e di unità nel popolo e non soltanto fra i gruppi responsabili. Ciò che noi domandiamo a voi tutti è di capire prima di tutto questa verità che è la nostra. Vi chiediamo di osare, di avere il coraggio di dire la verità, avere il coraggio di dire che prima di tutto noi siamo un Paese occupato, non siamo un popolo che si diverte a fare una guerra religiosa. Noi vi preghiamo di correggere l'errore fatto a livello dell'informazione, di ristabilire la verità sulla questione che riguarda il nostro Paese. Se volete veramente aiutare il Libano, se volete veramente salvare quella formula che potrà divenire un campione, un modello universale unico, che potrà veramente permettere di risolvere molti dei problemi che si pongono alla Chiesa nell'intero mondo, allora è necessario salvare il Libano da questo circolo vizioso e obbligato della guerra religiosa, che non si potrà mai concludere (…). Noi siamo invitati a pagare, attraverso il nostro sangue e il nostro martirio, la crescita e la maturità dell'Oriente nell'economia del piano divino. Aiutateci ad accettare e prendere su di noi questa vocazione che è anche la vostra. il Signore distribuisce molto bene i carichi e i compiti all'interno della Chiesa universale e anche nelle Chiese locali. Voi siete votati ad affrontare l'ateismo, siete votati a lottare contro la corruzione, votati alla lotta contro i costruttori della torre di Babele; avete proclamato che siete pronti a presentarvi di fronte a tutti gli uomini, a tutte le correnti, a tutte le potenze che vogliono costruire un mondo senza Dio per combatterle; e noi in Libano veniamo chiamati a far fronte al fanatismo, a testimoniare per la gloria della Santa Trinità, a testimoniare per Dio, il Dio dell'amore e della carità. Comunque si concluda la nostra vicenda, per la grazia di Dio e la potenza di Maria, saremo in grado di far fronte e vincere il serpente. In voi oggi noi ringraziamo il Signore perché ci dà una speranza sempre più grande in questo angolo della Chiesa d'Italia negli uomini di buona volontà (…).

M. Vitali:

Questo applauso dice tutto il nostro grazie a Jocelyne Khouery. Io credo che l'applauso vada anche a tutti gli amici libanesi, alcuni sono presenti in sala, che con la stessa passione e lo stesso coraggio lottano per la vera resistenza, che è la resistenza nella verità (…).