sabato 29 agosto, ore 11

INTRAPRENDERE E COSTRUIRE NEL MAGISTERO DELLA CHIESA

partecipano:

Godfried Danneels

cardinale arcivescovo di Malines-Bruxelles, membro della Congregazione per la Dottrina della Fede

Nikolaus Lobkowicz

presidente dell'Università Cattolica di Eichstatt, membro del Pontificio Consiglio per la Cultura

Conduce l’incontro

Pier Alberto Bertazzi

Alle 11,20, quando Madre Teresa di Calcutta entra nell'Auditorium, il cardinale Danneels, che ha appena iniziato la sua relazione, l'interrompe e sussurra, a Pier Alberto Bertazzi: " Quando sopraggiunge il carisma, l'istituzione si fa in disparte". Il gesto e le parole del cardinale sono la migliore introduzione all'incontro.

G. Danneels

Sono lieto di rivolgervi oggi la parola riguardo ad un argomento così importante quanto quello della creatività umana nell'arte e nell'economia. Mi chiedete di indicarvi le vie che conducono all'evangelizzazione della ricerca del Bello e della ricerca del benessere. Il luogo di questo vostro incontro è particolarmente simbolico, vicino a Ravenna, culla dell'arte musiva cristiana, vicino a Bologna, culla della scienza universitaria, e vicino a Firenze, simbolo della ricchezza artistica ed economica. Davvero sono lieto di parlare qui davanti a dei credenti che cercano di evangelizzare la loro arte, la loro scienza e la loro economia. Il rapporto finale del Sinodo straordinario non dice che "l'evangelizzazione dei non credenti presuppone l'autoevangelizzazione dei battezzati"?

Papa Paolo VI nell'enciclica Evangelii Nuntiandi mostra due aspetti dell'evangelizzazione: anzitutto la trasformazione in profondità della coscienza personale e collettiva dei credenti; poi la creazione d'una nuova cultura da parte dei credenti che vivono la propria fede con gli altri.

La prima strada da seguire per ogni cristiano è proprio quella dell'evangelizzazione delle coscienze. Abbiamo ascoltato la parola e l'abbiamo capita. Non può essa portare frutto: il sessanta per cento al posto del trenta per cento, il cento per cento al posto del sessanta per cento (Mt 13, 18-23)? Voglio dire con questo che i cristiani non hanno mai finito di approfondire il Lieto Annunzio del Regno, né di lasciarsi liberare da esso nelle proprie coscienze. Giorno dopo giorno esso può divenire con più verità Lieto Annunzio per i poveri quando i credenti hanno il cuore vigilante. Per mezzo della liberazione interiore, la nostra vocazione prende la forma di una vera missione nel mondo d’oggi. Fedeli, religiosi, diaconi, sacerdoti, vescovi, la nostra autoevangelizzazione ci porta incessantemente alla conversione e la conversione ci porta alla missione. Ma in che cosa consiste questo rinnovamento profondo dell'attività nella quale ognuno di noi è impegnato, della vita e dell'ambiente concreto nostri propri? Ascoltiamo la risposta dell'Evangelii Nuntiandi: "Strati dell'umanità che si trasformano: per la Chiesa non si tratta soltanto di predicare il Vangelo in fasce geografiche sempre più vaste o a popolazioni sempre più estese, ma anche di raggiungere e quasi sconvolgere mediante la forza dei Vangelo i criteri di giudizio, i valori determinanti, i punti d’interessi, le linee di pensiero, le fonti ispiratrici e i modelli di vita dell'umanità che sono in contrasto con la Parola di Dio e col disegno della salvezza" (n. 19).

Questa evangelizzazione delle culture promossa dall'Evangelii Nuntiandi ci mette al lavoro "Sconvolgere mediante la forza del Vangelo" nei campi dell'arte e dell'economia che sono vostri, "i criteri di giudizio, i valori determinanti, i punti d’interesse, le linee di pensiero, le fonti ispiratrici e i modelli di vita dell'umanità che sono in contrasto con la Parola di Dio e con il disegno della salvezza"; non è forse questo un affrontare la cultura del secolo perché diventi più profondamente umana alla luce del Vangelo?

Una simile audacia esprime una fiducia profonda nell'uomo. Giovanni Paolo II, parlando il 2 giugno 1980 alla sede dell'UNESCO, ha scelto come tema: "L'uomo è il fatto principale e fondamentale della cultura". "L'uomo, e solo l'uomo, dice, è "attore", o "artefice" della cultura; l'uomo, e solo l'uomo, si esprime in essa e in essa trova il suo proprio equilibrio".

Dice ancora: "Penso soprattutto al legame fondamentale del Vangelo, vale a dire del messaggio di Cristo e della Chiesa, con l'uomo, con la sua umanità stessa.

Questo legame è, in effetti, creatore di cultura nel suo stesso fondamento. Per creare cultura, bisogna considerare, sino alle estreme conseguenze e integralmente, l'uomo come un valore particolare e autonomo, come il soggetto portatore della trascendenza della persona. Bisogna esaltare l'uomo per se stesso, non già per qualche altro motivo o ragione: unicamente per se stesso. Meglio ancora, bisogna amare l'uomo perché uomo, bisogna rivendicare l'amore per l'uomo in ragione delle dignità particolari che egli possiede. L'insieme delle affermazioni concernenti l'uomo appartiene alla sostanza stessa del messaggio di Cristo e della missione della Chiesa, malgrado quanto gli spiriti critici hanno potuto opporre in materia, e quanto hanno potuto operare le diverse correnti avverse alla religione in generale e al cristianesimo in particolare". (Francia, che ne fai del tuo battesimo?)

L'arte e l'economia sono fenomeni culturali. Bisogna dunque che l'uomo sia, così come per l'insieme della cultura, il loro fatto primordiale. Esse diventano cristiane nella misura in cui è l'uomo che in loro si esprime e trova in loro il proprio equilibrio. L'arte e l'economia devono permettere all'uomo di assumere una reale responsabilità di fronte ai suoi fratelli e di fronte alla storia. L'uomo, infatti, è creato ad immagine di Dio per dominare la terra, non per esserne schiavo.

Il Concilio Vaticano Il indica nella Costituzione Gaudium et Spes l'importanza dell'arte per la vita della Chiesa.

"A modo loro, anche la letteratura e le arti sono di grande importanza per la vita del mondo e della Chiesa. Esse cercano, infatti, di esprimere l'indole propria dell'uomo, i suoi problemi e la sua esperienza nello sforzo di conoscere e perfezionare se stesso e il mondo, di scoprire la sua situazione nella storia e nell'universo, di illustrare le sue miserie e le sue gioie, i suoi bisogni e le sue capacità, e di prospettare una migliore condizione dell'uomo. Così letteratura ed arte possono elevare la vita umana, espressa in molteplici forme, secondo i tempi e i luoghi.

Questo testo è nello stesso tempo un programma e una carta per l'artista. Il programma è quello proprio d’ogni arte, sia essa letteraria, plastica, musicale o audiovisiva: l'artista attinge all'unione di vita e sogno. Il Concilio chiede che la vita sia reale e il sogno realistico. Perché la natura propria dell'uomo è di essere creato per un avvenire che lo trascende ad ogni momento. Così l'artista è il pungolo dell'economista. L'economista, quale buon amministratore, deve vegliare perché i fratelli abbiano il cibo al tempo opportuno. L'artista deve essere la coscienza e il sogno dell'amministratore.

La ricerca del Bello è autentica se l'uomo in essa si esprime e vi scopre il proprio equilibrio. L'uomo che si esprime, è anzitutto l'artista. Liberare in lui l'immagine e la somiglianza di Dio per mezzo della fede, della speranza e della carità, permetterà di fare la conquista di ciò che è bello nella realtà umana.

Ora, questa esperienza spirituale non può essere vissuta fuori della Chiesa, ma viene fatta come Chiesa, da un membro del Corpo di Cristo, che può soffrire quando un membro soffre ed essere nella gioia quando un membro è onorato (1 Cor 12, 26). Esprimere come Chiesa, con i vostri fratelli nella fede, la natura propria dell'uomo, che è quella di essere ad immagine di Dio. Esporre mediante un linguaggio umano i problemi, questi tentativi non sono limitati al credente, ma sono propri d’ogni uomo. L'artista promuove un dialogo continuo, sconvolge le viscere, cambia i cuori, ma illumina pure le intelligenze riconducendole all'essenziale. L'uomo non vive di solo pane, ma d’ogni Parola che esce dalla bocca di Dio. Gli autori della Bibbia sono stati artisti ed è per questo che la loro parola è sopravvissuta nella profonda umanità della Parola di Dio.

"La Fede, dice Giovanni Paolo II, è quindi un modo di guardare la vita, la storia alla luce dello Spirito Santo, e nello stesso tempo di guardare al di là della storia. Mediante essa diventiamo attenti alla realtà più profonda, al di là delle cose e all'interno delle cose. Gli occhi diventano capaci di vedere la bellezza e la coesione di tutto ciò che vive in questo mondo. Alla grande luce di Dio, tutte le luci della creazione acquistano un nuovo splendore. E parimenti, l'esperienza umana, la nascita, l'amore, la sofferenza, la morte sono situati in una nuova luce in relazione con la vita di Cristo".

Nell'ascoltare il S. Padre, sembra di udire nuovamente ciò che il Concilio dice a proposito dell'artista, a livello della fede. Perché dovrebbe stupire? Anche la fede attinge all'unione di vita e sogno. Questa vita è la vita dei figli di Dio. Questo sogno la loro rivelazione alla fine dei tempi. La vita nella fede è la vita reale secondo l'economia della salvezza, e il sogno è realistico perché oggetto della nostra speranza in Dio e nella sua promessa.

Possiamo concludere che l'arte, nel più profondo della sua creatività, avvicina l'artista alla fede e simboleggia la fede. Nel balbettare, l'artista fa eco alla Parola che è il Verbo. Tutta l'intensità della vita umana si legge sul volto di Cristo, tutto il sogno di un'umanità finalmente liberata è fondata nel realismo della Croce. Se l'artista dà la parola all'uomo, allora la sua opera raggiunge il mistero di morte e risurrezione. Non c'è da stupirci se i padri del Sinodo straordinario dei vescovi dell'85 notano un ritorno al sacro sullo sfondo di una corrente di secolarismo:

"Nel cuore del secolarismo esistono anche i segni di un ritorno al sacro, una nuova fame e sete per il trascendente e il divino. Per favorire questo ritorno al sacro e fermare al tempo stesso il secolarismo, apriamo la via alla dimensione del "divino" o del mistero e offriamo agli uomini del nostro tempo i principi della fede. Perché, come il Concilio ha detto, l'uomo è un problema per sé stesso, e solo Dio può dargli una risposta irrecusabile".

Questo ritorno al sacro sì manifesta anche nel campo dell'arte. Ciò non ha nulla di sorprendente, perché quale è il problema umano che non ha lasciato una traccia nella Bibbia? Quale gioia, quale sofferenza, quale amore, quale odio? La Chiesa fa qui appello all'arte cristiana perché dia da mangiare a questa fame, perché dia da bere a questa sete.

Ogni artista è figlio dei suo popolo e figlio del suo tempo. Per la Chiesa, si tratta di un'immensa ricchezza perché gli artisti le prestano non solo la loro voce, ma le danno anche una memoria. Mediante le opere d'arte la Chiesa dialoga con il suo passato.

Appare ancora un altro fenomeno, soprattutto negli incontri di giovani: è il fenomeno di un'arte che invita tutti alla partecipazione. In un certo senso, partecipare alla produzione diventa più importante dell'opera prodotta. Noi vediamo in questo un modo originale di edificare la Chiesa. Nessuna manifestazione culturale può dare alla Chiesa un tale slancio di giovinezza quanto la creatività artistica. Forse gli economisti riserveranno un posto per questa cura di giovinezza nel loro bilancio perché il mondo non muoia di fame di bellezza.

Se sparisce l'arte cristiana e religiosa, l'evangelizzazione viene privata d'immagini, di testimonianze, d'interpellazione drammatica e di esultanza. Meglio di chiunque altro l'artista può assicurare la dimensione escatologica del messaggio cristiano. Perché se l'artista cristiano opera nel senso della realtà della vita umana profonda, egli apre la strada alla trascendenza. Spesso l'artista vive la povertà, e la sua arte è un grido, perché per gridare bisogna avere un cuore di povero e sentire la bellezza trascendente del popolo, della miseria. Una tale arte diventa povera perfino nei suoi mezzi di espressione e interpella l'economista in dialogo con le domande degli uomini. Ispirata dall'unione della vita e del sogno, malgrado la sua povertà l'arte può trascendere i limiti umani. Così facendo, non sfugge fuori del mondo: la trascendenza fa parte della vocazione umana e il suo rispetto è la vera liberazione. Il grido verso l'Infinito a partire dall'esperienza dei suoi limiti esprime la passione dell'uomo ad uscire dallo spazio e dal tempo nella pienezza della Risurrezione.

L'uomo è a immagine di Dio. Rendere il mondo più umano vuol dire illuminarlo del riflesso di Dio. L'arte non ignora nulla di ciò che è umano, cioè il dono, il grido, l'esultanza, la contrizione, la confessione, il perdono e l'accusa. Essa deve continuamente lasciarsi riformare senza mai perdere fede in Dio, nella Chiesa, nell'uomo.

L'economia è quella scienza dell'amministrazione che deve assicurare il benessere di tutti. Economia e politica sono strettamente legate. Il governo della città non può fare a meno di questa saggezza economica che fa somigliare il governante a un buon padre di famiglia che non può dare un serpente al figlio che chiede del pesce. Perciò la Chiesa esorta i governi e i responsabili dell'economia a restare profondamente umani. E’ l'uomo il valore supremo. Il Cardinale Cardijn diceva: un giovane operaio, una giovane operaia vale più di tutto l'oro del mondo. Proprio recentemente i vescovi degli Stati Uniti hanno pubblicato una Lettera pastorale sull'economia, ma ovunque nel mondo la Chiesa si commuove per la sorte dei poveri.

La Chiesa non separa mai la povertà materiale dell'uomo dalla povertà spirituale. Questa visione dell'uomo integrale si riflette nel campo dello sviluppo. Paolo VI nella Popularum Progressio lo dice chiaramente: "Lo sviluppo non si riduce alla semplice crescita economica. Per essere autentico sviluppo, deve essere integrale, il che vuol dire volto alla promozione di ogni uomo e di tutto l'uomo" (n. 14). Come la povertà materiale è fonte di povertà spirituale per mancanza di libertà e di abilità, così l'apporto del benessere materiale permette spesso uno sviluppo integrale. Paolo VI avverte però:

"Avere di più per i popoli come per le persone, non è dunque lo scopo ultimo. Ogni crescita è ambivalente. Necessaria onde permettere all'uomo di essere più uomo, essa lo rinserra come in una prigione, quando diventa il bene supremo che impedisce di guardare oltre. Allora i cuori s'induriscono e gli spiriti si chiudono, gli uomini non s'incontrano più per amicizia, ma spinti dall'interesse, il quale ha buon gioco nel metterli gli uni contro gli altri e nel disunirli. La ricerca esclusiva dell'avere diventa così un ostacolo alla crescita dell'essere e si oppone alla sua vera grandezza: per le nazioni come per le persone, l'avarizia è la forma più evidente del sottosviluppo morale". (n. 19).

Come si avverte un ritorno del religioso nell'arte, così c'è una richiesta di etica nel campo dell'economia. I problemi della nostra società industriale trasformata dai progressi dell'informatica e dell'elettronica sono enormi: perdita di lavoro da parte degli operai poco qualificati; mancanza di futuro per certe categorie di giovani; posto della donna nella vita professionale e familiare; il problema dell'emigrazione nella Comunità europea, le difficoltà comunitarie tra Nord e Sud all'interno della Comunità europea ma anche su scala mondiale. E’ urgente che l'economia di rapina diventi un'economia creativa e che le imprese di tipo disciplinare cambino in imprese di tipo fiduciario nelle quali ognuno possa esercitare una vera responsabilità. La Chiesa chiede un'attenzione al riconoscimento dell'altro tramite la fiducia a lui concessa.

Voi lo comprendete, come per la cultura, come per l'arte, così nell'economia l'uomo è il centro. La questione primordiale dell'economia non è il costo in risorse materiali, ma in persone umane. L'intera dottrina sociale della Chiesa si fonda su questa base. Evangelizzare l'economia significa: lasciare all'uomo il comando dell'economia. Niente di tutto questo è ovvio nel mondo contemporaneo."Il fine ultimo e fondamentale di tale sviluppo non consiste nel solo aumento dei beni prodotti né nella sola ricerca del profitto o del predominio economico, bensì nel servizio dell'uomo, dell'uomo integralmente considerato, tenendo cioè conto delle sue necessità di ordine materiale e delle sue esigenze per la vita intellettuale, morale, spirituale e religiosa; diciamo di ciascun uomo, e di ciascun gruppo umano, di qualsiasi razza o zona del mondo. Pertanto l'attività economica è da realizzare secondo leggi e metodi propri dell'economia ma nell'ambito dell'ordine morale, in modo che così risponda al disegno di Dio sull'uomo". (GS, 64).

Quanto al Papa attuale, sia nella Laborem Exercens, come in qualsiasi altro dei suoi discorsi, egli proclama incessantemente questa tesi fondamentale del primato dell'uomo.

Il compito nostro dell'evangelizzazione della cultura, dell'arte e dell'economia è impossibile se noi non collaboriamo tutti di comune accordo. Se il Vangelo non viene ancora proclamato davanti al mondo, se l'arte non è profondamente evangelica e se l'economia non è a servizio dell'uomo, nulla si farà. Artisti, restate la coscienza degli economisti, fate sognare ai vostri contemporanei il progetto di un mondo migliore. Economisti, siate la coscienza degli artisti e portate l'attenzione dei vostri contemporanei verso le dure realtà della vita degli uomini, verso la loro povertà materiale e spirituale e chiedete al Popolo di Dio di essere testimone del Vangelo perché venga il Regno dei Padre e la sua Volontà sia fatta come in cielo così in terra.

N. Lobkowicz

La questione su cui desidero oggi discorrere con voi è la seguente: il Magistero della Chiesa ha qualcosa da direi, quando riflettiamo sul nostro compito nella società e nella politica? Per un cattolico la risposta è pacifica: sì. Infatti anche nel caso in cui il Magistero parli in modo non vincolante, ascoltiamo in esso la voce dei Signore. Questa è la voce del Vicario di Cristo, pronunciata di volta in volta all'uomo in un'epoca storica precisa.

Ma c'è anche un altro motivo. Ciò che il Magistero della Chiesa ha da dirci, presuppone una visione dell'uomo che ci affascina proprio per la sua diversità da quella odierna. A ben guardare, questa moderna visione dell'uomo risulta essere profondamente deprimente; essa ci presenta l'uomo, e quindi noi stessi, come un essere che, da un lato, è sorto casualmente dal processo evolutivo, e dall'altro, come se questo non fosse già abbastanza triste, come un essere impegolato nelle leggi della storia.

Questo si vede chiaramente nel marxismo, che è, a mio avviso, la somma grossolana degli errori della modernità. Secondo il marxismo l'uomo deriva casualmente dalla scimmia; al massimo, l'uomo se ne differenzia per il fatto che è più abile e raffinato nei suoi desideri. L'uomo non ha né senso, né un compito, se non quello di migliorarsi. Ma questo migliorarsi non può riuscire, perché l'abile scimmia si perde in schemi di comportamento che funzionano secondo le leggi delle scienze naturali. Nel caso estremo l'uomo può tentare di distruggere ciò che ha costruito, ma egli non ha motivo di presumere, se non in base ad una speranza utopica, che in seguito qualcosa migliorerà. Diversamente l'uomo può vegetare nella prigione che egli stesso si è costruito, abbandonandosi alle voglie del momento. Per questi motivi l'uomo risulta essere, alla fine, quello descritto nell'epigrafe funeraria di un antico imperatore persiano: "Non ho altro, se non i piaceri che ho vissuto". Già lo stesso Aristotele osservava che l'epigrafe sulla tomba di un toro non sarebbe stata diversa. Come risulta differente e liberante la visione cristiana dell'uomo! Molte cose, nella cultura dell'uomo, sono determinate storicamente, ma certo la dimensione storica, pur con le sue leggi, non può penetrare fino in fondo nella vera essenza dell'uomo. L'uomo è stato infatti creato dall'unico imperatore dell'universo, secondo la Sua immagine e somiglianza.

Certamente l'uomo è anche un essere vivente e perciò sottomesso a leggi biologiche e talvolta giunge a perdersi nella storia e nella cultura. In primo luogo bisogna dire, però, che anche l'elemento biologico proviene dal medesimo benevolo Creatore; secondariamente, né il fattore biologico proprio dell'uomo, né il suo essere un'animale sociale, determinano la sua essenza; per questo egli è, in terzo luogo, sempre nuovamente libero di porsi al servizio del compito per il quale Dio l'ha creato. In che cosa consiste questo compito?

Innanzitutto nel servire Dio, per quanto malvolentieri ascoltiamo questa frase. La ascoltiamo di malavoglia perché abbiamo difficoltà a capire la grandezza di questo compito: noi tutti siamo chiamati ad essere a disposizione di Colui che è l'unico senso reale e complessivo del mondo, della storia e del cosmo.

Noi uomini non siamo il prodotto casuale di una natura cieca, non ci troviamo mai in situazioni coercitive in cui non ci sia possibile agire pienamente come uomini; e abbiamo un compito da adempiere, l'unico, il cui senso non sia effimero.

L'uomo può derivare dalla scimmia, la storia e la cultura possono opprimerlo, ma questo è in fondo dei tutto secondario, in quanto, se noi siamo pronti a coinvolgerci, nulla può intaccare la nostra vera essenza e se noi lo vogliamo nulla può impedire la nostra dedizione al compito decisivo.

Certo, il servizio a Dio implica che noi ci rivolgiamo sempre a Lui chiedendo come Paolo a Damasco: "Signore, cosa vuoi che io faccia?". Il servizio a Dio è certamente il compito più importante, il cuore della nostra vita, la sorgente a cui dobbiamo sempre ritornare. Marta non venne rimproverata dal Signore per aver servito il Figlio di Dio fatto Uomo, ma unicamente perché era contraria al comportamento della sorella, che stava, apparentemente inattiva, ma in realtà piena d'amore, ai piedi del Signore. Alcuni tra di noi sono chiamati a comportarmi come Maria, a dedicare, cioè, la loro intera vita all'adorazione. La maggior parte di noi è chiamata a non perdere di vista l'atteggiamento fondamentale proprio di Maria, ma ad essere presente e disponibile al servizio dell'uomo nel mondo, come nella formulazione della Lumen Gentium: "cercare il Regno di Dio nell'amministrare ed ordinare le cose temporali secondo il piano di Dio". Queste parole valgono soprattutto per i laici. Come accade questo?

In primo luogo questo avviene molto semplicemente in quanto il laico si vota completamente a Cristo e alla Chiesa, secondariamente questo accade perché egli vive da cristiano, coscientemente, il suo compito e la sua professione.

A questo proposito non dovremmo cadere nell'errore di credere che il nostro compito più importante sia la politica. Certamente esistono degli uomini dai quali Dio si aspetta che diventino dei politici; ma generalmente noi tendiamo a sopravvalutare la politica. In realtà l'uomo può agire, e così vuole Dio, anche in un ordine sociale altamente insoddisfacente; al contrario, nell'utopia di un perfetto ordine sociale, il compito del singolo comincerebbe unicamente nel momento in cui questo ordine sia già stato realizzato. Il dissidente russo Wladimir Bukowski, alla domanda se egli si sentisse più libero in Occidente, rispose: "Mi sento qui forse più sicuro, ma certamente non più libero. Cosa sia la libertà, l'ho imparato nel Gulag, dove cento volte al giorno dovevo decidere se comportarmi da uomo o da animale".

Innanzitutto c'è l'uomo singolo, la cui dignità, come ha detto il Concilio e come Giovanni Paolo Il ha ripetuto nella Redemptor Hominis, consiste nel fatto che egli è l'unico essere sulla terra che Dio abbia voluto per se stesso. Per questo motivo egli ha davanti a Dio una responsabilità per sé e per coloro che in qualsiasi modo gli sono stati affidati - tra cui possiamo anche annoverare la vittima del ladrocinio abbandonata sul ciglio della strada - responsabilità che nessuno gli può togliere. Nostro compito è riscoprire continuamente cosa significhi questa responsabilità di fronte a Dio. Quando i membri di un Parlamento redigono una costituzione o promulgano delle leggi 'coscienti della nostra responsabilità di fronte a Dio', implicitamente essi intendono con ciò decidere non arbitrariamente, ma secondo il compito che Dio ha dato loro. Naturalmente Dio non ha detto loro come formulare un particolare paragrafo; per questo Dio ha dato loro un'intelligenza. Ma essi sono responsabili della compilazione di leggi che permettono ad ogni uomo di essere e di agire come Dio spera da lui.

In quanto persona l'uomo ha una dignità, e quindi anche dei diritti, e a questo livello lo stato può intervenire solo per proteggerli. In secondo luogo c'è la famiglia, cellula basilare della convivenza umana, in cui l'uomo e la donna possono ritrovarsi nell'amore reciproco, promettersi fedeltà fino alla morte ed educare i frutti dei loro amore, i loro figli. Questo ambito, così importante per ognuno di noi, non può mai e per nessun motivo essere strumentalizzato attraverso la politica. La famiglia è un fine in sé, come la persona umana, non a caso è piaciuto a Dio di divenire uomo in una famiglia.

In terzo luogo c'è la cultura, l'ambito che abbraccia tutta la nostra vita, dalla lingua quotidiana alla grande poesia, dagli scarabocchi e dalla canzoncina infantile al capolavoro dell'arte, dall'arte culinaria alle numerose professioni sino all'economia mondiale. Tutto questo non ha inizialmente niente a che fare con la politica; una lingua quotidiana che sia compenetrata da concetti politici corre il pericolo di non saper più esprimere i veri bisogni umani; delle opere d'arte che non si possano apprezzare indipendentemente dal contenuto politico eventualmente insito in loro sono senza valore dal punto di vista artistico; quei costumi che vengono rispettati solo per motivi politici sono pressoché inevitabilmente privi di contenuto; anche l'economia ha leggi diverse dalla poetica. E tuttavia tutti questi ambiti sono come delle terre dove noi procediamo per rendere gloria al Signore.

Spesso il nostro compito consiste semplicemente nell'adempiere nel miglior modo possibile i doveri implicati nel nostro lavoro. Come spesso sono importanti anche le parole che ci scambiamo durante il lavoro!

Dobbiamo spesso inventare qualcosa di nuovo, affinché nell'attività nostra e del nostro prossimo affiori sempre maggiormente la dimensione personale.

L'essere creati ad immagine e somiglianza di Dio significa ultimamente che noi siamo delle persone, vale a dire esseri ragionevoli e liberi, dove il termine 'ragione' comprende anche il nostro cuore e la libertà non coincide con l'arbitrio. Molti uomini credono che il significato della libertà consista nel lasciarsi andare. Essi confondono la libertà con la schiavitù dei piaceri.

Come cristiani noi esperimentiamo che la forma più nobile della libertà è il servizio a Dio e all'uomo. Di conseguenza abbiamo anche il compito, grazie al nostro essere immagine di Dio, di dare forma a tutto, di conferire a tutto nello stesso tempo la nostra impronta personale e di far trapelare in esso l'umano autentico, che non proviene casualmente da Dio, ma riflette Dio stesso.

Solo a questo punto entra in scena la politica. Uno dei più importanti e nello stesso tempo più negletti principi della dottrina sociale della Chiesa è il principio di sussidiarietà, secondo cui le autorità degli insiemi più compositi sono autorizzate ad intervenire nell'autogoverno degli insiemi più semplici solo nel caso in cui questi ultimi ritengano tale intervento necessario. Ecco ad esempio la cittadina in cui vivo e l'università dove studio, ecco poi la regione e quindi lo stato e la sua politica, il cui compito è assi- curare il bene comune per la nazione intera.

Questo bene comune non è qualcosa di arbitrario, su cui i cittadini dovrebbero accordarsi secondo le loro opinioni. In realtà il bene comune è garantito dal rispetto per l'essenza dell'uomo e dalla costruzione di un sistema che renda giustizia a questa essenza e che favorisca gli uomini nell'adempimento del compito che Dio ha dato loro.

Viviamo oggi in sistemi democratici e la democrazia è senz'altro una buona forma di governo. Bisogna però comprenderla in modo giusto. Il suo vantaggio non consiste solo nel fatto che ognuno, anche la persona più incompetente, ha diritto di parola; che ognuno, anche la persona più perversa, può far legittimare i propri interessi; che il governo deve sempre fare ciò che la maggioranza richiede - maggioranza ottenuta, possibilmente, attraverso la demagogia.

La sua vera giustificazione consiste nel fatto che essa è una forma di governo in cui il potere è sistematicamente sotto controllo. Per questo motivo l'elemento Più importante di uno stato democratico non è il principio di maggioranza, ma il suo essere uno stato di diritto. Esso conferisce le competenze e ne controlla l'esecuzione. Questo stato di diritto viene anche giudicato per come, nell'ambito del possibile, impedisce ai cittadini di fare il male e consente loro il maggior spazio di libertà. L'ordine di diritto deve esortarci, in caso limite costringerci, a riconoscere nell'altro l'uomo che noi siamo. Lo stato e la politica devono difendere tutto questo, anche nel caso in cui la maggioranza fosse contraria, come nel caso, oggi, della legittimazione dell'aborto e, domani, dell'eutanasia per i vecchi e per i deboli.

Il Magistero della Chiesa non esplicita come si possa realizzare oggi nello specifico questo stato di diritto, che noi conosciamo nella forma della democrazia. Questo ci fa capire che non esiste una politica cristiana, come non esiste una medicina o un'economia cristiana. Esistono solo dei principi cristiani in politica e dei cristiani che sono attivi come politici, nello stesso modo in cui altri cristiani operano come ingegneri ed architetti. Questo può comportare che, nei casi specifici, dei politici ugualmente impegnati cristianamente possano essere di opinioni diverse. Il Concilio ha affermato espressamente che essi non devono in questo caso reclamare per sé il Vangelo o il Magistero della Chiesa.

Anche la nostra ragione e la nostra capacità di giudizio sono un dono di Dio e, a volte, abbiamo bisogno di tempo per scoprire qual è la politica e qual è la forma di economia che possano servire l'uomo nel miglior modo possibile.

A questo proposito, anche e proprio l'uomo politico deve continuamente domandare: "Signore, cosa vuoi che io faccia, qui ed in questo momento?".Non dovrebbe entrare in politica quel cristiano che ha disimparato a pregare e a porsi di fronte al Signore privo di vanità ed orgoglio.

Nelle nostre democrazie è affiorato ultimamente un problema: assistiamo allo sviluppo di poteri che sfuggono ad ogni controllo, come ad esempio i mass media, e tra questi la televisione.

Essi sono per lo più in mano a persone che hanno scarso senso di responsabilità, e in particolar modo di fronte a Dio.

Una soluzione sarebbe il tentare di creare nuove leggi che tengano i mass media maggiormente sotto controllo; soluzione ancora migliore sarebbe, però, se alcuni cristiani dotati di senso di responsabilità trovassero il coraggio di occupare questi bastioni. I mass media sono strumenti di cultura neutrali dal punto di vista del valore, come il linguaggio o un'ascia. Essi possono essere utilizzati anche per il bene dell'uomo e usati nella responsabilità davanti a Dio e all'uomo.

Molti uomini, oggi, hanno l'impressione che seguire Cristo e ubbidire al Magistero della Chiesa sia una limitazione. Essi vedono solo quello che, come cristiani, non possono fare e non scorgono quale enorme creatività l'essere cristiano può suscitare. In realtà il compito è chiaramente delineato. Ma proprio questo compito di Dio all'uomo, una volta giustamente inteso, può essere ed è sorgente di grande creatività. Il Vangelo non ci dice nei particolari come organizzare ed amministrare le cose temporali. Ci dice solo con quale spirito e con quale scopo noi dobbiamo farlo. I dettagli sono affidati al nostro senso di responsabilità ed alla nostra capacità inventiva. A Dio è infatti piaciuto di crearci come esseri liberi. Essere libero significa anche scoprire come possiamo servirlo al meglio in questo mondo, nel nostro tempo, nel luogo dove siamo. Quale Signore stimerebbe un servitore che dicesse "non ho avuto istruzioni a riguardo", invece di chiedersi come potrebbe adempiere il proprio servizio nel modo migliore?

Dio si aspetta da noi, ma soprattutto da voi, dai giovani, che impegnate tutta la vostra integrità, il vostro entusiasmo, la vostra intelligenza e creatività al Suo servizio in questo mondo e per il bene di questo mondo.

L'essere a Sua immagine e somiglianza significa inoltre che partecipiamo alla Sua energia creatrice, seppure secondo la nostra misura di uomini. A seconda delle nostre capacità e del nostro raggio d'azione, dovremmo usarne in modo gratuito e lieto, nel senso della seconda preghiera del Padre Nostro: "Venga il Tuo Regno". Questo regno è certo unicamente opera di Dio, ma noi non dovremmo limitarci a guardare, bensì a collaborare attivamente.

P. A. Bertazzi

La dignità dell'uomo, ciò che lo rende capace di intraprendere e costruire, può essere vissuta con verità e con pienezza soltanto in un ambito in cui questo amore vive, soltanto in una realtà di comunione ed è vivendo questo tipo di amore e questa esperienza che, come abbiamo sentito, l'uomo diventa capace di intrapresa vera fino alle conseguenze politiche del nostro agire, ed è vivendo in una realtà simile, o almeno vivendo questo desiderio che l'uomo è capace di dare all'arte l'impronta della ricerca del vero, della ricerca di questo mistero.