Martedì, 27 agosto, ore 21.15

UOMINI E CULTURE A CONFRONTO: L'UNITA EUROPEA TRA REALPOLITIK E IDEALI

partecipano:

Catherine La Lumiere,

Sottosegretario per gli affari esteri del governo francese.

Dietrich Hans Genscher,

Vice cancelliere e Ministro degli Esteri della Repubblica Federale Tedesca.

Giulio Andreotti,

Ministro degli Esteri della Repubblica Italiana.

Modera l'incontro Roberto Formigoni, Parlamentare europeo. Dopo il saluto del sindaco di Rimini, Massimo Conti, interviene la sig. Catherine La Lumiere:

C. La Lumiere:

Si dice che l'Europa sia in crisi, in un certo modo è vero. Ciò non di meno bisogna essere giusti. Da 25 anni a questa parte, l'Europa è progredita. Oggi siamo 12 paesi in Europa, praticamente l'intera Europa geografica e culturale è riunita... E un'acquisizione notevole dell'Europa quella di aver protetto e allontanato la guerra dal nostro continente ed è per questo che bisogna fare di tutto per consolidare la costruzione Europea ... Quando si cerca di vedere ciò che attualmente frena, nuoce ai progressi dell'Europa, oltre ai problemi tecnici, mi sembra che si debbano fare le seguenti considerazioni. Dal Trattato di Roma, l'Europa è una costruzione essenzialmente, anzi esclusivamente, economica, è il Mercato Comune. Questo Mercato Comune è una tappa di estrema importanza; senza economie vivaci, ricche si può fare ben poco, ed era importante ammodernare le nostre agricolture; sarà altresì importante sviluppare la nostra tecnologia, la nostra ricerca. Sapete l'importanza che la Francia annette al progetto Eureka in questa ottica; è importante ammodernare l'industria, ma vedete, tutte queste azioni economiche, indispensabili, certo, non sono sufficienti per fare l'Europa. Se guardiamo le cose da vicino, l'Europa rimarrà ciò che alcuni hanno definito 'Europa dei mercati": abbiamo bisogno dei mercati, certo, ma abbiamo anche bisogno d'altro, e precisamente che le istituzioni europee si occupino della sorte dei lavoratori. Sapete che il governo francese ha desiderato molto lo sviluppo di uno spazio sociale europeo, anche perché pensiamo che i cittadini dei paesi dell'Europa potranno essere veramente Europei, potranno superare le loro divisioni nazionali, soltanto se sentono che l'Europa porta loro nella vita sociale, nella vita lavorativa, nella vita di ogni giorno, un qualcosa di migliore. Questa politica sociale europea è difficilissima da attuare, almeno in un periodo di crisi economica, ma non è un motivo per incrociare le braccia. Accanto a una politica sociale, che a me appare veramente importantissima, c'è anche un'altra necessità per fare progredire l'Europa e cioè lo sviluppo della cultura europea e direi, per essere più precisa, (perché qui andiamo oltre la letteratura, la musica, la pittura), di tutto ciò che fa la cultura, perché gli Europei hanno bisogno di valori spirituali. Se me lo consentite, vorrei alludere a un ricordo abbastanza recente, perché risale al mese di maggio ultimo scorso, quando il Papa Giovanni Paolo Il ha fatto una visita a Bruxelles. Davanti alle personalità radunate ha letto un discorso che mi ha colpito perché metteva in risalto gli ideali della civiltà giudeo-cristiana: l'importanza dei diritti dell'uomo ovunque nel mondo, l'importanza della giustizia, della uguaglianza, della fratellanza, della libertà... Ciò che mi colpì fu il contrasto fra ciò che diceva e l'edificio il palazzo nel quale pronunciava queste parole. Le Comunità Economiche Europee infatti, si sono trasformate in enormi palazzi di calcestruzzo, di cemento, di vetro, sinonimi di burocrazia, di disumanità. Si discute per mesi, per anni di provvedimenti estremamente precisi, certo, bisogna farlo, però c'è una contraddizione fra questo lavoro materialistico e i valori spirituali che voleva esprimere il Papa in quella sede. Ed è questo fossato che mi sembra costituire un freno, una remora, in questo momento della costruzione europea. Non sto dicendo, e me ne scuso, perché non sono io stessa di confessione cattolica, che sia necessariamente il cattolicesimo la soluzione del problema, però sono convinta che questi valori giudeo-cristiani che sono la tradizione, il retaggio dell’Europa, siano il primo cemento dell’Europa…Per concludere questa mia introduzione, lungi da me la tentazione di parlare dell’Europa dicendo "andiam andiam" e perdendoci tra le nuvole. Credo di essere abbastanza pragmatica e so benissimo che bisogna leggere i dossier, i carteggi, i testi. E’ necessario agire avendo i piedi ben fissati sulla terra; so bene anche che non è sufficiente prendere testi a Bruxelles e sottoscriverli, se tutti i paesi non hanno la disciplina di applicarli in casa propria. E’ nella vita di ogni giorno, nella vita quotidiana che si può vedere se si agisce da buoni Europei. Ma, iniziando questo dibattito, volendo raccontare con la massima sincerità come io sentivo la responsabilità per la costruzione europea.

D. H. Genscher:

All’inizio si è parlato di realpolitik e di ideali, e si può fare della realpolitik soltanto se non si dà alla rassegnazione, bensì se si nutrono degli ideali. Soltanto se noi siamo degli idealisti europei, possiamo mutare la realtà europea. Ecco, che cosa significa Europa? Se dico "Europa", penso a Parigi, a Roma, a Londra; ma anche Budapest, Praga e Varsavia. Vivono in queste città che ho nominato, uomini che sono Europei esattamente come noi, che hanno contribuito a costruire la storia europea, all’umanesimo e al cristianesimo. Quando i padri fondatori della Comunità Europea si accingevano a lavorare, De Gasperi, Shuman, Eisenhower sapevano con precisione che non poteva spettare che l’Europa diventasse interamente democratica. Dovevano cominciare con l’unione dell’Europa democratica che avrebbe costituito una speranza per gli Europei nell’est del nostro continente…Negli stati della Comunità europea, la disoccupazione è un problema serio e supereremo questo problema soltanto se, nello sviluppo tecnologico, raggiungeremo lo stesso livello degli Stati Uniti d’America…La identità europea si compie nella cultura europea, che ci dina sotto molti aspetti una unità. A questa cultura europea, tutti i popoli dell’Europa hanno contribuito in modo determinante. Questo deve essere insegnato, soprattutto nelle nostre scuole. L’educazione all'odio e la costruzione delle amicizie, sono sempre cominciati con il fatto che alla gioventù veniva detto che il proprio popolo era migliore degli altri. Il rispetto per la cultura di altri popoli è il primo passo verso una convivenza pacifica dei popoli in Europa. E’ l'unità della nostra cultura europea che ha superato le guerre del passato, ed io dico a voi: il nostro continente può essere anche diviso da confini ideologici, ma la cultura europea, il nostro umanesimo, costituisce per coloro che sono cristiani, come siamo noi qui, la coscienza di essere un continente europeo: questo è mille volte più forte di qualsiasi limite o confine che in Europa è stato costruito contro la volontà dei popoli. Per queste ragioni noi, con i nostri sforzi, dobbiamo condurre avanti l'unione europea. Una responsabilità che è maggiore di quella dei dieci o dodici stati della Comunità Europea. La nostra Europea democratica, è la speranza di tutti gli Europei .: metterci al lavoro per superare seriamente quelle che sono le contraddizioni all'interno della Comunità Europea, significa che il nostro Parlamento europeo, che noi abbiamo scelto direttamente, deve ricevere anche tutti i diritti di cui un Parlamento ha bisogno. I governi però in qualche modo sottraggono a questo Parlamento dei diritti sostanziali, mentre il rafforzamento di questo Parlamento è la prima esigenza. La seconda esigenza è questa: decisioni maggioritarie nel Consiglio dei Ministri devono essere rese possibili. La democrazia deve valere anche nel Consiglio dei Ministri. Quando un paese, con il suo veto, blocca qualsiasi progresso, e può bloccarlo, allora l'Europa è tutta bloccata. Noi abbiamo bisogno di queste decisioni maggioritarie. La terza cosa che è necessaria, è la realizzazione di un mercato economico effettivo, reale, comprensivo della Comunità tecnologica. L'Europa ha una responsabilità nei suoi stessi confronti e nei confronti del mondo. L'Europa, in passato, ha avuto molte terribili guerre e portato terribili guerre in altre parti del mondo; oggi può adempiere alla sua responsabilità morale, soltanto se diviene l'Europa della libertà, l'Europa della pace...

G. Andreotti:

Non posso anche io sottrarmi ad una espressione commossa e riconoscente per questa assemblea, non solo per ciò che di visivo, unico nell'anno, si riesce ad avere nel nostro Paese, ma perché sarebbe poca cosa l'avere una sala enorme e così affollata e un entusiasmo così vibrante, se noi non sapessimo che dietro questa manifestazione vi è, lungo tutto l'anno, giorno dopo giorno, il lavoro vostro e dei gruppi che voi rappresentate. Certamente l'Italia è un paese che ha ancora molte pecche, per rimanere nel tema; se non proprio "bestie", vi sono anche delle "bestiole" in numero notevole! Bestiole che uccidono, che non hanno il senso del rispetto del prossimo, e certamente i giornali di tutto il mondo sono pieni di. cronache di mafia, di camorra, di criminalità. Però vorrei dire che non è quella l'Italia, l'Italia è questa. E questi giovani hanno rappresentato il punto di svolta per dire no alla prepotenza nella scuola, nelle fabbriche, dovunque, e se oggi abbiamo una situazione relativamente calma sotto questo profilo, lo dobbiamo a coloro che non ebbero paura, e spesso dovettero pagare di persona. Se riusciremo a vivificare i valori per i quali questi giovani si sono battuti e si battono, anche le pagine oscure della "bestia Italica" saranno superate e saranno cancellate nel quadro della nostra Nazione. Ma vorrei dirvi che abbiamo anche un altro merito come italiani, che forse voi ci invidiate: sui problemi europei, l'Italia, che pure è l'Italia dei bianchi, dei neri, dei guelfi, dei ghibellini, è un'Italia convintamente unita. Nessun altro paese, (e l'amico Formigoni che presiede con tanta passione e con tanta autorevolezza a Strasburgo la commissione politica del Parlamento europeo, ne è testimone), ha avuto l'intera sua deputazione compatta quando si è discusso lo scorso anno e si è approvato il documento per far fare alla Comunità il salto di qualità, per camminare sul serio verso l'unione...Alla radice di questo movimento europeo, vi è un senso di grande responsabilità. Nell'immediato dopoguerra, l'Italia era isolata, non avevamo amici, avevamo una diffidenza generale attorno a noi, tanto è vero che quando De Gasperi parlò alla Assemblea dei 21 che dovevano fissare le condizioni di pace, il fatto che un solo ministro andò a stringergli la mano, il segretario di stato americano, fu così eccezionale, che i giornali di tutto il mondo riportarono quella fotografia. Eravamo isolati, e pochissimi anni dopo, ricevemmo l'offerta di entrare nel primo ceppo di una cooperazione europea attraverso gli accordi di Bruxelles. Ma De Gasperi venne in parlamento e spiegò perché noi dicevamo di no. Era duro per noi dire di no, ma quel primo ceppo era concepito in uno spirito di diffidenza e di ostilità nei confronti della Germania. Noi sapevamo che senza la partecipazione dignitosa e paritaria della Germania ad una Comunità Europea, non si sarebbe creato qualcosa che poteva veramente costruire, e non a caso, quando avemmo la firma degli accordi di Roma, portammo nello stesso giorno in Parlamento la ratifica degli accordi di Roma e la ratifica dell'entrata della Germania nella Comunità atlantica, per la difesa comune del nostro continente. Allora queste cose erano motivo di contrasto. Oggi non lo sono. Oggi noi sentiamo che questa Comunità, che gode anche della sicurezza che ci viene dall'alleanza, è a una svolta, ed è per questo, forse, che gli amici hanno posto il tema, quest'anno nel Meeting. La Comunità è nata a titolo preventivo, per far sì che non vi fossero più contrasti, in modo particolare i contrasti tra Germania e Francia. Se oggi voi giovani sentiste uno di noi che teme una guerra tra Francia e Germania vi mettereste a ridere, ma per due volte questo è accaduto nel nostro secolo e non si rideva certamente. Se non altro, la Comunità ha questo merito: di aver messo una pietra tombale su alcuni contrasti da cui venivano lagrime e sangue, non solo per i due paesi, ma per tutti. Ma questo è il passato...La Comunità Europea ha fatto dei progressi... Quando parliamo del salto di qualità, noi oggi abbiamo una responsabilità tremenda sulle nostre spalle: è la prima volta che, nel mondo, la Comunità crea delle solidarietà attorno ad essa che si concretano con una associazione di 66 paesi, cosiddetti ACP, che sono l'Africa, le zone dei Caraibi, le zone del Pacifico. Abbiamo accordi con i paesi non allineati dell'EFTA, l'Austria, la Finlandia, la Svizzera, e così pure con 12 paesi mediterranei che vanno dalla Tunisia ad Israele, dall'America Latina al Brasile, Messico, a tutto il gruppo andino, con i paesi dell'ASEAN e in più con l'India, col Pakistan, con la Cina. Per lungo tempo ci siamo sentiti riempire le orecchie: "proletari di tutto il mondo, unitevi" Poi abbiamo visto che un muro divideva questi proletari di tutto il mondo… Noi abbiamo creduto e crediamo in una libertà che non potrà non prevalere, tanto più quanto i mezzi di comunicazione, di informazione, insegneranno quella che è la strada della libertà...Noi crediamo nella validità della tesi che esige un salto in avanti, noi crediamo alla possibilità di dare un'anima sociale alla Comunità. Abbiamo celebrato l'unità di Italia, però, se dovessimo dire che da Pantelleria alla Vetta d'Italia le situazioni sono piuttosto omogenee dal punto di vista economico e sociale, non diremmo la verità…Non dobbiamo scandalizzarci se dal 1957 non si è fatto tutto, e se le strade sociali che noi abbiamo, il fondo sociale, il fondo regionale, la banca europea di investimenti, non hanno ancora quelle dimensioni che dovrebbero avere per far sì che vi siano tra i vari paesi delle condizioni più omogenee...Noi parliamo di Europa comunitaria ed è certamente questa Europa che ci sta a cuore in modo particolare, per cui abbiamo più responsabilità, più diritti, ma più che altro dei doveri. Ma qualche cosa cammina...Prima è stato ricordato con molto rispetto il discorso fatto a Bruxelles dal Papa; e del resto il Papa ha fatto un gesto che, all'inizio, era sembrato soltanto liturgico, affiancare a S. Benedetto i SS. Cirillo e Metodio come patroni dell'Europa...Insomma, la sintesi del mio discorso è questa: noi dobbiamo vedere anche un'altra Europa di cui vi è già una realtà embrionale, l'Europa di Helsinki, l'Europa della comunità di sicurezze e di cooperazioni, con mille cose ancora da fare, costruzioni da realizzare che, però, parte dal riconoscimento, da parte dell'Est, che è pacifico che gli USA e il Canada devono essere con noi a pieno diritto e a pieno dovere in questa visione dell'Europa...Possiamo parlare, dividendola geograficamente, di una civiltà occidentale e di una civiltà non occidentale, ma noi dobbiamo costruire un nuovo tipo di civiltà. Allora, discutiamo pure sulle bestie attuali o potenziali, sui Superman che in genere nel mondo hanno creato molti guai, su queste varie visioni del Parsifal che dobbiamo aggiornare...Ma ciò che noi dobbiamo contribuire a creare è "l’homo europeus" e lavorare senza risparmio, non solo per superare la disoccupazione e costruire una convivenza più larga, più articolata, ma soprattutto per costruire lo spirito di questo "homo europeus". Se avremo saputo dare questo, le generazioni nuove ci benediranno. Se invece avremo saputo dare solo aumenti di reddito pro capite, non avremo dato né la felicità dal punto di vista materiale, né la serenità dal punto di vista spirituale. Questo è lo scopo che credo dobbiamo prefiggerci con molta umiltà, ma senza aver paura di tutte le difficoltà che incontreremo.

R. Formigoni:

Personalmente sono rimasto colpito da tre temi. La signora La Lumiere nel suo intervento, ha ricordato giustamente che noi, in Europa, non abbiamo bisogno solo di mercati, ma abbiamo bisogno di valori e di cultura per fare l'Europa. Credo che la domanda che noi abbiamo davanti sia: "noi vogliamo una politica che aiuta la crescita di questi valori e di questa cultura"...Chiediamo che la politica prenda seriamente in considerazione questa esigenza, perché vedete, amici, il Meeting raduna qui, ogni anno, in agosto a Rimini, delle persone che cercano di impostare la loro vita, tutto l'anno, su questi valori e su questa cultura. Lo ricordava il Ministro Andreotti: il nostro fare il Meeting è il contributo che ci sentiamo di portare a tutti gli uomini che nel mondo sentono il bisogno di fondare la loro azione su una cultura...E allora in qualche modo, signora, io vorrei chiederle, a nome di tutti, che lei sia messaggera per noi, in Francia, di questa volontà del popolo italiano, perché credo che in questo, realmente, i partecipanti al Meeting rappresentino il popolo italiano e non soltanto se stessi. Il Ministro Genscher, tra le tante cose sottolineate, ha detto che non sono europee soltanto le città di Parigi, Bonn e Roma, ma anche Praga e Bucarest. Signor Ministro, vede, fra i partecipanti in sala ci sono anche molti di coloro che l'anno scorso compirono per le strade dell'Europa occidentale e orientale un pellegrinaggio alle radici della pace. Siamo arrivati fino a Praga in questo pellegrinaggio e dagli uomini europei di Praga ci siamo sentiti fare una domanda molto più radicale. Ci è stato detto: "non dimenticateci": quello che i nostri fratelli dell'Est ci chiedono è di non dimenticarli.. Questo è il secondo messaggio che lanciamo. Il terzo: il Ministro Andreotti ha ricordato il tema del rapporto tra le regioni povere del paese e quelle più ricche...Anche qui, ministro Andreotti, in questa sala, ci sono alcune decine di persone che hanno scelto di andare nel Terzo Mondo per rendere vivente questo legame tra il continente europeo, la nazione italiana e questi paesi che soffrono sulla loro pelle l'emarginazione e lo sfruttamento...E allora, io credo, queste tre sottolineature dicono, in termini concreti, la necessità di confronto e unità tra le culture, del nostro continente. Cultura è riflessione sulla vita, sull'esperienza concreta della gente che noi siamo e che gli altri sono. Cultura è presa d'iniziativa concreta sui temi che sono stati ricordati. Amici, permettetemi di concludere con una proposta... La proposta è che per dare spessore, vigore a questi valori di solidarietà, di umanesimo, di dialogo tra le diverse identità, a fianco della Comunità Economica Europea già esistente, nasca e si sviluppi una Comunità Culturale Europea. La dimensione economica è fondamentale... Ma la dimensione economica ha bisogno di un fondamento culturale e spirituale per poter vivere e reggere se stessa. Le difficoltà dell'Europa nascono da una mancanza o da una deficienza culturale nei popoli europei. L'Europa deve riscoprire la propria identità culturale. In questo ci sentiamo di raccogliere fino in fondo l'insegnamento di grandi spiriti europei, ripetuto ultimamente con grande solennità da Giovanni Paolo II: "Europa, sii te stessa, recupera la tua identità culturale"...