Bambini di nessuno

Tavola rotonda realizzata in collaborazione con AVSI

Giovedì 28, ore 15.00

Relatori:

Ulf Kristofferson, Rappresentante UNHCR per l'Uganda

John Klink, Rappresentante della Santa Sede presso la Conferenza Internazionale delle Nazioni Unite

Kathleen Cravero, Rappresentante UNICEF per l’Uganda

Cravero: L’UNICEF opera in collaborazione con il governo dell’Uganda e con altri partner, come per esempio AVSI, per riuscire a consolidare i progressi fatti per rendere migliore la vita dei bambini in questo paese.

Negli ultimi dieci anni, man mano che l’Uganda aveva intrapreso un buon percorso di sviluppo economico e di stabilità politica, i distretti del Nord del paese si sono trovati coinvolti in un brutale conflitto. I bambini costituiscono la fetta di popolazione maggiormente vulnerabile e maggiormente colpita. Molte delle comunità di sfollati hanno perso la casa, hanno perso le proprie scorte alimentari, i propri mezzi di sussistenza, in seguito agli attacchi e alle violenze dei ribelli. Adesso si trovano in una situazione di completa miseria, costretti a rifugiarsi in campi protetti e nei centri cittadini più grandi. Le famiglie si sono trovate ad affrontare grossi problemi di carenze alimentari, di denutrizione, problema che è in aumento, soprattutto fra i bambini. Le infrastrutture sono in una situazione di collasso, quindi l’erogazione idrica, il sistema viario, la sussistenza agricola sono stati molte volte attaccati e distrutti, quindi queste infrastrutture non sono più utilizzabili. La campagna di brutalizzazione, di terrore non ha portato solamente a creare una situazione di grossa incertezza e di grossa miseria, ma ha portato alla distruzione anche delle infrastrutture sanitarie di base, sia quelle preposte al trattamento delle malattie, che quelle che si occupavano della campagna di immunizzazione e dell’assistenza alla gravidanza e al parto.

Anche il sistema di istruzione ha risentito enormemente del conflitto: solamente poche scuole del Nord del paese sono ancora funzionanti, molte sono spostate in città più grandi e in zone urbane. Molti insegnanti e studenti sono stati presi di mira dall’LRA (Lord Resistance Army), e quindi si sono dovuti allontanare.

L’UNICEF, l’Alto Commissariato per i rifugiati e anche l’AVSI, hanno cercato di collaborare per riuscire per lo meno a curare una buona erogazione d’acqua per queste popolazioni, ma i profughi sono troppi, la situazione è troppo precaria, quindi quello che si è potuto fare non è certo soddisfacente.

Quello dell’alimentazione è un grosso problema, non c’è da mangiare, molte popolazioni hanno perso la terra che lavoravano e da cui si procuravano i mezzi di sostentamento alimentare, a causa degli attacchi dei ribelli. La situazione è molto difficile.

La violazione dei diritti dei bambini in questo paese è continua: il problema centrale è quello del sequestro e del rapimento dei bambini.

In Uganda l’UNICEF si è prefissa tre obiettivi principali: innanzitutto interrompere immediatamente il fenomeno dei rapimenti, in secondo luogo assicurarsi che tutti i bambini tenuti in schiavitù vengano liberati, ed infine fare in modo che possano fare ritorno alle proprie comunità di origine.

L’UNICEF sta operando con la collaborazione di molte organizzazioni nelle campagne di sensibilizzazione sul problema dei rapimenti dei bambini sul nord dell’Uganda, operando sia a livello nazionale che internazionale. A livello nazionale questi sono stati gli interventi portati avanti: innanzitutto una collaborazione con i leader locali per ottenere quante più informazione possibili sui bambini rapiti; una collaborazione di altri partner come l’AVSI, nel fornire un supporto psicosociale a questi bambini, soprattutto a quelli che sono riusciti a fuggire; un’analisi dell’attuale situazione, mettendo a punto del materiale informativo utile a questo riguardo e stabilendo contatti con i mezzi di informazione locale per cercare di dare pubblicità a livello nazionale a questo fenomeno.

È necessario intervenire sia collettivamente che individualmente affinché questa terribile violazione, questo crimine contro l’infanzia non possa continuare.

Kristofferson: L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati è stato costituito dopo la seconda guerra mondiale sulla scia dell’attività svolta da un’organizzazione chiamata International Refugee Operation, che aveva lavorato nel corso della seconda guerra mondiale.

Il mandato originario era di cinque anni: questo mandato aveva, ovviamente una portata limitata perché era ingenuo pensare che il problema dei rifugiati si potesse risolvere in un tempo così breve. Si trattava del ’51, l’anno in cui questo tipo di organizzazione è partita, e si pensava che questi cinque anni potessero bastare, cosa che invece si è dimostrata sbagliata.

Il mandato principale dell’Alto Commissariato, riguarda la protezione giuridica dei rifugiati e la ricerca di una tempestiva soluzione al loro problema.

Attualmente l’Alto Commissariato si occupa di ventisei milioni di persone, fra rifugiati e sfollati in tutto il mondo.

I rifugiati sono purtroppo la triste conseguenza della guerra che è avvenuta in un paese vicino all’Uganda; inoltre molti gruppi di ribelli operanti in paesi vicini stanno creando grossi problemi di sicurezza negli insediamenti dei profughi soprattutto nella parte nord del Paese. Abbiamo avuto oltre duecento incidenti correlati proprio a questo problema di sicurezza registrati nel corso dello scorso anno che hanno quindi portato a rapimenti, morte, furti e altri tipi di problemi fra i profughi. Quindi dobbiamo operare in situazione di grande pericolo. Uno dei casi più preoccupanti che si sono verificati lo scorso anno è stato quello dovuto ad un gruppo di ribelli che ha assaltato un grosso insediamento gestito dall’AVSI nel distretto di Kitgum. Oltre 100 tra donne e bambini sono stati torturati e massacrati all’interno del campo.

Klink: Il tema della nostra tavola rotonda, "Bambini di nessuno" è già di per sé un’accusa evidente all’umanità per ogni bambino abbandonato a sentirsi solo, o addirittura a essere "di nessuno". Personalmente credo che, occasioni come questa e l’azione che può scaturirne – e che tutti ci auguriamo – portino a focalizzare l’attenzione sul fatto che i bambini non solo sono i nostri eredi, ma sono la nostra eredità. Il futuro dell’umanità sarà determinato da come noi porteremo a compimento le nostre responsabilità verso il potenziale enorme di questa vera ricchezza umana.

Le varie espressioni della Chiesa Cattolica nel suo interesse materno per bambini in situazioni difficili – L’interesse della Chiesa Cattolica per i bambini, si esprime attualmente in moltissime forme, sia per le innumerevoli istituzioni di carità, sia per il continuo insegnamento del magistero sulla santità della vita stessa. Perciò non sorprende che uno dei primi difensori di diritti dei bambini è il Papa, Giovanni Paolo II. Durante il suo pontificato, il Santo Padre ha inequivocabilmente difeso i diritti dei bambini. "Non possono e non devono esserci bambini abbandonati, nemmeno bambini senza famiglia, o bambini di strada. Non possono e non devono esserci bambini usati dagli adulti per scopi immorali, per il traffico della droga, per piccoli e grandi crimini, per la pratica di vizi. Non possono e non devono esserci bambini nei riformatori o istituti di correzione dove non hanno la possibilità di ricevere una vera educazione. Non possono e non devono esserci – ed è il Papa che chiede questo e lo esige nel nome di Dio e del Suo Figlio, Gesù, che una volta era un bambino – non possono e non devono esserci bambini assassinati, eliminati sotto il pretesto della prevenzione del crimine, destinati a morire"1.

Le parole angosciate del Papa, anche se pronunciate in uno specifico tempo e luogo, in Brasile, risuonano in tutto il mondo per la drammatica situazione di milioni di bambini maltrattati e dimenticati, situazione che si estende oltre tutte le frontiere e che colpisce tutte le nazioni e tutte le società.

Contesto generale della storia recente dei diritti dei bambini. In questa luce, credo sia importante tener presente la recente storia dei diritti dei bambini, per la quale si sono fatti grandi passi nello scorso decennio, ed il particolare impegno della Santa Sede al riguardo.

Per dare testimonianza sui bisogni dei bambini, la Santa Sede ha partecipato attivamente al Vertice mondiale per i bambini, che ha avuto luogo a New York nel settembre del 1990. I paragrafi di apertura della Dichiarazione del Vertice hanno un respiro che difficilmente si incontra nei documenti, spesso senza vita, delle Nazioni Unite. "Siamo radunati al Vertice mondiale per i bambini al fine di assumere un comune impegno e lanciare un appello universale urgente: quello di dare ad ogni bambino un futuro migliore. I bambini del mondo sono innocenti, vulnerabili e dipendenti. Sono anche curiosi, attivi e pieni di speranza. Il loro tempo dovrebbe essere tempo di gioia e pace, di gioco, tempo per imparare e crescere"2. Al tempo stesso, la Dichiarazione nota anche il triste fatto che "per tanti bambini la realtà dell’infanzia è ben diversa (...). Ogni giorno,

un’infinità di bambini in tutto il mondo sono esposti a pericoli che ostacolano la loro crescita e il loro sviluppo"3.

In risposta a queste sfide, i leaders del Vertice mondiale si sono impegnati con un programma in dieci punti, sette o otto dei quali possono essere visti come corrispettivo delle opere corporali di misericordia da sempre insegnate dalla Chiesa. Fra questi punti si trovano programmi di sanità per madri e bambini, programmi di nutrizione, di educazione, la protezione dei bambini e la eliminazione della povertà. Come è noto le istituzioni di carità cattoliche sono centinaia di migliaia e includono ospedali, scuole, orfanotrofi, e innumerevoli progetti di sviluppo promossi da organizzazioni missionarie cattoliche sia indigene che no.

Visto che queste opere della Chiesa sono già ben conosciute, credo valga la pena di esaminare alcuni temi che la Chiesa considera di assoluto valore morale e filosofico riguardo i diritti dei bambini.

Azione della Chiesa Cattolica per la realizzazione degli impegni del Vertice mondiale. Convenzione sui diritti del bambino: il diritto alla vita prima e dopo la nascita – La prima priorità delle dieci in programma del Vertice mondiale, era quella di "promuovere quanto prima la ratifica e l’osservanza della Convenzione sui diritti dei bambini", una convenzione che ha richiesto più di dieci anni di intensi negoziati internazionali. Questa ratifica universale si sta finalmente avviando a compimento: al momento, solo la Somalia e gli Stati Uniti non l’hanno ratificata. È interessante notare che la Santa Sede è stata il quarto Stato tra gli attuali 191 a procedere alla ratifica.

Va tuttavia anche notato che il negoziato della Convenzione non si è svolto certamente senza seri problemi, come si può desumere dalla Dichiarazione e dalle Riserve che la Santa Sede ha depositato nell’accedere alla Convenzione. Tra i punti più controversi c’era il tentativo comune di alcuni Stati occidentali di indebolire il diritto alla vita per i bambini non ancora nati. Così, l’adesione della Santa Sede fu accompagnata da una Dichiarazione nella quale essa riconosceva che la Convenzione "salvaguarderà i diritti del bambino tanto prima quanto dopo la nascita, come espressamente affermato nella Dichiarazione sui diritti del bambino, e ribadito nel nono paragrafo del preambolo della Convenzione". Aderendo alla Convenzione, la Santa Sede notava più avanti che essa "rimane fiduciosa che il nono paragrafo del preambolo servirà come prospettiva in base alla quale il resto della Convenzione sarà interpretato"4.

Forse si può vedere in questa dichiarazione una indicazione profetica per i negoziati che hanno avuto luogo nelle molteplici Conferenze mondiali, nel corso degli ultimi sette anni, come la Conferenza del Cairo sulla popolazione, il Vertice mondiale di Copenhagen sullo sviluppo sociale e la Conferenza di Pechino sulle donne. È stata incontrovertibile la difesa senza compromessi della Santa Sede del diritto alla vita, dal momento del concepimento fino alla morte naturale. Qui la Chiesa mette in evidenza la sua posizione: qualsiasi eccezione fatta al rispetto universale per la vita rende il tessuto stesso dei diritti umani universali rapidamente sfilacciato, non rammendabile e non ricucibile.

Il "Manuale congiunto da campo delle Nazioni Unite sulla salute riproduttiva nelle situazioni dei rifugiati". L’uso di abortivi post-coitali: abuso potenziale della coscienza di quanti lavorano per i rifugiati – Sembra una tragica ironia che alcune agenzie delle Nazioni Unite abbiano recentemente giudicato conveniente pubblicare un "Manuale congiunto da campo delle Nazioni Unite sulla salute riproduttiva nelle situazioni dei rifugiati" che richiede l’uso di abortivi "post-coitali", la così chiamata "contraccezione di emergenza". L’applicazione di tale metodo non è richiesta solo per donne rifugiate, ma addirittura il personale non appartenente alle Nazioni Unite viene invitato ad aiutare nella sua diffusione: "Tutti gli operatori delle Agenzie di soccorso, non solo il personale sanitario (...)" devono essere "coscienti che il metodo contraccettivo di emergenza, post-coitale, è disponibile, ed essere in grado di informare i rifugiati su dove ottenerlo"5.

Date le buone opere per le quali varie agenzie delle Nazioni Unite sono conosciute, non è inconcepibile che queste stesse organizzazioni, incaricate della protezione della vita dei rifugiati, debbano in qualsiasi modo promuovere tecnologie che violano il più basilare diritto alla vita dei rifugiati non nati? Similmente, è inconcepibile che qualsiasi Manuale delle Nazioni Unite debba cercare di dettare ai soccorritori protocolli medici senza tener conto della evidente violazione della loro coscienza. La Santa Sede ha portato tale problema all’attenzione della comunità mondiale e si spera che tale manifesto abuso della fiducia pubblica abbia termine al più presto.

Convenzione sui diritti del bambino. I diritti dei bambini come appaiono nel contesto della famiglia e dei diritti inalienabili dei genitori – Tornando ancora specificamente alla Convenzione sui diritti del bambino, l’adesione della Santa Sede aggiunge un altro punto di forza. "Essa interpreta gli articoli della Convenzione in modo tale che vengano salvaguardati i diritti primari e inalienabili dei genitori, in particolare per quanto questi diritti riguardano l’educazione... la religione... il diritto di associazione con altri... e la privacy"6.

La Santa Sede ha ripetutamente espresso la sua preoccupazione circa il fatto che molti documenti emanati dai negoziati delle Nazioni Unite contengono una marcata tendenza, specialmente nell’Occidente, ad enfatizzare i diritti dei bambini fino alla quasi esclusione dei diritti dei genitori dai doveri e responsabilità nei confronti dei loro bambini.

In aggiunta ai loro diritti per quanto riguarda l’autorità, i genitori hanno innegabili necessità prioritarie che la società deve incoraggiare in modo tale che essi possano adempiere fino in fondo le loro responsabilità di genitori. Tali necessità includono il semplice essere in grado di trascorrere del tempo con i propri bambini e di poter avere i mezzi per procurare loro cibo, vestiti, cure mediche, abitazione ed educazione.

L’importanza del sostegno per le famiglie e per la riunificazione della famiglia in situazioni di guerra – Recentemente la signora Graca Machel, una esperta del Segretario generale delle Nazioni Unite, ha presentato un rapporto all’Assemblea generale delle Nazioni Unite, intitolato: "L’impatto del conflitto armato sui bambini". È interessante notare che uno dei punti sottolineati era l’affermazione che una delle maggiori difficoltà nella vita dei bambini in situazioni di guerra è dovuta alla distruzione dell’unità familiare. I bambini, che sono i membri più vulnerabili della società, sono lasciati senza sorgenti naturali di affetto, forza, educazione, abitazione. E, durante un periodo senza famiglia che cominci e si prolunghi, senza genitori che si prendano cura di loro, che trasmettano i loro valori e la loro cultura, i bambini sono abbandonati alla sola emulazione del caos che li circonda. Per questa ragione, il rapporto Machel mette particolarmente a fuoco i problemi dei bambini non accompagnati: "L’allontanamento dei figli può apparire ai genitori la migliore soluzione, ma di solito questo non è vero. L’allontanamento pone un rischio a lungo termine per i bambini, incluso il trauma della separazione dalla famiglia e l’incremento del pericolo di cadere nel contrabbando, nello sfruttamento sessuale o nell’adozione illegale. Se l’evacuazione è indispensabile, l’intera famiglia dovrebbe spostarsi insieme, e se questo non fosse possibile, i bambini dovrebbero spostarsi almeno con i fratelli e con chi ha maggior cura di loro"7.

Da giovane, ho avuto il privilegio di dirigere le attività del Catholic Relief Services (la Organizzazione operativa per lo sviluppo e il sollievo per profughi dell’episcopato americano), in Cambogia, sulla frontiera; mentre attraverso gli sforzi coordinati di varie organizzazioni, sia delle Nazioni Unite che non governative, siamo stati in grado di provvedere ai bisogni essenziali quali rifugio, nutrizione, igiene, sanità e persino cure dentistiche per quei rifugiati le cui famiglie erano rimaste almeno parzialmente insieme, una delle maggiori difficoltà incontrate è stata la cura dei neonati e bambini i cui genitori e parenti erano stati uccisi o dispersi.

Prima dell’inizio di alcuni programmi pilota per la stimolazione del bambino, ad esempio, molti bambini morivano o semplicemente non ne traevano profitto per il solo motivo di non essere stati fisicamente accarezzati o, in una parola, amati. Altri programmi che avevano come scopo di preservare la cultura cambogiana e Hmong, inclusa la danza e varie altre forme di arte, erano vitali per stabilire un senso di identità per i bambini rifugiati, molti dei quali non avevano effettivamente mai vissuto nella loro patria. Naturalmente, mentre questi programmi erano per molti versi una conditio sine qua non per la loro sopravvivenza, non erano certamente sostitutivi all’ambiente amoroso e della naturale stimolazione che la famiglia rappresenta per il bambino. Perciò, la meta principale rimaneva sempre la riunificazione di questi bambini con la loro famiglia. Oggi, dopo molti anni, mi domando spesso che tipo di vita e di famiglie questi giovani adulti (questi, mi auguro, ex rifugiati), siano stati in grado di formare.

Mentre la nostra attenzione si rivolge particolarmente alla sorte dei bambini in situazioni di guerra o nei campi profughi, il confronto con i bambini parzialmente o completamente abbandonati in qualsiasi società appare ovvio. Bambini maltrattati diventano genitori che maltrattano i propri figli. Bambini ai quali non viene insegnato il valore della propria persona diventano non soltanto vittime di violenza, ma anche i fautori della violenza nelle strade. Le grandi città degli Stati Uniti sono costantemente costrette a reagire al danno causato dalla mancata unità della famiglia tra molti dei suoi cittadini più poveri.

Nei vari vertici, meetings e conferenze mondiali che sono seguiti al Vertice mondiale per i bambini, la Santa Sede si è spesso trovata a dover difendere il concetto essenziale della famiglia. Da parte loro, i paesi occidentali hanno spesso cercato persino di cancellare la parola "famiglia" dai documenti in discussione per il disagio suscitato dall’implicazione che una famiglia dovrebbe consistere di una coppia sposata e dei rispettivi figli. Allo stesso modo, una straordinaria opposizione si è incontrata nei tentativi di inserire riferimenti alla dignità della donna o addirittura, alla Conferenza mondiale di Pechino sulla donna, alla parola "madre". Questo ultimo termine, veniva notato da alcuni, era pregiudizievole e doveva essere evitato dato che non tutte le donne possono essere madri!

Ciò che colpisce nelle situazioni di guerra attuale è che non solo qualsiasi codice di cavalleria è stato perso, ma la barbarie è quasi considerata inevitabile: basta solo ricordare la ferocia che appare nelle foto dei giornali dove, non solo gli uomini sono massacrati al di là di ogni descrizione, ma donne e bambini vengono uccisi, violentati o mutilati. Non è pensabile che questo sia ciò che ognuno abbia in mente circa la "parità dei sessi".

Se la dignità della donna e l’inviolabilità della maternità non fossero continuamente sottolineate, così come l’obbligo sociale di proteggere i bambini ad ogni costo, la pura sopravvivenza dei popoli vinti sarebbe messa in pericolo.

Tuttavia, come possono diventare realtà le buone ordinanze contro questo tipo di violenza? La mia risposta è che possono essere realizzate solo attraverso una adeguata educazione.

La Chiesa, ancora una volta, ha chiaramente un ruolo vitale da giocare col suo insegnamento e con la sua difesa del ruolo della famiglia per l’educazione. Nel suo messaggio in occasione della Giornata della pace dello scorso anno, intitolato "Diamo ai bambini un futuro di pace", Giovanni Paolo II nota che la famiglia deve essere la "prima scuola di pace". "I genitori hanno un’occasione straordinaria per aiutare i loro figli e le loro figlie a diventare consapevoli di questo grande tesoro: la testimonianza del loro mutuo amore. È nel loro amore vicendevole che permettono al bambino, fin dal primo momento della sua esistenza, di crescere in un ambiente pacifico, imbevuto di valori positivi che sono la vera eredità della famiglia: rispetto reciproco e accettazione, ascolto, condivisione, generosità e perdono. Grazie al senso di comune impegno che questi valori rafforzano, essi provvedono ad una vera educazione alla pace e rendono il bambino, fin dai primi anni, un attivo costruttore di pace"8.

In aggiunta a questo, il Santo Padre nota che i bambini "hanno il diritto a una specifica formazione alla pace nella scuola e in altri ambienti educativi. I bambini hanno bisogno di imparare la storia della pace e non semplicemente la storia di chi ha vinto o perso la guerra"9.

Ancora, riguardo a soluzioni pratiche in cui la Chiesa e le diverse organizzazioni internazionali possono essere attive, si può guardare ad alcuni esempi di successi sbalorditivi anteriori, quali "Zone di pace" e "Corridoi di tranquillità" che la Chiesa Cattolica ha favorito nell’America centrale. Ad esempio, in El Salvador, dal 1985, il governo e le forze ribelli hanno raggiunto un accordo con l’aiuto della Chiesa, per tre "Giorni della Tranquillità" durante i quali non solo è stato proclamato il cessate il fuoco, ma 250.000 bambini sono stati curati e vaccinati. Tale iniziativa si è ripetuta ogni anno per sei anni, fino alla fine della guerra civile. Questi accordi possono servire non solo per ricordare ai combattenti i compiti immediati per la salute dei loro bambini, ma anche per dare loro la possibilità di ‘salvare la faccia’ nei tentativi di raggiungere una cessazione permanente delle ostilità. Come ulteriore conseguenza di questo, l’UNICEF recentemente ha richiesto che i bambini stessi fossero considerati "Zone di pace" ridichiarando così l’inviolabilità dell’infanzia.

Conclusione – Così gli impegni presi al Vertice mondiale per i bambini sembrano, per molti versi, un elenco della spesa nella storia bi-millenaria di attività della Chiesa a favore del benessere dei bambini. Un’infinità di bambini avrebbero avuto poca o nessuna formazione se non fosse stato per gli sforzi comuni di insegnanti cattolici, sia religiosi che laici, in quasi tutti i paesi del globo, spesso in coordinamento con altre organizzazioni statali, parastatali o private. Similmente, il lavoro dei missionari cattolici nei paesi in via di sviluppo è spesso servito come modello per programmi di base, governativi e non, aventi come scopo la realizzazione di progetti per la nutrizione, la salute, le istituzioni, l’igiene e l’alloggio per madri e bambini.

Nonostante tutto, è chiaro che per alleviare le cause originarie della violenza e della guerra l’obiettivo non può essere semplicemente centrato sui bisogni fisici o materiali – non semplicemente nella sopravvivenza infantile – anche se questo rimane importantissimo. Nessuna entità, sia governativa, privata o religiosa, interessata ad ottenere una giustizia ed una pace di base, necessarie per l’eliminazione della violenza e per il benessere dei bambini, può trascurare di fare qualsiasi passo per cercare la riconciliazione e la pace, prima, durante e dopo conflitti potenziali o in atto. Come abbiamo notato sopra, due dei punti che la Chiesa considera primari nella continua ricerca della pace per i bambini sono la educazione alla pace che richiede il rispetto fondamentale per la vita, e la famiglia come ambiente più idoneo per insegnare l’amore.

La tragedia dei rifugiati e la violenza che creano i "bambini di nessuno" sembra una spirale senza fine. Tuttavia, le principali vittime di tale violenza, sono anche la sorgente di speranza e di amore necessari per combatterla: i nostri stessi bambini. La promessa eterna del Verbo fatto carne, diventato Lui stesso un bambino rifugiato, offrendo in questo modo il Suo esempio di grande umiltà e speranza, mostra ai credenti e ai non credenti che la nostra responsabilità non può limitarsi all’assistenza ai bambini bisognosi. Infatti, la nostra responsabilità nei confronti dei bambini nostri o "di nessuno" si dimostra anche nel diventare loro allievi, ispirati da una semplicità simile a quella che portava i Re Magi ad inginocchiarsi davanti al bambino Gesù, nel permettere il cambiamento del cuore che fa sì che essi diventino i nostri professori di amore.

NOTE

1 Giovanni Paolo II, Adress to Children and Adults in Salvador da Bahia, Brazil, October 1991 (cfr. "L’Osservatore Romano", engl. ed. n. 44, 4 novembre 1991, p. 6).

2 The Holy See and Children: the Participation of the Holy See at the World Summit for Children, 1995, p. 31; The Path to Peace Foundation, 25 E. 39th St., New York, New York 10016-0903, 0-934733-93-7.

3 Ibidem.

4 Ibidem, p. 64.

5 Reproductive Health in Refugee Situations: An Inter-Agency Field Manual, 1995: United Nations

6 The Holy See and Children: the Participation of the Holy See at the World Summit for Children, 1995, p. 64; The Path to Peace Foundation, 25 E. 39th St., New York, New York 10016-0903, 0-934733-93-7.

7 Impact of Armed Conflict on Children: Report of Graca Machel, Expert of the Secretary-General of the United Nations; Selected Highlights, United Nations Department of Public Information, New York 1996, p. 34.

8 Let us Give Children a Future of Peace: Holy Father’s Message for the Celebration of the World Day of Peace, 1 January 1996, sect. 10 (cfr. "L’osservatore Romano", engl. ed., n. 50 (1420), 13 dicembre 1995, p. 2).

9 Ibidem, sect. 9, p. 2.