domenica 26 agosto, ore 15.00

NASCITA DELLA SCULTURA: MATERIA E IDEALE

PRESENTAZIONE DELLA MOSTRA

PARTECIPANO:

Rinaldo Bigi

Scultore

Fred Licht

Curatore della collezione Peggy Guggenheim di Venezia

Pierluigi Gherardi

Direttore del Museo dei Bozzetti di Pietrasanta

Maurizio Bellucci

Architetto

Modera:

Carlo Cabassi

C. Cabassi:

Mediante la mostra "Nascita della Scultura: materia e ideale" il Meeting per l'amicizia fra i popoli ha pensato di raccontare il processo attraverso cui l'uomo s’impossessa e modella la materia. Questo, come tutto ciò che accade al Meeting, è stato possibile sostanzialmente per un'amicizia, per una grand’amicizia che abbiamo iniziato l'anno scorso con il professor Fred Licht.

Questa, sicuramente, non è una mostra nel senso classico della parola perché è anche un laboratorio, un luogo dove possiamo vedere come dalla materia informe nascano delle forme che ci attraggono per la loro bellezza. Oltre ad essere coordinata dal professor Licht, la mostra si avvale anche della collaborazione dell'architetto Maurizio Bellucci, che ha costruito questa idea di mostra e ha dato il taglio e la forma a questo evento. Altre persone hanno poi contribuito al progetto, ciascuna con una propria specificità: Rinaldo Bigi, uno scultore che ci introdurrà dentro l'esperienza particolarissima della città di Pietrasanta, dove scultori provenienti da tutte le parti del mondo convengono per far realizzare le loro opere; Sergio Cervietti della ditta Cervietti, un’azienda artigiana con una grande tradizione che provvede alla realizzazione dei bozzetti di sculture dei grandi artisti di varie epoche. Poi abbiamo qui tra noi anche Pierluigi Gherardi che è il direttore del Museo dei Bozzetti, un ente che raccoglie tutte le testimonianze della prima ideazione dell'opera dei grandi artisti contemporanei perché non vadano disperse. La parola ora a Pierluigi Gherardi.

P. Gherardi:

Porto i saluti da parte dell'Amministrazione, del Sindaco e dell'Assessore alla Cultura del Comune di Pietrasanta e vi ringrazio per questa accoglienza veramente calorosa e per l'organizzazione estremamente efficiente. Passo la parola all'architetto Bellucci.

M. Bellucci:

Io, molto semplicemente vorrei dare testimonianza di quello che è stato per me il lavoro di questa mostra. L'esperienza, la testimonianza e la competenza del professor Licht mi hanno fatto comprendere il nesso che esiste nella storia tra la materia e l'ideale, nesso che si realizza nel monumento. Questo è stato uno dei punti scatenanti di un mio approccio diverso al mio modo di progettare, di fare una mostra e anche di concepire il mio stesso lavoro. Che senso ha tentare di comprendere la monumentalità in un periodo in cui di monumenti non si parla più? Nella mostra ci sono alcune fotografie e alcuni testi molto semplici che vogliono, nella loro sinteticità, dimostrare il significato del monumento e spiegare come un ideale può diventare materia o la materia può rappresentare un ideale. Attraverso Rinaldo Bigi e le autorità si è realizzato l'incontro con una città che vive di una risorsa: la scultura. Pietrasanta è il luogo in cui la scultura è possibile. Io mi sono reso conto di questo: avere qui delle persone, degli artigiani che lavoreranno fisicamente nella mostra forse è l'aspetto più importante perché si incomincia a capire che quando le idee, anche belle, non hanno le gambe su cui camminare o le persone attraverso le quali possono rendersi concreti, rimangono niente. Pietrasanta è una città nata per questo da centinaia d'anni e la sua gente ancor oggi continua a portare avanti, a volte con umiltà, un lavoro di cui, io mi auguro, possiamo fare esperienza tutti perché lo scolpire non è come il plasmare (tutti plasmano, i bambini sono portati a plasmare); lo scolpire implica una struttura di rapporto e una conoscenza del materiale, del marmo, della pietra, che non è così immediata come può sembrare. Lavorare per questa mostra mi ha fatto capire che, al di là di tanti discorsi anche i belli, c'è una fatica, un lavoro, una realtà precisa che con umiltà bisogna incominciare a conoscere, a condividere, ad approfondire. Passo subito la parola al professor Licht perché ci illustri la struttura della mostra e, in particolare l'aspetto della monumentalità, cioè dell'ideale che è nella materia.

F Licht

Quando mi hanno chiesto di collaborare a questa edizione del Meeting con una mostra che illustrasse l'idea dell'ammiratore sono rimasto un po' perplesso perché veramente non sapevo chi fosse l'ammiratore e adesso mi accorgo di esserlo io, perché mai in vita mia ho sentito così profondamente la gioia dell'ammirare come quando potevo partecipare ai preparativi, ai lavori degli ultimi giorni qui nel padiglione. Non ho mai sperimentato prima un tale slancio di gioia e di amicizia nel lavoro e questa è la mia ammirazione. Certo che oltre a questa, nutro anche l'ammirazione per gli scultori e per la scultura, come noi tutti. L’arte per me, fino ad un certo punto, voleva dire il quadro, la pittura. Siamo talmente circondati da immagini a due dimensioni nei giornali, nei manifesti per la strada, nella televisione, che per noi l'atto visivo si è separato dall'apprezzamento dell'opera d'arte con tutti i sensi come è necessario per la scultura. Ho avuto un momento molto preciso di conversione alla scultura quando in Sicilia, dove lavoravo come archeologo, uno dei nostri operai delle trincee volle farmi da guida nella sua piccolissima, sparuta cittadina in provincia di Enna. Ad un certo punto siamo sbucati in una piazza che aveva nel bel mezzo un piedistallo nudo, vuoto; si vedevano ancora i segni di un’iscrizione ma non era rimasto nulla, la statua sopra il piedistallo era sparita del tutto. Il mio amico non poteva darmi informazioni riguardo al senso di questo monumento e quando gli affermai che se era rimasto solo un piedistallo era meglio portarlo via perché non aveva più senso, lui mi rispose: No, noi abbiamo bisogno di un nostro monumento". In quel momento mi è venuta l'idea di quali valori siano insiti nella scultura: il senso di comunionalità, il senso di oggetto che funge da centro per lo spirito, per le attività oltremondane di una comunità che si esprime attraverso un oggetto. Questa interpretazione fa del monumento, della scultura il veicolo par excellence dell'ammirazione umana. Noi che viviamo da quasi duecento anni nella smania di demolire l'ammirazione, cerchiamo sempre di vedere prima i piedi d'argilla e poi l'idolo; noi, che siamo portati alla critica talvolta troppo facile, abbiamo perso il senso dell'importanza del monumento. Può darsi che viviamo in un’epoca che non può più tollerare il monumento, ma un’epoca simile non può neppure tollerare l'ammirazione, quel senso di dignità dell'esistenza che si esprime sempre nei monumenti. Questa mostra tenta di accertare le ragioni per le quali sono andati perduti questi nessi e cerca di suggerire come si potrebbe rimediare, come si può capire se stessi, la civiltà nella quale viviamo, tramite la situazione molto ambigua, molto complicata della scultura odierna che di solito viene percepita come oggetto estetico, come oggetto spettacolare, che dà un’immediata soddisfazione sensoria, senza tramandare i valori di cui i monumenti del passato sono sempre intrisi. Dall'età delle grandi rivoluzioni, quella americana e quella francese, la tradizione plurimillenaria si urta con le nuove realtà dell'epoca moderna e l'arte che vive più drammaticamente questo urto è la scultura. ( ...). La scultura è sommamente duratura: nessuno si prenderebbe la pena di scolpire il marmo, di fondere il bronzo, se non volesse tramandare qualcosa al futuro. Noi abbiamo perso la certezza di poter tramandare valori a una generazione futura, siamo troppo titubanti nell'accettazione dei nostri stessi valori. Prima della rivoluzione francese il monumento aveva un nesso con la gerarchia monarchica e con il potere inteso come potere - grazia di Dio. Questa è l'importanza del monumento rinascimentale e barocco: far vedere a tutti che la logica del potere, questa logica di un'azione anche benefica che si manifesta in terra, c'è e rimane visibile a noi tutti tramite il genio della scultura. Il momento più drammatico per la scultura moderna coincide con l'opera di Canova che, spinto dalla rovesciata situazione sociale, politica ed economica del mondo rivoluzionario, dovette ridefinire la scultura. Una delle sue opere, che è quasi un trattato di scultura moderna, si basava su una statua molto ben conosciuta da tutti coloro che aveva no anche solo minimamente il senso della cultura europea: il Perseo di Benvenuto Cellini a Firenze, un monumento che mostra l'eroe con in mano la testa di Medusa sconfitta grazie ad un’arma miracolosa della dea Atena. Questo monumento è espressione della grandezza, della potenza, ma anche della protezione divina del Granducato toscano. Canova nella sua versione dello stesso mito (non esistono altri Persei, quindi il riferimento a Cellini è al cento per cento valido) fece una cosa inaudita: ritrasse Perseo con lo sguardo poggiato sulla testa di Medusa, cosa che Perseo non avrebbe fatto mai perché sapeva che chi avesse guardato il viso del mostro sarebbe diventato di sasso. Abbiamo qui la prima statua che rovescia il procedimento dell'ideale della scultura di millenni: mentre lo scultore lavorava la materia grezza operava la metamorfosi della pietra in carne, quindi c'era un atto di incarnazione. Invece per Canova, per la prima volta nella storia della scultura, è il materiale che conta, il processo che sempre va dalla pietra alla carne, ora viene rovesciato perché un momento prima di guardare la testa di Medusa, Perseo era di carne ed ossa ed ora è impietrito. Il processo va dalla vita alla pietra, dall'ideale all'oggetto grezzo molto bello come effetto estetico, ma non più latore di un messaggio, di una garanzia, di un ideale religioso o politico. Ho già parlato troppo perché quando comincio a parlare della scultura non finisco più. Dovrei illustrare altri aspetti per fare il punto sulla situazione odierna, ma sono accessibili a voi tutti visitando la mostra che si presenta come una mostra didattica e pratica. Vogliamo tutti invitarvi a prendere in mano scalpello e martello per sperimentare la natura del marmo, solo così ci si rende conto di quanto impegno fisico, morale, spirituale sia necessario per la produzione di una scultura perché ogni scultura richiede un Meeting.

C. Cabassi:

Ringraziamo il Professor Licht per queste provocazioni che ci ha posto e perché ha cominciato a farci sentire appunto come quella materia che appare fredda, invece sia una materia vivissima. Io direi che il mezzo più efficace per entrare ancora più nel vivo della materia è sentire dalla parola di uno scultore che tipo di esperienza fa quando lavora. Passo quindi la parola a Rinaldo Bigi.

R. Bigi:

E’ difficile dire che cosa avviene nel dialogo segreto, misterioso con il materiale; io lavoro il marmo perché sono nato in una zona dove c'è questo materiale, il marmo bianco, materiale estremamente preciso che ci dà moltissime possibilità. Più che parlare mi interessa che voi siate partecipi a questa esperienza nello stand là allestito. Segue il dibattito